Sette anni di commercio a Bergamo. Ecco cosa è cambiato

Offerta turistico-ricettiva in crescita e negozi di vicinato stabili. È quanto emerge dall’analisi fatta dall’Ascom su come è cambiata la città di Bergamo e il centro città tra il 2008 e il 2015. L’analisi nasce dall’approfondimento con dati locali di uno studio presentato oggi in conferenza stampa a Roma da Confcommercio Imprese per l’Italia sull’evoluzione dei centri storici di 39 medie città italiane, tra cui è compresa anche Bergamo.

Dai dati analizzati dall’Ascom risulta che Bergamo è una realtà in crescita. Dal 2008 al 2015 il commercio è aumentato del 3,2% (+ 62 unità). Il boom si è registrato nelle attività di somministrazione e nella ricettività con un +9,2% (49 attività in più). Mentre restano stabili il commercio fisso alimentare (+ 1,1%) e il commercio fisso non alimentare (+0,9%).

Il terziario cittadino è composto per il 56,9% da negozi non alimentari, per il 29,4% da pubblici esercizi, ristoranti e alberghi e per il 13,7% da negozi alimentari.

Il rapporto tra densità demografica e attività è di 60 abitanti per esercizio commerciale nel 2015 e 61 nel 2008. I dati relativi al 2015 dicono che c’è un bar o ristorante ogni 204 abitanti, un negozio alimentare ogni 440 abitanti e un negozio non alimentari ogni 106 cittadini.

Oscar Fusini
Oscar Fusini

«Nei sette anni analizzati i numeri sono per lo più invariati – spiega Oscar Fusini, direttore Ascom Bergamo –, questo è dovuto in particolare all’aumento del numero di attività registrato nel 2015, anno in cui si sono colmate quelle perdite avute negli anni precedenti. L’analisi svolta a livello locale conferma i dati nazionali per quanto riguarda la crescita dei pubblici esercizi e la maggiore vocazione turistica di Bergamo, mentre presenta sensibili differenze rispetto ad altre città italiane per quanto riguarda il commercio in sede fissa alimentare e non alimentare».

Secondo lo studio di Confcommercio sui centri storici di 39 medie città italiane emergono sostanzialmente tre elementi: negli ultimi 7 anni, tutti i comuni analizzati, fatta qualche rara eccezione, hanno subito una perdita di esercizi commerciali più o meno significativa; nello stesso periodo, cresce l’offerta turistico-ricettiva; la riduzione dei negozi nei centri storici è quasi doppia rispetto alle periferie. «La differenza con le altre città è dovuta al fatto che a Bergamo l’avvento della grande distribuzione organizzata è iniziato un decennio prima rispetto alle altre realtà provinciali, che si sono trovate ad affrontare l’impatto della gdo solo in questi ultimi anni», spiega Fusini.

I dati

  • Ricettività e somministrazione

Pubblici esercizi e ristoranti sono aumentati in 7 anni del 9,2%, in particolare nel centro città sull’asse piazzale Marconi – porta Nuova e nella zona piazza Pontida – via Sant’Alessandro – Sant’Orsola. La crescita è l’esito delle liberalizzazioni totali che hanno interessato il settore. Fuori dai centri storici sono nati alcuni pubblici esercizi nella periferia cittadina.

  • Commercio fisso alimentare

Nel commercio fisso alimentare c’è stato un piccolissimo incremento di attività, pari all’1,1%. Il settore aveva già pagato pesantemente la perdita di attività nel decennio precedente a tra il          2000 e il 2010. Oggi questa stabilità è dovuta in particolare alla nascita di nuove attività che offrono consumo sul posto.

  • Commercio fisso non alimentare

Anche in questo settore si registra una stabilità. È avvenuta una trasformazione del settore con la riduzione di negozi di abbigliamento e calzature tradizionali, la cui offerta era particolarmente alta negli Anni 80 e si è andata ridimensionando anche per via del cambiamento degli stili di vita e di consumi; il calo dei negozi tradizionali è stato compensato da altre proposte, in particolare negozi etnici.

Le proposte

Confcommercio pone come elemento strategico per la crescita del Paese la rigenerazione dei centri urbani, nei quali confluiscono il maggior numero di abitanti e di imprese attive nel terziario. Nelle maggiori 100 città italiane si concentra il 67% della popolazione, l’80% del Pil e il 75% delle imprese attive. La Confederazione ha sottoscritto nei mesi scorsi un “Patto per le città” insieme al Consiglio nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, Ance e Unioncamere.

Ascom, prendendo spunto da Confcommercio, si propone di stringere un Patto per la città che riunisca i diversi attori presenti in città con l’obiettivo di sostenere e sviluppare il rilancio del territorio urbano. «Serve quindi un piano coordinato di interventi di riqualificazione e di rigenerazione urbana attraverso il quale necessario puntare sull’offerta culturale, turistica e commerciale – spiega Fusini-. Infine è fondamentale integrare le competenze anche di innovazione e di visione digitale della città (smart city e sostenere le reti d’impresa tra cui il nostro Distretto urbano del commercio».