Perché le corsie preferenziali
non possono salvarci dal traffico

Il discorso delle corsie riservate è viziato alla base da opposti preconcetti ideologici.
I problemi del traffico sono causati da un eccesso di mobilità individuale conseguente a sua volta, in buona misura, a un’inadeguatezza del trasporto pubblico.
La soluzione, l’unica possibile, non può che consistere nel far sì che i trasporti pubblici siano adeguati alle effettive esigenze di mobilità dei cittadini e siano appetibili, tanto da poter essere preferibili all’automobile.
A tale fine, le corsie preferenziali, permettendo velocità commerciali maggiori rispetto al restante traffico, sono molto importanti, ma non bastano; se esse infatti sono percorse da semplici autobus con capienze massime dell’ordine delle 100 persone, con frequenze di circa 15 minuti per linea, privi praticamente di asservimento semaforico e soggetti comunque, in molti punti nevralgici del percorso, agli ingorghi e agli incolonnamenti prodotti dal traffico individuale (facilmente aggravati proprio dalle stesse corsie riservate), si favoriranno, forse, gli attuali utenti del trasporto pubblico (tali sia per necessità sia per scelta virtuosa, ma comunque relativamente pochi) e si avrà un vantaggio per il bilancio dell’Atb con il risparmio di qualche autobus, ma non permetteranno certo di trasferire al trasporto pubblico quote di mobilità tali da ridurre significativamente il traffico individuale, né consentiranno di ridurre, per un numero significativo di persone, la necessità di usare l’auto, anche perché un servizio siffatto, espletato solo lungo gli itinerari principali, lascia scoperti diversi collegamenti minori che, insieme, alimentano una quota non indifferente della domanda complessiva di trasporto. Pertanto le corsie riservate, così concepite, effettivamente, non solo non alleviano il problema della mobilità urbana, ma rischiano anche di aggravarlo.
Per trasferire grosse quote di mobilità dai mezzi individuali al trasporto pubblico occorre invece un sistema strutturato di trasporto pubblico prevedente, lungo gli itinerari principali, vetture della capacità, quanto meno, di 200/250 persone con frequenze, per ogni linea, dell’ordine dei 10 minuti e con marcia fortemente agevolata (assoluta precedenza agli incroci, asservimento semaforico, sedi riservate, ecc.) che colleghino i popolosi centri dell’hinterland con le zone centrali pedonalizzate o a traffico limitato, integrate con un sistema di linee su gomma attestate alle fermate fuori dal centro, a servizio capillare di tutti i quartieri (linee brevi, fuori dalle strade trafficate). Ai capolinea esterni delle linee di forza dovrebbero poi attestarsi altre linee su gomma dirette alle varie località della provincia e dovrebbero esservi adeguati parcheggi di corrispondenza con tariffa integrata.
Tale sistema dovrebbe però anche essere supportato da una piena collaborazione degli Organi responsabili della pianificazione del territorio e di tutti gli Enti che decidono la dislocazione di insediamenti e servizi generanti mobilità; in altre parole tutto quanto genera notevoli flussi di traffico (un esempio eclatante è dato dal nuovo ospedale) dovrebbe essere collocato lungo gli assi di forza del trasporto pubblico. Chiunque presieda o controlli attività comportanti movimenti di persone nel territorio dovrebbe CESSARE di presupporre o pretendere che operatori, clienti o utenti si muovano con un mezzo proprio! Solo così si possono ridurre al massimo i casi in cui è necessario un mezzo individuale.
Tutte le realtà urbane europee che sono riuscite ad affrontare efficacemente il problema del traffico e, nel contempo, ad avere i centri storici più vivibili si sono mosse nella citata direzione. Le città svizzere, austriache e tedesche che non hanno mai rinunciato del tutto al sistema tranviario si sono trovate avvantaggiate in quanto hanno dovuto solo potenziare ed espandere lo stesso. Le città francesi che, a suo tempo (dagli anni 30 agli anni 50), hanno compiuto l’errore fatale di distruggere le tranvie, si sono messe di buona volontà investendo grandi quantità di risorse per ricostruirle; lo stesso hanno fatto molte città inglesi, spagnole, scandinave e statunitensi.
Noi però ci troviamo ora in una drammatica crisi economica per cui è impensabile, al momento attuale, por mano alla costruzione di un sistema tranviario che, comunque potrebbe essere realizzato in sufficiente completezza in non meno di 15 anni! Quindi non c’è niente da fare, al di fuori di qualche piccolo palliativo, che potrà forse alleviare qualche criticità specifica, ma che non potrà comunque dare risultati sostanzialmente significativi.
Possiamo solo prendercela con gli amministratori di sessant’anni fa che decisero di smantellare la rete tranviaria (ma, d’altra parte, fu questo un errore tipico dell’epoca: pressoché ovunque si credeva che il tram fosse un mezzo superato!); possiamo, più realisticamente, prendercela con gli amministratori di una decina di anni fa (quando ancora potevano esservi risorse per realizzare qualcosa), che di fatto affossarono ogni progetto di creare un sistema tranviario cittadino e di far sì che la Bergamo–Albino non rimanesse solo un segmento, un segmento d’eccellenza, ma pur sempre un segmento, anche per il timore che il tram togliesse spazio alle auto o costringesse gli automobilisti a un più rigoroso rispetto delle regole.
Ormai è troppo tardi: quello che non è stato fatto non è stato fatto; conviene rassegnarci al caos da Terzo Mondo e all’inquinamento risparmiandoci la commedia di una diatriba tra due fazioni: una che crede che si possano affrontare i problemi del traffico, rendendo nel contempo vivibile la città, lasciando pressoché intatto il ruolo dell’automobile come mezzo di trasporto base per la popolazione attiva, dimenticandosi della Legge d’impenetrabilità dei corpi, spalleggiata da commercianti che dicono: «La gente ormai viaggia solo in auto, ragion per cui, se si vuole che la città viva, bisogna accettare che le auto arrivino dappertutto», l’altra che crede che si possa avere una conversione modale a favore del trasporto pubblico solo tracciando qualche corsia riservata e mettendo in linea dei “minibus”!

Maurizio Alfisi
Verdellino

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