Per chi vuole farsi mantenere ora i conti non tornano

corte-di-cassazioneAnche senza sconfinare nel “mestiere più antico del mondo”, le relazioni di coppia sono spesso un business. Anzi, il business. E non è questione di genere. C’è chi “attacca il cappello” e chi si fa mantenere. Un buon matrimonio, per il “genero alimentare”, vale più di una laurea, nella logica che sposarsi (bene) in fondo è sempre meglio che lavorare. Con cinismo, spogliandolo di tutti i contenuti emotivi, già ora, del resto, per il codice civile, il matrimonio è prima di tutto un contratto, trattato alla pari di quello per la costituzione di una società a fini di lucro.

Come in Borsa ci sono cassettisti e speculatori alla mordi e fuggi, ci sono i “cacciatori d’eredità” che punta al colpo grosso e chi si accontenta di meno, ma in tempi più certi, con divorzi, adesso anche “brevi”, che valgono comunque una vincita al “turista per sempre”. I furbi/e che vedono nel matrimonio, e soprattutto nella sua conclusione, una scorciatoia per una vita agiata non mancheranno mai.

Come in tutte le attività però ci sono dei rischi d’impresa da assumersi: tra questi, anche un cambiamento della normativa che non fa più tornare i conti. Nel caso specifico è la recente sentenza della Corte di Cassazione che stabilisce la decadenza del diritto all’assegno di mantenimento nel caso che l’ex coniuge non solo si risposi, ma anche più semplicemente costituisca una nuova “famiglia, ancorché di fatto”.

La Cassazione precisa che la famiglia di fatto non consiste “soltanto nel convivere come coniugi, ma indica prima di tutto una “famiglia” portatrice di valori di stretta solidarietà, di arricchimento e sviluppo della personalità di ogni componente, e di educazione e istruzione dei figli”. In pratica, se i conviventi elaborano un “progetto e un modello di vita in comune”, magari con la nascita di altri figli, in pratica una nuova società di fatto, per mediare i termini con il diritto commerciale, per la Cassazione non c’è ragione che questa venga “finanziata” dal vecchio socio della società nel frattempo liquidata.

Questa sentenza – che riguarda, va precisato, l’assegno divorzile e non quello per il mantenimento dei figli – rischia di far perdere il gruzzolo anche ad un’altra serie di persone che hanno visto il matrimonio come una forma di vitalizio, a volte anche con il beneficio supplementare di un cambio di nazionalità. Gli enti pensionistici hanno iniziato a valutare se anche l’assegno di reversibilità (di regola, il 60% della pensione originaria, che può scendere al 30% se il reddito del vedovo o della vedova supera di cinque volte il trattamento minimo) può essere revocato nel caso di una costituzione di famiglia di fatto, come già avviene in caso di nuovo matrimonio. Si complica la vita di pensionati conviventi che non si sposavano per non dover rinunciare, magari entrambi, all’assegno, ma rischia di svanire anche la fortuna di giovani badanti ricompensate per un breve matrimonio con un o un’ultraottantenne da una rendita perenne pagata dalla collettività.

Le casse previdenziali potrebbero recuperare in questo modo le risorse – un’altra possibilità, magari aggiuntiva, che non risulta però in nessuno testo, potrebbe essere quella di prevedere pensioni di reversibilità proporzionali agli anni di matrimonio – per destinare alle pensioni di reversibilità che saranno introdotte con le unioni civili. Anche in questo caso, per eliminare le becere polemiche, i commenti codini e le battaglie da Controriforma, basterebbe forse evitare gli orpelli e tornare a considerare le unioni civili per quello che sono: dei contratti. In un Paese civile non ci dovrebbe neanche essere discussione per riconoscere diritti di natura più privata che pubblica ai conviventi, etero od omosessuali che siano, come il subentro nel contratto d’affitto, l’assistenza in ospedale, o la possibilità di regolare i rapporti patrimoniali di fronte a un notaio. E per quanto riguarda la pensione di reversibilità, considerato il costo della collettività, basterebbe prevedere come avviene nella previdenza integrativa importi diversi di erogazione in caso che questa sia riferita a una sola persona o anche ad eventuali superstiti, con diversa modulazione a seconda dell’età. Ma si sa, che quando entrano di mezzo le ideologie e i pregiudizi (e anche qualche commentatore ottuso di suo a fare da cassa di risonanza), anche le soluzioni più semplici si complicano.