Panificatori, «porto a Roma
il modello Bergamo»

Il modello lombardo (e bergamasco) si fa largo nella rappresentanza dei panificatori. Roberto Capello, presidente dell’Aspan di Bergamo e dell’Unione regionale dei panificatori, è stato infatti eletto alla presidenza della Federazione italiana panificatori dell’assemblea nazionale, riunita a Roma lo scorso 22 giugno. Succede al tarantino Francesco La Sorsa e rimarrà in carica per il prossimo triennio. Classe 1963, socio e amministratore unico dei panifici che portano il suo nome, Capello guida l’associazione provinciale dal 1996 e quella lombarda dal 2002. Dal 1996 siede nel consiglio nazionale della Federazione, dal 2011 con la carica di vicepresidente. È anche consigliere dell’Ascom e della cooperativa di garanzia Fogalco.
Un bel traguardo, presidente…
«Sarà più che altro un bell’impegno, ma non posso nascondere la soddisfazione per il fatto che questo rinnovo ha riconosciuto il valore del modello che ormai da anni portiamo avanti a livello locale e regionale. È un paradigma che funziona quello che interpreta l’associazione di categoria non solo come una leva di competitività per le imprese, ma come un valore per il cliente stesso».
Ci spieghi.
«È un’organizzazione di categoria che ha potuto portare avanti un progetto di responsabilità sociale come quello della diminuzione del contenuto di sale nel pane. È attraverso la rete associativa che le indicazioni delle istituzioni e degli organi di sorveglianza possono arrivare capillarmente agli operatori. Ancora, è grazie ad un progetto di sistema che si è avviata la filiera del pane con grano bergamasco e ora lombardo. Tutte iniziative che i “cani sciolti”, ovvero chi non riconosce valore all’organizzazione sindacale, non riuscirebbe a realizzare».
Si presenta con un messaggio forte e chiaro alla categoria…
«La scelta dei presidenti provinciali presenti all’assemblea sembra indicare che anche a livello nazionale c’è la volontà di cambiare registro, come abbiamo fatto a Bergamo e in Lombardia. Oggi non si può di certo giocare in difesa, non siamo in un sistema chiuso e pensare solo a tutelare le proprie posizioni significherebbe non avere una visione chiara della realtà. Ci sarà sempre qualcuno che potrà invadere il nostro campo, l’unica soluzione è attaccare. Compito di un’associazione è quindi quello di essere propositiva, individuare dei percorsi, offrire delle opportunità alle imprese, esplorare i cosiddetti oceani blu, spazi di mercato incontaminati».
Nella pratica, in cosa consiste questa svolta nell’approccio sindacale?
«Può essere utile un esempio. Qualche anno fa, quando una legge ha permesso la vendita di pane fresco nei mercati, i panificatori si sono sentiti minacciati. A Bergamo, invece, l’abbiamo presentata come una nuova occasione ed alcune aziende di panificazione si sono dotate di autonegozio ed hanno cominciato a vendere i loro prodotti anche in forma ambulante: sono stati i primi in Italia ed ora rilevano piazze anche in altre province! Ma anche la stessa querelle con l’Unione europea per l’identificazione del pane precotto e surgelato ha tutti i presupposti per trasformarsi da ostacolo ad opportunità. In attesa dell’esito sul versante giuridico, a livello di comunicazione abbiamo sicuramente già vinto, perché siamo riusciti a fare passare la differenza tra il pane fresco e tutto ciò che non lo è».
Quali saranno i primi punti sui quali comincerà a lavorare?
«Se non è più il tempo di leggi ad hoc per la categoria, non è più nemmeno quello della lista di promesse da sciorinare ad inizio mandato, tanto più che risorse economiche non ce ne sono. Abbiamo però un patrimonio da valorizzare che è quello delle idee e lo possiamo fare a costo zero. Credo molto nel fare rete, come del resto dimostra il lavoro in Lombardia con le 11 associazioni provinciali, e l’impegno sarà nel promuovere la conoscenza, l’informazione, la formazione e la condivisione tra gli imprenditori. Nelle organizzazioni territoriali possiamo contare su competenze e professionalità di alto livello per puntare ad un innalzamento complessivo della categoria. Il compito di un’associazione oggi, lo ribadisco, è quello di fornire strumenti ed occasioni alle aziende».
E le aziende come rispondono a questi stimoli?
«Snodo fondamentale resta la cultura del panificatore. Potrà abbracciare nuovi orizzonti quando avrà preso consapevolezza della vera funzione del pane, che nel 2014 non è più il prodotto che riempie la pancia, ma un accompagnamento del cibo. Una volta chiarito questo, si possono disegnare nuove strategie, forti di un prodotto che resta un “vip” nell’opinione pubblica, un prodotto che accende sempre e comunque l’attenzione».
Il modello lombardo può funzionare su tutto il territorio nazionale?
«In Lombardia abbiamo il vantaggio di lavorare in un’economia più pulsante rispetto ad altre zone d’Italia, come il Sud. L’impegno sarà perciò forte proprio nelle aree con più difficoltà, che potranno contare sulla messa a disposizione di esperienze e competenze già consolidati. L’obiettivo non è certo coltivare delle eccellenze, ma innalzare il livello di tutto il comparto perché è da questo che tutti possono trarre beneficio».
Come coniugherà i suoi tre incarichi?
«L’impegno nazionale è possibile perché posso contare sia a Bergamo sia a livello regionale su una squadra di altissimo profilo. Qui è già stato metabolizzato il paradigma “non guerre ma proposte” e continuerà a segnare la linea d’azione. Il confronto e lo scambio con le altre realtà territoriali potrà poi portare ad un nuovo arricchimento reciproco».