Negozi in calo ma è boom di alberghi e locali

I centri storici hanno perso il 13% dei negozi in sede fissa nel periodo 2008-2018, -14% al sud con divario di 4 punti percentuali rispetto al centro-nord. Rispetto alle periferie lo scarto è di circa il 3%.

È quanto emerge dall’analisi dell’Ufficio Studi Confcommercio sull’evoluzione negli ultimi dieci anni delle attività commerciali, turistiche e dei servizi nei centri storici e nelle periferie.
Lo studio  è stato realizzato su 120 città, di cui 110 capoluoghi di provincia e 10 comuni di media dimensione).

Per quanto riguarda Bergamo, in questi dieci anni, guadagniamo qualcosa nel centro storico e perdiamo fuori dal centro, meno rispetto alla media nazionale.

Se la media nazionale sul commercio registra -13% nei centri storici, a Bergamo è del -13,9%, con un calo da 97 attività a 83. Ma il saldo negativo è affiancato dalla grandissima crescita di alberghi, bar e ristoranti che segnano +36,5 passando da 69 a 94, contro il 18,6% nazionale.

Fuori dai centri storici: i negozi a Bergamo calano del 3% passando d 1.291 a 1.262, contro il calo nazionale del 10,3%, mentre alberghi, bar e ristoranti in città del 16,8%, con le attività dell’accoglienza che salgono da 675 a 789) e a livello nazionale del 17,7%.

“Il cambio di vocazione di parti della città verso il turismo insieme alla crescita dei flussi turistici degli ultimi anni sono evidenti – dice Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo -. La caduta del commercio di vicinato fuori dal centro storico c’è ma è meno pesante della media dei comuni medio grandi. I negozi tengono perché l’effetto della grande distribuzione è già stato pagato prima del 2008 in città all’epoca dei grandi insediamenti extraurbani.Il calo nel centro storico dei negozi è maggiore per effetto del cambio di vocazione che ha garantito il mantenimento delle rendite immobiliari attraverso la sostituzione con bar e ristoranti”.

Il commercio fatica ma è vivo in città. La città cambia e si trasforma il commercio. Le rendite immobiliari resistono perché trovano nel cambio di destinazione motivo di trasformazione.
“La preoccupazione è su due fronti – segnala Fusini – per la sostenibilità a lungo termine dei tanti nuovi esercizi del settore food e per la sopravvivenza di molte merceologie del commercio di vicinato che risultano in difficoltà a reggere canoni di locazione troppi alti e non diminuiti”.

Lo studio di Confcommercio ha indagato vari temi: come l’evoluzione delle attività commerciali, turistiche e dei servizi ha cambiato il volto delle città, dai centri storici alle periferie, negli ultimi 10 anni, il ruolo del commercio ambulante e le proposte per riqualificare i centri urbani e scongiurare il rischio di desertificazione commerciale. 

Secondo il direttore dell’Ufficio Studi, Mariano Bella, c’è un evidente effetto composizione dei consumi. Crescono negozi tecnologia e farmacie, cade il numero di negozi tradizionali, che escono dai centri storici per trasformarsi nell’offerta delle grandi superfici specializzate fuori dalle città. Il calo dei consumi reali pro capite ha comportato una perdita di negozi in sede fissa. Quando salgono i consumi il numero di negozi resta stabile. L’impatto della popolazione è positivo, la sua riduzione determina maggior desertificazione delle città. Bella ha sottolineato che secondo le stime dell’Ufficio Studi, “il 70-80% della riduzione dei negozi dei centri storici è dovuto a razionalizzazione e scelte relative a scarsa redditività e competizione con e-commerce, centri commerciali, parchi e outlet”.

dati commercio bergamo 2008-2018

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