Multa annullata, Tripadvisor ci illustra le sue ragioni

tripadvisorchat.jpgHa rinfocolato le perplessità della Federalberghi la sentenza del Tar del Lazio che ha annullato una multa di 500mila euro a Tripadvisor, colpevole secondo l’Antitrust della diffusione di informazioni ingannevoli. Se per gli albergatori il provvedimento non è altro che la conferma che sul sito sono presenti recensioni false, per il portale è una vittoria importante e l’occasione per ribadire la natura della propria attività.   

«Siamo estremamente soddisfatti che il Tar del Lazio abbia ribaltato la decisione dell’Autorità Antitrust – commenta la società in una nota inviata a seguito della segnalazione su laRassegna.it – confermando ciò che abbiamo sempre saputo: TripAdvisor rappresenta una risorsa affidabile e preziosa, non contiene alcun messaggio ingannevole rispetto alla fonte delle recensioni e i processi che TripAdvisor utilizza per mantenere l’integrità dei contenuti sono molto efficaci».

«Abbiamo fatto appello contro la decisione dell’Autorità Antitrust perché pensavamo fosse irragionevole ed eravamo in forte disaccordo con il suo contenuto – spiega il portale -. Il Tar del Lazio ha confermato che la decisione dell’Antitrust era assolutamente infondata e di conseguenza ha riconosciuto la validità degli strumenti migliori del settore adottati da TripAdvisor per proteggere il nostro sito dalle frodi. Milioni di persone utilizzano TripAdvisor ogni giorno per trovare aiuto nel prendere le migliori decisioni per le prenotazioni di viaggio ed essere sicuri di ricavare il miglior valore possibile da quanto guadagnato con fatica. Questa è sia una vittoria per i consumatori sia una conferma dell’impegno di TripAdvisor nell’aiutare a democratizzare l’industria del turismo».

Ecco una sintesi della sentenza

Non vi era stata alcuna lamentela o denuncia di consumatori sulla fattispecie nonostante la normativa ritenuta violata miri a tutelare tali soggetti e solo questi.

Non si verificava, quindi, alcuna influenza sulle scelte dei consumatori, risultando sufficiente la specificazione sulla mancanza di riconducibilità delle opinioni a Tripadvisor, come riconosciuto dal Tribunale Civile di Roma per un noto sito informatico contenente una enciclopedia “online” formata con i contributi degli utenti, del tutto riconducibile, nell’impostazione generale, a quello in esame.

Le recensioni su Tripdavisor sono quindi da intendersi “vere” nel senso che costituiscono opinione di gente comune e non di professionisti remunerati a tale scopo, come facilmente percepibile, ma l’Autorità non aveva approfondito questa fondamentale caratteristica di impostazione, emersa anche in sede di istruttoria. Inoltre, l’AGCM doveva valutare che il “consumatore” da considerare è quello che naviga su internet e, come tale, si differenzia dalla generalità degli utenti. Nel caso di specie, coloro che si servono del sito in questione sono perfettamente coscienti, navigando abitualmente nel “web” per organizzare il proprio tempo libero, che i risultati e le informazioni devono essere vagliate e analizzate in senso critico, proprio per le caratteristiche dei dati ivi contenuti.

Infine, le espressioni ritenute decettive corrispondono in realtà a quelle normalmente presenti in altri siti, come quelli bancari o finanziari e, quindi, come tali, costituiscono una normale pratica pubblicitaria, come ammessa dalla stessa normativa comunitaria, anche ai sensi dell’art. 20, comma 3, del Codice del Consumo È sufficiente prendere in esame espressioni del tipo “pagamenti sicuri”, che, pur ritenute lecite, non sono considerate atte a garantire il 100% delle transazioni e così pure per il richiamato sito di enciclopedia formata dagli utenti stessi, per siti di confronto tra offerte dello stesso settore, per siti di previsioni meteo.

Non risultava, poi, dimostrata dall’Autorità alcuna decisione commerciale da parte di anche un solo consumatore che fosse stata negativamente influenzata dalla modalità di presentazione del sito in questione, in quanto era assente ogni induzione a “consumare”.

Analoga conclusione altrimenti doveva porsi per la stessa Unione Nazionale Consumatori, che non può garantire che il 100% delle segnalazioni provengono effettivamente da consumatori e non da professionisti che mirano a screditare un concorrente, fermo restando che solo una percentuale irrisoria delle recensioni su Tripadvisor risultano non genuine e l’utente ha comunque modo di verificarle, provvedendo a leggere le altre sulla medesima struttura, la risposta del proprietario, la storia del recensore.

Contrariamente a quanto ritenuto dall’Autorità, Tripadvisor si è dotata dei migliori sistemi antifrode disponibili sul mercato, sia automatici che manuali, del tutto paragonabili a quelli adottati nel settore bancario e della carte di debito/credito.

In particolare, rinvenuta una falsità per indagine statistica che individua l’”anormalità” di un comportamento, Tripadvisor provvede alla rimozione delle recensioni del medesimo soggetto nonché alla comunicazione della riscontrata falsità, entro 48 ore, al proprietario della struttura o della “Community” interessata.

Del tutto illogica era quindi la conclusione dell’AGCM secondo cui è sufficiente anche una sola recensione falsa per rendere l’impostazione generale sulla “veridicità” inaffidabile e contraria alla diligenza professionale, secondo uno standard di perfezione del tutto irrealistico e contrario ai principi generali richiesti al professionista dallo stesso Codice del Consumo e dalla Direttiva 2005/29/CE. Né in senso contrario potevano valere gli esempi di false recensione riportati dall’Autorità perché non confacenti alle modalità di organizzazione volontaria di terzi tese a introdurre volutamente anomalie (c.d. “boosting”, “vandalism”, “optimization services”), verso cui si incentra l’attività di “security” di Tripadvisor, risultando le recensioni create a scopo goliardico o giornalistico, come casi isolati e non legate a “frodi reali”, le quali hanno invece scopo economico e sono quelle più perniciose perché provenienti, appunto, da terzi organizzati a tale fine.

Nella struttura del messaggio veicolato sul sito, il professionista e autore della condotta, ai sensi del Codice del Consumo, non è la società che gestisce il sito ma colui che scrive la recensione e che potrebbe indurre alla scelta il consumatore, non risultando contestata invece alcuna condotta orientata a far scegliere il sito Tripadvisor in luogo di altro concorrente.

Né, dalla condotta contestata, le ricorrenti ricavano alcun vantaggio, dato che le censure non autentiche danneggiano in concreto loro stesse e la relativa organizzazione imprenditoriale cui si riconducono, dato che essa perderebbe facilmente utenti se la falsità delle recensioni fosse riconosciuta in misura consistente, fermo restando – come detto – che il prodotto finale scelto dagli utenti rimane comunque la struttura ricreativa e non il sito Tripadvisor.

Le ricorrenti evidenziavano che, agli atti dell’istruttoria, non vi erano state comunque segnalazioni di consumatori che contestavano la pratica sanzionata ma solo denunce avverso comportamenti di proprietari di hotel e ristoranti, per cui il provvedimento impugnato era anche carente di motivazione in ordine all’effettiva lesione diretta per l’utente, come concluso per altri procedimenti istruttori relativi ad altre strutture imprenditoriali che avevano invece portato all’accertamento dell’insussistenza della violazione.

Non appare dirimente che sia facile la registrazione sul sito e che possa avvenire anche con nomi di fantasia e su account non sussistenti, in quanto non è il singolo giudizio a dover indirizzare l’utente ma l’insieme delle opinioni espresse sulla singola struttura, come evidenziato, apparendo inverosimile che uno stesso utente utilizzi molteplici accessi “di fantasia” per recensire, in maniera positiva o negativa, una medesima struttura. In tal caso, comunque, le ricorrenti hanno dimostrato in giudizio che operano controlli manuali e automatici che rilevano l’anomalia, riconducendosi la fattispecie alle ipotesi più probabili di “boosting” o “vandalism”, legate a organizzazioni professionali che cercano di lucrare nel favorire o sfavorire le singole imprese attraverso il meccanismo legato alle false recensioni a scopo economico.

D’altro canto, esigenze di riservatezza portano ad escludere una facile rintracciabilità dell’utente che inserisce la propria recensione relativa a luogo e data del soggiorno e comunque risultano sufficienti strumenti riconosciuti ai proprietari e/o gestori delle strutture per fornire riscontri e evidenziare l’evidente illogicità di un singolo apporto “di fantasia”.

Dall’esame della complessa struttura del messaggio proposto da Tripadvisor, quindi, non si rileva che esso verta essenzialmente e principalmente sulla veridicità delle recensioni, con toni enfatici, ma piuttosto che esso veicoli verso un corretto utilizzo del sito, precisando con pari grado di chiarezza, che i fatti di cui alle recensioni non sono verificabili e che l’uso più efficace del servizio è quello orientato a verificare un alto numero di recensioni per la stessa struttura di riferimento, come d’altronde dovrebbe fare un utente medio di “internet” dalla ormai ventennale diffusione di tale “rete” informatica, il quale dovrebbe diligentemente conoscere i meccanismi che operano ai fini dell’accesso alla rete stessa e le insidie insite nella particolare struttura che i c.d. “siti aperti” possono contenere sull’attendibilità dei singoli apporti, relativi alle opinioni personali espresse da utenti di ogni tipo.

Le ricorrenti hanno depositato in giudizio sufficienti elementi, desumibili da una perizia tecnica, da cui dedurre che esiste un approfondito sistema di controllo concentrato sulle sofisticazioni organizzate a scopo economico, le uniche in grado, in quanto organizzate, di influire sulla media del punteggio relativo alla singola struttura. Esso è composto da un “pool” di 300 persone divise in sei dipartimenti, con 30 dipendenti che comprendono la lingua italiana.

Non essendo possibile verificare i fatti riconducibili ai milioni di recensioni, come ammesso dalla stessa AGCM, non si comprende quale nocumento per il consumatore, ai sensi degli artt. 20-22 del Codice del Consumo, abbia rilevato l’Autorità nelle sua valutazioni conclusive, in quanto quest’ultimo, sin dal primo contatto, per quanto sopra riportato, viene posto in realtà in condizione di avere un quadro informativo chiaro, completo, esaustivo e veritiero in relazione alla conformazione dello specifico servizio offerto sul sito, conformazione che l’AGCM non ha sufficientemente approfondito, in tutti i suoi risvolti e in relazione ai rapporti con i consumatori e non con gli altri professionisti quali sono i gestori delle strutture.