Moneta elettronica,
«comoda ma troppo costosa»

Poco o nulla è cambiato con lo slittamento di sei mesi dell’entrata in vigore della legge (n. 221 del 2012) che impone a commercianti, artigiani e professionisti di accettare pagamenti con carte di debito (quindi non carte che finanziano l’acquisto, ma che consentono l’addebito in tempo reale, come il Bancomat o le prepagate). A pochi giorni dalla scadenza non sono infatti ancora intervenuti provvedimenti, pure previsti ma entro fine luglio, per agevolare l’adeguamento assicurando una riduzione delle commissioni a carico degli esercenti o nuovi parametri che esonerino alcune attività dall’obbligo (l’esclusione fino a 200mila euro di fatturato è già scaduta).
Il risultato è che dal 30 giugno imprese e professionisti dovrebbero mettere a disposizione dei clienti l’apparecchio Pos (Point of sale) per il pagamento con moneta elettronica. Il termine è però molto poco perentorio, dal momento che non sono previste sanzioni. Se la situazione resta fluida, di una cosa sono certi i rappresentanti delle imprese: allo stato attuale l’introduzione forzata del Pos è un onere tutt’altro che trascurabile, tra il costo del canone e le commissioni su ogni transazione. La Cgia di Mestre, ad esempio, ha calcolato che per un’attività con un fatturato di 100mila euro il costo annuo oscilli tra i 1.183 e i 1.240 euro. «Per molte aziende – rileva il vicedirettore dell’Ascom Oscar Fusini -, penso ai tabaccai o agli edicolanti che lavorano su margini bassi, accettare pagamenti con le carte è insostenibile per via del peso di ogni singola commissione. Ma anche attività in cui gli scontrini sono numerosi ma di piccola entità hanno lo stesso problema. È giusto cercare di diffondere l’utilizzo della moneta elettronica, per avvicinarsi alla media europea e migliorare tracciabilità e sicurezza, ma non devono essere le imprese a rimetterci. Fondamentale diventa quindi l’abbattimento dei costi per gli esercenti».
Sulla questione i commercianti di Bergamo rivelano un atteggiamento pragmatico. Più delle leggi sembrano infatti le esigenze dei clienti (e la volontà di assecondarle) a dare impulso o meno alla moneta elettronica. Così c’è chi, per non rimanere sguarnito di un servizio richiesto, ha introdotto già da tempo il sistema, mettendo in conto giocoforza anche i costi, e chi non ha avvertito questa necessità, soprattutto perché lavora su importi bassi, che al contrario denuncia la difficoltà di un adeguamento, ma attende di conoscere i contorni precisi del provvedimento per prendere una decisione.

In difficoltà edicolanti e tabaccai
«Non reggeremmo le attuali commissioni»

Ancora sguarnite del terminale per l’accettazione della moneta elettronica sono le attività del commercio più “spicciolo”, quelle in cui gli importi degli acquisti sono generalmente bassi. Qui non solo non è avvertita la necessità di dotarsi del Pos, ma si teme che possa addirittura complicare la gestione del punto vendita, perché i tempi per l’incasso si allungano. Senza dimenticare la preoccupazione per i costi, che accomuna tutti i commercianti.
«Vorrei capire – esordisce Roberto Lecchi, edicolante da trent’anni in largo Cinque vie – quale obiettivo si prefigge l’obbligo del Pos. Se è per la tracciabilità, nel nostro settore non ce n’è bisogno, perché lavoriamo tutto sul fatturato. Se è per la comodità del cliente, bisogna considerare che raramente nei piccoli chioschi la spesa supera i 30 euro. Non sono contrario a priori, potrebbe essere interessante nel momento in cui le edicole dovessero diventare dei punti multiservizio, come per il pagamento delle bollette, ma certo non con margini ridicoli. Per l’installazione non ci sarebbero problemi, dal momento che siamo già dotati della linea telefonica».
All’edicola di fronte alla chiesa delle Grazie, Giuseppe Falco è sulla stessa lunghezza d’onda. «Vendo solo giornali e biglietti degli autobus, difficilmente la spesa supera i 15 euro e si lavora solo sull’aggio, quindi è tutto tracciato – dice -. Sino ad ora un solo cliente mi ha chiesto di pagare con la carta. Era uno straniero e voleva un biglietto da 1,25 euro: avrei speso di più per elettricità e linea di quanto avrei guadagnato con la vendita…». «Se le edicole dovessero dotarsi di più servizi potrebbe essere utile avere anche il Pos – ammette -. È uno strumento da valutare, ma nel mio caso lo spazio è poco e non è possibile pensare a grandi sviluppi».
Nel vicino chiosco dei fiori, da più di mezzo secolo regno di Aquilino Zanchi detto “Barba”, il titolare ha invece una personale avversione a carte di credito e Bancomat. «Non li ho nemmeno per il mio uso personale – afferma netto -, non li ho voluti quando la banca me li ha proposti perché non mi servono e lo stesso vale per il mio lavoro. Qui la spesa arriva ai 20 euro e chi è che non li ha in tasca? E poi, se proprio, qui dietro c’è la banca. Mi sembra che ci sia una corsa a complicare le cose, invece di stare sul semplice». La sua schiettezza si ritrova nei cartelli con cui fa “parlare” le piantine esposte, tornate da poco a dispensare colori e simpatia a chi percorre il viale dopo tre mesi in cui Zanchi è stato lontano dall’attività per un ictus.
Sul lato opposto, anche la gelateria Surya, aperta da più di 15 anni, non vede utilità nell’installazione del Pos. «Adesso l’obbligo scatta sopra i 30 euro, quindi un’evenienza molto rara in un’attività come la nostra che fa solo gelato da asporto. Anche perché, con i tempi che corrono – sottolinea Ornella Ardiani -, chi li compra più due chili di gelato tutti in una volta? Naturalmente terremo d’occhio l’evolversi della normativa e se sarà necessario ci adegueremo». Nonostante il locale sia meta di turisti stranieri la moneta elettronica non è considerata un servizio strategico. «Per importi di due euro o poco più i turisti capiscono che non è il caso – prosegue – e se serve li indirizziamo al Bancomat più vicino. Confesso che se prendesse piede il pagamento elettronico anche per le piccole spese sarei in difficoltà, qui infatti il flusso di gente è continuo e si perderebbe più tempo». Il marito Saverio Florio amplia il discorso. «In ogni caso il Pos – dice – sarà un costo in più, non solo per noi ma per tutte le attività economiche e ciò si ripercuoterà alla lunga sui prezzi. Un aggravio che si aggiunge, nel nostro caso, all’aumento di alcune materie prime. Capirei se il Pos servisse a portare più clientela, invece aggiunge difficoltà e burocrazia. Forse bisognava ragionare meglio su tutti gli effetti prima di varare queste nuove norme».
Per i tabaccai accettare pagamenti con il Pos è addirittura insostenibile. «Con i margini che abbiamo sui genieri di monopolio – evidenzia Letizia Grisa dell’omonima tabaccheria in via Broseta 7 – non possiamo di certo permetterci le commissioni oggi in vigore. Potrebbe essere un discorso percorribile solo a fronte di convenzioni speciali per il nostro settore, altrimenti è più conveniente chiudere l’attività». «Siamo comunque già in grado – precisa – di riceve pagamenti elettronici attraverso un terminale della Fit, mettendo però a carico del cliente un euro per la transazione. In effetti c’è chi trova comodo pagare con le carte, soprattutto se acquista la stecca intera di sigarette. Noi il servizio lo mettiamo a disposizione, chiarendo però che ha un costo e la cosa viene accettata senza problemi».

Nei negozi di alimentari il Pos c’è già
«Oggi non si può fare a meno di averlo»

Dato per assodato che in attività in cui la spesa può anche essere di una certa entità – dai negozi di abbigliamento ai ristoranti – il Pos sia ormai stabilmente presente, abbiamo puntato l’attenzione sui consumi quotidiani, dove la strisciata della card sembrerebbe meno usuale. Ciò che emerge è che per la spesa alimentare (almeno in centro città) le botteghe si sono uniformate alla comodità offerta dal supermercato accettando i pagamenti elettronici. «Se si è in centro non si può fare a meno di avere il Pos – rileva Bruno Stigliano, titolare dell’ortofrutta Donna Giulia, aperto da quattro anni in via Zambonate 97 e sin dall’inizio dotato del sistema –. Qui sono molti infatti i clienti che utilizzano abitualmente carte di credito e Bancomat, non accettarli significherebbe non offrire un servizio. Il problema sono i costi troppo alti, che ricadono tutti sulla gestione. Non si può infatti pensare di variare il prezzo della merce a seconda del tipo di pagamento utilizzato e non vale nemmeno la pena cercare o contrattare canoni e commissioni più convenienti perché, almeno secondo la mia esperienza, non c’è concorrenza in questo settore. In pratica non si può fare altro che sottostare alle condizioni fissate unilaterlamente. Vantaggi? Non ne vedo. Bisogna mettere a disposizione il Pos perché non si può fare diversamente: è un costo, ma non porta più clienti».
La titolare di un piccolo negozio di ortofrutta in via Broseta fornisce un punto di vista un po’ differente. «Il Pos mi è stato proposto dalla banca qualche anno fa a costo zero per un primo periodo – riferisce –, così l’ho installato. Credevo che nessuno avrebbe pagato la frutta con la carta di credito, tanto che non lo tenevo nemmeno in vista. Ma mi sono dovuta ricredere, funziona ed è utile. Oggi molti pagano così, è un servizio ma può anche favorire gli acquisti. Se infatti si ha poco contante nel portafoglio si finisce con il limitare la spesa, mentre se si può pagare con la carta ci si può lasciare attrarre da qualche prodotto in più». E sui costi ha un’opinione meno negativa: «Cero occorre valutarli con attenzione, ma guardandosi un po’ in giro si possono trovare soluzioni diverse».
Anche al panificio Rota Biasetti di via Zambonate 95 si può fare la spesa senza contante. Il punto vendita è aperto da un anno e mezzo ed ha sempre accettato i pagamenti elettronici, ora anche con la tecnologia contactless, ossia per carte di nuova generazione che permettono di ridurre i tempi della procedura perché basta avvicinarle al terminale. «Nonostante in città ci siano sportelli per prelevare ad ogni angolo, si preferisce la carta perché con quella con si hanno pensieri – osserva la titolare Patrizia Rota Biasetti –. Nella nostra attività è comodo perché capita anche di fare spese di un certo importo, ad esempio se si prepara un evento con dolci, pizzette e focacce». I costi restano il punto dolente del Pos. «Fortunatamente le transazioni sono ancora poche – dice – e “chiudiamo un occhio”, ci accolliamo cioè la spesa come per qualsiasi altro servizio, ma sarebbero utili convenzioni o agevolazioni, soprattutto se dovessero aumentare le operazioni». Il negozio, del resto, è attento a coltivare il rapporto con i clienti, ha ad esempio varato una promozione che regalava un caffè ogni dieci euro di spesa ed ora è in vigore quella che, per lo stesso importo, omaggia il quotidiano.
Freschi dell’apertura, tre mesi fa, del loro Spaccio Carni in via Quarenghi 6, i fratelli Andrea (34 anni) e Luca Pedroni (33) sono in fase di installazione del Pos, ma lo vedono come un’imposizione. «Non sono d’accordo con l’obbligo previsto per legge – commenta Andrea Pedroni -. Ogni commerciante dovrebbe essere libero di scegliere come gestire la propria attività e i rapporti con i clienti in modo autonomo, perché deve decidere qualcun altro?». A rasserenarli è il fatto che l’obbligo scatti per importi superiori a 30 euro – «altrimenti i costi sarebbero stati davvero eccessivi» -, il Pos, è però andato a scapito dell’accettazione dei buoni pasto: «Abbiamo dovuto scegliere – spiega -, perché non ce l’avremmo fatta con una doppia commissione sul medesimo scontrino. Non possiamo infatti pensare di riversare sui clienti le maggiori spese, tanto più che il nostro negozio punta con decisione sul rapporto tra qualità e prezzo, grazie al fatto che abbiamo rapporti diretti con gli allevatori». I due fratelli hanno sempre fatto i macellai, si sono trasferiti dalla Malpensata in centro confermando la tendenza al ritorno degli esercizi di vicinato. Attenti anche alla continuità del servizio, sono aperti dalle 8 alle 20 e la domenica mattina.
«Il mio obiettivo è accontentare il cliente, con la mente più aperta possibile», afferma Andrea Ferraguti, 38 anni, titolare del negozio di caramelle e dolciumi Dolci Pensieri in viale Papa Giovanni XXIII, nei pressi della chiesa delle Grazie. «Oggi capita di vedere di  tutto – prosegue -. C’è chi non batte ciglio e spende in dolci anche centinaia di euro e chi, al momento del peso, chiede di togliere una sola caramella per non sforare la cifra che aveva previsto. Ho anche accettato il pagamento elettronico per uno scontrino da un euro perché il nostro lavoro è questo e bisogna cercare di soddisfare tutti». Una filosofia vincente, che lo fa essere soddisfatto, nonostante la crisi e la stagionalità del prodotto, dell’andamento dell’attività, aperta due anni e mezzo fa dopo vent’anni di esperienza nel settore dolciario.