Immobiliaristi,
piace il “Rent to buy”

Il decreto “Sblocca Italia” disciplina, all’articolo 23, nuove formule contrattuali finalizzate ad incentivare l’acquisto di immobili. Entra così nel nostro ordinamento il “Rent to buy”, una particolare tipologia di contratto finora non disciplinata, nonostante la sua crescente diffusione data la difficoltà di accedere a mutui e finanziamenti. Si rinviano in futuro gli effetti finali che ogni compravendita porta con sé, il potenziale acquirente dispone immediatamente dell’immobile e recupera parte di quanto versato come affitto al rogito, mentre chi vende mette subito a reddito l’immobile e fissa al riparo da oscillazioni di mercato il prezzo di vendita. Immobiliaristi e proprietari immobiliari  salutano con favore il “rent to buy”, ma non mancano di sollevare perplessità e criticità che il contratto così formulato porta con sé.

Caironi: «Formula interessante per gli immobili commerciali»
“Il rent to buy rappresenta senz’altro un modo diverso di approcciare la vendita, anche se distoglie e rinvia l’obiettivo nel tempo – sottolinea Oscar Caironi, vicepresidente Fimaa Bergamo -. Può comunque contribuire a vivacizzare il mercato e a garantire, a chi al momento non ha la possibilità di acquistare subito casa, di rinviare il pagamento nel tempo. I plus di questa nuova formula contrattuale sono rappresentati dalla possibilità per il venditore di fissare oggi il prezzo e di avere quindi un ruolo negoziale e non passivo nella compravendita, in un periodo come questo in cui le trattative si chiudono a cifre decisamente inferiori a quelle fissate in partenza. Dall’altra parte l’acquirente che opta per il rent to buy può dimostrare la sua solvibilità e godere quindi di maggior fiducia in futuro presso gli istituti di credito”. Mancano ancora diversi aspetti da definire e valutare: “Ad oggi il rent to buy prevede il versamento di una caparra del valore dal 6 al 10% alla sottoscrizione dell’atto dal notaio; dopo 36 mesi le parti decidono se confermare il preliminare d’acquisto di 3 anni prima o se rinunciare alla compravendita. Ecco, c’è molta incertezza sullo scenario che si può presentare dopo 36 mesi: con le condizioni attuali la cifra residua da versare è pari all’85% del valore dell’immobile, percentuale che difficilmente gli istituti di credito si prestano a finanziare. E’ chiaro che comunque questa formula rappresenta un “pre-esame di vendita”: i clienti con un buon rating procedono all’acquisto riuscendo magari a finanziare solo il 50-60% del valore. La questione si complica per giovani coppie o per chi non dispone di una liquidità maggiore, pari ad almeno un 20 per cento della quota residua da versare per diventare a tutti gli effetti proprietario di casa”. Le incognite, insomma, non mancano: “Il rent to buy ha molto successo nel mondo anglosassone, dove però il Governo fa da garante fino al 20% del mutuo per le giovani coppie. Il contratto senza dubbio è interessante anche per l’Italia, ma non mancano perplessità sull’applicazione delle percentuali iniziali, che lasciano un pagamento a saldo ancora troppo elevato”. L’idea va comunque promossa come ogni nuovo provvedimento teso a movimentare il mercato: “Ci aspettavamo ben altro dal Governo per uscire dall’impasse, ma senza dubbio il rent to buy rappresenta uno strumento in più per soddisfare il bisogno e la voglia di casa anche di chi  non ne ha le immediate possibilità. Il rent to buy appare interessante per il comparto commerciale”.

Baretti: «Così si può agevolare anche il cambio della casa»
“Il Rent to buy può senza dubbio aiutare il mercato immobiliare, anche se questa tipologia contrattuale non è applicabile in tutti i casi in cui i proprietari hanno urgenza di realizzare la vendita – commenta Carlo Baretti, consigliere Fimaa Bergamo -. La grande incognita è rappresentata dalle imposizioni fiscali e dal regime cui il contratto sarà soggetto.  Va in ogni caso ad agevolare l’acquisto  con un preliminare lungo tre anni, periodo che consente di accantonare parte della cifra da garantire a saldo. E’ vero che la cifra residua da pagare- se le percentuali di caparra iniziale si aggirano attorno al 6-9%- è elevata, ma è altrettanto vero che in quest’arco di tempo l’acquirente interessato può aver avuto modo di risparmiare una cifra maggiore”. E’ una delle altre formule adottate per raggiungere un accordo in un tempo relativamente lungo: “ In questi anni abbiamo applicato il comodato d’uso per tre anni, sottoposto alla realizzazione trascorsa questa fase di transizione. Il rent to buy ha il vantaggio di stabilire modalità di acconto e accrediti costanti in parte come affitto e in parte come deposito, oltre a fissare una data limite per la validità del preliminare. Le riserve da sciogliere sono quelle dell’imposizione fiscale". La nuova forma contrattuale può agevolare anche tutte le operazioni di cambio della casa: “Le compravendite sono un domino: la coppia dal bilocale cerca il trilocale, chi ha tre locali ne vuole quattro, chi ha il quadrilocale punta alla villa… In questi momenti in cui vendere significa  scendere al di sotto delle proprie aspettative di realizzazione,  il rent to buy può intrecciare vari interessi e chi acquista con questo contratto può applicarlo a sua volta nella vendita”.

Pizzigalli: «Un incentivo utile in tempi di crisi»
“La crisi sta facendo scoprire nuove formule di compravendita e rispolvera vecchie consuetudini che non si discostano molto dai tempi in cui si comprava casa a cambiali, dilazionando il pagamento per anni- spiega . Enzo Pizzigalli, consigliere Fimaa Bergamo-. Il periodo indicato dal “Rent to buy” è interessante perché garantisce di arrivare a versare nel giro di tre anni almeno il 20% del valore stabilito alla sottoscrizione dell’atto. Chi  è intenzionato ad acquistare casa accetta di buon grado qualsiasi forma di dilazione, anche magari solo per il box auto. Mancava solo la formalizzazione di un contratto che di fatto si è applicato – magari con formule diverse- anche in precedenza. L’approvazione del rent to buy nel nostro ordinamento va a colmare un vuoto legislativo e a recepire prassi sempre più affermate”. Il contratto va a dare respiro alle imprese edili che hanno  molto invenduto ed hanno obblighi con le banche cui far fronte: “In questi casi il solo fatto di rientrare del 20 per cento del valore immobiliare in tre anni garantisce una boccata d’ossigeno alle imprese in difficoltà. Il contratto è molto interessante anche per chi acquista la prima casa: non avendo il 20-25 per cento da anticipare subito, può guadagnarsi mese dopo mese la fiducia indispensabile per accedere a un finanziamento, con una rata di mutuo che non si discosta molto da quella di affitto e accantonamento. Fortunatamente la voglia di casa non manca, solo che molti potenziali acquirenti che pur sono solvibili si vedono sbattere la porta in faccia dalle banche”.

Mazzoleni (Appe): «Esistono altre formule contrattuali che non prevedono la locazione»
L’avvocato Francesca Mazzoleni, consigliere Appe- Associazione Provinciale della Proprietà Edilizia, saluta con favore l’introduzione dei contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili, ma non manca di sollevare dubbi su alcuni aspetti del rent to buy. “E’ lodevole il tentativo del Governo di dare forma giuridica ad una prassi, come quella dell’affitto a riscatto, che si stava sempre più affermando negli ultimi tempi. Come ogni altro contratto non resta che attendere la sua applicazione, ma allo stato attuale credo che questa nuova formula vada adottata con cautela. Il rent to buy, come il contratto atipico dell’affitto a riscatto , prevede la commistione di due contratti. L’affitto a riscatto affianca alla locazione l’opzione d’acquisto, mentre il rent to buy affianca all’affitto un preliminare da trascrivere con validità non oltre i dieci anni”. Due contratti non raddoppiano i problemi, ma nemmeno semplificano le cose: “ Le criticità e gli aspetti da chiarire non mancano nell’ipotesi di risoluzione del contratto, in caso di fallimento di una delle parti e, infine, molti sono gli interrogativi sull’imposizione fiscale”.  I problemi sono in capo sia al potenziale acquirente che  all’aspirante venditore:  “E’ poco chiaro se e come vengano restituiti caparra e accantonamenti se il contratto si risolve. In caso di inadempimento del conduttore si possono incontrare altre difficoltà”.  Esistono altri contratti da adottare:  “Se l’obiettivo è la vendita esistono formule contrattuali tipiche consacrate dal nostro ordinamento che sono svincolate dalla locazione e pertanto dal regime vincolistico che la contraddistingue. In quanto contratti tipici sono regolati dal Codice Civile le cui norme si applicano con ogni conseguenza. Si tratta in particolare della vendita con riserva di proprietà e la vendita con clausola risolutiva espressa per inadempimento del conduttore, contratti che rappresentano delle valide alternative al rent to buy già esistenti. Con questi due contratti al di là delle differenze giuridiche su cui non è opportuno soffermarsi, il compratore può entrare immediatamente in possesso del bene che gli viene consegnato pagando ratealmente senza che per questo vengano meno le garanzie a tutela della proprietà. A queste formule contrattuali si affianca la vendita con riserva di usufrutto a tempo, che consiste nella cessione della nuda proprietà ad un prezzo inferiore a quello di mercato (il prezzo può essere pari al 50-70% del valore dell’immobile), ma con possibilità di mantenere il godimento del bene per periodo fissato nella stipula.  “Il contratto è interessante per tutti coloro che intendano fare un investimento da una parte e per chi intenda  sgravarsi di tutte le spese straordinarie che un immobile comporta”.  I problemi più grandi li porta con sé il contratto più diffuso, il  preliminare di compravendita con contestuale presa di possesso da parte del compratore: “E’ ancora molto adottato e sembra essere la formula preferita soprattutto per chi si affida al “fai da te”. Accade troppo spesso che la proprietà resti in capo a chi vende e sia difficile riuscire a cederla”.