Giovani imprenditori in campo
per fermare la “fuga dei normali”

nella foto: Marco Bellini

Anche i cosiddetti “normali” stanno prendendo la via dell’estero. Diplomati, tecnici, oppure giovani senza arte né parte che volano a Londra con la prospettiva di fare i camerieri e poi chissà, qualcuno più audace punta invece all’Australia. Sono piccoli numeri, non si può parlare di un fenomeno migratorio, ma di una tendenza su cui si sono interrogati i Giovani Imprenditori di Confindustria Bergamo che hanno focalizzato l’assemblea annuale su “La fuga dei normali”, chiamando a un confronto il rettore dell’Università di Bergamo Stefano Paleari, Marie-Christine Mariani, CEO di MCM Steel Luxembourg, Elena Zorzi, responsabile risorse umane AB Plast Srl – Hager Group, e Mario Giovannelli, Technical Director CCI Valve.
“Siamo di fronte a partenze di persone normali, senza curriculum stratosferici, ma comunque spesso diplomati – ha introdotto Marco Bellini, presidente dei Giovani Imprenditori – che a volte nemmeno cercano uno status economico migliore, ma scappano da un paese che non dà prospettive”.
“Questo succede anche nei nostri territori. Non possiamo semplicemente stare a guardare questo impoverimento. Dobbiamo tutti insieme porci il problema di come intervenire, di come rendere il territorio attraente. Non è questione solo di lavoro, ma anche di ambiente, di servizi, di sanità. Occorre rafforzare l’alleanza fra pubblico e privato – ha evidenziato -. Noi come Confindustria abbiamo lavorato molto in questi anni per ridurre il divario fra domanda e offerta, intervenendo sulla scuola per orientare i giovani verso percorsi formativi maggiormente spendibili, perché questo resta un aspetto centrale”.
“Ma anche le imprese devono rendersi attraenti – ha tenuto a precisare Bellini -, dare servizi aggiuntivi, supplire alle carenze del sistema pubblico, aggiungendo orari flessibili, sistemi organizzativi moderni e agendo sul merito”.
Merito è anche la parola d’ordine per Stefano Paleari, che ha dipinto un quadro a tinte fosche: la distruzione di interi settori, dall’automobile all’elettrodomestico, uniti al forte indebolimento degli assetti istituzionali hanno creato una crisi senza precedenti che è stata prima finanziaria, poi economica, infine occupazionale e da oggi in poi potrebbe anche essere migratoria. Oltre tutto sull’Italia gravano tendenze demografiche particolarmente infelici. “Togliamoci dai luoghi comuni – ha ammonito – per esempio quello relativo ai laureati che oggi sarebbero troppi. Non è quello che dicono i confronti internazionali. Certo bisogna lavorare contro il mismatching fra domanda e offerta. Poi, è ovvio, più aumenta il numero dei laureati e meno godranno di condizioni di privilegio, ma la conoscenza diffusa serve al paese”.
Un paese che sembra poter contare su una sistema scolastico ancora in grado di dare buone opportunità e su un sistema universitario di livello. Non si spiegherebbe, ha sottolineato il rettore, come nel 2013 ben 46 borse su 312 ERC Consolidator Grants assegnate dall’European Research Council, fondi di ricerca attribuiti a scienziati nel pieno della loro carriera, con una media di 1,8 milioni di finanziamento, sono andati a ricercatori italiani.
Ci ha battuto solo la Germania con 48. Ma sono fondi che in maggioranza non verranno spesi in Italia, perché questi ricercatori sono all’estero o lavoreranno all’estero per questi progetti. Non a caso è la Germania a spiccare in questa speciale classifica, caratterizzata dal sapere diffuso e da una qualità media di sistema. “In questa speciale classifica – ha aggiunto il rettore – anche l’Italia farebbe una bella figura”.
Sull’elevata qualità del sistema scolastico e universitario italiano, mantenuta anche in questi anni pur nei limiti di bilancio sempre più ferrei, concorda Mario Giovannelli, reduce da una lunga esperienza lavorativa svedese, con famiglia al seguito. La Svezia è un altro mondo, programma l’accoglienza in tutti i dettagli, favorisce la formazione permanente , “ma la qualità dell'istruzione in Italia resta è insuperabile, l’università ha una marcia in più”. Come un altro mondo sembra anche il Lussemburgo, dove il salario d’ingresso è intorno ai 1650 euro netti.
Un trasloco complesso, ma alla fine ben riuscito, è quello che hanno affrontato da otto dipendenti di AB Plast srl che hanno seguito in Germania la delocalizzazione della società. Una scelta sostenuta dall’azienda sia per non disperdere competenze, sia per senso di responsabilità nei confronti dei dipendenti. “Oggi queste persone – ha sottolineato Elena Zorzi – sono cresciute professionalmente e sono diventate punto di riferimento per altri. In generale penso però che la sfida sia quella di rendere le nostre aziende attraenti, il salario non è tutto, contano anche la salute e la sicurezza, la possibilità di crescere professionalmente, un buon clima aziendale”.
“Ognuno ha le sue doti – ha concluso il cavaliere del lavoro Mario Scaglia, presidente SIT Spa – e uno dei compiti principali dell’imprenditore è saper mettere ogni persona al posto giusto”. 

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