Gioco d’azzardo, le contraddizioni di uno Stato che ignora la “terza via”

Sul tema del gioco lecito la settimana appena trascorsa è stata segnata da grandi novità. Non ci impressiona molto, forse perché siamo abituati che parti diverse dello Stato, che dovrebbero muoversi all’unisono, o quanto meno con gli stessi obiettivi su temi importanti, prendano decisioni contrastanti. Ciò che imbarazza è che gli annunci in piena contrapposizione siano addirittura concomitanti. Ma andiamo con ordine. Il Governo infila nella Legge di Stabilità l’autorizzazione per 22.000 nuovi punti azzardo che serviranno per rastrellare altri soldi. L’aumento della fiscalità sui giochi dovrebbe portare circa un miliardo di euro di nuove entrate che serviranno per sostenere la Legge Finanziaria. Nonostante la presa di posizione delle associazioni e di molti parlamentari di schieramenti assolutamente bipartisan, sembra ormai che le sorti finanziarie dell’Italia si reggano solo sulle disgrazie di chi si rovina con il gioco d’azzardo.

Lo Stato preferisce il male minore: essere considerato “biscazziere” piuttosto che lasciare spazio a mafie e a gioco illecito o alle piattaforme on line, che potrebbero spostare i giocatori verso dimensioni domestiche non controllabili, e i proventi verso società dei paradisi fiscali d’oltreoceano. Nuove sale giochi o punti azzardo significheranno maggiore spesa dei consumatori – non osiamo immaginare con quali contraccolpi di tipo sociale – o minori introiti per tutti coloro che oggi vivono o sopravvivono di gioco. Quest’ultima ricaduta avrà l’effetto di indebolire ulteriormente un settore già in difficoltà. Intanto, in Regione Lombardia la Giunta inasprisce le sanzioni a carico degli esercenti che violano le norme in tema di accesso-separazione delle sale ed esposizione di cartelli e materiale obbligatorio, e rifiutano di accogliere gli educatori e collaboratori ASL preposti all’aiuto dei giocatori affetti da ludopatia. Insomma, da una parte si rende possibile il gioco in nuovi punti, dall’altro si bastonano coloro che non rispettano i numerosi obblighi e divieti in questo campo. Intravediamo un disegno combinato: limitare i giochi nei piccoli punti vendita e nei pubblici esercizi, che oggi nella maggior parte dei casi sopravvivono con questi ricavi, per portarli verso le grandi sale gioco, favorendone ancora di più l’apertura e la maggiore capacità di gestire obblighi e divieti.

La nostra Associazione è preoccupata per quanto sta avvenendo. Proviamo una profonda tristezza per i giocatori patologici e problematici, giacché siamo consapevoli che dietro a queste situazioni ci sono sofferenza, solitudine e più di un problema familiare. Molti sono anche nostri associati. Ci preoccupa l’aumento del gioco, soprattutto in Lombardia e nella nostra provincia. Secondo le stime dell’ASL di Bergamo, ci sono dai 5.500 ai 24.400 giocatori patologici, pari al 2,2% della popolazione, e dai 14.000 fino ai 42.000 problematici, pari al 3,8% della popolazione, per una spesa nella sola città di Bergamo di 2.400 milioni all’anno, 1.700 euro procapite, minori compresi. Per questo l’Ascom, pur difendendo il gioco lecito negli esercizi commerciali, da tempo condivide i progetti che mirano alla sensibilizzazione e prevenzione in tema di gioco. Quanto viene drenato da slot, giochi Gratta e Vinci, ecc. è solo in piccola parte appannaggio dei piccoli esercizi e comunque è nemico dei consumi perché chi spende nel gioco rinuncia ad altre spese, spesso anche a quelle essenziali. Lo spostamento dell’offerta dei pubblici esercizi dalla somministrazione di alimenti e bevande ai giochi è un impoverimento della qualità e una caduta della professionalità della categoria. Lo scenario che vediamo configurarsi è lo spostamento del gioco lecito dai piccoli esercizi verso le sale gioco e sale scommesse anche attraverso lo spauracchio di sanzioni sempre più pesanti per inadempimenti assolutamente formali come la presenza di cartelli e materiale obbligatorio che però nessuno legge.

Prima si sono indebolite le tasche e le capacità degli esercenti, ora gli si toglie l’ancora di salvataggio del gioco con il rischio di chiusura di centinaia di locali. Ma siamo certi che è questa la strada per far guadagnare di più le casse dello Stato e per assistere meglio le patologie del gioco? Ammesso che sia possibile, e non lo è, far convivere questi due obiettivi noi pensiamo che alla fine farà crescere solo la spesa dei giocatori, a danno del territorio. Vorremo che la situazione fosse affrontata in un altro modo. La maggior parte dei piccoli esercenti, anche coloro che ha all’interno le macchine da gioco, ha a cuore le sorti dei propri clienti. Forse può abbinare il gioco consapevole agli altri consumi, e comunque contribuire nell’attività di prevenzione e informazione dei propri clienti. E’ quella che noi definiamo la terza via, tra bar slot e locali no slot e tra bar e sale giochi, ossia mantenere il gioco nei pubblici esercizi con gestori attenti e collaborativi verso l’accesso al gioco, che deve diventare consapevole e misurato. Quel gioco che pensiamo possa restare un divertimento come tanti altri e convivere con l’offerta di bar e negozi senza rovinare le persone.

 

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