Galizzi agli imprenditori:
«Riprendiamoci il futuro»

La nuova consuetudine di svolgere l’assemblea nei territori della produzione segna simbolicamente la scelta di Confindustria Bergamo di andare verso le imprese, di “stare nelle imprese”, come ha sottolineato il presidente di Confindustria Bergamo Ercole Galizzi all’incontro annuale, svoltosi quest’anno al PalaFacchetti di  Treviglio, nel cuore di un territorio che conta quasi 25mila imprese e 100mila posti di lavoro, dove l’industria vale all’incirca il 50% dell’economia e dove l’integrazione fra i settori, agricoltura compresa, è più avanzata.
Un’area dove i nuovi assetti infrastrutturali dovrebbero favorire gli investimenti.
Positiva anche la visione degli asset del territorio: l’aeroporto motore di sviluppo, l’Università dalla dimensione internazionale, il Kilometro Rosso acceleratore di innovazione, Bergamo Sviluppo, attraverso una stretta alleanza fra la Camera di Commercio e tutte le Associazioni imprenditoriali, che accompagna le imprese nei percorsi di internazionalizzazione e sostiene i processi di innovazione, la stessa Bergamo Scienza.
Fra i progetti evidenziati anche quello della Fondazione Italcementi che ha lanciato il progetto “Bergamo 2.(035): un’idea di città in un mondo che cambia”, il documento  della Camera di Commercio “Per un nuovo sviluppo” e il finanziamento per l’aggiornamento della Territorial Review dell’Ocse. La progettualità d’insieme sta dietro anche alla candidatura di Bergamo a Capitale Europea della Cultura 2019 di cui Confindustria Bergamo è uno dei soggetti promotori.
Forte di questa nuova propensione alla progettualità Confindustria propone uno sforzo nuovo anche sul fronte del lavoro. “Il tasso di disoccupazione a Bergamo – ha sottolineato Galizzi – in cinque anni è triplicato, anche se resta. tra i più bassi d’Italia, largamente al di sotto della media europea. La percentuale di giovani non occupati (uno su quattro) è nella media europea e 15 punti sotto quella nazionale”.
E’ innegabile che dopo più di cinquant’anni Bergamo ha ritrovato, insieme alla crisi, una questione lavoro. “Abbiamo perso 25mila posti di lavoro. Le casse integrazioni macinano record negativi con il concorso di tutti i settori. Quest’anno rischiamo di raggiungere un monte ore autorizzate non lontano dai 40 milioni, con un aumento del 15% sul picco dell’anno scorso, anche se l’integrazione straordinaria e quella in deroga cedono leggermente”.
L’ottimismo di maniera è bandito: “I pochi decimali previsti di crescita, la divaricazione fra quel gruppo di aziende export oriented che hanno buoni risultati produttivi e le imprese depresse dalla caduta della domanda interna non consentiranno di recuperare produzione e, conseguentemente, tanti posti di lavoro”.
L’invito è però a non essere fatalisti e “adottare nelle imprese e nei territori tutti quegli strumenti che consentano la tenuta del sistema produttivo, anche intervenendo sul mercato del lavoro”, attraverso un confronto che deve “fondarsi sulla concretezza, senza pregiudizi, senza riferirsi a passati modelli di un rapporto di lavoro che non c’è più. Il nostro accordo territoriale sull’apprendistato si muove proprio in questa direzione come le sperimentazioni sulla flessibilità d’attacco”.
Fra gli esempi positivi il bonus lavoro della Camera di Commercio che dovrebbe  essere riproposto. Indicazioni utili vengono anche dall’Accordo tra Expo 2015 e i Sindacati, “un’intesa che consente la programmazione di soluzioni flessibili a favore sia delle imprese interessate alla implementazione del sito espositivo, sia dei lavoratori coinvolti nei conseguenti incrementi occupazionali, di durata temporanea ma con prospettiva di stabilizzazione”.
“Mi piacerebbe – ha aggiunto il presidente – riuscire a condividere con le Organizzazioni sindacali un progetto concreto in tema di nuova occupazione, che evidenzi la capacità del nostro territorio di trovare soluzioni pragmatiche ai problemi dell’impresa e del lavoro. Immagino una intesa territoriale che agevoli, con formule contrattuali flessibili, i nuovi inserimenti, favorendo così, nell’immediato, l’incremento degli organici.
Essere concreti significa infatti non limitarsi ad aspettare gli interventi legislativi in tema di mercato del lavoro, spesso tardivi o inadeguati. Essere pragmatici significa non limitarsi ad auspicare nuove agevolazioni contributive e fiscali che abbassino il costo del lavoro, difficilmente prospettabili in ragione della precarietà finanziaria del nostro Paese”.
Di qui la proposta alle Organizzazioni sindacali di “affrontare insieme la sfida di un confronto territoriale aperto e costruttivo, che superi approcci ideologici o politici per definire soluzioni emergenziali, subito praticabili, finalizzate a favorire, con modalità sostenibili, gli inserimenti al lavoro utili alle imprese”.
“La vera ripresa – ha avvertito il presidente degli Industriali – se saremo bravi e fortunati ci sarà in contemporanea e anche per merito di Expo 2015, che sarà un “momento di spartiacque fra il recupero e la dichiarazione di declino se l’Italia non si saprà presentare nelle sue vesti migliori”.
Grande imputata, ancora una volta, la politica, sempre lontana, caratterizzata da una burocrazia imperante e sorda ai cambiamenti.
“La Lombardia – ha sottolineato – è obbligata a dare il buon esempio, la nuova legge urbanistica è un’occasione imperdibile”. E ancora, secondo il presidente Galizzi “il sistema dei voucher costa più di quel che rende”. Mentre un incentivo semplice ai nuovi insediamenti sarebbe l’esenzione Irap considerata assolutamente strategica e in prospettiva da estendere alle imprese che crescono.
Gli obiettivi dell’imprenditore, ha ricordato il presidente, sono sempre gli stessi: rendere migliori le loro imprese, cioè innovare, metterle in condizione di andare ovunque, cioè internazionalizzarsi, migliorare il loro cluster, attraverso la collaborazione con altre imprese. Obiettivi su cui l’associazione è chiamata a lavorare “battendosi contro la disperazione e la resa, riprendendo in mano il futuro”.
“Non possiamo esimerci dal giocare la nostra parte – ha concluso – il mondo ?Ñ‚Äî molto diverso da quello di soli dieci anni fa ed ha bisogno di nuovi interpreti che meglio sappiano leggere il futuro. Non facciamoci intimorire dal rischio di perdere quanto conquistato dalla precedente generazione, ma assumiamo quel ruolo che la nostra gente si attende”.

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