Enrico, il giovane ragioniere che ha scelto di fare il calzolaio

Enrico Carrata
Enrico Carrara

Enrico Carrara ha 31 anni e qualche anno fa ha deciso di diventare calzolaio. Nel 2012 ha rilevato una piccola bottega in un angolo nascosto del centro storico di Lovere, che se non sai che c’è, non la vedi. L’abbiamo incontrato giorni fa. Un’amica doveva ritirare un paio di sandali e abbiamo visto questo giovane alle prese con scarpe, tacchi, tomaie e spazzole. Ci ha colti di sorpresa. Per la sua giovane età, soprattutto, ma anche per l’allegria con cui ci ha accolte.
«Dopo il diploma di ragioniere, ho lavorato per sette anni e mezzo come operaio in un’importante azienda chimica della zona – racconta -. Il mondo delle calzature mi è sempre interessato. Così mi sono iscritto a un corso triennale degli Artigiani e ho imparato il mestiere con la guida di un calzolaio della città, Rino Schinelli. Perché a fare il calzolaio si impara solo così, non c’è una scuola riconosciuta come accade per tanti altri mestieri artigiani».
«Di giorno lavoravo in azienda e la sera andavo a Bergamo per seguire il corso – ricorda Enrico -. La cosa mi interessava e volevo mettermi in gioco con un’attività mia, anche se i tempi non erano felici. Due anni e mezzo fa ho avuto la possibilità di ritirare questo negozio a Lovere e l’ho colta». È stata una decisione un po’ azzardata – riconosce -. Le tasse sono alte e la bottega non ha parcheggi ed è in una posizione nascosta, ma fino ad ora sono contento. Devono venire a cercarmi per trovarmi, per fortuna lo fanno»
Oggi, quando molti suoi coetanei non trovano o non hanno lavoro, lui è titolare di una bottega frequentata e molto apprezzata, in una località tra le più belle e turistiche della bergamasca. «Pian piano sto creando il mio giro di clienti: per ora faccio riparazioni ma non voglio fermarmi qui: il mio desiderio, un giorno, è di fare scarpe e borse su misura. Un passetto per volta, però perché la scarpa su misura è un settore quasi del lusso e voglio fare le cose bene».
«Con la crisi forse qualcuno decide di riparare le scarpe – spiega – ma la mentalità è ancora legata all’usa e getta, soprattutto negli ultimi anni con i negozi cinesi e con la grande distribuzione dove si trovano scarpe di bassa qualità a venti-trenta euro. Con prezzi così bassi non conviene ripararle».
Il lavoro non manca, ed è una gran cosa di questi tempi, ma la soddisfazione più grande di Enrico è un’altra: «La cosa che mi è sempre piaciuta delle botteghe è il rapporto che si crea con i clienti, si fanno due chiacchiere, ci si conosce e si instaura un bel rapporto di fiducia. La bottega accontenta il cliente, la grande distribuzione non è in grado di farlo. Andrebbero riconosciuti e valorizzati di più il coraggio, lo sforzo e la professionalità dei piccoli commercianti».

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