La raccolta fondi fa centro. Da Bergamo a Rotterdam per studiare la Sindrome di Angelman

L’Associazione Angelman Onlus, nell’ambito di un accordo di collaborazione siglato con la Fondazione di Ricerca Ospedale Maggiore di Bergamo (From), ha “adottato” una ricercatrice e finanzia uno studio sulla Sindrome di Angelman.

La borsa di studio durerà 4 anni e consentirà a Monica Sonzogni, giovane biologa molecolare bergamasca, di lavorare all’Erasmus MC di Rotterdam, uno dei centri europei di ricerca più all’avanguardia per questa malattia rara. Di Sedrina, grazie al suo curriculum – segnalato dall’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo – è stata scelta fra una decina di giovani ricercatori italiani dal direttore del centro di ricerca olandese, il professor Ype Elgersma, dopo una dura selezione.

La copertura finanziaria è di 30.000 euro l’anno (120mila euro in totale), interamente a carico dell’Associazione Angelman. La From coordinerà il progetto, in linea con uno dei suoi obiettivi: occuparsi di malattie rare.

«I pazienti con malattie rare – ha spiegato il presidente From e direttore generale del Papa Giovanni XXIII Carlo Nicora nel corso della presentazione all’Ospedale Papa Giovanni – corrono il rischio di ricevere cure inadeguate, perché le loro malattie sono poco conosciute e poco studiate, quando non addirittura misconosciute. Ma se mettiamo insieme tutti i malati rari sono una popolazione grandissima e il problema diventa di sanità pubblica. È molto bello che ci sia un progetto come questo. Quattro anni permetteranno alla ricercatrice di costruire un percorso di conoscenza di questa malattia e magari di arrivare a una cura che è quello che questi bambini e le loro famiglie stanno aspettando. Senza la ricerca non c’è buona cura ma senza buona cura non c’è ricerca».

«L’attività nei confronti dei bambini rientra nelle priorità del nostro Ospedale – ha sottolineato il direttore sanitario Laura Chiappa -. Siamo felici di essere stati in grado di dare risposta a questo progetto».

Il professor Tiziano Barbui, direttore scientifico di From, ha spiegato la nascita e l’importanza del progetto “Adotta un ricercatore”: «Adottare un ricercatore è un qualcosa che ti riempie di gioia, soprattutto se questo nasce da un dramma familiare. Siamo particolarmente contenti di avere questo rapporto con l’Università olandese. Noi stessi ospitiamo ricercatori olandesi che qui fanno ricerca clinica. È la formula vincente: lo scambio è l’unico modo per aumentare le conoscenze. Speriamo che questo progetto aiuti a seminare l’idea di “adottare” un ricercatore. Abbiamo molti giovani che sono in cerca di “adozione”».

Il progetto è nato su iniziativa dell’Associazione Angelman onlus, un’associazione di familiari creata nel 2012 a Credaro con due obiettivi: portare all’attenzione dell’opinione pubblica e delle case farmaceutiche la Sindrome di Angelman e in generale le malattie rare, e sostenere la ricerca genetica sulla Sindrome di Angelman, in modo da offrire ai malati e alle famiglie la speranza di valide terapie per una malattia invalidante che colpisce con forme diverse di ritardo psicomotorio tanti bambini e ragazzi nel mondo.

«Siamo orgogliosi e felici di poter avviare la ricerca e di vederla affidata a una giovane bergamasca. È il progetto che abbiamo perseguito fin dai primi passi dell’Associazione, tre anni fa, e che ora si realizza – ha detto il presidente Luca Patelli -. La partnership con From è molto importante perché garantisce una relazione ai massimi livelli con i centri di ricerca più importanti al mondo, agevola lo scambio di informazioni e apre la possibilità di nuove future iniziative. Ringrazio From per aver accettato con entusiasmo questa collaborazione, il Rotary Club di Treviglio e della Pianura Bergamasca per averci sostenuto fin dall’inizio e con loro tutte le associazioni, le aziende, i volontari e le persone che in questi tre anni ci hanno aiutato con l’obiettivo di trovare una cura per tanti bambini. Vorrei citarli uno a uno ma la lista è lunga. Credevamo che raccogliere fondi sarebbe stato un compito molto duro in anni difficili come questi; abbiamo invece trovato tanta solidarietà e sensibilità tra i bergamaschi e i bresciani».

Monica Sonzogni
Monica Sonzogni

La giovane ricercatrice ha iniziato a lavorare all’Erasmus di Rotterdam da qualche settimana: «L’Encore è un centro che unisce alla ricerca di base, l’attività clinica – ha spiegato Monica Sonzogni-. Sono molto orgogliosa di poter lavorare a questa ricerca, mi sta appassionando molto.  Nei prossimi anni il mio lavoro consisterà nell’approfondire le cause e gli effetti della mutazione responsabile della sindrome. La ricerca è secretata per la sua grande importanza scientifica. Posso solo dire che sono fiduciosa”.

Per sostenere l’iniziativa, un paio d’anni fa il Rotary Club di Treviglio e Pianura Bergamasca ha lanciato il progetto “Fai volare la ricerca”, raccogliendo circa 20mila euro per lo studio e la ricerca sulla Sindrome di Angelman. Il  club rotariano è da sempre sensibile alle necessità dei bambini che soffrono e che hanno bisogno di cure. «Proprio il nostro Club di Treviglio nel 1985 ha dato il via alla Campagna, divenuta poi mondiale, End Polio Now per la vaccinazione della popolazione mondiale infantile contro la poliomielite – ha ricordato Sergio Moroni, assistente del Governatore Distretto 2042 e responsabile di progetto per il Rotary Club di Treviglio -. Da allora l’incidenza della poliomielite è diminuita del 99%, da circa 350mila casi all’anno a 369 confermati nel 2013. Il presidente del Rotary International in questi giorni ha comunicato che è trascorso un intero anno senza registrare nuovi casi di poliovirus selvaggio in Nigeria. Si tratta del periodo più lungo  senza nuovi casi di polio nel Paese africano e rappresenta un passo essenziale per un’Africa libera dalla polio. Ora auspichiamo di replicare il successo di questa campagna nell’ambito delle malattie rare e di trovare una cura per i bambini Angelman».

LE MALATTIE RARE. UNA REALTÀ IN CRESCITA SPESSO DIMENTICATA

Una malattia è considerata rara quando colpisce non più di 5 persone ogni 10mila abitanti.
Il termine raro sminuisce una realtà che conta tra le 7 e le 8mila malattie; vi sono milioni di malati in Italia, decine di milioni in Europa, molti dei quali sono bambini e ragazzi.
L’etichetta “malattia rara” contribuisce anche a far sì che questi malati siano spesso dimenticati. Dimenticati dall’opinione pubblica, dalle politiche sanitarie, persino dalle case farmaceutiche, che difficilmente indirizzano la loro ricerca verso queste patologie e verso i cosidetti “farmaci orfani” (farmaci che potrebbero aiutare i malati rari ma che non vengono prodotti e distribuiti perché poco redditizi).
In accordo con le dichiarazioni della Comunità Europea del 1999, da circa 15 anni l’Italia ha iniziato a considerare le malattie rare come un settore prioritario nel campo della Sanità Pubblica, ma molto resta ancora da fare.

LA SINDROME DI ANGELMAN

La Sindrome di Angelman è una malattia neurogenetica per lo più non ereditaria; colpisce in Italia un bimbo ogni 12mila circa, si manifesta a pochi mesi dalla nascita e comporta gravi disabilità. I malati non parlano e hanno importanti problemi motori e cognitivi. Soffrono di epilessia, di iperattività e di gravi disturbi del sonno.
Attualmente non esiste un trattamento in grado di guarire questa malattia. La ricerca è però molto promettente. Negli ultimi quindici anni gli scienziati si sono concentrati nella ricerca di una terapia, individuando il gene responsabile della malattia, il gene UBE3A e questo porta a pensare che sia non solo possibile, ma anche probabile arrivare a una cura.

PERCHÉ IL CENTRO ERASMUS DI ROTTERDAM

Il Centro Erasmus Medical Center di Rotterdam è uno dei maggiori centri di ricerca al mondo, sede dei più importanti studi a livello europeo sulla Sindrome di Angelman. Attualmente è allo studio un farmaco che potrebbe avere importanti benefici sui sintomi della malattia. Questo farmaco potrebbe essere utile anche per il trattamento di alcune forme di autismo, che appaiono anch’esse  correlate a un difetto del gene UBE3A. La cura quindi avrebbe una portata molto ampia, dato il numero crescente di bimbi con diagnosi di autismo. Determinante il fattore tempo: è ipotizzabile che la terapia potrà essere tanto più efficace quanto più precocemente verrà somministrata ai malati.

 

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