Commercio, premiata
la storia di tre imprese

Sono stati 64 i premi assegnati domenica scorsa al polo fieristico alla 52esima edizione del “Riconoscimento del lavoro e del progresso economico”, l’evento con cui la Camera di Commercio rende omaggio ai lavoratori e all’imprenditoria della Bergamasca. Alla presenza della Giunta Camerale, rappresentata dal presidente Paolo Malvestiti, da Matteo Zanetti, Luigi Trigona, Angelo Carrara, Franco Nicefori, Giancarlo Colombi e Patrizio Fattorini, e del segretario generale Emanuele Prati, hanno ricevuto il riconoscimento lavoratori e imprenditori suddivisi in cinque categorie: lavoratrici e lavoratori dipendenti o autonomi (6 premi); dirigenti d’azienda (1 premio); imprese industriali, commerciali, agricole, artigiane (12 premi); coltivatori diretti (5 premi) e lavoratrici e lavoratori dipendenti per anzianità e fedeltà al lavoro (40 premi).
La cerimonia ha visto anche l’assegnazione di tre riconoscimenti a personalità benemerite che, con la loro attività, hanno contribuito e contribuiscono allo sviluppo e all’arricchimento del tessuto economico e sociale bergamasco. Ad introdurli è stato Matteo Zanetti, membro della Giunta camerale e della Commissione che ha selezionato i candidati, insieme a Stefano Paleari e ad Angelo Carrara: Carlo Pesenti, premiato per la sua convinzione che la crisi sia da sconfiggere con l’innovazione e gli investimenti; il professor Felice Rizzi, che ha portato a Bergamo la cattedra Unesco e tutto ciò che rappresenta in termini di diritti dell’uomo, cooperazione internazionale e condivisione del sapere, e infine la Diocesi di Bergamo – nella persona del Vescovo Francesco Beschi – che, pur non essendo un operatore economico, da sempre svolge attività per sostenere il mondo del lavoro bergamasco ed in particolare coloro che più faticano ad inserirsi nel tessuto produttivo.
L’edizione è stata focalizzata sul diffuso desiderio di riscatto dei lavoratori e su una generale apertura verso nuove opportunità che il mutato contesto lavorativo e sociale impone. Nel sottolineare l’importanza del premio, con il quale, a più di mezzo secolo dalla sua prima edizione, la Camera di Commercio si conferma un interlocutore vicino alle esigenze dei lavoratori e delle imprese, il presidente Malvestiti ha ribadito la sua riconoscenza nei confronti di quanti, con il loro impegno e la loro dedizione, spingono costantemente in avanti l’economia del territorio.
Tra le dodici imprese premiate tre erano quelle del settore commercio: la tabaccheria Martina di Palosco, con un’anzianità di 88 anni e due mesi, l’azienda vinicola Valcalepio di Villongo, con 60 anni e 4 mesi, e Giuseppe Esposito, gestore di un impianto di carburante in città da 42 anni e 7 mesi. Ecco le loro storie.   

Palosco/ 88 anni e 2 mesi
Tabaccheria Martina

 
«Così è cambiato il commercio lungo tre generazioni»
 
Con 88 anni e due mesi di attività è la più longeva tra le aziende premiate quest’anno dalla Camera di Commercio. Dal 1924 la tabaccheria Martina, rivendita numero 1 di Palosco, è lì, in piazza della chiesa, memoria storica del paese e del commercio che cambia. Ancora oggi è conosciuta come “dal Bele”, ossia Abele, papà e nonno degli attuali gestori, che ha avviato l’esercizio in tempi in cui le sigarette si vendevano a numero, le spese si “segnavano” sul libretto e il pagamento, il più delle volte, era con polli, uova, conigli. Suo figlio Lodovico Mario, 73 anni, è in negozio da quando ne aveva 16 (fanno 57 anni!) e di storie – dice – ne avrebbe da scriverci un libro, anche se sino ad ora ha preferito indirizzare la penna verso la poesia (c’è pure qualche componimento ambientato in tabaccheria) e il teatro dialettale. «Il locale è stato ristrutturato più volte – ricorda -, c’erano anche salumeria e macelleria, curate da mio fratello, e nel ’90 era tutto pronto per il mio grande sogno, una gastronomia dove avrei potuto mettere a frutto la mia passione per la cucina e continuare, in un certo senso, la tradizione della famiglia, che ha sempre avuto l’osteria. Avevo seguito un corso a Bergamo, in via Gleno con Tino Fontana, e cominciato a proporre anche piatti di un certo livello, ma l’esperienza è durata pochissimo perché un incidente in moto mi ha costretto a cambiare programmi. Dato che non ce l’avrei fatta a seguire di persona la gastronomia ho preferito infatti rinunciare a laboratorio e bancone e da lì abbiamo scelto di ampliare l’attività con la ricevitoria del lotto e dei giochi».
Nella capacità di adattarsi ai tempi che cambiano e di far fronte anche agli imprevisti che la vita riserva Lodovico Martina trova la chiave della longevità dell’esercizio, già premiato dalla Regione con il riconoscimento di Negozio storico e dalla Fit, la Federazione dei tabaccai, per i cinquant’anni di iscrizione. L’ingresso della terza generazione, rappresentata dal figlio Luca, ha permesso di sviluppare l’informatizzazione e i servizi telematici. Una svolta che non ha mancato di offrire emozioni, come la vincita di 150mila euro con un sistema a quote messo a punto da Luca e più recentemente un “cinque” al Superenalotto di un solo cliente.
«Ma tutti i giorni regalano qualche bel momento», commenta Lodovico. Ad affiancarlo c’è da sempre anche la moglie Lisetta, sopra il negozio c’è l’abitazione e tutto il complesso è sempre appartenuto alla famiglia Martina. L’attività commerciale si intreccia così con la vita del paese e con gli interessi personali dei titolari. «Mia moglie recitava nella compagnia di teatro dialettale – dice – ed ora ne è la regista. Lo scorso anno hanno messo in scena una commedia che ho scritto una ventina di anni fa. Ora ne sto scrivendo per loro un’altra. Suono anche pianoforte, chitarra e mandolino e la scuola Rubinstein del maestro Botti di Palosco mi fa l’onore di volermi con sé al mandolino nei concerti che propone in paese. Scrivo pure poesie, ma quelle sono un po’ come dei figli, che si preferisce tenere per sé». Il negozio e la famiglia, insomma, sono un punto riferimento per la comunità. «Cerchiamo di resistere – conclude -. Quello che dispiace è vedere negozi che chiudono magari solo qualche anno dopo l’apertura: è un peccato perché si sta spegnendo un po’ tutta la vita del paese».
 
Villongo/ 60 anni e 4 mesi
Azienda vinicola Valcalepio 

 
I primi ad utilizzare il nome Valcalepio, «orgogliosi per la precoce intuizione»
 
Il nome è lì a testimoniare una precoce intuizione. L’azienda vinicola si chiama infatti “Valcalepio” ad ha potuto mantenere la denominazione sulle etichette – con la specifica “dei fratelli Falconi” – anche dopo la nascita della Doc “Valcalepio”. E questo per Angelo Falconi, 71 anni, unico della famiglia rimasto a portare avanti un’attività storica, è motivo di grande orgoglio. L’azienda è stata premiata per 60 anni e quattro mesi di iscrizione alla Camera di commercio, ma ha radici ben più profonde. «La nostra famiglia ha sempre prodotto e venduto vino – racconta Angelo -. Siamo originari di Collepiano di Adrara San Martino e proprio a questa località fa riferimento un testamento del 1533 conservato all’Archivio di Stato di Bergamo. Parla di un lascito ai poveri di Collepiano di due carri di vino da parte di Bernardo Falconi ed è la più antica testimonianza di quella che è poi stata l’attività tradizionale della famiglia». La registrazione dell’azienda è del 1952, «perché prima non servivano licenze», spiega Angelo ed è qui che scatta un secondo primato. Papà Giacomo decide infatti di chiamarla “Valcalepio”. «Coltivavamo in proprio le vigne – ricorda Angelo – ma ritiravamo anche il vino dei contadini di Grumello, Chiuduno, Castelli Calepio, così mio padre ha pensato di dare all’azienda il nome della zona, che era già considerata vocata per il vino». «L’istituzione della Doc arriva più tardi – continua -, nel ’74 e proprio grazie al fatto che la denominazione nostra azienda è precedente a quella data abbiamo ottenuto l’autorizzazione dal ministero dell’Agricoltura, confermata anche una seconda volta, ad utilizzare in etichetta il nome “Valcalepio”, cosa che normalmente non è possibile, trattandosi della denominazione di origine». Per Falconi le autorizzazioni ministeriali sono il riconoscimento della lungimiranza del padre nel leggere le potenzialità della zona per la produzione vitivinicola. Nel ’64 la sede si è spostata a Villongo, una cascina sulla provinciale per i Colli di San Fermo, e nel ’71, con la morte del padre, si abbandona la vigna e ci si dedica solo all’imbottigliamento. «È una piccola azienda familiare – spiega -. Dei fratelli sono rimasto solo io a portarla avanti, mentre i miei quattro figli, tutti laureati, hanno preso altre strade. Io cercherò di proseguire finché riesco perché è una grande passione e mi dispiacerebbe andasse perduto questo nome che per me significa molto. Nel tempo la nostra produzione è diminuita, di pari passo con i consumi di vino, che continuano a calare. Oggi produciamo Valcalepio Doc bianco e rosso e vino bianco e rosso che prima si chiamava “da tavola”. Vendiamo sia al dettaglio sia all’ingrosso. La nostra forza è una clientela consolidata, con alcuni il rapporto continua da cinquant’anni, e un altrettanto solido legame con i produttori vitivinicoli. Il mercato è quello della Bergamasca, al di fuori dai confini provinciali, infatti, è difficile far conoscere ed apprezzare il Valcalepio».   
         
Bergamo/42 anni e 7 mesi
Giuseppe Esposito, distributore carburanti 

«Figlio di contadini, ho scelto di mettermi in proprio
e me la sono cavata anche con i conti»

 
«Se dovessi tornare indietro rifarei tutto, non perché abbia avuto chissà quale guadagno in questi anni, ma per il rispetto reciproco che è sempre stato alla base del rapporto con i clienti». Giuseppe Esposito, classe 1946, racconta così la sua storia imprenditoriale, fatta di giornate intere sulla strada, anche col freddo pungente o il caldo torrido, alla pompa di benzina in via Moroni, zona villaggio degli Sposi, evidenziando soprattutto il lato umano dell’esperienza. La stazione di servizio, in effetti, è un crocevia di situazioni, un piccolo mondo sul quale a tutti capita di fermarsi anche se solo per qualche minuto. «Ho conosciuto signori e disperati – ricorda -, clienti fissi e gente di passaggio e con tutti ho cercato sempre di essere gentile e disponibile, un atteggiamento che mi ha ripagato. E questa è la mia soddisfazione maggiore». All’attività ci è arrivato con una decisione giudicata a quei tempi azzardata. «Con la crisi dell’edilizia del ’68 – spiega – l’azienda per cui lavoravo aveva cominciato a licenziare gli operai, partendo dai più giovani, quelli cioè che non avevano una famiglia da mantenere. Io avevo 22 anni ed ero tra questi. Dando una mano ad un amico nel lavare le auto alla sua stazione di servizio ho conosciuto un ispettore di una compagnia petrolifera, che mi ha aperto la strada per rilevare l’impianto». Oltre che per l’impegno economico il passo era considerato importante anche perché avrebbe richiesto tante altre competenze, oltre alla voglia di lavorare, che, sottolinea, non gli è mai mancata. «Ero figlio di contadini, una famiglia bergamasca al contrario di quanto potrebbe far supporre il cognome – evidenzia –, e avevo cominciato a fare il muratore a 11 anni. I miei erano preoccupati perché con la stazione di servizio mi sarei dovuto occupare anche di conti e amministrazione, ma ce l’ho fatta: in tutti questi anni me la sono sempre cavata da solo tra contabilità e burocrazia». Esposito si è pure messo a studiare per il diploma di terza media quando aveva ormai 35 anni («in pratica studiavo insieme con mia figlia», commenta), perché era scattato l’obbligo per ottenere la licenza commerciale. «Non mi è mai costato impegnarmi e fare sacrifici – aggiunge -, invece non mi piaceva troppo l’idea di dipendere da qualcuno, che qualcuno mi giudicasse o decidesse per me, per questo credo che mettermi in proprio sia stata la scelta giusta». Se il bilancio è positivo, una considerazione a parte la fa, in via generale, sul ruolo dei gestori «che sono sempre più messi in disparte dalle compagnie». Dopo 43 anni, l’attività è passata al figlio Matteo, 36 anni, che ha deciso di rimanere in prima fila «nonostante le difficoltà». La stazione di servizio, originariamente con insegna Maraton, poi Gulf, Q8, è stata oggi completamente automatizzata diventando Q8 Easy. A giorni dovrebbe partire il nuovo autolavaggio. Giuseppe Esposito, dotato di un’impareggiabile grinta, confessa di non riuscire, nonostante il passaggio del testimone, a stare troppo lontano dall’impianto e di trovare sempre qualche lavoretto da fare.