Zogno, nella Green house prende forma l’incubatore d’impresa

green house zogno“Imprendinvalle: la fucina delle idee dell’incubatore” è un progetto della Comunità Montana Valle Brembana, finanziato ai sensi della misura 321A – Servizi essenziali per l’economia e la popolazione rurale del PSR 2007/2014, che prevede la creazione di un incubatore d’impresa all’interno della Green House di Zogno, un edificio completamente ad “Emissioni Zero”, riqualificato attraverso l’impiego delle moderne tecnologie orientate al risparmio energetico, che verrà utilizzato per realizzare attività formative, culturali e didattiche destinate al territorio.

Nell’ambito di questo progetto, Bergamo Sviluppo-Azienda Speciale della Camera di Commercio di Bergamo, realizza una serie di attività e servizi per supportare lo start-up d’impresa, per diffondere una cultura favorevole all’autoimprenditorialità e favorire nascita e sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali sul territorio brembano. Aspiranti e neo-imprenditori potranno beneficiare di orientamento per la definizione dell’idea d’impresa, formazione per l’acquisizione delle competenze necessarie all’analisi e alla progettazione di un’iniziativa imprenditoriale, assistenza personalizzata per la valutazione della fattibilità del progetto e per la stesura del relativo business plan.

Intento dell’iniziativa è accompagnare e “rendere pronti” aspiranti e neo-imprenditori aderenti a insediarsi nell’incubatore che verrà creato all’interno della Green House. Particolare attenzione, soprattutto nell’ambito dell’attività formativa, potrà essere dedicata alle tematiche “green”, all’innovazione tecnologica e al turismo responsabile (ad esempio potrà esserci spazio per un inquadramento sulla sostenibilità ambientale e sul “fare impresa in chiave green”, un approfondimento sul tema dell’efficientamento energetico, testimonianze di imprenditori operanti nella green economy e nel settore turistico, ecc.).

L’iniziativa verrà presentata in due incontri di animazione/sensibilizzazione, che si svolgeranno, in orario 20.30-22.30, il 14 aprile a Piazza Brembana (nella sede della Comunità Montana Valle Brembana – via Tondini 16) e il 21 aprile a Zogno (nella Sala Consiliare del Comune, che ha collaborato all’organizzazione dell’incontro – viale Martiri della Libertà).

Per informazioni sul progetto e iscrizioni agli incontri: tel. 035/3888011 – email: raso@bg.camcom.it – www.bergamosviluppo.it (iscrizioni online dalla news in homepage o dal calendario eventi)


Industria manifatturiera, Bergamo ai vertici in Europa

Minolta DSCL’industria manifatturiera occupa a Bergamo oltre 150 mila persone e produce un valore aggiunto vicino ai 10 miliardi di euro: un valore che colloca questo sistema produttivo al secondo posto fra le province italiane ed europee. E’ quanto emerge dall’analisi “Bergamo European Manufacturing Industry” svolta dal professor Marco Fortis, vicepresidente di Fondazione Edison – in collaborazione con Fondazione Symbola e Confindustria Bergamo – presentata oggi a Milano.

Il fatturato estero dell’industria manifatturiera bergamasca, secondo l’analisi, vale quasi 15 miliardi (2014) ed è cresciuto di quasi 6 punti negli ultimi 12 anni. La bilancia commerciale ha contribuito per il 17,5% al Pil provinciale. La propensione alle esportazioni (esportazioni /Pil) è vicina al 50%, superiore ai valori della Germania (40%), molto al di sopra della media italiana (23,8%) e dell’Unione Europea (22,2%), e ha un ruolo di primo piano nelle performance dell’Italia, che resta uno dei soli 5 paesi al mondo con un surplus manifatturiero sopra i 100 miliardi di dollari. Infatti, nonostante la crisi, l’Italia è tra i paesi che hanno sofferto meno l’irruzione della Cina e degli altri Brics nel mercato mondiale, mantenendo nel 2013 oltre il 72% delle quote di export rispetto al 1999, mentre USA e Francia le hanno viste ridotte al 70,2% e 59,8%, il Giappone al 57,3%, il Regno Unito al 53,4%.

E nel 2012, grazie anche alle imprese di territori come Bergamo, si è piazzata prima, seconda o terza al mondo per attivo commerciale con l’estero in ben 935 prodotti su un totale di 5.117 (il massimo di disaggregazione statistica del commercio mondiale).

Nella competizione internazionale sono in prima fila, è vero, le grandi imprese e diverse centinaia di medie imprese specializzate, ma a fare la differenza sono le filiere produttive, spesso costituite da piccole imprese con un profondo legame con il territorio e le comunità. A Bergamo la compattezza della struttura produttiva garantisce che il 79,9% del valore dei beni esportati sia prodotto da imprese operanti in Italia; per valutare il significato di questa percentuale è sufficiente sottolineare che è ben superiore al 64% della Germania, e ai livelli degli altri Paesi europei, che si fermano a percentuali inferiori.

L’apertura dell’economia ha generato a Bergamo un diffuso fenomeno di internazionalizzazione. Gli investimenti diretti esteri delle industrie bergamasche sono più che consistenti – con 733 unità produttive in 70 Paesi, dagli Usa, alla Germania a Brasile e Cina – così come la presenza di imprese straniere, che danno lavoro nella provincia a 14 mila persone. Un fenomeno che ha accompagnato l’economia bergamasca fin dalla prima rivoluzione industriale. Su questa performance hanno inciso molti fattori: l’imprenditività, la capacità di fornire servizi al cliente, l’affidabilità e la qualità delle produzioni e, naturalmente, l’innovazione sia dei prodotti che dei processi che attraversa tutti i settori, accompagnata dalla capacità di cogliere le sfide del futuro legate alle nuove tecnologie, alla cultura, alla green economy. La vocazione di Bergamo, infatti, è la manifattura di qualità: quella di medio-alto livello tecnologico, che occupa il 30,7% degli addetti (più del 28,3% della media Ue a 27). E quella, 7.190 imprese, che scommette sulla sostenibilità: la stessa che, come dimostrano i dati nazionali, innova di più: ben il 30% delle imprese che investono green ha sviluppato, nel 2013, nuovi prodotti o nuovi servizi, contro il 15% delle altre; imprese che esportano di più: lo fa stabilmente il 44% di chi punta sull’ambiente, contro il 24% delle altre; E creano più occupazione: dalle imprese della green economy è arrivato il 61% della domanda di lavoro totale.

Quelle imprese, insomma – che già oggi portano al territorio e al Paese risultati straordinari – oltre a competenze e professionalità hanno quello sguardo rivolto al futuro che è indispensabile per conquistare i primati che raccontiamo nelle pagine seguenti, e che è la condizione necessaria e sufficiente per successi ancora maggiori. E che consente a quelle imprese, e a questo territorio, di essere uno dei protagonisti dell’Expo, la straordinaria vetrina globale sull’Italia che si aprirà a Milano.


Sacbo, proposta la distribuzione di dividendi per 4,4 milioni

orio-al-SerioSacbo inanella l’ennesimo risultato positivo, nel 2014, tanto più lusinghiero perché ottenuto durante lo svolgimento dei lavori di ammodernamento delle infrastrutture di volo e a fronte di consistenti investimenti, garantiti interamente con risorse proprie, che comprendono le opere di adeguamento dell’aerostazione, l’accessibilità stradale e il potenziamento delle aree di parcheggio. dal bilancio approvato dal Cda si evince che l’attività svolta da Sacbo ha generato ricavi per 101,252 milioni, in riduzione di 4,436 milioni rispetto all’esercizio precedente (-4,7 %) chiuso con ricavi per 106,292 milioni. I ricavi derivanti dalla gestione tipicamente aeronautica sono risultati pari a 72,158 milioni (in calo di 3,787 milioni rispetto al 2013), mentre quelli relativi alle attività commerciali non aviation sono stati pari a 24,235 milioni (dato in riduzione di 0,6 milioni rispetto al 2013). La voce relativa ai ricavi diversi è passata da 5,463 del 2013 ai 4,859 milioni del bilancio 2014.

Il margine operativo lordo è risultato pari a 17,643 contro i 28,740 milioni del 2013, ed è corrispondente al 17,4 % del totale dei ricavi. Ammortamenti e accantonamenti passano da 8,846 (pari al 8,3%) a 9,827 milioni (9,7%). Il saldo delle componenti straordinarie e finanziarie è passato da 1,548 a 0,119 milioni.

Il risultato operativo è pari a 7,817 milioni, corrispondente al 7,7 % dei ricavi, rispetto a 19,894 dell’esercizio precedente.

Il risultato ante imposte è di 7,936 milioni contro i 21,443 del 2013.

Al netto delle imposte di competenza per 2,612 milioni, nel 2014 Sacbo ha conseguito un utile di esercizio di 5,323 milioni (in riduzione rispetto ai 14,647 milioni dell’esercizio precedente), che il Consiglio di Amministrazione propone di destinare nella misura di 4,394 milioni (pari all’82,5 % dell’utile, equivalente a 1,24 euro per azione) a titolo di dividendo (stesso valore dello scorso anno) e il restante a riserva straordinaria.

Nell’esaminare il bilancio di esercizio 2014, il presidente di Sacbo, Miro Radici, ha condiviso con il Cda la soddisfazione per il raggiungimento degli obiettivi e il rispetto delle previsioni, in un anno caratterizzato dalla chiusura dello scalo per un periodo di 20 giorni (dal 13 maggio al 2 giugno 2014) e dai consistenti investimenti che Sacbo ha dovuto sostenere per il rifacimento della pista e l’ampliamento dell’aerostazione, nonché su parcheggi e viabilità esterna. Investimenti complessivamente pari a 77,352 milioni.

“Il risultato conseguito, pure in riduzione rispetto al 2013, rispecchia solidità patrimoniale, economica e finanziaria, frutto delle professionalità che ai vari livelli hanno permesso di gestire nel migliore dei modi le delicate fasi affrontate nel corso dell’anno – dichiara Miro Radici -. I dati di bilancio attestano il consolidamento della posizione raggiunta nel panorama del trasporto aereo, confermata dal volume dei passeggeri (8.774.256), in riduzione nella misura del 2,1% su base annua, che tuttavia nasconde il virtuale incremento nella misura del 3.5% che si sarebbe determinato con la continuità operativa dello scalo e il conseguente superamento di quota 9 milioni”. Conforta, a tale proposito, il trend del primo bimestre 2015, caratterizzato da una crescita di circa il 20 per cento del movimento passeggeri. A completare l’analisi del periodo antecedente l’approvazione del bilancio 2014, gli accordi sottoscritti con Ryanair, che ha implementato il piano di investimenti sull’aeroporto di Milano Bergamo, e Dhl Express Italy, con cui Sacbo ha prolungato al dicembre 2018 il rapporto contrattuale.

“Due passaggi fondamentali per delineare le strategie future di lungo periodo e creare le premesse per pianificare nuovi, possibili scenari operativi”.


Percassi porta in Italia il mondo scintillante di Victoria’s Secret

Percassi ha siglato una partnership con un’icona in fatto di moda, accessori, profumi e beauty del calibro Victoria’s Secret, marchio conosciuto nel mondo per le collezioni di lingerie, ma anche per le famose top model, gli Angels, e le sfilate show, con tanto di stella sulla walk of fame di Hollywood. Il gruppo bergamasco è stato individuato come franchising partner per l’Italia «grazie alla lunga e consolidata esperienza nella gestione e nello sviluppo di prestigiosi brand a livello internazionale», comunica l’azienda. L’apertura dei primi negozi in Italia è prevista nel 2015. Gli store Victoria’s Secret Beauty & Accessories offriranno una gamma di prodotti cosmetici e di accessori fashion. L’assortimento includerà fragranze, prodotti per la cura del corpo, lussuosi articoli di pelletteria, eleganti ed innovativi accessori per il business, bagagli, oltre ad una selezione di prodotti di lingerie.

In Europa primi negozi della società statunitense sono stati aperti nel Regno Unito, dove sono presenti 10 punti vendita dall’assortimento completo

VICTORIA’S SECRET

Parte della business company di L Brands (NYSE:LB), Victoria’s Secret è il principale retailer specializzato nella vendita di lingerie e di prodotti beauty. Con più di 1.000 store di lingerie e prodotti cosmetici, il sito online VictoriasSecret.com e l’iconico catalogo, i consumatori possono acquistare i prodotti del brand in ogni momento e in ogni luogo.

PERCASSI

Le attività di Percassi si concentrano principalmente su tre aree di business: House of Brands, Retail Development e Real Estate. L’area House of Brands riguarda la gestione di brand propri, quali Kiko Milano, Madina e Womo nella cosmetica e Atalanta in ambito sportivo, o in partnership come Billionaire Italian Couture nell’abbigliamento, contando su un know how d’eccellenza nello sviluppo di reti commerciali in location strategiche. L’area Retail Development si occupa dello sviluppo e gestione delle reti commerciali di grandi marchi, quali Gucci, Polo Ralph Lauren, Nike, Ferrari, oltre che dei brand di proprietà e di quelli in joint venture con importanti partner internazionali. In passato, Percassi ha sviluppato a livello globale i negozi del gruppo Benetton ed ha contribuito all’ingresso e alla diffusione sul mercato italiano dei brand del gruppo Inditex (Zara, Massimo Dutti, Oysho, Pull and Bear, Bershka, Stradivarius) oltre che di Swatch, Calvin Klein, Guess, Tommy Hilfiger e Levi’s. Con sede principale a Bergamo, Percassi è operativa con strutture ed uffici anche a Milano, Parigi, Londra, Berlino, Madrid, Lisbona, Vienna, Zurigo, Grand Canyon, St. Moritz e New York, con oltre 5.000 dipendenti. Le attività di Percassi sono gestite da due holding: Odissea Srl, impegnata a livello internazionale nel settore E-commerce e Fashion Retail e Stilo Immobiliare Finanziaria Srl, attiva nel settore Real Estate, che sviluppa e valorizza grandi progetti immobiliari, commerciali e direzionali, in partnership con fondi di investimento internazionali.


Romano, negozi contro le strisce blu in piazza Fiume

Pietro Giussani, macelleria, via Tadini 60, aperta da trent’anni

Pietro Giussani - Romano di Lombardia rid
 Lei è il presidente dell’associazione dei negozi, qual è la situazione a Romano?

«Purtroppo la grande distribuzione sopperisce alle necessità della clientela. Noi ci perdiamo, ma a pagare lo scotto sono anche le generazioni future. Chi è quel giovane che oggi apre un’attività con tutti i costi che comporta? Magari all’inizio c’è l’entusiasmo, ma poi appena si alza la saracinesca sono spese su spese».

Quali sono i settori che, invece, funzionano?

«Bar e pizzerie da asporto. Lo Stato ha liberalizzato all’eccesso e oggi si vedono tabaccherie che accanto a sigarette e valori bollati offrono anche caffè e cappuccini. Un’assurdità, a mio parere, perché non ci si improvvisa barman».

Il sindaco vorrebbe installare le telecamere intelligenti, ovvero che leggono la targa, cosa ne pensa?

«È un modo per tutelare la zona a traffico limitato dall’entrata di chi non è autorizzato. Ma è un’iniziativa che mi lascia perplesso. Credo che sia un ostacolo ulteriore per chi lavora e magari aspetta la merce dai fornitori».

 

Valerio Pagani, bar La Chicheria, via Tadini 40

Valerio Pagani - Romano di Lombardiab ridQual è la priorità per incentivare le attività a Romano?

«Io punterei a sistemare la situazione dei parcheggi in piazza Fiume: introdurrei quelli a disco orario, fino a due ore, e lascerei solo un quarto a pagamento. Le strisce blu vanno bene per chi deve fare una commissione veloce in centro, non per chi ci lavora o vuole passare un pomeriggio a fare shopping. Sono penalizzanti».

Oggi dove parcheggiano i clienti?

«Piazza Fiume è sempre vuota, proprio perché cara: 80 centesimi all’ora. In compenso, il parcheggio dell’ospedale, che è gratuito, è sempre strapieno. Ma crea un disagio alla gente che ha bisogno di fermarsi per fare esami o andare a far visita a parenti ricoverati».

Mariano Costardi, “Pavone Rosso”, negozio di scarpe e pelletteria, avviato trent’anni fa in via Rubini 9

Mariano Costardi - Romano di Lombardia ridCome si fronteggia la crisi degli acquisti?

«Anche i giganti al giorno d’oggi faticano. Le regole del mercato valgono per tutti. Molti nostri colleghi restringono l’offerta scegliendo di vendere solo articoli da donna oppure puntano a risparmiare sulle spese per il personale con una gestione familiare».

La vostra strategia qual è?

«Noi, al contrario, crediamo che sia importante proporre una vasta gamma di prodotti e di qualità».

Dunque, non pesa la concorrenza dei centri commerciali che sono a pochi chilometri da Romano?

«Non possiamo lamentarci. Anzi, direi che ci hanno aiutato a fare una selezione».

In che senso?

«Chi è andato là, e magari ha acquistato, poi è tornato da noi».

Pinuccia Bedoschi, Elisabeth abbigliamento uomo e donna e bigiotteria, via Tadini 6

Pinuccia Bedoschi - Romano di Lombardia ridQual è la priorità dei commercianti in questo momento?

«Chiediamo all’amministrazione che i parcheggi di piazza Fiume non siano a pagamento. Noi che gestiamo attività ne risentiamo molto. Ogni ora dobbiamo chiudere e correre a cambiare il tagliandino, altrimenti il vigile è già pronto a fare la multa».

Qual è la situazione delle vendite?

«Il negozio è appena nato, avviato lo scorso novembre. La passione è tanta, per ora si sopravvive».

Cosa, invece, funziona?

«L’associazione dei commercianti ci tutela molto e bene. La quota di adesione è bassa rispetto alle attività proposte: eventi, luminarie, vetrine a tema. Anche grazie al loro contributo nel rendere vivo il paese, la situazione è migliore di altri centri vicini e più grandi, come Treviglio».

Silvana Russi, “Casa del bambino”, abbigliamento, via Tadini 11

la casa del bambino - Romano di LombardiaQual è la situazione del commercio?

«Pessima».

Se avesse la bacchetta magica cosa farebbe?

«Trasformerei tutte le strisce blu dei parcheggi in bianche».

Perché?

«Non mi sembra giusto che chi lavora qui otto ore al giorno debba pagare per parcheggiare la propria auto. In secondo luogo, ci sono troppi ambulanti senza permessi e questuanti che infastidiscono i passanti. Per noi scatta subito il verbale per la minima svista. Loro sono liberi di muoversi, importunare e vendere».

Il negozio è stato avviato oltre mezzo secolo fa. Quali sono stati gli anni più difficili?

«Con la crisi ormai ci conviviamo. Mia suocera, Maria Teresa Martinelli, che è la titolare, sostiene che il 2014 sia stato l’anno più nero. I clienti vogliono risparmiare e si rivolgono agli shopping center. Chi vuole il capo bello, viene ancora qui. Per fortuna»”.

Alessandro Bonetti, “Civico 54”, negozio di abbigliamento, via Tadini 54 e via Stadio 12/14

Alessandro Bonetti - Romano di Lombardia ridCome vanno gli affari?

«È un disastro, in tutti i sensi. Non arriva gente, i negozi sono deserti».

Quale potrebbe essere l’aiuto dal Comune?

«Va tolta la riga blu, almeno a metà parcheggi che sono al servizio del centro storico. Dà fastidio a tutti, a noi commercianti che lavoriamo, ma anche a chi deve fare acquisti o commissioni».

Ci sono altre pecche?

«Manca la vigilanza. Ci sono ambulanti che fermano con insistenza le persone e offrono di tutto, dai fiori a scarpe e borse. Il giovedì mattina, quando c’è il mercato, la situazione è fuori controllo. Così non va bene».


Fiori, la Regione studia dei “paletti” alle vendite benefiche

fiori vendita beneficaÈ un problema annoso per i fioristi, al centro di numerose segnalazioni e iniziative da parte delle associazioni di categoria: regolamentare la vendita benefica di fiori per non danneggiare le attività tradizionali e stabili. L’argomento è stato affrontato giovedì 19 marzo in Regione dalla IV Commissione – Attività produttive che si prepara alla votazione del progetto di legge per integrare la legge regionale 2/2010 in materia di commercio e fiere. Il provvedimento in esame (relatore Antonello Formenti, Lega Nord) chiede di disciplinare in maniera più precisa le vendite temporanee da parte di enti non commerciali, con specifico riferimento alle tante iniziative che prevedono l’allestimento di banchetti e gazebo che offrono piante e fiori a sostegno alle più diverse cause. La Commissione, presieduta da Angelo Ciocca (Lega Nord), ha incontrato in audizione i rappresentanti di Confcommercio (tra i relatori Giovanna Mavellia, segretario generale lombardo) e delle associazioni di fioristi. Il nodo da sciogliere, al vaglio sia dell’ufficio legale del Consiglio che di Confcommercio, riguarda la possibilità di inserire nel dispositivo una distanza minima tra banchetti benefici e negozi di fiori e se le direttive della Bolkestein siano applicabili o meno a soggetti non commerciali. La Commissione ha poi approvato all’unanimità un nuovo progetto di legge in materia di contrasto alla ludopatia, anche per adeguarsi alle continue novità nel campo del gioco d’azzardo elettronico. Il nuovo progetto di legge (relatore Fabio Rolfi, Lega Nord) modifica la recente legge regionale 8/13 ma anche la legge 12/05 sul Governo del territorio e la legge 6/10 su commercio e fiere. Tra le novità, l’introduzione di una distanza minima di 500 metri tra attività analoghe.


Sacbo, Dhl prolunga l’accordo fino al 2018

DHLSacbo e Dhl Express Italy hanno rinnovato l’accordo di collaborazione, in scadenza a dicembre 2016, prolungandolo di ulteriori due anni.

La volontà reciproca di estendere il rapporto contrattuale conferma il legame esistente tra il vettore courier e il gestore aeroportuale e rafforza l’intesa, anche e soprattutto in vista del maturare di nuovi e diversi scenari operativi. Il nuovo accordo consolida il valore dell’Aeroporto di Bergamo come polo logistico, salvaguardandone il know-how, e pone le premesse per sviluppare e condividere le future strategie comuni.

La continuità contrattuale con Dhl Express Italy consente a Sacbo di avvalersi delle condizioni ottimali per proseguire il percorso intrapreso con altri interlocutori con l’obiettivo di pianificare le strategie di lungo periodo nel settore del trasporto delle merci aeree.


Al via uno short master per le imprese che vogliono aprirsi ai mercati internazionali

camera di Commercio (2)Sono aperte le iscrizioni allo “Short Master in internazionalizzazione d’impresa”, un percorso formativo intensivo interdisciplinare di 56 ore rivolto a imprenditori e dipendenti di  imprese che desiderano acquisire competenze specialistiche per affrontare progetti di sviluppo internazionale.Il corso è cofinanziato dalla Camera di Commercio e realizzato in collaborazione con NIBI – Nuovo Istituto di Business Internazionale (Promos Milano) ed è in programma alla Sala Consiglio del Palazzo dei Contratti e delle Manifestazioni a Bergamo dal 9 aprile al 3 giugno.

Gli incontri forniranno gli strumenti concettuali e concreti per elaborare una strategia di internazionalizzazione supportata da una progettualità definita. Al termine del percorso i partecipanti saranno in grado di mettere a fuoco gli aspetti chiave di un processo di internazionalizzazione e di dare una prima risposta alle principali problematiche di natura strategica e operativa che deve affrontare un’impresa orientata ai mercati internazionali.

Per partecipare, compilare la relativa scheda di iscrizione disponibile sul sito www.bergamosviluppo.it. Le iscrizioni verranno raccolte in ordine cronologico di arrivo fino all’esaurimento dei 30 posti disponibili.Per informazioni e iscrizioni: Bergamo Sviluppo – Stefania Rovetta rovetta@bg.camcom.it tel. 035 3888011-0353888047 – http://www.bergamosviluppo.it/sito/news/311-short-master-in-internazionalizzazione.html.


Il coraggio dei manager che scelgono la “libertà”

project-managerScoprire che il tuo capo guadagna il doppio o anche il quadruplo di te è un’esperienza demoralizzante. Ma quando il divario tra te e l’amministratore delegato ammonta a 440 volte lo stipendio medio di un impiegato, non c’è morale che tenga. Lo scorso anno 10 capi di altrettante società quotate alla borsa londinese si sono spartiti 120 milioni, con una media netta di 12 milioni di sterline a testa, solo in un anno. Chi lavora con loro e per loro si porge una domanda legittima: se li meritano davvero? E se la risposta è affermativa, per quale motivo se li meritano? Se lo chiedono in molti, migliaia di impiegati di queste grandi aziende. Se lo chiede anche chi lavora in proprio o gestisce un business da piccola-media impresa, chi lavora 16 ore al giorno e mette i risparmi personali nella propria azienda, chi non viene portato in giro dall’autista, chi viaggia sui voli low cost e non sugli aerei privati.

Si tratta infatti di aziende quotate in borsa, che devono rendere conto del proprio operato, e dei compensi, agli investitori che – specialmente alla luce di una degli scandali finanziari degli ultimi anni – mettono in discussione i mega bonus dei capi e dei membri del consiglio di amministrazione. Un breve saggio appena pubblicato da David Bolchover (http://www.davidbolchover.com/) autore rispettato di libri economici, smaschera alcune verità. Il saggio si chiama “Fatto su misura. Come le opinioni (sulle performance dei dirigenti) diventano fatti”. Il breve report discute quale sia l’impatto reale e misurabile di un amministratore delegato sulla propria azienda, e si domanda quanto siano rari i capi di successo. Quanto emerge ce lo aspettavamo: non c’è scarsità di dirigenti di alto livello, e sono tutti molto più sostituibili di quanto si pensi e la cima della piramide difficilmente influenza quanto accade alla base.

Purtroppo, in Inghilterra come altrove, il sistema è perpetuato da chi ne fa parte. Chiamala casta, chiamalo old school network, il risultato non cambia: i consigli di amministrazione sono popolati da persone molto simili tra loro, che probabilmente hanno frequentato le stesse università o gli stessi licei, pronti a difendere i propri diritti – e privilegi – corporativi, a spada tratta. Protetti da consulenti esterni e advisor, scelgono chi conoscono e di cui si fidano, inclusi propri successori, selezionati tra chi porterà avanti i loro progetti. Mentre fanno ciò, si assicurano che i loro compensi rimangano intoccati o volgano al rialzo. Con scontento degli investitori, che non hanno molti scrupoli davanti agli alti compensi dei dirigenti quando le cose vanno bene, ma sono molto meno comprensivi quando i titoli scendono.

Come giustificano i propri compensi i diretti interessati? Loro si difendono spiegando i loro compensi sono direttamente proporzionali alla misura dell’azienda che guidano. Quello che però non dicono è che le grandi aziende si avvalgono dei migliori consulenti offerti dal mercato, dai revisori di conti, agli avvocati, agli addetti alla comunicazione, fino alle agenzie di pubblicità. L’unico vero rischio che corrono è quello di essere licenziati, o dimettersi, con una buona uscita che garantisce una pensione per le prossime tre generazioni. Nel caso di un piccolo imprenditore o per chi fonda una start up, il rischio è spaventoso, si chiama fallimento e non garantisce un vitalizio.

C’è anche una terza via, composta da chi decide di scendere dagli aerei privati e cambiare rotta, portando la propria esperienza altrove, mettendosi in proprio o a servizio di start up, con un compenso da minimo sindacale. Ne abbiamo visti molti che – dal 2009 in avanti – hanno lasciato i consigli di amministrazione e l’autista per mettersi  in gioco, a volte anche rischiando. Sono i manager che preferiscono la libertà e l’indipendenza, e la flessibilità di costruire un business senza il vessillo degli investitori. Chi ha fatto questa scelta si è guadagnato il rispetto della società e dell’opinione pubblica.  Non lo stesso trattamento (anche di opinione) riservato a chi siede sulle sedie dei grandi consigli di amministrazione.

 


Commercio cinese, «è vero che c’è il boom ma la crisi colpisce anche noi»

Non conosce sosta l’espansione del commercio cinese in Bergamasca, che non solo vede aumentare il numero di imprese, ma anche modificarsi settore di attività, dimensioni e organizzazione aziendale. E pensare che 15 anni fa (un tempo in fondo non così lontano) le insegne si contavano sulle dita di una mano. Secondo i dati elaborati dall’Ascom, erano infatti cinque le iscrizioni di imprese con titolare cinese attive nel registro della Camera di Commercio, mentre a fine 2014 il saldo è arrivato a quota 288, con un incremento di 84 unità rispetto al 2013, pari ad un sostanzioso 41,2%. Il balzo più ampio è stato per i negozi non alimentari, passati nel giro di un anno da 67 a 119 (+77,6%), seguiti dai ristoranti (da 27 a 39, +44,4%). Meno ampio in percentuale l’incremento dei bar (da 103 a 121, +17,5%), mentre non si è mosso il livello dei negozi alimentari (5). Ancora marginale il peso dell’imprenditoria con gli occhi a mandorla nei tabaccai, che però sta salendo: nell’ultimo anno le gestioni sono raddoppiate, passando da 2 a 4. Nella sola Bergamo è ancor più accentuata la dinamica dei negozi non alimentari, quasi raddoppiati in un anno (da 15 a 29, +93,3%), mentre il dato complessivo che riguarda bar e ristoranti registra 7 attività in più (da 25 a 32, +28%).

Attività in calo nelle Valli

I segni della crisi dei consumi si possono semmai cogliere nella distribuzione geografica. Le uniche due aree in cui c’è stato un calo di imprese nel 2014 sono la Valle Brembana (-22%, con attività scese da 9 a 7) e la Val Seriana (-10%, il totale è passato da 20 a 18), zone in cui le difficoltà del manifatturiero si sono fatte sentire con più intensità. Sono cresciute invece tutte le altre, con un autentico exploit della Bassa (40 imprese in più che portano il totale a 86, +87%) e, pur se su valori assoluti più bassi, della Valle Cavallina (da 10 a 18 imprese in un anno pari all’80% in più). Seguono la Val Calepio (+50%), la città (+46,7%), l’Isola (+35%) e l’hinterland (+16,3%).

Cambiano settori e dimensioni aziendali

Un’analisi a più ampio raggio e di tipo qualitativo, evidenzia anche come il commercio cinese abbia man mano cambiato pelle. «In provincia di Bergamo ha conosciuto tre fasi – sintetizza il vicedirettore dell’Ascom Oscar Fusini -. Fino al 2000 era presente solo nella ristorazione, con offerta esclusiva di cucina cinese. C’è stata poi un’espansione nei mercati ambulanti nel settore non alimentare seguita, tra il 2005 e il 2010, dalla crescita dei negozi, in particolare di abbigliamento, accessori e articoli per la casa. La fase attuale vede uno sviluppo esponenziale dei negozi e una crescita regolare di bar ristoranti e sale gioco». Settore quest’ultimo che è andato al di là della proposta etnica, che pure rimane. «Si tratta di gestori ben integrati – rileva -, con una buona conoscenza dell’italiano. La vocazione prevalente è per il servizio di vicinato e la ristorazione tradizionale o etnica, meno evidente la propensione per i locali serali o la ristorazione creativa. In genere i nuovi ingressi tendono a mantenere le caratteristiche e l’impostazione dei locali che rilevano e non mancano società miste, formate da imprenditori cinesi e italiani».

Per quanto riguarda i negozi, «la maggioranza riguarda l’abbigliamento – spiega Fusini -. Sono in crescita i punti vendita di casalinghi e le aperture di bazar ed empori dove è possibile trovare di tutto, le cosiddette cineserie. Limitata è invece la presenza nella pelletteria e scarpe, mentre il settore emergente è quello dei tabaccai, con numeri per ora contenuti, ma in crescita». Tra gli aspetti più degni di nota, il fenomeno abbigliamento, in netta controtendenza rispetto all’andamento generale, dove prevalgono le chiusure sulle aperture, e il fatto che ora la stessa impresa dà vita a più punti vendita. «L’incremento di negozi cinesi – ricorda Fuisini – è sempre stato legato all’apertura di piccole attività indipendenti o di punti vendita di grandi dimensioni, ora invece alcune imprese cinesi stanno aprendo in più sedi». A caratterizzare tutte le attività «c’è l’attestarsi su prezzi contenuti, che rappresenta per molte persone una risposta alla crisi, ma anche l’ampiezza dell’apertura, 7 giorni su7 e con orari estesi e un percepito spirito di servizio da parte della clientela».

Le testimonianze

Luigi - bar 24 rid   Anica Chirilla - cliente bar 24 rid

Risponde al compito del servizio di vicinato il bar “24”, al numero 24, appunto, di via Mazzini, in città. Ambiente luminoso, tocchi di design e dietro al bancone Luigi, il nome che il titolare Haijie, 25 anni, si è scelto, in assonanza, per facilitare la vita ai clienti. Che sono prevalentemente abituali e scambiano sempre qualche battuta, mentre lui, dal canto suo, cerca di prendere nota delle preferenze di ognuno per non far mancare ogni mattina la brioche preferita o preparare “il solito”. In Italia dal 2008, proveniente da Wen Zhou, da due anni gestisce l’esercizio dopo aver affiancato la cugina a Ponteranica. «La crisi dei consumi si è fatta sentire anche nelle nostre attività – precisa -. In genere, comunque, nei paesi della provincia il lavoro va meglio mentre in città è più difficile. C’è più concorrenza e c’è sempre qualcuno che davanti ad una conduzione cinese cambia strada e cerca un’alternativa. Anche a me capita: persone che aprono la porta e appena vedono che sono cinese fanno marcia indietro. Lo accetto. Ciò che cerco di fare quando entra qualche nuovo cliente è chiedere come si è trovato, se va tutto bene e prendere nota dei suggerimenti». Un aspetto apprezzato da Anica Chirilla, cliente fissa. «Vengo da Solza – dice -. Accompagno mio marito che lavora alla clinica San Francesco e vengo qui apposta perché è un locale tranquillo, c’è una bella atmosfera e Luigi ti mette a proprio agio. Non è invadente ma al tempo stesso attento, i prodotti sono di qualità ed i prezzi concorrenziali». Ciò nonostante Luigi vuole vendere: «Il fatto è che sono solo ed è perciò difficile ampliare la proposta». Ad esempio introducendo gli aperitivi per vivacizzare anche l’offerta serale, come vorrebbe un’altra cliente.