Alla Trattoria Visconti il premio Miglior carta dei vini d’Italia, Selezione Mosella

 Primo posto assoluto tra i premi internazionali alla Slow Wine Fair di Bologna 

La Trattoria Visconti di Ambivere si è aggiudicata il premio speciale “Miglior carta dei vini d’Italia, Selezione Mosella”, tra i 24 premi assegnati alla Slow Wine Fair di Bologna, ieri, lunedì 27 febbraio. Un nuovo riconoscimento per la storica insegna bergamasca, gestita con passione da quattro generazioni dalla famiglia Visconti, sempre attenta alle evoluzioni del gusto e alle esigenze
di una clientela di cui cerca di stimolare la curiosità con iniziative speciali come serate a tema, incontri con produttori, osti, amici e vignaioli. La famiglia tutta impegnata nella gestione è composta da mamma Fiorella in sala con qualche salto in cucina, papà Giorgio che si occupa di orto, giardino e accoglienza, Daniele, sommelier, in sala e in cantina, Roberto ai fornelli. Il locale fa parte delle 18 Premiate Trattorie Italiane, locali con gestione della stessa famiglia da 50 anni, disposte su tutto il territorio nazionale premiate da clienti, stampa e critica.
Punti di forza della cucina della Trattoria Visconti sono l’utilizzo delle materie prime di territorio unite al rispetto delle preparazioni di tradizione bergamasca, accompagnate da scelte ben precise nell’utilizzo di farine non raffinate, lievito madre per la preparazione del pane fatto in casa, uova e carni del pollaio o di agricoltura biologica al fine di portar in tavola agli avventori preparazioni fresche e salutari.
Il premio va a un lavoro, portato avanti da anni con investimenti importanti, sulla selezione di etichette in cantina. “L’idea di disporre di una cantina

Daniele Caccia

showroom è diventata un vero e proprio progetto della famiglia nel 2019- spiega Daniele Caccia-. Sotto la nostra casa vi sono due antiche ed ottime cantine, ma sono di difficile accesso ed era impossibile accompagnarvi i clienti, quindi abbiamo deciso di ristrutturare due locali seminterrati e adiacenti alla sala ristorante. La ristrutturazione è avvenuta durante la pandemia, nel mezzo del lockdown, e le difficoltà sono state molte, anche per l’incertezza che la COVID-19 ha gettato sulle prospettive di investimento del settore della ristorazione. Nelle nostre cantine sono stoccate oltre 15.000 bottiglie delle quali
8.000 sono posizionate nella nuova cantina. I clienti che lo desiderano possono custodire le loro bottiglie negli appositi “mini caveau” della nuova cantina, vani a temperatura e umidità controllate e dotati di chiusura con chiave personale. Ogni caveau può ospitare fino a 18 bottiglie”. Il Riconoscimento di Slow Food Miglior Carta dei Vini della Guida Osterie d’Italia 2020, arrivato durante l’ideazione della nuova cantina, sancisce l’importanza del progetto e rappresenta una grande soddisfazione,  il premio miglior selezione Mosella tra tutte le carte vini d’Italia  da Slow Wine Fair è motivo di grande orgoglio per continuare ad approfondire le grandi zone vinicole del mondo: “Sono nato e cresciuto nella nostra trattoria, che in passato era anche bar con gioco della morra, delle carte e delle bocce- racconta Daniele Caccia-. Da piccolo gattonavo tra i tavoli dei clienti in una nuvola di fumo di sigari e sigarette, ben presto cominciai a servire all’avventore la “tazza mista” ovvero vino con gassosa e poi il “calice di rosso”. Col tempo è stato naturale occuparmi della cantina e del servizio bevande; la passione per l’enologia via via mi ha conquistato. Oggi posso dire di conoscere personalmente quasi tutti i produttori di cui abbiamo le bottiglie in carta perché ho visitato la loro cantina oppure perché li ho conosciuti negli eventi dedicati al vino.” Un patrimonio enoico costruito anno dopo anno: “Una cantina che abbiamo costruito nel tempo con la convinzione che ogni piatto riesca esaltato da un calice con il vino capace di incontrare il gusto dei nostri ospiti e di valorizzare ingredienti e ricetta. Circa 1780 le etichette presenti, suddivise in 300 bollicine, 300 vini bianchi di cui 70 riesling tedeschi dalla Mosella, 1000 vini rossi, 50 vini da dessert e 100 formati speciali per un totale complessivo di più di 15.000 bottiglie. Punti forti della carta vini sono sicuramente i vini del territorio bergamasco con predilezione per i produttori che rispettano la naturalità delle colture. Punte d’eccellenza in lista nella produzione di nicchia del Moscato di Scanzo Docg, dei Nebbioli della vicina Valtellina, bollicine di Franciacorta e vini da tutto il panorama nazionale con focus su piccole cantine di langa e toscana. Circa 180 gli Champagne in carta di cui più della metà importati direttamente e proposti in carta a meno di 50€ a bottiglia, inoltre è presente un’accurata selezione di bianchi e rossi francesi ma soprattutto 70 diverse etichette di Riesling di Germania dalla Mosella, meritevoli del premio assegnato “Miglior carta dei vini d’Italia, Selezione Mosella”

I riconoscimenti della Slow Wine Fair

24 riconoscimenti sono stati attribuiti a quei ristoranti ed enoteche che vantano una selezione particolarmente forte su 8 terroir scelti.
Fra i premi territoriali italiani, migliore selezione di Barolo e di Chianti Classico (per le denominazioni più affermate) e migliore selezione di vini irpini e di Trebbiano d’Abruzzo (per le
denominazioni emergenti). Per i premi territoriali internazionali i focus sono invece la Loira e la Mosella e, per quanto riguarda i territori emergenti l’Austria e la Slovenia.
Per tutto gennaio 2023, il pubblico ha candidato i ristoranti e le enoteche del cuore sul sito dell’evento. Dal 1° al 15 febbraio si è effettuata una prima scrematura con dieci nomination per
ogni categoria, che è stata affidata al voto degli appassionati. Subito dopo sarà giuria di esperti ha decretato i 3 indirizzi per ogni tematica, che sono stati infine premiati lunedì 27 febbraio 2023.
La Trattoria Visconti di Ambivere si è aggiudicata il 1 posto assoluto nella categoria “Miglior carta dei vini d’Italia, Selezione Mosella”

 

 

Credit photo. Immagini, rispettivamente di Eva Arioli, Gianpaolo Ciceri e Riccardo Melillo

 


Il Ramen, l’anima più autentica del Giappone

Ne abbiamo parlato con Luca Catalfamo, unico chef non giapponese che è rimasto per due anni nella food court del Museo del ramen di Shin-Yokohama

Il ramen è un piatto unico, semplice ma saporito, diventato lo street food per eccellenza in Giappone. Esistono decine e decine di varianti della ricetta, dal brodo di carne a quello di pesce, dalle spezie alle verdure, e in Giappone ogni regione ha la propria specialità. Fino agli anni ‘50 era chiamato shina soba cioè zuppa cinese, in quanto servito dai ristoratori cinesi. Il piatto simboleggiava l’imperialismo giapponese; gustare una ciotola di shina soba in quegli anni significava ingurgitare la stessa Cina. Il nome fu cambiato in ramen, che richiama la parola cinese lamian, ossia tagliolini tirati a mano. A introdurre la specialità, per primo, in Italia è stato lo chef Luca Catalfamo, 46 anni, di Vignate, che nel 2013 ha aperto a Milano Casa Ramen e poi Casa Ramen Super, ristorante dove si possono prenotare altri piatti, abbinando un bicchiere vino o birra. Nel libro Casa Ramen, pubblicato da Giunti, Catalfamo racconta la sua storia, una giornata nei suoi locali e non manca la ricetta per preparare un ottimo ramen a casa.

La scoperta del Ramen

«Una dozzina di anni fa lavoravo nelle cucine dei ristoranti di New York quando ho scoperto il ramen per caso, come accade per tutte le cose belle – racconta Catalfamo -. Finito il turno, passando fuori dai locali nell’Est Village, mi colpì una lunghissima coda. Era gente che aspettava di entrare a Ippudo, iconico ramen bar. Entrai e fu un colpo di fulmine». Lo chef si è messo a ricercare, ha studiato, assaggiato, testato, ponendo fin da subito un confine netto tra la sua attività culinaria tradizionale e la sua passione. «Il mio approccio era da cliente affezionato, cercavo di assaggiare più tipologie differenti – dice –. Così sono volato a Sidney e a Londra, l’idea era di aprire un ramen bar a Milano. E così è stato, nel 2013, con Casa Ramen, quando nessuno sapeva cosa fosse questo piatto: ho spianato la strada a tanti professionisti, dando un’impostazione».  Dopodiché è ripartito per il Giappone per un’immersione totale nella cultura che ha dato origine al ramen per poterne catturare l’anima.

Definizione e categorie

Il ramen è una zuppa calda. «Questo secondo la visione italiana il ramen – afferma Catalfamo -. Ma è riduttivo definirlo tale, è molto di più: è il comfort food asiatico, composto da noodles freschi fatti con farina di frumento, brodo di carne o pesce e tanti altri ingredienti come pollo, uova sode, alghe. Si definisce da solo». Ci sono quattro macrocategorie: shio (brodo chiaro e molto saporito che combina carne di pollo con pesce, verdure e alghe, spesso guarnito con prugne sotto aceto), shoyu (brodo di carne scuro con salsa di soia, alghe, germogli di bambù, fagioli, uova sode e spezie), miso (brodo di miso con pesce o pollo) e tonkotsu (brodo di maiale, spesso servito con zenzero sotto aceto). «Ma non c’è una regola, la differenza la fa  chi lo cucina, in base al proprio gusto,  esperienza e anche umore – afferma l’esperto -. Varia a seconda del luogo, come accade in Italia per i piatti regionali. Il sapore del brodo non è mai identico. La regola semplice è cercare di non copiare, ma riprodurre l’anima con gli ingredienti del territorio. Il fine è portare chi lo gusta in Giappone o regalare un assaggio a chi desidera andarci».

Tonkotsu Ramen

Si narra che il ramen sia uno dei pochissimi piatti che consente di sentire l’umami, il quinto sapore, separato rispetto al dolce, al salato, all’aspro e all’amaro, che noi occidentali non conosciamo affatto. In questo caso, la prova è dimostrata facilmente assaporando il tonkotsu ramen. «Il migliore, quello che ho introdotto per primo, dal brodo denso, lattiginoso, preparato con carne e ossa di maiale che cuoce per 12-14 ore e riposa un’intera notte – conferma lo chef -.  E’ anche la variante più diffusa e gustosa».

I segreti per gustarlo

Il ramen è anche divertente da mangiare: si usano la bacchette, ma anche un mestolino per il brodo. Ecco alcune regole per gustarlo al meglio. «Girare i noodles con bacchette e cucchiaio fa molto spaghetto all’italiana, ma è parte della nostra cultura, dunque è bello da vedere – sorride Catalfamo -. Poi suggerisco di consumarli al dente e velocemente, altrimenti la pasta si ammorbidisce. Prima però si assaggia il brodo e prima ancora, lo si annusa. Gli ingredienti non vanno mescolati per godere di tutti i sapori e delle diverse sfumature, ma si mangiano uno alla volta, partendo dal topping. Seconda cosa: il brodo si beve alla fine, alzando la ciotola, senza badare all’etichetta».

Dal dilm Ramen Heads al Museo del Ramen

“Ramen heads” di Koki Shigeno, più che un documentario è un atto d’amore verso questa pietanza che rivela, passo dopo passo, i segreti dei migliori chef di questa zuppa, a partire da Tomita Osamu considerato l’imperatore indiscusso del ramen.   Per far capire quanto è grande la sua fama, il Tomita Ramen, a Matsudo, ha solo undici posti ed è un luogo di culto tra i più visitati in Giappone tanto che ha dovuto sviluppare un sistema di biglietteria digitalizzato per le prenotazioni. Esiste anche il Museo del ramen di Shin-Yokohama, vero parco a tema dedicato a questo piatto. Luca Catalfamo è stato invitato a presenziare nella food court, dove è rimasto per due anni, unico chef non giapponese.


Il maestro pasticciere Paolo Riva prende per la gola Maria Grazia Cucinotta

La troupe de “L’ingrediente perfetto” di La7 condotto dall’attrice siciliana entra nella premiata pasticceria di Treviglio

La troupe televisiva di La7 entra, domani (27 ottobre 2022), nella pasticceria trevigliese Paolo Riva, per scovare «L’ingrediente perfetto». Questo è il titolo del programma settimanale di cucina condotto da Maria Grazia Cucinotta, in onda tutte le domeniche, alle 10.10, su La7. Per la capacità di promozione delle eccellenze enogastronomiche italiane,  la trasmissione ha conquistato, quest’anno, il Premio Moige nella sezione «Intrattenimento, cultura e informazione» per essere «un programma di cucina senza chef ma con Maria Grazia Cucinotta nei panni della mamma di famiglia alle prese con delle ricette semplici e facili da replicare e in grado di esaltare tantissimi prodotti di qualità dell’agroalimentare italiano presentati direttamente dalle aziende produttrici attraverso interviste e servizi». L’attrice siciliana del piccolo e grande schermo, indimenticabile protagonista del film «Il postino» con Massimo Troisi, in ogni puntata, racconta, dalla sua cucina, sulle rive del Tevere, come un’attenta preparazione e la scelta degli ingredienti perfetti possano portare alla creazione di piatti gustosi e naturalmente sani. L’attrice, che sta girando in Basilicata «Il meglio di te», di Fabrizio MaricaCortese,  ama cucinare. I suoi piatti forti sono la parmigiana e la pasta alla norma. In ogni puntata del programma sono presentati quattro ingredienti perfetti, raccontati direttamente dai produttori locali. Paolo Riva, in particolare, svelerà tutti i segreti del cioccolato e del panettone artigianale.  Fondamentali i suggerimenti di Gianluca Mech, esperto di alimentazione naturale, che nella rubrica «la ricetta light», in questa nuova edizione, oltre ai dolci, propone anche ricette salate tra primi e secondi per un menù all’insegna della leggerezza. Le riprese nel locale trevigliese si svolgeranno domani pomeriggio, dalle 14. Il servizio sarà trasmesso nelle prossime settimane.

 

 

 

 

 


Guida Gelaterie d’Italia, ancora tre coni per la Pasqualina e l’Oasi American Bar

Massimo riconoscimento dal Gambero Rosso. Menzionata anche la Pasticceria Morlacchi di Zanica

Una piacevole – e gustosa – riconferma: la Pasqualina di Almenno San Bartolomeo e l’Oasi American Bar di Fara Gerra D’Adda sono tra le migliori gelaterie d’Italia. A decretarlo non sono sondaggi o gusti personali ma i massimi esperti della Guida Gelaterie d’Italia del Gambero Rosso che ha assegnato (anche quest’anno) tre coni alle due gelaterie bergamasche.
Presentata nei giorni scorsi al Sigep di Rimini, la guida segnala ben 461 attività, con oltre 40 nuovi ingressi, di cui 61 hanno ottenuto i prestigiosi tre coni. Anche quest’anno, inoltre, all’interno della guida spicca una sezione dedicata al Gelato del Pasticcere, un viaggio alla scoperta dei grandi nomi della pasticceria italiana che hanno riservato al gelato di qualità un posto speciale. In Lombardia sono sette i locali segnalati e, tra questi, spicca un’eccellenza bergamasca, la Pasticceria Morlacchi di Zanica.

I Tre Coni: gelaterie top
Ci sono ben quattro nuovi ingressi tra i Tre Coni nella guida Gelaterie del Gambero Rosso 2022. Due in Lombardia, con Terra Gelato a Milano e Pallini a Seregno. La prima in pochi anni ha conquistato consensi grazie a una proposta di alto livello curata dal maestro gelatiere Massimo Grosso. La seconda è la gelateria dei fratelli Pallini, i quali hanno inaugurato questa accogliente gelateria nel 1995 portando avanti una filosofia fatta di passione, ricerca scrupolosa delle materie prime e tecnica precisa. E ancora un nuovo Tre Coni a Roma, Fatamorgana, la creatura di Maria Agnese Spagnuolo, la quale è l’esempio concreto di quanto si possa far bene grazie a organizzazione e passione. Infine Officine del gusto a Pignola dove Luigi Buonansegna ama organizzare dimostrazioni pratiche, spiegare ai clienti il processo produttivo mentre è al lavoro e poi concludere con un assaggio: il modo migliore per raccontare il prodotto.

 

LE GELATERIE TRE CONI

PIEMONTE
Canelin – Acqui Terme [Al]
Marco Serra Gelatiere – Carignano [To]
Gelati d’Antan – Torino
Mara dei Boschi – Torino
Casa Marchetti – Torino
Nivà – Torino
Ottimo! Buono non basta – Torino
Soban – Valenza [Al]

LIGURIA
Cremeria Spinola – Chiavari [Ge]
Profumo – Genova

LOMBARDIA
La Pasqualina – Almenno San Bartolomeo [Bg]
Il Dolce Sogno – Busto Arsizio [Va]
Oasi American Bar – Fara Gerra D’Adda [Bg]
Artico – Milano
Ciacco – Milano
Crema – Milano
Lo Gnomo Gelato – Milano
Paganelli – Milano
Pavé – Gelati & granite – Milano
Terra Gelato
Chantilly – Moglia [Mn]
L’Albero dei Gelati – Monza
Pallini – Seregno [Mb]
VeroLatte – Vigevano [Pv]

VENETO
Gelateria Naturale Scaldaferro – Dolo [Ve]
Golosi di Natura – Gazzo [Pd]
Chocolat – Mestre [Ve]
Gelateria Marisa – San Giorgio delle Pertiche [Pd]
Dassie – Vero Gelato Artigiano – Treviso
Zeno Gelato e Cioccolato – Verona

FRIULI VENEZIA GIULIA
Timballo – Udine

EMILIA ROMAGNA
Cremeria Santo Stefano – Bologna
Cremeria Scirocco – Bologna
Stefino – Bologna
Bloom – Modena
Ciacco – Parma
Cremeria Capolinea – Reggio Emilia
Sanelli – Salsomaggiore Terme [Pr]
Il Teatro del Gelato – Sant’Agostino [Fe]

TOSCANA
Gelateria della Passera – Firenze
Chiccheria – Grosseto
De’ Coltelli – Pisa
Dondoli – San Gimignano [Si]

MARCHE
Paolo Brunelli – Senigallia [An]

LAZIO
Gretel Factory – Formia [Lt]
Greed Avidi di Gelato – Frascati [Rm]
Fatamorgana – Roma
La Gourmandise – Roma
Otaleg! – Roma
Stefano Ferrara Gelato Lab – Roma
Torcè – Roma

ABRUZZO
Gelaterie Duomo – Il Paradiso del gelato – L’Aquila

CAMPANIA
Di Matteo – Torchiara [Sa]
Cremeria Gabriele – Vico Equense [Na]

PUGLIA
G&Co – Tricase – [Le]

BASILICATA
Emilio – Maratea [Pz]
Officine del gusto – Pignola [Pz]

SICILIA
Cappadonia Gelati – Palermo

SARDEGNA
I Fenu Gelateria e Pasticceria – Cagliari
Dolci Sfizi – Macomer [Nu]

 

PREMI SPECIALI

Miglior Gelato al Cioccolato
Fiordipanna – Cornaredo [Mi]

Gelatiere Emergente
Erika Quattrini de Il Pinguino Quattrini – Falconara Marittima [An]

Sostenibilità
Gelateria Moou – Torino

Miglior Gelato Gastronomico
L’Albero dei Gelati – Monza

Valorizzazione delle produzioni locali
Materica – Sondrio

 

IL GELATO DEL PASTICCERE

PIEMONTE
Dalmasso | Avigliana [TO]
Avidano | Chieri [TO]
Bonfante | Chivasso [TO]
Marco Vacchieri Pasticceria Cioccolateria Gelateria | Rivalta Di Torino [TO]
Fabrizio Galla | San Sebastiano Da Po [TO]
Raspino | Torino

LOMBARDIA
Besuschio | Abbiategrasso [MI]
Sirani | Bagnolo Mella [BS]
Pasticceria Veneto | Brescia
Sartori | Erba [CO]
L’Ile Douce | Milano
Peck | Milano
Morlacchi | Zanica [BG]

VENETO
Il Chiosco | Lonigo [VI]
Biasetto |Padova
TRENTINO ALTO -ADIGE
Milano | Levico Terme [TN]
Reinhard | Moena [TN]

EMILIA – ROMAGNA
Rinaldini |Rimini

TOSCANA
Luca Mannori | Prato

MARCHE
Roberto Cantolacqua Pasticcere | Civitanova Marche [MC]
Picchio | Loreto [AN]

LAZIO
Walter Musco – Bompiani | Roma
Belle Hélène | Tarquinia [VT]

ABRUZZO
Caprice | Pescara

CAMPANIA
Andrea Pansa | Amalfi [SA]
Sal De Riso Costa d’Amalfi | Minori [SA]
Pasquale Marigliano | Nola [NA]
Gabbiano | Pompei [NA]
Pepe Mastro Dolciere | Sant’Egidio Del Monte Albino [SA]

PUGLIA
Pino Ladisa | Bari
Moffa | Foggia
L’Arte Bianca | Parabita [LE]

BASILICATA
Tiri Bakery & Caffè | Potenza

SICILIA
Pasticceria Palazzolo | Cinisi [PA]
Sciampagna | Marineo [PA]
Caffè Sicilia | Noto [SR]
Cappello | Palermo
Antico Caffè Spinnato | Palermo

 


Il futuro della ristorazione parla digitale

Dalla gestione del delivery alla piattaforma per trovare personale: ecco sei realtà food tech che stanno rivoluzionando l’Horeca

Tra lockdown, restrizioni, normative e nuove abitudini dei consumatori, nell’ultimo anno il settore dell’Horeca ha dovuto affrontare sfide sempre più complesse per superare le difficoltà del momento e adattarsi alla “nuova normalità” fatta di aperture contingentate, take-away e delivery. In questo contesto, gli strumenti digitali rappresentano un’ancora di salvezza per realizzare un modello di ristorazione innovativo che semplifichi e ottimizzi – soprattutto in una fase così complessa come quella della ripartenza – il lavoro di chef e ristoratori, per gestire più facilmente delivery e take away, aggiornare i propri menù anche a distanza, entrare in contatto rapidamente con produttori e agricoltori, ottimizzare tutti i processi.
Ed è partendo da tali premesse che nasce “Ristorante del Futuro”, progetto che affonda le sue radici ancora prima che la pandemia mettesse a nudo i limiti e accelerasse la transizione digitale nella ristorazione. Nato come evento annuale tenutosi nel 2019 e nel 2021 ospitato da Epam-Confcommercio Milano, il progetto si sta infatti evolvendo in una vera e propria associazione che si pone come obiettivo quello di stimolare e promuovere l’innovazione nel comparto Ho.Re.Ca e far emergere giovani realtà food-tech operative al servizio dei ristoratori.

Deliveristo: digitalizzare e snellire la filiera agroalimentare
Digitalizzare il settore dell’Ho.Re.Ca. e la filiera agroalimentare, per semplificare tutti i passaggi, dalla scelta di nuovi prodotti al confronto dei prezzi: è questa la formula promossa dalla startup Deliveristo, marketplace digitale B2B che mette in contatto diretto ristoratori e chef con i fornitori. L’obiettivo principale di Deliveristo è quello di snellire i rapporti lungo l’intera filiera agroalimentare grazie alla messa a disposizione di un mercato in grado potenzialmente di ospitare tutti i fornitori  garantendo un unico punto di fatturazione, gestione del pagamento e della logistica, oltre che un servizio di assistenza e consulenza sempre operativo.
Tra le realtà bergamasche che hanno scelto Deliveristo spicca Lina Food Lab della famiglia Amaddeo, che da sempre gestisce lo storico Da Mimmo di Città Alta: “Siamo stati tra i primi a credere in questa piattaforma digitale che offre un’interessante selezione di prodotti di assoluta qualità ed eccellenza – conferma Roberto Amaddeo -. Del resto oggi un ristoratore ha sempre meno tempo per la ricerca e poter contare su un servizio che mette a disposizione tantissimi prodotti un’unica piattaforma è molto vantaggioso e consente anche di arriva prima degli altri”.

EatsReady: i buoni pasto diventano digitali
Prima azienda in Italia ad emettere buoni pasto digitali, EatsReady opera tramite una piattaforma che abilita pagamenti smart e servizi di mobile ordering per connettere aziende, dipendenti e operatori del settore della ristorazione e della Gdo. La soluzione assicura ad aziende e dipendenti un’esperienza nuova, semplice e intuitiva per offrire welfare benefit ai propri collaboratori, sostituendo l’utilizzo dell’app alle carte elettroniche o buoni pasto cartacei. E attraverso la creazione di valore per gli esercizi convenzionati, EatsReady riduce le commissioni e rende l’accettazione dei buoni pasto un processo rapido e privo di complicazioni a livello operativo.

Hotbox: il futuro delle consegne a domicilio
Nata nel 2016 a Maranello, Hotbox è l’azienda che ha creato l’omonimo forno professionale ventilato per le consegne a domicilio, alimentato a batteria con un cervello elettronico in grado di controllare la temperatura fino a 85°C ed eliminare l’umidità in eccesso, mantenendo intatta la fragranza e il calore del cibo durante il trasporto. Uno strumento tecnologico altamente innovativo, utile a migliorare la qualità del food delivery poiché consente a ristoranti, pizzerie e gastronomie di preservare la qualità dei piatti e della loro cucina durante le consegne, evitando che vengano serviti freddi e gommosi.

Dishcovery: l’avanguardia nella gestione del menu
Startup modenese con sede a Bologna, Dishcovery rappresenta l’avanguardia nella gestione dei menù proponendo un modello digitale, interattivo e multilingua per tutti i ristoranti italiani: l’obiettivo è quello di fornire un innovativo sistema gestionale su tutti i touch point digitali in tempo reale. Permette inoltre di superare le barriere linguistiche tra ristoratore e cliente straniero attraverso una soluzione tecnologica che traduce i menù in formato digitale, senza tralasciare i dettagli sugli ingredienti che compongono ciascun piatto ma rendendolo, facilmente condivisibile via mail, instant messaging, sms, social.

Scloby: addio ai vecchi registratori di cassa
Pmi innovativa nata nel 2013 e ora parte del Gruppo Zucchetti, Scloby ha creato un punto cassa e una piattaforma cloud multipiattaforma che sostituisce i vecchi registratori di cassa con un semplice tablet, smartphone o computer per una gestione smart delle vendite nel locale ed online. Ristoranti e negozi possono così gestire la propria attività in maniera efficace, integrando tutti i canali di vendita, ed amministrare anche da remoto operazioni quotidiane come l’emissione degli scontrini, la fatturazione, la gestione del magazzino. Ciliegina sulla torta la possibilità di realizzare siti ecommerce per mettere online i propri prodotti e ricevere gli ordini direttamente in cassa. I clienti possono così consultare i prodotti e il menù e ordinare direttamente online, scegliendo sia il tipo di consegna (asporto o delivery) che la modalità di pagamento (alla consegna o in anticipo tramite il sito).
“Oltre a essere molto intuitivo è anche un sistema completo – commenta Paolo Chiari, chef patron del ristorante Lalimentari in Città Alta -. Dal sistema cassa agli ordini al tavolo, dal magazzino alle prenotazioni. Ci ha consentito di agevolare e snellire il managment del locale anche se ovviamente o va tenuto sotto controllo e necessita di una buona connessione internet. Può essere controllato anche da remoto e questo consente di tenere tutto monitorato anche senza essere fisicamente nel locale”.


Natale, sotto l’Albero i doni non mancano. La spesa media per bergamasco poco sotto i 300 euro

II 69% dei bergamaschi effettuerà regali (+7% rispetto allo scorso anno). Si scelgono soprattutto prodotti enogastronomici, libri e giocattoli  

   

Se il Natale del 2020 sarà ricordato come il primo dall’avvento del Covid, quello di quest’anno passerà alla storia come quello dell’incertezza. Una situazione che si riflette anche sui consumi del Natale 2021: il 69% dei bergamaschi effettuerà regali (+7% rispetto allo scorso anno), dato leggermente inferiore alla stima nazionale (74%) che è in linea con il 2020 ma nettamente sotto il 2019 (86,9%). E se resta inalterata la quota dei bergamaschi che non fanno i regali per convinzione personale, è in aumento quella di coloro che preferiscono risparmiare oppure sono in difficoltà a causa del peggioramento della propria condizione economica. In recupero, invece, quella fascia che l’anno scorso rinunciò ai regali per mancanza di occasione di scambio.

Secondo l’indagine Confcommercio, inoltre, più di 1 regalo su 3 quest’anno è stato acquistato in anticipo a novembre (in aumento rispetto al 23,3% dell’anno scorso). Il periodo più gettonato resta dall’1 al 15 dicembre per il 53,2% delle persone, in calo però del 7,7%.

Il budget per gli acquisti
Con riferimento al budget stanziato per i regali, aumentano i consumatori che hanno deciso di spendere meno di 300 euro (sono il 97% del campione a fronte del 94,2% dello scorso anno) e diminuisce dal 5,8% al 3% la quota di chi spenderà oltre 300 euro.

 

Tipo di regali prodotti enogastronomici, libri e giocattoli
Tra i regali più gettonati spiccano come sempre i prodotti enogastronomici, scelti dal 75,2% delle persone e in aumento del 7,2% rispetto allo scorso anno. Bene anche libri ed ebook (55%) in aumento del 7,8% rispetto allo scorso Natale, così come i giocattoli che saranno scelti dal 54,4% delle persone, con un aumento del 3,2%.
Guadagnano anche le carte regalo – che interessano il 41% delle persone e sono in aumento del 7,6% – e gli smartphone, che pur riguardando solo il 21% degli intervistati recuperano il 10%. Sempre molto gettonati (42,0%) i capi di abbigliamento che però perdono il 3%. Continua, inoltre, la difficoltà della categoria dei regali di biglietti per concerti e spettacoli che si attesta solo al 7%.

Canali di acquisto
Il primo canale di acquisto resta Internet con il 69% (+1,5%) che registra una crescita contenuta; seguono la distribuzione organizzata per il 56,7% ( +0,7%), i negozi di prossimità al 42,5%, (-1,5%), e gli outlet e gli spacci aziendali, scelti dal 19,6% delle persone e con un aumento del 3,6% rispetto al 2020. Invariati i punti vendita equo-solidali che si attestano al 13%.

Turismo
In vista delle festività natalizie, infine, emerge la brusca frenata del turismo che paga la risalita della pandemia. Secondo l’indagine Confcommercio, avevano programmato di viaggiare durante le festività natalizie solo il 17% degli italiani. A seguito della risalita dei contagi, inoltre, il 52% ha deciso di partire comunque, mentre il 48% rinuncia.

Al netto dell’aggravamento della pandemia che stiamo registrando e della stretta che potrebbe impattare sul commercio, la situazione degli acquisti di quest’anno non è paragonabile a quella drammatica registrata lo scorso anno con il lockdown – sottolinea Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo -. La possibilità di incontrarsi ha aumentato il numero delle persone che si faranno regali e ha sostenuto le vendite dei negozi, rappresentando una vera e propria boccata d’ossigeno indispensabile per le nostre imprese. Questo trend ci lascia ben sperare per il nuovo anno che speriamo sia di effettivo recupero delle vendite per tornare ai livelli pre pandemia”.

 


Addio allo chef «Chicco» Coria

Si è spento ieri al Niguarda lo chef, classe 1967, molto amato nel mondo della ristorazione e da tutti i bergamaschi

È un pugno allo stomaco per la ristorazione bergamasca la notizia della perdita dello chef Federico «Chicco» Coria. Classe 1967, lo chef di Martinengo era molto amato nel mondo della ristorazione e da tutti i bergamaschi, molto noto anche nel mondo sportivo degli Ultras per la sua passione atalantina. È morto nel pomeriggio di giovedì 2 dicembre, all’ospedale Niguarda di Milano, dove era ricoverato in terapia intensiva. Chicco Coria, che è stato considerato da tutti un faro nel suo settore, è deceduto a seguito di complicazioni legate ad un’infezione che nei giorni scorsi lo aveva costretto al ricovero all’ospedale di Romano di Lombardia, nella Bergamasca. Da lì, il trasferimento al Niguarda dove è rimasto nelle ultime 48 ore prima di spirare.

Mentore per i giovani e fautore dell’Accademia del Gusto
Con oltre 40 anni di esperienza ai fornelli tra esperienza di lavoro in Italia, all’estero e tante partecipazioni a competizioni culinarie nazionali ed internazionali, Coria è noto per lo spirito collaborativo verso gli altri ristoratori e verso i giovani cuochi. “Molto del mio sapere lo devo senza dubbio a colui che considero uno dei miei più grandi maestri: lo chef Sergio Mei” era solito raccontare durante le sue lezioni di cucina. Si perché oltre a essere stato un grande chef, Chicco Coria è stato protagonista anche nel mondo della formazione. Merito di un’esperienza di lungo corso che lo ha visto, già all’età di 23 anni, dirigere e formare diverse brigate di cucina. Una solida professionalità che lo ha portato a occuparsi anche di formazione in molte scuole sul territorio nazionale e della progettazione dell’Accademia del Gusto di Ascom Confcommercio Bergamo dove è stato per anni docente.

Le tappe più importanti della carriera
Dopo il diploma conseguito all’Alberghiero di San Pellegrino, sono innumerevoli le esperienze professionali: dall’Abacanto a Ranzanico al Lago, al Salvia e Rosmarino di San Pellegrino Terme (sua prima esperienza imprenditoriale),  dall’Antico Ristorante del Moro all’interno dell’Hotel Cappello d’Oro al One Restaurant di Dalmine, per poi occuparsi di catering ed eventi alla Vecchia Filanda di Brusaporto e al Castello di Valverde a Bergamo. Nel 2019 ha inaugurato a Montello il ristorante Borgogna, all’interno di Villa Monticelli.

I ricordi sui social
Tra i tantissimi ricordi apparsi sui social nel pomeriggio, quello della Nazionale Italiana Cuochi: “La Nazionale italiana Cuochi – si legge nel post sulla pagina Facebook – rappresenta e ha rappresentato negli anni, oltre all’unione di capaci professionalità, un gruppo di persone che insieme hanno condiviso e condividono un percorso di vita e di crescita personale e umana. Federico Coria ha contribuito nell’arricchire questo percorso e questa crescita, con le sue grandi capacità ed il suo spirito di gruppo”.

“Ho perso un grande amico, ci accomunava una stima reciproca – ricorda Giovanni Zambonelli, presidente Ascom Confcommercio Bergamo -. Posso dire con orgoglio di essere stato la prima persona che nel 1991 affidò a Coria una grande cucina e l’ho sempre seguito nella sua crescita professionale sino a quando decise di fare il salto e avviare la sua attività. Gli diedi quindi in gestione l’Antico Ristorante del Moro e il Monza Brianza Palace, poi le nostre strade si sono divise ma alla base è sempre rimasta la stima reciproca. Ho avuto la fortuna di salutarlo solo qualche settimana fa e ricordo ancora con piacere quando il 1 marzo 2020, in occasione dei 40 anni della nostra gestione del Cappello d’Oro, Chicco era venuto per coordinare la brigata in cucina. È la nostra ultima foto insieme che è specchio del nostro rapporto. Per noi della famiglia Zambonelli Chicco era di casa, anzi uno di famiglia”.

Della sua cucina, a noi bergamaschi rimarranno nella memoria i gusti genuini, gli accostamenti schietti, la sana spregiudicatezza nell’osare con le materie prime di qualità. Della sua persona rimarrà il ricordo del suo essere un uomo per bene, generoso, divertente, istintivo e, a volte, dietro la maschera dello chef sfrontato, del suo essere una persona sensibile.


Alessandro Borghese, lo chef rock & social

“Umiltà, fatica, educazione e rispetto sono funzionali in ogni campo. Io li ho portati in cucina”

Nessuno può negare che sia il più simpatico e vulcanico dei cuochi. Alessandro Borghese entra nelle case con diversi format, da “4 ristoranti”, oggi un vero cult, a “Kitchen Sound” su Sky Italia passando per “Cuochi d’Italia” e la novità “Piatto ricco” su Tv8. Nato a San Francisco nel 1976, ma cresciuto a Roma e trasferitosi a Milano dove ha messo radici per amore,  Borghese, definito lo chef rock & social, è stato premiato più volte per la sua cucina, legata alla qualità. Nel 2010 ha fondato a Milano AB Normal srl – Eatertainment Company. L’azienda si occupa di food consulting e advertising, punta sull’eccellenza creativa, comunicazione e allo sviluppo di format tv. Nel mondo della ristorazione, la società è presente con il brand “AB – Il lusso della semplicità”, nome del ristorante milanese dello chef. 

Borghese, è consapevole di essere il cuoco più simpatico della tv…

Me ne rallegro. La cucina non può essere severa, la cucina è gioia. E questo è il mio dogma. 

Lei è figlio dell’attrice di origine tedesca Barbara Bouchet e dell’imprenditore napoletano Gigi Borghese. Come ha scelto di intraprendere una strada diversa rispetto a quella dei suoi genitori?

Beh, alla fine ho avuto una ricaduta nel mondo dello spettacolo (sorride). La strada, in realtà, l’ho scelta da me. Da papà ho preso il lato gastronomico, da napoletano sanguigno era un amatore casalingo della cucina partenopea e romana. Fin da bambino mi divertivo a cucinare con lui. Ricordo il ragù messo sui fornelli al mattino presto che “pappugliava” per ore per poi farsi pacchero o spaghettone. E il giorno dopo, con quello che avanzava, ci faceva la frittata di maccheroni. E ancora la pasta e patate o fagioli o lenticchie.  Mamma, al contrario, non saprebbe neppure accendere la carbonella. Mangia perché il corpo necessita di cibo. Da lei ho preso la confidenza con lo showbiz. 

Come hanno reagito quando ha iniziato la sua gavetta da cuoco sulle navi da crociera?

Mi hanno sempre detto: “fai ciò che ti rende felice, se vuoi partire, viaggiare, conoscere il mondo, sei libero di farlo”. Anche loro sono autodidatti. Entrambi mi hanno insegnato valori come l’umiltà, la fatica, l’educazione, il rispetto, che sono funzionali in ogni campo. Io li ho portati in cucina. 

Lei è stato anche il promotore della cucina in tv.

Era ora che avvenisse. All’estero avevano iniziato a comunicarla molto tempo prima. E io ho lavorato a New York, Londra, Copenaghen, San Francisco. Altri colleghi hanno scelto di fare linee di abbigliamento o catene di bistrot. Io sono stato il primo a far uscire i cuochi dalle cucine e, dopo di me, è partito un mondo di programmi. Prima non esistevano, eravamo confinati nelle retrovie con il nostro mestiere. 

Veniamo alle novità in tv. In “Piatto ricco”, il suo nuovo programma in onda su Tv8 (dal lunedì al venerdì alle 19.30), contano la psicologia, la strategia e la capacità di resilienza. Vale anche nelle cucine reali? 

Mi ero stancato, volevo qualcosa di nuovo, che spaccasse un po’ le regole: un cooking game show. Le doti richieste sono quelle che ci appartengono, noi cuochi siamo quelli dell’ultimo secondo, capaciti di adattarsi alle richieste, alle stagioni, agli imprevisti, come quando qualcuno della brigata manca: siamo problem solvers. Nello show occorrono strategia, il saper bleffare e ritirarsi (in cambio di denaro) oppure aspettare il jackpot rischiando di perdere tutto se si resta in gara fino alla fine ma poi non si vince. Tutto dipende da quanta fiducia si ha in se stessi. 

Su Sky, da fine settembre, all’ora di pranzo, si sono riaccesi i fornelli e si è alzato il volume della musica con la settima stagione di “Alessandro Borghese – Kitchen sound”, la videoenciclopedia enogastronomica che negli anni è diventata un cult televisivo con oltre mille puntate trasmesse. Quali saranno le sorprese? 

Gli spettatori vedranno 70 puntate inedite: per la prima volta tra i dieci ospiti ci sarà anche un flair bartender, Giorgio Facchinetti, che assieme ad acclamati chef, come Giancarlo Morelli e Cristiano Tomei, Claudio Sadler, Gennaro Esposito (con me a “Piatto ricco”) e a maestri pasticceri, come Sal De Riso e Luigi Biasetto, porteranno la loro inventiva. Le tappe, che corrispondono ad altrettanti filoni tematici, cominciano dalle puntate “Kids” dedicate ai più piccoli con menù fantasiosi, ma salutari; proseguono con le stelle della cucina italiana e le loro portate racchiuse nella serie “Amici miei”. Non manca il tributo alla tradizione con i “Grandi classici”, ma quest’anno si vola anche oltreoceano nel cuore dello street food con “On the road”. Spazio alla pasticceria e al bakery con un’odissea nel dessert d’autore e nell’arte bianca della panificazione e della lievitazione. Infine, vi porto nella cucina del mio ristorante milanese “Il lusso della semplicità”. 

C’è competizione tra voi cuochi?

C’è cameratismo, pensiamo a Giancarlo Morelli che ha aiutato Filippo La Mantia, ospitando nel suo ristorante “Bulk” l’amico, rimasto orfano del suo locale in centro, “Oste e cuoco”, chiuso causa Covid.  Siamo cresciuti insieme, sono amico e ho stima di tutti. Oggi abbiamo carriere parallele. C’è chi insegue la seconda o terza Stella Michelin, chi ha diversificato aprendo catene di bistrot, oppure chi è rimasto fedele al mestiere. Mi capita spesso di fare tardi in cucina per creare piatti nuovi, non dobbiamo scordarci il nostro lavoro.

A proposito dell’esperienza Covid (che, tra l’altro, ha descritto nel podcast “Viaggio all’inferno”), come vede il futuro della ristorazione così pesantemente colpito dalle chiusure?

Speriamo che sia finito il periodo nero. Ora è arrivato il tempo della ristrutturazione e della ricostruzione con basi più solide, nel bene e nel male è stata fatta pulizia. Noi tutti abbiamo perso elementi di brigata, cuochi che hanno deciso di fare tutt’altro, dopo aver passato 15 anni della loro vita in cucina. Giancarlo (Morelli, ndr) in un post ha ribadito la necessità di avere personale giovane umile, educato, volenteroso. Poi a insegnare a cucinare ci pensiamo noi. Non credo ai super fenomeni, a chi cerca subito la popolarità grazie alla televisione, che in realtà arriva dopo la gavetta. I fornelli implicano sacrificio, il sapersi rimboccare le maniche, il fare di tutto per raggiungere un obiettivo a testa bassa. Non è un mestiere che si fa tanto per diventare famosi. Il tutto subito non funziona, si arriva per gradi. Le lunghe cotture non avvengono in 5 minuti.

Quindi il suo consiglio ai giovani qual è?

Imparare le basi, avere umiltà, pazienza e dedizione e nessuna smania se non c’e l’aumento di stipendio. Dico sempre: calma, calma, calma.

Coco Chanel diceva, spesso togliere è meglio che aggiungere. Lei ritiene che anche la cucina sia un gioco a levare e non ad aggiungere?

Certo, con la maturità gastronomica viene meno la foga, pensi alla tecnica giusta a un particolare abbinamento con determinate materie prima, ovviamente lavorate in un certo modo.

Chi considera il suo maestro? 

Papà, mia moglie, Gennaro Esposito, Ernesto Iaccarino e i tanti maestri che ho avuto sulle navi da crociera.

A proposito di sua moglie Wilma, come l’ha conquistato (a tavola)?

Con una cassetta di vino anonima che le ho mandato.  I fornelli poi hanno fatto la loro parte. Lei è una buongustaia, dalle mille risorse, prova gioia nel sedersi a tavola, dice che il cibo è fantasia, divertirsi e giocare. 

Qual è il piatto che le riesce meglio, il suo cavallo di battaglia?

La mia cacio e pepe è patrimonio mondiale dell’Unesco. Amo anche la cacciagione e sono un pastasciuttaro. 

Per chi la vorrebbe cucinare?

Valentino Rossi. Gli ho scritto: “ora che sei in pensione, passa al ristorante”. Ma anche i Led Zeppelin. 

La scorsa primavera è stato alle Maldive dove ha tenuto cene di gala pied dans l’eau e live cooking per il Gruppo Constance hotels & resorts. Prima ancora era a Mauritius. Che esperienza è stata? 

Meravigliosa. E poi vuoi mettere il piacere di cucinare con le ciabatte e in pantaloncini corti e, dopo che hai sudato ai fornelli, buttarti nel mare che è a dieci metri… Cosa vuoi di più dalla vita?.

 


Ristoratori, agricoltori e produttori insieme per rilanciare la filiera agroalimentare

All’assemblea Fipe presentata la “Carta dei Valori” della ristorazione italiana. Beltrami: “Sono necessarie politiche lungimiranti di sostegno alle filiere”

Un patto di filiera tra ristoratori, produttori e agricoltori che vuole essere anche un appello al governo e alla politica intesa nel suo insieme. Obiettivo: istituire un tavolo di coordinamento che si occupi delle politiche dell’intera filiera agroalimentare, indispensabile in una fase di ripartenza di un settore che vuole tornare ad essere trainante ed attrattivo, superando alcuni gap strutturali che non consentono di sfruttare a pieno le grandi potenzialità. È stata presentata all’assemblea della Federazione dei Pubblici Esercizi la “Carta dei Valori” della ristorazione italiana, documento che vuole tracciare le linee guida del rilancio del settore nel post pandemia sono stati i rappresentanti di Fipe, Confagricoltura, Coldiretti, Unione Italiana Food e Siae per il ruolo della musica nei Pubblici Esercizi.

Curata da Davide Rampello, storico e curatore del padiglione Italia a Expo 2021 Dubai, la “Carta dei Valori” è un documento che contiene le linee di azione per la promozione e la valorizzazione delle nostre eccellenze enogastronomiche, definiti beni culturali viventi a cui la ristorazione dà corpo, rinnovamento e racconto. Tra i firmatari, Massimo Giansanti, presidente di Confagricoltura, David Granieri, vice presidente Coldiretti, Marco Lavazza, presidente di Unione italiana Food, Giulio Rapetti Mogol, presidente Siae e, oltre a Lino Enrico Stoppani presidente di Fipe-Confcommercio, Carlo Sangalli, presidente nazionale Confcommercio e il ministro Massimo Garavaglia.

Un tavolo di coordinamento

“La ristorazione è pronta ad andare oltre i drammi e le incognite del recente doloroso periodo, riprendendo il suo ruolo strategico per le filiere dell’agroalimentare e del turismo – sottolinea Giorgio Beltrami, presidente gruppo Caffè Bar e Gelaterie Ascom Confcommercio Bergamo e consigliere Fipe nazionale -. Per farlo meglio è necessario adottare una strategia unitaria in grado di valorizzare l’intero Sistema Paese. Come? Istituendo un soggetto ad hoc che svolga una funzione di regia e un lavoro di raccordo e integrazione di filiera, tra agricoltura, industria alimentare, distribuzione e ristorazione e turismo, anche per favorire il nostro export. Di fatto, per la nostra categoria poter contare su un unico interlocutore potrebbe aprire unaa nuova fase di rappresentanza per tutto il mondo dell’Horeca, dell’agroalimentare e del turismo, settori di fatto strettamente interconnessi e vanto del made in Italy”.

Scenari di crescita che trovano conferma anche nei numeri. Nel 2021, dicono i dati dell’associazione aderente a Confcommercio, la spesa degli italiani per consumi alimentari fuoricasa tornerà ad oltre 63 miliardi di euro, con un incremento del 17,2% rispetto al 2020, ma ancora sotto i livelli pre-covid per oltre 20 miliardi di euro. Più contenuto l’aumento della spesa alimentare domestica: +0,8% rispetto allo scorso anno.
Rilanciare e valorizzare nuove politiche dell’intera filiera agroalimentare diventa quindi indispensabile in una fase di ripartenza di un settore che vuole tornare ad essere trainante ed attrattivo, superando alcuni gap strutturali che non consentono di sfruttare pienamente le grandi potenzialità. “Il settore presenta due principali problemi: produttività e attrattività – ha ricordato Lino Enrico Stoppani presidente di Fipe-Confcommercio -. Se a questi aggiungiamo l’incertezza delle prospettive post Covid e le distorsioni create da generose politiche di sussidio sono spiegate le difficoltà di reperimento di risorse umane adeguate e l’emorragia di competenze”.

Il rinnovo del contratto nazionale di categoria

Il rinnovo del contratto nazionale di categoria, in scadenza il 31 dicembre, sarà un passaggio decisivo per affrontare questo problema, ma parallelamente sono necessari interventi di breve periodo. Dalla decontribuzione dei salari a tempo determinato o almeno fino alla fine della crisi pandemica, alla revisione del Decreto flussi, indispensabile per il reperimento di quella manodopera necessaria a svolgere le mansioni per le quali non si trovano persone disponibili tra i nostri connazionali.

Il lavoro principale, tuttavia, è quello di ricostruire la fiducia in un comparto che per guardare al futuro sa di dover investire anche sulla digitalizzazione e sullo sviluppo di servizi sostenibili. Strumento strategico per facilitare questa trasformazione 4.0 saranno i bandi contenuti nel PNRR riservati alle imprese del turismo, primi tra tutti quelli sull’ammodernamento e sull’efficientamento energetico. Una quota di questi fondi potrà essere richiesta anche dai Pubblici Esercizi, come assicurato dal ministro del Turismo, Garavaglia.

La paura dell’inflazione e della risalita dei contagi

All’orizzonte, rimangono tuttavia due spauracchi: l’inflazione e la risalita dei contagi. “Le nostre imprese – ha spiegato Stoppani – segnalano forti tensioni sui prezzi di acquisto delle materie prime e in taluni casi difficoltà di approvvigionamento ed è pertanto necessario un attento presidio da parte del Governo proprio per contrastare eventuali fenomeni speculativi”.

Mentre sul fronte della risalita dei contagi, il Presidente ha ribadito l’assoluta fiducia nel vaccino come argine a ogni nuova ipotesi di chiusura, anche parziale, dei Pubblici Esercizi e ha lanciato un appello alla responsabilità a chi da mesi manifesta ogni settimana, contro il green pass, infrangendo regole e aggiungendo rischi pericolosi. “A forza di proteste senza regole – ha precisato – si rischia di condannare la lotta contro il virus all’irresolubilità”.

“Basta chiusure – conclude Beltrami -. Non possiamo più permettercelo. In questi mesi la Fipe ha giocato un ruolo chiave per la difesa di tutta la categoria: la sua voce è stata forte e la pandemia ha consentito alla Federazione di consolidarsi e di acquisire una nuova visibilità. Merito anche, come ricordato dallo stesso presidente Stoppani, del lavoro svolto da Confcommercio e in particolare del nostro presidente Carlo Sangalli”.


Ogni pesce ha la sua stagione: dall’aguglia al grongo ecco gli “sconosciuti” dell’estate

Andiamo alla scoperta delle specie meno note da portare in tavola o da inserire nella carta 

Esistono davvero tantissime specie ittiche nei nostri mari, ma abitualmente ne scegliamo e utilizziamo solo una piccolissima parte. Come per la frutta e per la verdura, anche il pesce ha una sua stagionalità che varia in relazione al proprio ciclo riproduttivo e alle condizioni ambientali. Sono molti i motivi che sostengono la tesi per cui è importante  tener ben presente la sua stagionalità; in primis ne va della sostenibilità stessa dell’attività di pesca, poi la salvaguardia della biodiversità. Scegliere un pesce di stagione non solo permette di portare in tavola un prodotto fresco, possibilmente pescato nei nostri mari, ma garantisce anche un rispetto maggiore per le specie ittiche e l’ecosistema.

Siamo spesso ingannati dal fatto che le specie più utilizzate in cucina siano sempre a nostra disposizione sui banchi del mercato. Se è vero che ci sono pesci disponibili tutto l’anno, è però altrettanto vero che non è così per tutti. Iniziamo con lo sfatare il primo luogo comune: la maggiore disponibilità e variabilità del pesce l’abbiamo nel periodo invernale e non, come molti pensano, nel periodo estivo. Ad esempio una falsa credenza riguarda un mollusco che tutti conosciamo: il polpo. Ebbene è una specie invernale. Questa è una prospettiva diversa per osservare e percepire il mondo ittico e che può essere una valida guida nella scelta dei piatti da portare in tavola o da inserire nella nostra carta.

Altra regola generale da seguire consiste nel preferire specie a ciclo vitale breve, in altri termini, che non abbiano bisogno di anni per il loro accrescimento. Ad esempio il merluzzo, pesce che troviamo ovunque, necessita di molti anni per il suo accrescimento ( sviluppo/crescita). La notevole richiesta del mercato lo sta predisponendo al rischio estinzione. A prescindere dalla stagionalità, sono molte le attenzioni necessarie al fine di rendere il consumo di pesce sempre più sostenibile.

In inverno il pesce abbonda…ma in estate?

La stagione invernale, come suggerito prima, è il periodo dell’anno durante la quale la disponibilità di pesce (anche di molluschi e crostacei), in termini di varietà, è maggiore. È il periodo perfetto per il polpo, per le saporite canocchie, la seppia, le vongole veraci, totani, ma anche il rombo chiodato o la triglia.
Mentre d’estate spopolano gallinelle, lampughe, orate, ricciole, sogliole o spigola. Poi, ci sono pesci disponibili tutto l’anno, o quasi, come l’acciuga, la sardina, la pescatrice, il nasello, gli sgombri, lo scorfano o il rombo. Ecco, questi solo alcuni dei pesci che comunemente troviamo sul mercato, ma ne esistono anche di meno conosciuti o, utilizzati meno, perché considerati pesci poveri di bassa qualità gustativa. Pesci spesso molto interessanti da proporre al ristorante o anche sulla tavola di casa. Pesci nostrani, dal costo minore, che potrebbero essere valorizzati meglio, al fine di ampliare la proposta ed educare anche il consumatore del piatto finale.

Alla scoperta dei meno conosciuti

Vista l’enorme biodiversità che caratterizza le specie ittiche, viene abbastanza difficile parlare dei pesci nostrani poco conosciuti e farne un elenco preciso. Sono davvero tantissimi e, per ognuno, potremmo dire di tutto e di più. Sicuramente non sono pesci facilissimi da trovare, ma per l’estate il consiglio è quello di provare ad aprirci un poco a questo mondo, utilizzando anche pesci poveri, nostrani, che spesso non valorizziamo. Tra i più facili da trovare, sicuramente c’è lo sgombro, un pesce azzurro dalle qualità nutritive eccezionali. Le sue carni sono molto saporite e il suo costo è davvero contenuto. Se ne può facilmente trovare di fresco tutto l’anno, pescato in Italia. E poi c’è l’aguglia, un pesce pescato nel Mar Mediterraneo tutto l’anno; dalla forma affusolata, è un pesce azzurro dalle carni molto saporite.

Anche la Lampuga è un pesce molto interessante e poco conosciuto di origine tropicale, ma a causa dell’innalzamento delle temperature, ormai popola le acque del mediterraneo. La particolarità di questo pesce è la sua ostilità alla cattura, tanto che alcuni pescatori siciliani mettono delle foglie di palma sulla superficie dell’acqua per favorirne la pesca (il pesce si ripara all’ombra delle foglie). E poi, ancora, il pesce sciabola, molto utilizzato nella cucina messinese: il nome deriva dalla sua forma ed è perfetto preparato gratinato, ma anche fritto o a beccafico. Tra gli anguilliformi, grongo e murena hanno carni grasse, molto buone, anche se ricche di spine. Sono molto utilizzate nei sughi, nei brodetti, ma anche fritte.

Altro pesce economico e facilissimo invece da pulire è il sugarello: è un pesce che si pesca nel periodo estivo, perfetto da utilizzare in cucina, ma come gli altri pesci nostrani, davvero poco conosciuto. In generale, anche le sardine, ma anche lo zerro, il pesce castagna e molti altri specie ittiche che vivono bene nei nostri mari e sono pescate quasi tutto l’anno. Sono specie che hanno una velocità di accrescimento molto rapida e un ciclo riproduttivo breve. Non solo, le loro carni hanno spesso caratteristiche nutritive eccezionali a fronte del loro basso costo.
La prossima volta che vi trovate davanti al banco del pesce, osate, assaggiateli. Prima di scegliere specie come salmone, pesce spada o altri pesci allevati (spesso in condizioni abbastanza estreme che conferiscono alle carni qualità nutrizionali e gustative opinabili), pensate all’immensa disponibilità di pesce povero nostrano che il Mar Mediterraneo ci mette a disposizione: pesce pescato, fresco e dalle caratteristiche organolettiche superlative. A tutela della sostenibilità ambientale della pesca, ma anche della sua economia.

Le zone di pesca

Leggere l’etichetta è importante tanto quanto saper comprendere ciò che ci viene comunicato attraverso essa. Considerando il pescato e non il pesce proveniente da allevamento, è sempre indicata la zona di pesca attraverso l’utilizzo di alcune sigle. Questo è importante per aver maggiore consapevolezza rispetto alla provenienza del pesce che metteremo sulla nostra tavola. La mappa mondiale è divisa in diverse zone di pesca contraddistinte da un numero ben preciso. Le zone più vicine all’Italia, sono il Mar Mediterraneo, caratterizzato dall’essere contraddistinto come zona FAO 37 (che comprende anche le sottozone 37.1, 37.2 e 37.3, escluso il 37.4 che corrisponde al mar Nero), e l’Atlantico Nord-Orientale, contraddistinto come zona FAO 27. Ci sono zone Fao più o meno inquinate e la buona notizia è che la 37, ovvero quella dell’area del Mar Mediterraneo, è considerata la meno inquinata. Il consiglio è inoltre di evitare di acquistare pesce che arrivi dalle zone Fao 61, 67 e 71, altamente inquinate a causa del disastro nucleare di Fukushima avvenuto l’11 marzo del 2011.