A Bergamo un panificio ogni 1.971 abitanti. Ma i consumi pro capite continuano a calare

Garibalda ExpoAnche se negli ultimi anni il suo consumo è cambiato e ha fatto segnare una contrazione, sostanzialmente il pane resiste alla crisi e si conferma come uno degli alimenti più presenti sulle tavole dei bergamaschi. Lo si evince non solo dalle abitudini raccontate dalle famiglie, ma anche dalla tenuta della “densità” di panifici presenti sul territorio: uno per ogni 1.971 abitanti (nel 2009 il rapporto era di uno ogni 1.896 abitanti). Lo sottolinea la Coldiretti provinciale in occasione della giornata ufficiale dedicata al pane da Expo, dove per l’occasione – nel Padiglione Coldiretti, sul Cardo – è stata allestita un’ampia rassegna dei pani tradizionali delle diverse regioni. Una mostra molto originale che racconta la tradizione del pane nel nostro Paese, con prodotti con alle spalle una storia antica e novità attente ad interpretare le esigenze dei consumatori senza perdere di vista il legame con il territorio.

“Nella tradizione contadina – spiega Coldiretti Bergamo – il pane non è solo un semplice alimento, ma anche un simbolo con un valore culturale e religioso fortemente radicato e quindi c’è la massima attenzione a non sprecarlo. Quando non ha più le caratteristiche per poter essere portato in tavola, viene riutilizzato come alimento per gli animali. Ancora oggi, prima di questo passaggio, molti coltivatori anziani hanno conservato l’usanza di baciarlo in segno di rispetto”.

Accanto alle specialità tradizionali censite dalle Regioni e quelle addirittura riconosciute e tutelate dall’Unione Europea nel padiglione di Coldiretti a Expo ha fatto bella mostra di sé anche la Garibalda (il nome richiama Bergamo Città dei Mille), il pane bergamasco dall’aspetto rustico e dal sapore piacevole, che deve la sua origine a un recente concorso indetto dalla Associazione Panificatori e dalla Camera di Commercio. La Garibalda è un prodotto realizzato in pezzature da circa 70 gr e da circa 600 gr utilizzando 4 tipi di farine: semola rimacinata di grano duro, integrale, gialla ”fumetto”, di grano saraceno integrale. Ciò che colpisce della Garibalda è il profumo, ricco di aromi, e la sorpresa di trovarla buonissima anche dopo due giorni, come i pani di una volta. Il segreto risiede nella lievitazione, cha ha tempi lenti del passato, ma che garantisce la freschezza a lungo.

“In questa vetrina dedicata al pane di tutta Italia – sottolinea Coldiretti Bergamo – abbiamo affidato alla Garibalda il compito di rappresentare non solo le consuetudini della nostra terra, ma anche un progetto significativo che lega panificatori, istituzioni e agricoltori. Nella nostra provincia attorno al mondo del pane ruotano 562 punti di vendita e produzione tradizionali, cui si affiancano gli agriturismi con i loro pani particolari e di nicchia che possono essere consumati sul posto”.

Secondo i dati diffusi da Coldiretti in occasione della Giornata del pane ad Expo, il consumo di pane degli italiani è sceso nel 2014 al record negativo di circa 90 grammi, pari a meno di due fettine di pane al giorno (o due rosette piccole) a persona. Nel 1861, anno dell’Unità d’Italia, si mangiavano ben 1,1 chili di pane a persona al giorno. Da allora si è verificato un profondo cambiamento degli equilibri nutrizionali della dieta con un progressivo contenimento dei consumi di pane che nei tempi recenti sono scesi – nel 1980 intorno ai 230 grammi a testa al giorno, nel 1990 a 197 grammi, nel 2000 a 180 grammi, nel 2010 a 120 grammi e nel 2012 a 106 grammi per arrivare a meno di 100 grammi già nel 2013.

Per contrastare il calo dei consumi e riavvicinare i consumatori in provincia di Bergamo sono state introdotte delle novità, come appunto la Garibalda, oppure sono state reinterpretate e riproposte tipologie dimenticate, come la Busella, un pane tipico del territorio, che dopo un periodo di oblio, è ricomparso nelle ceste di alcuni panifici.


Confcommercio, il turismo cresce ma le vacanze restano brevi

turismo-guidaSecondo l’indice di fiducia del viaggiatore italiano di maggio, condotta da Confturismo-Istituo Piepoli, oltre 3 italiani su 10 sono ottimisti circa l’uscita dalla recessione. L’arrivo della ripresa economica spinge verso l’alto l’indice di fiducia, anche se permane lo stato di incertezza che si riversa anche sui comportamenti dei viaggiatori. Le politiche del Governo e l’azione decisa del Governatore della Banca Centrale Europea sono i principali fattori che stanno spingendo il Paese, secondo gli Italiani, fuori dalla recessione. Expo continua a rimanere una grande occasione, dato che quasi 2 italiani su 3 pensano che sia una grande opportunità in termini economici e di reputazione e può portare ottimismo e dare spunto alla ripresa per la maggioranza della popolazione. Rimane elevata la voglia degli Italiani di trascorrere le proprie vacanze nel Belpaese. Oltre 8 italiani su 10 preferiscono, infatti, viaggiare in Italia: le destinazioni domestiche preferite sono Emilia-Romagna, Toscana e Puglia. La Francia è la prima destinazione a livello europeo, seguita dalla Spagna, mentre gli Stati Uniti continuano ad essere la meta più segnalata a livello extra-europeo. La propensione a viaggiare nel breve periodo è in forte crescita rispetto al mese scorso, più dieci per cento. Rimane invece stabile il saldo tra ottimisti e pessimisti sull’economia del Paese, ad un valore ancora leggermente negativo. L’arrivo delle vacanze estive permette di evidenziare la crescita del numero di pernottamenti medio per viaggio per i prossimi tre mesi, che passa da 4,2 notti registrato ad aprile fino a 5,3 notti a maggio. Il valore è inferiore a quello registrato dal nostri indice nel maggio del 2014, quando raggiungeva 6,3 notti per viaggio. Le vacanze sono sempre più brevi.


Auto, anche a maggio crescono le immatricolazioni

utn_auto.jpgContinua la crescita del mercato dell’auto. Nel mese di maggio la Motorizzazione ha immatricolato 146.582 autovetture, con una variazione di +10,78% rispetto a maggio 2014, durante il quale ne furono immatricolate 132.313 (nel mese di aprile 2015 sono state invece immatricolate 149.414 autovetture, con una variazione di +24,67% rispetto ad aprile 2014, che ha registrato 119.850 immatricolazioni).

Sempre a maggio sono stati registrati 363.067 trasferimenti di proprietà di auto usate, con una variazione di +3,77% rispetto ai 349.883 di maggio 2014 (mentre ad aprile 2015 sono stati registrati 398.746 trasferimenti di proprietà di auto usate, con una variazione di +11,39% rispetto ad aprile 2014). Nei primi cinque mesi del 2015 il settore dell’usato ha registrato 1.917.761 trasferimenti di proprietà (+7,29% sullo stesso periodo dello scorso anno).

A maggio 2015 il volume globale delle vendite (509.649 autovetture) ha dunque interessato per il 28,76% auto nuove e per il 71,24% auto usate.

Nonostante un altro mese di crescita a doppia cifra, i rappresentanti dei rivenditori vanno cauti.

«Prosegue quella che consideriamo un’eccezionalità dovuta, dopo l’eclatante risultato registrato ad aprile, alla campagna di rottamazione “fai da te” – è il commento del presidente di Federauto, Filippo Pavan Bernacchi -. Ma devo avvertire che a maggio abbiamo assistito al dimezzamento della crescita di mercato che passa dal +24,2% di aprile al +10,8%. Questo perché quest’operazione è costata lacrime e sangue alle case e ai concessionari, azzerando i già esigui margini. Ragion per cui non può diventare strutturale e difficilmente a giugno verrà replicata in questa misura. Non essendo e non potendo essere continuativa, il rischio è che la fuga in avanti venga presto riassorbita fino anche ad esaurirsi». «Così come potrebbe accadere per il canale noleggio che aveva sostenuto il mercato nei primi mesi dell’anno per l’effetto combinato della domanda inusuale legata all’Expo e al rinnovo di un parco di auto a noleggio obsoleto e chilometrato», aggiunge. «Senza un’attenzione del Governo quest’onda anomala potrebbe essere destinata a scomparire nel mare facendoci precipitare al mercato asfittico cui siamo abituati dal 2008 ad oggi», osserva Pavan Bernacchi.

Federauto evidenzia che il parco circolante italiano, a causa del lungo periodo di crisi, è progressivamente invecchiato facendo registrare una età media che ha raggiunto i 9,5 anni; le autovetture circolanti con un’anzianità superiore ai 15 anni raggiungono il 27% del totale, con 9.500.000 unità. «Dopo sette anni terribili che hanno portato il 50% dei concessionari a chiudere i battenti e un marchio come Chevrolet a decidere di uscire dal mercato europeo, oggi ci sono i presupposti per la ripresa, e la risposta positiva del mercato dell’auto alla rottamazione “fai da te” ne è la prova. Il contatto diretto con le persone ed il successo di queste iniziative ci ha fatto capire che si puo’ superare l’incertezza ma bisogna fornire stimoli economici ai consumatori, e noi possiamo farlo entro certi limiti. Dopo anni in cui il Governo ha preso a piene mani dall’auto e dagli automobilisti, riteniamo sia giunto il momento di iniziare a pensare a politiche fiscali espansive in grado di imprimere la ripartenza a tutto tondo del mercato automobilistico», conclude Pavan.

«Siamo soddisfatti di come il mercato stia reagendo alle forti azioni commerciali praticate dalle case e dalle loro reti per stimolare il rinnovo del parco anziano» afferma Massimo Nordio, presidente dell’Unrae. «Questi investimenti si sommano a quelli che importanti Case estere hanno recentemente annunciato consolidando la loro presenza e generando nuova occupazione. L’aumento a doppia cifra delle vendite, in particolare nel canale dei privati, è certamente un segnale positivo in uno scenario economico che tuttavia non indica ancora una netta inversione di tendenza. Se restano invariate pressione fiscale e incertezza, non possiamo attenderci che la possibile maggiore domanda di sostituzione del parco anziano venga pienamente sfruttata. Il segmento privati rallenta la propria crescita – continua Nordio – nonostante la spinta commerciale delle case e delle reti, necessariamente limitata nel tempo; se invece lo Stato intervenisse per accelerare il rinnovo del parco obsoleto, potrebbe contare su un maggiore ritorno di Iva, aumento dell’occupazione, miglioramento della sicurezza e dell’ambiente, temi politici di grande sensibilità. Di questo passo in assenza di interventi fiscali di alleggerimento sulle famiglie, come la detraibilità di parte dei costi di acquisto, ci vorranno 20 anni per eliminare l’attuale parco oltre i 15 anni di età. È quindi tempo – chiudeNordio – di dare attenzione alle imprese con la revisione della fiscalità delle auto aziendali, perché una più veloce rotazione delle stesse renderebbe disponibile un usato più fresco capace di contribuire al ringiovanimento del parco».


Lavoro e competenze / Quanto è difficile metter da parte il “tu” e il “ciao”

pensareQualcuno annovera la “buona educazione” tra le competenza trasversali, ovvero quelle caratteristiche dell’individuo ritenute essenziali in ambito lavorativo e funzionali a trasformare una conoscenza in comportamento. Qualcun altro considera la “buona educazione” una competenza sociale, cioè l’insieme di capacità psicologiche, relazionali e comunicative, legate all’adeguata comprensione ed utilizzo delle regole di interazione. In realtà poco importa quale sia la definizione più corretta, perché diventa (forse) più utile comprendere per quale motivo alcune regole della buona educazione, applicate da sempre in certi campi professionali, sono andate quasi del tutto perdute. Un esempio? Il famigerato “Lei”. Qualche giorno fa ho accompagnato un’amica da un concessionario per vedere un’automobile: era la prima volta che mettevamo piede in questo posto e una volta entrati, siamo stati accolti da un giovane venditore, che ha esordito con un simpatico “ciao, cosa posso fare per voi?” Francamente mi è venuto da ridere per almeno due motivi: se penso ad un discorso di età anagrafica, potevamo essere i suoi genitori, magari due genitori che avevano bruciato le tappe, ma sempre i suoi genitori. In seconda battuta in questo salone volutamente arredato con eleganza minimalista per creare un’atmosfera prestigiosa, tutto era permeato da un clima di serietà e compostezza e il “ciao” è sembrato la cosa più inappropriata del mondo. Sia chiaro, non è successo nulla di così grave, solo che ho avuto la certezza che il “Lei” sembra bandito da qualsiasi contesto. Di sicuro una volta era diverso: si dava del “Lei” alle persone anziane, ai professori, a chi non si conosceva; era una regola, una consuetudine italiana, come quella di mangiare “di magro” il venerdì o di trascorrere le feste comandate con tutti i parenti. Ma oggi le nuove regole fanno appello ad un tono confidenziale dove tutti sono uguali, informali, ”easy” e il “tu” sembra essere l’unico modo di rivolgersi agli estranei, alla gente che vediamo una volta e che poi non incontriamo più e senza accorgersi è divenuto normale che in negozio la commessa mi accolga con “ciao” anziché con “buon giorno” anche se i miei capelli sono brizzolati e ho superato i quarant’anni da un po’. Personalmente la formalità, soprattutto in alcuni contesti, continua a piacermi e l’educazione ancora di più; perché essere educati non è una forma stilistica propria del bon ton, ma significa soprattutto “saper leggere il contesto”, che è una precisa competenza comunicativa. Quando ero all’università ricordo la veemenza del professore di Psicologia Sociale e la sua insistenza sull’importanza e sul ruolo delle competenza comunicativa, ripetendo fino allo sfinimento come fosse la “capacità di ricavare un numero di informazioni attraverso l’ascolto di alcune parole e l’interpretazione del contesto in cui queste frasi vengono emesse”. Se uno dei due elementi viene a mancare, è impossibile parlare di competenza comunicativa; e non lo dico io, lo dice la sociologia del lavoro da tanti anni. Ecco, quello che forse si è perso, è la capacità di utilizzare un linguaggio appropriato al contesto, perché è il contesto a non essere più considerato e tutto è generalizzato e accomunato all’interno di una quotidianità che divora e fagocita tutto e tutti. Quindi sarò demodè, ma continuo a nutrire un religioso rispetto per le competenze di ognuno e per quelle che ci si aspetta dai vari ruoli professionali. In pochi lo sanno, ma essere “competenti” è il regalo più bello che si può fare a se stessi e agli altri; il “tu” e il “ciao”, lasciamolo agli amici, alla fidanzata o a quelle persone che ce l’hanno espressamente richiesto.

 

 

 


Raccolta rifiuti elettrici, Bergamo quarta in Lombardia

“Il modo di trattare i RAEE (Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche, ndr) è un ottimo esempio del nuovo modo di pensare ai rifiuti che Regione Lombardia sta sperimentando: l’idea è che lo smaltimento in discarica sia solo l’ultimo destino possibile”. Così l’assessore lombardo all’Ambiente, Energia e Sviluppo sostenibile Claudia Maria Terzi, ha aperto ieri la conferenza stampa di presentazione del Dossier RAEE Regione Lombardia, a Palazzo Pirelli.

“Non è un caso – prosegue l’assessore – che stando ai dati del 2014 la Lombardia si sia confermata come la prima Regione del paese in termini di raccolta assoluta, con poco più di 49 milioni di kg di RAEE raccolti e un aumento rispetto al 2013 del 5,42%. La media pro capite aumenta di quasi 3 punti percentuale, attestandosi a 4,91 kg per abitante. La Lombardia – sottolinea ancora Terzi – rimane anche la Regione con il maggior numero di Centri di Conferimento, che rappresentano la nostra arma in più in termini di rapidità ed efficienza: 826 Centri di Raccolta e 50 Altri Centri, che permettono di raggiungere il quantitativo di quasi 9 strutture ogni 100.000 abitanti”.

“Milano, prima tra le province d’Italia – continua la titolare lombarda all’Ambiente – con 16.291.932 kg di RAEE, guida la classifica italiana con i risultati migliori. Seguono Brescia, Como, Bergamo, Varese e Monza e Brianza. Spicca in particolare il dato di Como, seconda provincia in Italia per raccolta pro capite. In Lombardia si raccoglie circa il 30% di tutte le Sorgenti Luminose italiane”.

“Il Dossier – fa poi notare Terzi – mostra che gli sforzi, hanno dato risultati importanti. Questo sistema di raccolta ha un duplice obiettivo: da una parte va incontro al cittadino-consumatore facendo in modo che se il cittadino non va all’isola ecologica, sia l’isola ecologica ad andare dal cittadino; dall’altra – prosegue l’assessore – abbiamo voluto dare una risposta concreta agli obblighi che la nuova normativa RAEE ha introdotto. In particolare – ricorda Terzi – al principio dell’Uno contro Zero, ovvero l’obbligo per la grande distribuzione di ritirare il piccolo RAEE gratuitamente, anche senza acquisti”.


L’indagine / «Se potessi avere 1500 euro al mese»

Uno studio su due ha risentito della crisi, uno su tre deve attingere dai risparmi personali.Stanno meglio ingegneri e avvocati, peggio designer e veterinari. E’ questo il quadro in chiaroscuro delineato dall’Indagine condotta sui professionisti milanesi dalla Consulta Professioni della Camera di Commercio di Milano.«La crisi ha colpito in modo profondo i professionisti – ha dichiarato Potito Di Nunzio, Presidente della Consulta delle Professioni della Camera di commercio di Milano e presidente dell’Ordine dei consulenti del lavoro di Milano -. In particolare i free lance meno organizzati rispetto agli studi professionali. Ma anche questi ultimi stanno facendo fronte ad una incisiva riorganizzazione interna. Ecco perché è ancora più importante una maggiore collaborazione tra professionisti e imprese, che possa generare effetti positivi su una possibile ripresa».  La prima causa di difficoltà è per i grandi studi il mancato pagamento dei clienti privati e per i free lance la mancanza di commesse. I più strutturati hanno reagito con ristrutturazione del lavoro interno, taglio dei costi e aumento delle ore di lavoro, i piccoli cercando di aumentare le conoscenze. Tutti hanno ridotto i prezzi.  La metà dei professionisti, per la maggiore presenza dei free lance, non supera i 1.500 euro mensili. Il 18% supera i 3mila euro. Tra i meno giovani oltre 45 anni, il 23% supera i 3mila euro. Le donne nel 60% dei casi sono sotto i 1500 euro. Redditi più elevati per ingegneri e professioni giuridiche, meno per architetti, veterinari e professioni creative. Insoddisfatti, per il reddito il 67% e per gli orari di lavoro il 40%. Ma sono contenti per l’autonomia professionale (51%). Affrontano il lavoro in rete: solo il 13,6% fa da sé. Il 70,3% non esce per lavoro dalla dimensione della provincia. La maggior parte non ha creato un’impresa, quelli con sola partita Iva sono il 65%.


I liberi professionisti fanno i conti con la crisi. Redditi da fame (o quasi)

avvocatiIl 45,5%  dei professionisti ha risentito “significativamente” dell’impatto della crisi, il 37,8% solo in forma contenuta; il 16,7% è passato pressoché indenne. Il 30% attinge ora ai risparmi personali. Il 56% chiede semplificazione amministrativa e burocratica. E’ questo il quadro che emerge dall’indagine su circa 600 professionisti della Consulta provinciale delle professioni realizzata dalla Camera di commercio di Milano attraverso il  Consorzio Aaster. Qual è la situazione a Bergamo? Avvocati, architetti e commercialisti non nascondono le difficoltà.


Alberto Carrara,
presidente provinciale dell’Ordine dei Commercialisti e della Consulta Professioni della Camera di Commercio di Bergamo, allarga le braccia: « La crisi si fa sentire, eccome. Le difficoltà permangono nonostante i dati congiunturali evidenzino una timida ripresa. Ad oggi sembra alquanto arduo recuperare i livelli di fatturato e reddito passati. E’ vero che nuove aziende si affacciano sul mercato, ma purtroppo la maggior parte di esse è poco strutturata e alquanto fragile. Solo una minima parte riesce a stare sul mercato». Il problema dei ritardi nei pagamenti resta il più sentito dalla categoria: « I costi fissi e le spese di gestione che ogni studio o attività porta con sé continuano ad aumentare e a pesare sempre più nei bilanci di ogni professionista. Purtroppo i ritardi nei pagamenti creano grossi problemi e incassare le parcelle in tempo utile diventa davvero un’impresa». Il mercato si restringe sempre più fino a sfiorare la saturazione e la concorrenza si fa sempre più spietata: «L’Ordine dei commercialisti conta ad oggi 1600 iscritti e a questo numero se ne aggiungono 50-60 nuovi l’anno. Il mercato è ormai saturo e nonostante il territorio bergamasco sia molto industrializzato ed abbia un tessuto imprenditoriale particolarmente radicato, 1600 professionisti per un milione di persone continuano ad essere troppi». E’ difficile parlare di redditi, ma Alberto Carrara di fronte al dato milanese dei 1500 euro mensili storce il naso: « E’ insostenibile lavorare per poco più di mille euro netti al mese, nonostante la tassazione agevolata prevista per le partite Iva al di sotto dei 30 mila euro. Certamente per chi inizia la professione i primi anni sono sempre più difficili. La differenza per ogni professionista continua a farla la struttura: le spese di studio continuano a crescere e il personale incide molto. In questi anni studi ben avviati si sono visti costretti a ridurre e ridimensionare il personale». Del resto i commercialisti sono i primi ad offrire consulenze per ristrutturazioni aziendali o a gestire fallimenti: «Il controllo di gestione è fondamentale in questa fase congiunturale, ma credo che il futuro stia nell’internazionalizzazione».

Marcella Datei, vicepresidente provinciale dell’Ordine degli Architetti e referente del gruppo di lavoro sulla Professione, evidenzia come i più recenti dati Cresme (Centro Ricerche Economiche Sociali di  Mercato per l’Edilizia e il Territorio) siano avvilenti quanto al reddito: « Per il 2013 si parla di un reddito medio di 17 mila euro lordi per professionista iscritto all’albo. La situazione è senza dubbio difficile: tra crisi dell’edilizia e politica di tassazione sulla casa penalizzante per il settore sembra difficile intravedere una ripresa. Ciò che lascia desolati non è solo l’impoverimento della categoria a livello economico, ma la perdita del nostro ruolo sociale. Vigiliamo sulle opere pubbliche ed il nostro è un compito importante per tutta la comunità». Il principio del massimo ribasso e l’eliminazione delle tariffe minime dell’Ordine non aiutano la professione:«E’ una giungla e senza regole non si può che lavorare male. E’ sempre più difficile avere accesso alle gare per le opere pubbliche. Il principio del massimo ribasso è estremamente iniquo e la qualità non può esserci se le imprese lavorano sottocosto. Più concorsi di progettazione porterebbero ad un innalzamento della qualità delle opere e a luoghi più pensati e vivibili per tutti». Gli incentivi sulle ristrutturazioni non riescono a compensare la grande crisi in cui versa l’edilizia: «Ristrutturazioni e rigenerazione urbana sono le principali scommesse per il futuro, per reinventare i nostri luoghi. Gli incentivi hanno stimolato solo in parte il ricorso alle ristrutturazioni perché in questo momento di crisi la propensione al risparmio delle famiglie continua ad essere più forte della volontà di riqualificare il proprio immobile». Il futuro sta nell’internazionalizzazione e nella collaborazione tra professionisti: «La media di presenze in uno studio di architettura è ancora lontana dall’arrivare a due persone, a testimonianza di quanto le nostre strutture siano micro e, in quanto tali, non competitive. Bisogna allargare i propri confini, avviando collaborazioni con professionisti anche oltre i confini nazionali». Quanto al mercato, il numero degli iscritti è sostanzialmente stabile negli ultimi anni: « Dopo il boom dagli anni Ottanta al 2000, non ci sono stati grandi exploit. E la nostra professione, in bilico tra tecnica e creatività, ha saputo cambiare pelle adattandosi al mercato: sono davvero molte le declinazioni della nostra professione, dalla grafica al design».

Ermanno Baldassarre, presidente provinciale dell’Ordine degli Avvocati, sottolinea i problemi della categoria: «Non ho numeri e percentuali da illustrare ma, purtroppo, non posso che confermare la difficoltà che sta attraversando anche la professione forense. Da una parte vi è l’annoso e irrisolvibile problema del numero degli iscritti, che ormai è diventato un dato acquisito e dall’altro l’obiettiva crisi che l’economia sta vivendo. La miscela è quindi esplosiva perché oltre a restringersi le opportunità lavorative per il sovraffollamento, vi è l’ulteriore problema del ritardo o, peggio ancora, dell’assenza dei pagamenti, tenendo conto che anche una piccola struttura ha i suoi costi fissi che devono essere onorati. Lo stesso mercato del lavoro ha poi una conseguenza grave perché per consentire margini vitali è necessario tagliare costi e quindi personale». Non resta che ingegnarsi e mettere in campo tutto il proprio spirito di sopravvivenza: «La nostra professione ha attualmente pochissima attenzione normativa sotto il profilo della gestione della crisi- continua Baldassarre-. I rimedi più immediati, come dico da sempre, sono la preparazione del professionista, il ricorso alle associazioni professionali, che consentono di abbassare i costi di gestione e la specializzazione, che può consentire al giovane avvocato di ritagliarsi uno spazio più appetibile sul mercato». La categoria cerca di fare scudo alla crisi con iniziative di sostegno: «Le istituzioni degli avvocati, in particolare Cassa forense, stanno cercando di mettere a punto soluzioni e convenzioni creditizie che consentano di affrontare con i dovuti aiuti l’avvio della professione. Si stanno anche aprendo ulteriori possibilità con gli ultimi provvedimenti legislativi, come la negoziazione assistita, nella speranza che il Ministero della Giustizia continui a credere nelle positive potenzialità dell’avvocatura rispetto alla giurisdizione. E’ innegabile comunque che il quadro sia a fosche tinte e che ci sia bisogno del contributo di tutti, mai importante come in questo momento, soprattutto dal punto di vista morale ed etico del nostro lavoro, è attesa la sua fondamentale rilevanza sociale».

 

 

 


Gli albergatori bergamaschi: «Clientela in calo mentre il fisco ci strangola»

«reception“Segnano tempo instabile le previsioni sul movimento turistico degli italiani”. È questo il commento del presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, alla lettura dei dati previsionali sulle vacanze di Pasqua degli italiani. “Infatti – rimarca Bocca – addirittura l’85,1% di italiani, pari a circa 51 milioni di persone, non si muoveranno di casa per il periodo pasquale, evidenziando tra i motivi della non-vacanza fondamentalmente quelli economici (49,4% dei casi), seguiti dai motivi familiari (21,9%) e da motivi di salute (17,1%).

“Quanto poi alla struttura ricettiva prescelta – sottolinea il presidente degli albergatori italiani – quei 9 milioni di connazionali che potranno permettersi un breve periodo di vacanze, per quasi il 50% opteranno tra la casa di parenti o amici e la casa di proprietà, rendendo ancor più esiguo il reale movimento turistico in grado di generare giro d’affari ed animare l’economia. “Per un risultato finale – conclude Bocca – che deve far riflettere attentamente Governo e Parlamento ai quali chiediamo l’adozione di misure straordinarie quali un alleggerimento della pressione fiscale e degli altri costi che gravano sul sistema ricettivo ed una revisione degli incentivi per chi crea lavoro, in quanto il contratto a tutele crescenti può andar bene per le imprese che hanno una domanda ‘piatta’, ma è di fatto inapplicabile per il turismo interessato da notevoli fluttuazioni della domanda che impongono il ricorso principalmente a contratti a tempo determinato”. Dichiarazione Zambonelli su presenze di Pasqua

“Abbiamo in effetti passato momenti e periodi pasquali migliori – ribadisce anche Giovanni Zambonelli – presidente di Federalberghi Bergamo -. Per la città la situazione non è certo soddisfacente e quella che manca è innanzitutto la clientela italiana. L’indagine di Federalberghi disegna bene anche la situazione di Bergamo. Inoltre – continua Zambinelli – la diminuzione della clientela e l’alta pressione fiscale stanno creando delle difficoltà al nostro settore. La tassa sui rifiuti e l’Imu sono diventate insopportabili ed è davvero arrivato il momento di far riflettere attentamente Governo e Parlamento come ha dichiarato il presidente di Federalberghi Bernabò Bocca”.


Lo scenario / Grandi spazi di sviluppo per il turismo

La ripresa è finalmente cominciata, ma si può consolidarla e rafforzarla con interventi in vari campi, a partire dal fisco e dal turismo. E’ il senso della “Nota sullo scenario economico 2015-2016” realizzata dall’Ufficio Studi di Confcommercio e presentata dal responsabile, Mariano Bella, in occasione della conferenza stampa di apertura del Forum 2016 di Cernobbio. Eccola in dettaglio.

Effetto crisi  – Tra la fine del 2007 e la fine del 2014, e in particolare tra il 2008 ed il 2013, sono andati distrutti più di 1 milione e 700mila posti di lavoro, mentre i volumi di spesa delle famiglie hanno registrato un calo record superiore all’8% e gli investimenti sono calati addirittura intorno al 28%.

Previsioni macroeconomiche – La proiezione dell’Ufficio Studi di Confcommercio è “prudentemente ottimistica tanto per il 2015 quanto per il 2016”. Il Pil dovrebbe crescere dell’1,1% quest’anno e dell’1,4% nel 2016, mentre la spesa delle famiglie residenti è vista in aumento dello 0,9% nel 2015 e dell’1% nel 2016 grazie al modesto recupero del reddito disponibile in termini reali generato dai primi segnali positivi sul fronte dell’occupazione. E’ infatti prevista una crescita degli occupati di circa 83mila unità nel 2015  e di 96mila nel 2016. I prezzi dovrebbero rimanere stabili quest’anno e crescere dell’1,1% l’anno prossimo, mentre i consumi aumenterebbero dell’1,2% nel 2015 e dell’1% nel 2016.

Consumi, ritorno alla crescita – Secondo l’Ufficio Studi, il reddito disponibile delle famiglie dovrebbe crescere sia nel 2015 che nel 2016: il miglioramento del potere d’acquisto pro capite dovrebbe assestarsi sui 300 euro circa. Nel biennio ci dovrebbe essere un saldo netto positivo del valore della ricchezza complessiva pari a 400 euro per abitante, per effetto della riduzione di 2.700 euro per la ricchezza immobiliare e a fronte dell’incremento di 3.100 euro di quella finanziaria. Tutto ciò favorirà una ripresa dei consumi di oltre il 2% cumulato, che continuerà a riguardare le telecomunicazioni, soprattutto l’elettronica di consumo e l’informatica domestica. Ma, per effetto dell’Expo, anche l’alimentazione fuori casa, gli alberghi, i trasporti e i viaggi. La novità sarà il rafforzamento della crescita nell’ambito della mobilità, ma il miglioramento del clima di fiducia dovrebbe riportare il segno più anche per consumi tradizionalmente declinanti come l’abbigliamento e le calzature (+0,3% medio annuo nel 2015- 2016).

Ridurre le tasse è possibile – La discesa dello spread intorno ai 100 punti base può generare un risparmio sulla spesa per interessi tra i 2 e i 3 miliardi di euro. Addirittura, la Corte dei Conti ritiene che il risparmio potrebbe essere tra i 4 e i 6 miliardi quest’anno e tra i 10 i 14 nel 2016. E’ dunque possibile abbassare la pressione fiscale tagliando l’Irpef agendo sulle aliquote relative agli scaglioni di reddito: una riduzione generalizzata di un punto percentuale di tutte le aliquote determinerebbe infatti una riduzione di gettito Irpef di circa 7,7 miliardi. In ogni caso, i 6,3 miliardi di risparmi stimati dalla Corte dei Conti consentirebbero almeno la riduzione di un punto percentuale delle prime due aliquote (dal 23% al 22% e dal 27% al 26%). Se, invece, ci si attiene alla stima prudenziale della Corte, un risparmio di circa 4,3 miliardi di euro, si potrebbe limitare l’abbassamento alla sola prima aliquota, quella del 23%, che, scendendo di un punto, comporterebbe una perdita di gettito appena superiore a quell’ammontare, circa 4,6 miliardi di euro. Per l’Ufficio Studi, “laa cosa fondamentale è che l’Italia non deve lasciarsi sfuggire l’opportunità di intraprendere il sospirato percorso di riduzione della pressione fiscale, conditio sine qua non per una crescita significativa dei consumi e quindi dell’economia nel complesso”.

Expo – La manifestazione in programma tra maggio e ottobre prossimi dovrebbe produrre un impatto aggiuntivo sulla crescita “normale” del 2015. I circa 29 milioni di presenze turistiche aggiuntive previste comporteranno una maggiore spesa turistica degli stranieri per oltre 2,5 miliardi di euro con un impatto positivo pari allo 0,2% sul Pil e allo 0,3% sui consumi totali.

Il turismo, questo incompreso – Nel 2014 i principali settori del made in Italy attivi con l’estero (alimentari e vino, abbigliamento, arredamento, apparecchiature e macchinari) hanno ha generato un saldo positivo di oltre 5 punti di Pil. Da parte sua il turismo, da solo, vale circa quanto alimentare e abbigliamento insieme: c’è quindi una forte sottovalutazione di un’attività economica in grado invece di generare grandi opportunità di sviluppo e di crescita, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, che viene sistematicamente dimenticato e trascurato in sede di scelte generali di politica economica. L’Italia, rispetto ai suoi principali competitors turistici dell’area mediterranea, ha il saldo turistico più modesto in rapporto al Pil, che da anni resta fermo ad un non certo esaltante 1% del Pil. E le note dolenti vengono soprattutto dal Sud e dalle Isole, dove si orienta soltanto il 12-13% della spesa dei non residenti.

 


Consumi, i commercianti intravedono il ritorno alla crescita

consumi - Copia“Vogliamo aprire il Forum all’insegna di un cauto ottimismo perché finalmente, dopo tanti, troppi anni, di previsioni negative e di revisioni al ribasso, registriamo alcuni segnali di risveglio dell’economia e ci sono anche tutti i presupposti per una ripresa che non sia solo statistica”. Così Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, nel suo intervento in occasione della conferenza stampa che ha aperto i lavori della sedicesima edizione del Forum Confcommercio di Cernobbio. Una novità positiva dopo lungo tempo, insomma, che però va accolta con prudenza. Per Sangalli, infatti, “siamo di fronte a un bivio: accontentarci di quello che passa il convento, cioè lo scenario internazionale, mutevole e incerto, oppure valorizzare al massimo e subito le opportunità che si stanno presentando per indirizzare il Paese lungo un sentiero di crescita robusta”. Peraltro, ha quindi sottolineato il presidente di Confcommercio, in questi ultimi anni gli italiani “hanno fatto i compiti a casa e ora aspettano il legittimo riconoscimento”. A partire dalle imprese del commercio, del turismo, dei servizi e dei trasporti che “vivendo prevalentemente di domanda interna, hanno particolarmente sofferto in questa lunga crisi”, ma “non si sono arresi mantenendo fortissima la voglia di fare impresa” e ora “reclamano il pieno riconoscimento del loro ruolo per una crescita che non sia episodica bensì strutturale”. Il presidente di Confcommercio ha citato in particolare il turismo, “risorsa strategica su cui puntare, anche a partire dalle potenti leve rappresentate dall’Expo 2015 e dal Giubileo straordinario che vanno azionate in modo organico”. Si tratta di “un comparto che non può essere relegato in posizione subalterna, ma deve essere trattato e considerato nelle politiche economiche come un driver potente, da sostenere e valorizzare adeguatamente, per una maggiore produttività dell’intero Paese e, in particolare, del Mezzogiorno, vera nota dolente rispetto a una prospettiva di crescita”.

Un Sud più dinamico, infatti, “sarà il segnale concreto che una nuova stagione si apre per la nostra economia e per la nostra società”, ha evidenziato Sangalli. Tornando al “legittimo riconoscimento” che il Paese attende da tempo, il presidente di Confcommercio ha quindi ribadito che questo può venire solo da “una riduzione della spesa pubblica improduttiva e una politica fiscale distensiva che allenti la morsa delle tasse su famiglie e imprese. Bisogna abbassare tasse e spesa pubblica affinché il 2015 possa essere ricordato come l’anno della ripartenza”. E se davvero si vuole la crescita, “si deve scacciare lo spettro dell’attivazione delle clausole di salvaguardia riducendo la spesa pubblica improduttiva e destinare i risparmi degli interessi sul debito a beneficio di tutti i contribuenti in regola attraverso la riduzione delle aliquote legali dell’Irpef”. Insomma, è la proposta di Confcommercio, “ogni euro, ogni centesimo recuperato dalla lotta all’evasione e da una vera e profonda spending review, da oggi deve essere utilizzato per avviare finalmente un percorso certo e progressivo di riduzione della pressione fiscale”. Meno tasse e fisco più semplice e più equo, dunque, per far ripartire la domanda interna: “e con maggiori consumi – ha concluso Sangalli – migliorerà tutta la nostra economia e dalla ripresa statistica passeremo alla crescita reale”.