Troppi giudizi parziali, così declina la nostra convivenza civile

scuolaL’idea che ci sia un giudice, a Berlino come altrove, ci rassicura da almeno trecento anni: da quando è stato introdotto il moderno concetto di diritto, se ci fate caso, tutta la nostra esistenza si è fondata sulla pacificante illusione che qualcuno valuti equamente e decida di noi e dei nostri rapporti con il mondo esterno. Ci sono maestri e professori che giudicano del nostro impegno e della nostra vocazione per le lettere o per le matematiche, confessori che misurano il nostro grado di probità, psicologi che ci dicono se e quanto siamo felici, colonnine arancioni che ci informano circa il nostro rispetto dei limiti di velocità e così via. Insomma, la nostra vita è costantemente monitorata e, quando necessario, riallineata da dei giudici, che, imparzialmente, ci assegnano palline bianche o palline nere, ci fanno avanzare o retrocedere, ci ammoniscono o ci premiano. Le suocere, in un certo senso, sono, a loro volta, giudici succedanei, se rendo l’idea. Tutto questo, come ogni trovata di origine illuminista, è molto bello, utile ed appagante, in teoria, salvo scontrarsi con la dura realtà: maestri e professori che scaricano sugli alunni le proprie personalissime nevrosi, confessori che abusano della catechista, psicologi che si inventano farneticazioni proiettive e colonnine arancioni che servono solo a fare cassa, non contribuiscono certamente a consolidare la nostra fiducia nei giudizi e nei giudici. E massime in un posto come l’Italia, in cui il grado di clientelismo, di corruzione e di imbarazzante lassità morale raggiunge picchi da manuale.

Dunque, la questione non è più quella della presenza o meno di un giudice, a Berlino come altrove, ma quella della credibilità del giudice. Non mi riferisco, naturalmente, solo alla magistratura, ossia ai giudici deputati e stipendiati allo scopo di difendere il diritto ed applicare la legge, sibbene a tutte le figure il cui compito, istituzionale o tradizionale, sia quello di esprimere giudizi. Che dire di insegnanti, ad esempio, che, in sede di scrutini o di esami di maturità, operano in modo irrituale (e sono buono usando questo aggettivo) per farla pagare agli studenti che stanno loro di traverso? E che dire di concorsi pieni di errori, di manipolazioni, di pasticci, che devono essere rifatti ogni volta per vizi formali e sostanziali? Qualche dubbio ci viene, non è vero? E questo dubbio, questa idea che la legge non sia mai uguale per tutti, che a me per uno scontrino da due euro diano un multone e a te, per una truffa milionaria, non facciano niente, è come un tarlo, che corrode la nostra fiducia nella società, nello Stato, nella gente che ci circonda. E’ la morte dell’idea comunitaria di istituzioni. Ognuno, perciò, vive nel sospetto di essere gabbato: guarda al proprio vicino come ad un potenziale competitore, chiedendosi di quali appoggi goda, chi lo abbia raccomandato, a chi si sia rivolto. E’ la società clientelare, che si contrappone alla società del diritto, casomai volessimo dare un nome alle cose.

Anche a me, nel mio piccolo, è capitato mille volte di scontrarmi con questa bruttissima realtà: giudici che danno ragione ai ladri, in quanto enfants du pays e torto al forestiero che ha dalla sua la legge, professori che insufflano nel collega che ti deve esaminare pregiudizi devianti, vigili che si mostrano implacabili verso la tua pagliuzza e malleabilissimi verso le altrui travi…eh, cari miei, troppe ne ho viste. E chissà quante ne avrete viste voi! In definitiva, è come se sapere che, a Berlino come altrove, ci sia un giudice non ci bastasse più: non ci fidassimo più del criterio con cui chi ci giudica viene scelto ed opera. E capirete che non è una bella sensazione. Però, così stanno le cose: questo è il punto di arrivo di una lunghissima catena di impercettibili cedimenti etici. Un poco alla volta, il cittadino comincia a smettere di credere che esista un sistema virtuoso, basato sulla semplicissima regoletta del “chi ha ragione vince”, “chi merita passa”, “chi rispetta è rispettato”, e si addentra, suo malgrado, nella jungla del “chi ha la raccomandazione più forte vince”, “chi imbroglia passa”, “chi è forte è rispettato”: in questo modo, la società civile diventa una società mafiosa, piano piano, a piccolissimi passi. E le reazioni del nostro bravo cittadino possono essere solo due: o cerca di opporsi alla fanga che gli sale lungo i polpacci, e allora vivrà una vita di rabbie e di delusioni continue; oppure si adegua, si attrezza, cerca di ritrovare nell’agenda il numero di telefono di quel suo compagno delle medie che adesso fa il sostituto procuratore, contatta l’amico primario per saltare anche lui la fila, raccomanda il figlio al dirigente scolastico che gli deve un favore.

La ‘descalation’ dalla Scandinavia all’America Latina avviene così: un cittadino alla volta. Ti affidi a giudici che ti fregano una, due, tre volte, finché non ne puoi più e, anziché ad un giudizio nella cui imparzialità e serietà non credi più, ti affidi alla protezione di un padrino. E l’Italia è piena di questi piccoli e grandi padrini: di gente che ti dice “ci penso io”, “lascia fare a me”. Professionisti, funzionari, politicanti, che, con aria paciosa e col sorriso dell’amico vero ti oliano le serrature, ti tengono aperta la porta. Nulla di penale, come dicono in televisione: no certo, nulla di penale, ma moltissimo di morale. I danni che derivano alla qualità della nostra vita civile da questo andazzo e dall’assoluta sfiducia in figure terze che diano dei giudizi universalmente accettati, basati su criteri di imparzialità e serietà, sono enormi e, temo, irreparabili. Perché questo personalismo, questo egoismo trasformato in sistema, mina alle radici l’idea stessa di convivenza civile: ci ributta indietro di secoli, quando la libertà non era un diritto limitato solo da altri diritti, ma un privilegio, concesso da un potente ad uno meno potente. E quel sistema si chiamava feudalesimo.


Regolamento anti-ludopatia, «calano i clienti, ma i giocatori accaniti si organizzano»

Si scatena in città la protesta dei bar e delle tabaccherie contro il nuovo regolamento antiludopatia di Palafrizzoni. A due settimane dall’entrata in vigore dell’ordinanza che vieta di giocare a Vlt e slot machine e di vendere e acquistare Gratta e vinci e biglietti della lotteria in alcune fasce orarie della giornata, il contraccolpo sui cassetti delle attività è pesante. Per alcuni commercianti, la “perdita” arriva anche al 30-50% e c’è chi ha ridotto gli orari di apertura e non sa se riuscirà a mantenere al lavoro i dipendenti. Non solo. Il provvedimento non sembra avere ottenuto neppure l’effetto sperato. A detta degli operatori, i giocatori abituali non hanno smesso di farlo, ma si sono spostati fuori città, a Gorle, Seriate, Stezzano o “si sono spostati” a giocare negli orari non vietati.

Le lamentele di baristi e tabaccai riguardano gli orari, ma anche i contenuti del provvedimento.

«Abbiamo perso molti clienti, soprattutto nell’orario della colazione – dice Stefano Foresti del bar omonimo nella galleria di Borgo Palazzo, sotto l’Ascom -. Molti  non vengono più a prendere il caffè, preferiscono andare nei bar a 500 metri a Seriate dove possono fare quello che vogliono».

«Ricevo ogni giorno lamentele da parte dei colleghi. I più penalizzati sono i bar del centro che lavorano in pausa pranzo – afferma Luca Mangili presidente provinciale della Fit, la federazione dei tabaccai, e titolare della tabaccheria-ricevitoria lotto alla stazione delle autolinee -. Io stesso sono due settimane che non compro gratta e vinci. Diversi clienti che venivano a prendere le sigarette e giocavano un gratta e vinci ora si fermano a Stezzano e non vengono più da me».

Saverio Ventura al Bar Ventura di via Corridoni conferma che «la flessione nei guadagni si sente» ed evidenzia una conseguenza non prevista:«La maggior parte dei clienti si è spostata a giocare negli orari in cui è concesso. Quelli che perdiamo sono i clienti che sono lì in quel momento».

Gianbattista Gamba dell’edicola e tabaccheria di via Carnovali è perentorio: «È una rovina. Prima compravo 20 pacchi di gratta e vinci, questa è la terza settimana che non li acquisto. I clienti che si fermavano nell’andare al lavoro per comprare le sigarette e giocare, ora comprano tutto a Stezzano. Spero che a livello di Governo ci pensino».

«Non è tanto la vendita singola del gratta e vinci ma quello che gli va intorno – spiega Alberto Venturini della tabaccheria di via San Bernardino -. A parte qualche cliente che abita in zona, gli altri, che si fermavano per andare al lavoro, li ho persi. Ipotizzavo una perdita del 30% ma sono già oltre il 50%. «Se fosse un provvedimento nazionale va bene – aggiunge – ma così si danneggia qualcuno e si favoriscono gli altri».

Sempre nella galleria della Clementina, in Borgo Palazzo, Roberto Foresti della tabaccheria accanto al bar rileva che «spegnere le slot ogni tanto va bene, è anche giusto, ma non ha senso limitare la vendita di gratta e vinci. Chi è ludopatico compra un pacchetto di gratta e vinci e se lo porta via. Quelli che vengono a prendere le sigarette e comprano un gratta e vinci non sono giocatori patologici. Noi abbiamo la concessione per venderli non si può fermare il nostro lavoro. Così si fanno chiudere le attività. Anche per le scommesse? Che cosa c’entra bloccarle?».

Anche i clienti sono scontenti: «Alcuni si mostrano perplessi, altri si lasciano andare a commenti anche coloriti» dice Mangili. E i giocatori mostrano resistenze: «Sono seccati, si chiedono perché a Gorle potevano giocare fino a cinque minuti prima e qui non lo possono fare. Inoltre può immaginare cos’è dire a un giocatore che ha giocato 150 euro che devo spegnere la slot? C’è da litigare con alcuni», evidenzia Roberto Foresti.

L’ordinanza ha già avuto come conseguenza anche tagli sugli orari di apertura delle attività e questo minaccia di ripercuotersi sui posti di lavoro. «Noi siamo in un piccolo centro commerciale, un po’ di gente gira, ma prima dell’ordinanza la mattina era un continuo viavai, ora dalle 7.30 alle 9.30 se entrano cinque clienti è tanto. E la domenica con le scommesse sportive dalle 11 alle 14 eravamo pieni. Ora tengo chiuso» dice ancora Roberto Foresti. «Al bar  siamo in due. La ragazza che mi aiuta cominciava alle 8.30, ora la faccio venire alle 9.30, cosa facciamo in due a quell’ora che non c’è nessuno?», racconta sulla stessa lunghezza d’onda Venturini.

«Il problema della ludopatia c’è, ma questa ordinanza non va bene – riconosce Roberto Foresti -. Dovrebbe essere fatto un tavolo con gli altri sindaci e con noi operatori per trovare una soluzione concordata per gestire la situazione».

Intanto Lottomatica sta analizzando le vendite nelle tre principali tabaccherie della città e medita di fare ricorso.


Discoteche, un patto con il ministero per migliorare la sicurezza

Quasi un anno fa la morte di un sedicenne per ecstasy al Cocoricò di Riccione e la decisione del questore di chiudere il locale per quattro mesi riapriva il dibattito sul mondo della notte, le responsabilità dei gestori e le misure per migliorare la sicurezza dentro e fuori dagli esercizi.

L’estate 2016 si apre all’insegna di un patto nato proprio all’indomani di quel tragico episodio, dagli incontri tra il ministro dell’Interno Angelino Alfano e il Silb, il sindacato dei locali da ballo del sistema Confcommercio, alla ricerca di soluzioni condivise.

L’Accordo quadro è stato firmato nei giorni scorsi al Palazzo del Viminale dal ministro Alfano e dai rappresentanti delle Organizzazioni dei gestori di locali notturni e dei servizi di controllo delle attività di intrattenimento e spettacolo e sancisce un approccio collaborativo al complesso problema del divertimento e delle pericolose derive che mettono a rischio la salute e l’incolumità delle persone.

L’obiettivo è incrementare la sicurezza, contrastare la violenza, l’abuso di droghe e alcol e diffondere una maggiore cultura della legalità tra i giovani e per raggiungerlo si stabilisce un più stretto coinvolgimento degli operatori e lo sviluppo di «forme avanzate di collaborazione» con le Forze dell’ordine, secondo modalità da concordate localmente.

Tra i punti di maggiore interesse per i gestori c’è il principio “premiante” che non si applichi l’articolo 100 del Tulps (quello che prevede la sospensione della licenza in caso di situazioni pericolose) se non c’è una diretta responsabilità dell’esercente e se questi ha «tempestivamente informato le Forze dell’ordine delle situazioni a rischio nel locale e prestato ogni opportuna forma di leale e fattiva collaborazione». Viene anche concesso di derogare alle disposizioni dell’articolo 187 del regolamento del Tulps che impedisce la selezione della clientela all’entrata del locale, promossa l’installazione di sistemi di videosorveglianza e formalizzato l’impegno al contrasto dell’abusivismo.

«È un passo avanti importante – commenta Paolo Visinoni, presidente del gruppo Sale da ballo dell’Ascom e titolare del Life di Rovetta – soprattutto perché riconosce un ruolo collaborativo alle discoteche, riscattandole da un’immagine spesso negativa e penalizzante. Detto questo, occorre però anche sottolineare che, in Bergamasca, nei locali seri e storici la collaborazione con le Forze dell’ordine è già in atto, le segnalazioni da parte dei gestori non mancano, così come gli interventi degli agenti. Chi ha un’attività è, del resto, il primo a non volere che ci siano problemi».

Lo dimostrano, ad esempio, i passi avanti fatti nel contrasto all’abuso di alcol. «Da dieci anni – evidenzia Visinoni – sono partner del progetto Ragazzi on the Road per la sicurezza stradale e posso dire che in quest’arco di tempo la sensibilità è aumentata, tanto è vero che se prima ad un locale servivano 500 posti auto, oggi ne bastano 200 perché ci si organizza e c’è qualcuno che non beve e riaccompagna a casa il gruppo o ci sono i pulmini messi a disposizione dai bar del preserata. Noi stessi offriamo a chi mette in atto comportamenti responsabili riduzioni o drink analcolici».

Rispetto al protocollo d’intesa con il ministero, il suo dubbio è semmai su come potrà essere misurata e valuta quella collaborazione attiva con le Forze dell’ordine che scongiurerebbe la chiusura dell’esercizio. Apprezza invece la possibilità di selezionare la clientela all’ingresso, «anche se qualche sistema per non fare entrare persone visibilmente ubriache lo abbiamo sempre messo in atto, supportati se necessario dai Carabinieri stessi».

Ma soprattutto guarda con favore all’impegno a contrastare l’illegalità e l’abusivismo. «È un problema che ci attanaglia – dichiara – e con la crisi è ancor più pesante. Si tratta di circoli privati che fanno ballare senza rispondere agli obblighi di sicurezza e alla fiscalità dei locali. Fortunatamente in Bergamasca la magistratura interviene e fa chiudere queste situazioni, ma è vero anche che il fenomeno è difficile da intercettare. E poi c’è il capitolo delle feste, come gli school party, organizzate in capannoni con centinaia di persone, senza che venga rispettato alcun requisito».

Per porre un freno a queste realtà sommerse, da tempo Visinoni propone ai tavoli dedicati alla salute e alla sicurezza la possibilità di creare dei meccanismi automatici di controllo a partire dalle richieste dei permessi Siae. Un altro tema fondamentale è una migliore definizione del ruolo e dei compiti dei “buttafuori”. «Seguono un corso – spiega -, ma non sono agenti di pubblica sicurezza. Sarebbe necessario chiarire una volta per tutte ciò che possono fare, ad esempio chiedere i documenti o effettuare segnalazioni di comportamenti scorretti».


Onoreficenze al Merito della Repubblica, riconoscimento a 10 bergamaschi

Ordine al merito della Repubblica italianaGiovedì 2 giugno, in occasione del 70° anniversario della proclamazione della Repubblica Italiana, si svolgerà a Bergamo, in piazzale degli Alpini, la celebrazione ufficiale commemorativa della ricorrenza, che avrà inizio alle 10.30, con il seguente programma: schieramento dei reparti di formazione interforze delle Forze Armate e dei Corpi armati e Civili, dei Gonfaloni del Comune e della Provincia di Bergamo e dei Comuni della Provincia di Bergamo, dei Medaglieri e Labari delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma; afflusso delle autorità e delle rappresentanze civili e militari; alzabandiera ed esecuzione dell’inno nazionale e lettura del messaggio del presidente della Repubblica. A seguire, si procederà alla consegna dei diplomi delle onorificenze dell’Ordine “Al Merito della Repubblica Italiana”, conferite dal Capo dello Stato a 10 cittadini bergamaschi.

Ecco i loro nominativi

  • Gianluigi Belotti (cavaliere) Trescore Balneario
  • Giuseppe Crespi (cavaliere)  Bergamo
  • Giacomo Dognini (cavaliere) Mozzanica
  • Angelo Falconi (cavaliere) Villongo
  • Adriano Forgione (cavaliere) Roma
  • Sergio Giani (cavaliere) Mapello
  • Dante Orciari (ufficiale) Seriate
  • Roberto Vezzoli (cavaliere) Seriate
  • Christian Zamblera (cavaliere) Casazza
  • Nerella Zenoni (cavaliere) Ranzanico.


Responsabilità sociale, 850mila euro a disposizione delle pmi

Per  favorire la diffusione della responsabilità sociale nelle micro, piccole e medie imprese lombarde, Regione e Unioncamere Lombardia hanno predisposto un Bando che stanzia 850mila euro per incentivare progetti a valenza sociale, ambientale e/o culturale che prevedano il coinvolgimento dell’impresa a favore della comunità locale sulle tematiche di “sviluppo locale sostenibile”, “green economy” e “innovazione sociale”.
Il bando andrà a finanziare, tramite contributi a fondo perduto nella misura massima del 50% (valore minimo di contributo pari a 10.000 euro fino a un massimo di 50.000 per progetti non inferiori a 20.000 euro). Le domande di contributo devono essere presentate a partire dalle ore 10 dell’11 maggio 2016 fino alle ore 10 del 30 giugno 2016 tramite il sito http://webtelemaco.infocamere.it.

Ambiti di intervento

Il bando intende finanziare, tramite contributi a fondo perduto, progetti presentati da parte delle imprese (MPMI lombarde) nei seguenti ambiti di intervento:

  • attività a favore della comunità locale per lo sviluppo sostenibile legate all’impatto aziendale sul territorio e/o finalizzate a rispondere ai bisogni della comunità locale stessa (a titolo di esempio: recupero di strutture architettoniche con finalità di utilità sociale adottando tecnologie innovative/eco-compatibili, progetti di coinvolgimento delle comunità locali, azioni di integrazione, coinvolgimento e controllo di filiere “corte” e responsible sourcing, acquisti solidali sul territorio, sensibilizzazione e sostegno alla comunità locale per consumo critico, realizzazione di orti urbani, tutela paesaggistica, recupero di tradizioni e memoria storica, collaborazione con strutture scolastiche e formative sul tema della Responsabilità Sociale, volontariato d’impresa, ecc.);
  • attività legate allo sviluppo della “green economy” per la sostenibilità ambientale con ricadute dirette e misurabili sul territorio (ad esempio: mobilità sostenibile, riqualificazione di aree verdi, riduzione degli sprechi e delle emissioni, product life-cycle, management ambientale, miglioramenti della qualità delle emissioni, acque, riduzione dei rifiuti, ecc.);
  • attività di innovazione sociale con il coinvolgimento della società civile, volontariato e “terzo settore” (ad esempio: soluzione di problematiche territoriali socio-economiche, progetti di coesione sociale coinvolgendo le fasce sociali più deboli, integrazione sociale, sicurezza dei luoghi e contesti socio territoriali, ecc.).

I progetti dovranno avere impatto dettagliato e oggettivo ed essere realizzati in Lombardia.

Dotazione finanziaria

La dotazione finanziaria ammonta complessivamente 850.000 euro, stanziati da Regione Lombardia, Direzione Generale Sviluppo Economico e gestite da Unioncamere Lombardia.

Soggetti beneficiari

I beneficiari sono le MPMI che, al momento della presentazione della domanda e sino alla data di erogazione del contributo, siano in possesso dei seguenti requisiti:

  • essere micro, piccola o media impresa con riferimento all’allegato I del Reg. UE n. 651/2014; sono comunque escluse le società semplici che non svolgono attività commerciale;
  • avere sede legale e/o sede operativa in una provincia lombarda ed essere in regola con il pagamento del Diritto Camerale Annuale salvo decadenza dall’agevolazione concessa;
  • avere legali rappresentanti, amministratori (con o senza poteri di rappresentanza) e soci per i quali non sussistano cause di divieto, di decadenza, di sospensione previste dall’art.67 D.Lgs. 159/2011 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia). I soggetti sottoposti alla verifica antimafia sono quelli indicati nell’art. 85 del D. Lgs. 159/2011;
  • non trovarsi in stato di fallimento, di liquidazione (anche volontaria), di amministrazione controllata, di concordato preventivo o in qualsiasi altra situazione equivalente secondo la normativa vigente;
  • non essere destinatarie di ingiunzioni di recupero pendente per effetto di una decisione di recupero adottata dalla Commissione europea ai sensi del Reg. (UE) 1589/2015 in quanto hanno ricevuto e successivamente non rimborsato o non depositato in un conto bloccato aiuti che lo Stato è tenuto a recuperare in esecuzione di una decisione di recupero adottata dalla Commissione Europea ai sensi del Regolamento (UE) 1589/2015;
  • rispettare, in sede di pagamento, il requisito della sede legale o unità operativa sul territorio regionale;
  • non essere impresa in difficoltà secondo la definizione di cui all’art. 2 punto 18 del Reg. UE 651/20114;
  • avere assolto gli obblighi contributivi ed essere in regola con le normative sulla salute e sicurezza sul lavoro di cui al D. lgs. n. 81/2008 e successive modificazioni e integrazioni

Tipologia dei contributi

Il contributo a fondo perduto verrà concesso nella misura massima del 50% delle spese sostenute ammissibili (al netto di Iva) con un valore minimo di contributo pari a 10.000 euro fino a un massimo di 50.000 euro. Verranno pertanto presi in considerazione solo i progetti con spese ammissibili non inferiori a 20.000 euro più Iva.

Ogni soggetto richiedente potrà presentare una sola domanda di contributo che sarà erogato all’impresa sulla base della rendicontazione delle spese effettivamente sostenute a conclusione degli interventi e al superamento dell’investimento minimo delle spese ammissibili.

Spese ammissibili

Le spese ammissibili potranno essere sostenute a partire dalla data di pubblicazione del bando e sono:

  • costi del personale dipendente dei soggetti impegnati nel progetto nella misura massima del 10% del totale dei costi eleggibili del progetto;
  • consulenze tecniche esterne specifiche e strategiche ai fini della realizzazione dell’intervento e caratterizzate da un contenuto altamente specialistico;
  • costi per acquisti di beni e servizi specifici per la realizzazione dell’intervento
  • costi per promozione e pubblicità che derivino direttamente dalle esigenze di realizzazione del progetto (p.e. diffusione di informazioni, realizzazione di brochure e/o pubblicazioni, promozione tramite canali online, etc.);
  • costi di locazione di spazi che derivino direttamente dalle esigenze di realizzazione del progetto (p.e. aule per formazione, sale per convegni e conferenze, ecc.)
  • costi per il noleggio e/o l’acquisto, implementazione o adeguamento di software, hardware e strumentazione necessari e finalizzati alla sperimentazione prevista dal progetto
  • spese generali di funzionamento e gestione, derivanti dal progetto ed assunte esclusivamente per lo stesso e non superiore al 5% della spesa totale ammessa al contributo

Non sono ammesse a rendicontazione altre tipologie di spesa.

Presentazione delle domande

Le domande di contributo devono essere presentate a partire dalle ore 10 dell’11 maggio 2016 fino alle ore 10 del 30 giugno 2016 a Unioncamere Lombardia esclusivamente tramite il sito http://webtelemaco.infocamere.it.

Maggiori informazioni e assistenza allo

Sportello del Credito della cooperativa Fogalco

via Borgo Palazzo, 137 – Bergamo

tel: 035 4120321 (responsabile del servizio Matteo Milesi)


Over 45, in Università il focus sui “dimenticati” dal lavoro

lavoro over 45Un progetto di solidarietà sociale e di studio sul campo sul problema della ricollocazione degli Over 45 che, a causa della crisi finanziaria ed economica e della riconversione globale dei mercati, dei sistemi produttivi e delle tecnologie, si trovano espulsi e respinti dal mercato del lavoro.

Sarà presentato mercoledì 11 maggio dalle 10.30 alle 13.30 nell’Aula Magna ex Chiesa di Sant’Agostino dell’ Università degli Studi di Bergamo nel corso di “Emergenza lavoro: focus sui dimenticati dal mercato”, una giornata di studi dedicata agli over 45 – lavoratori dipendenti, manager, lavoratori autonomi, professionisti, artigiani, commercianti, piccoli imprenditori – che si trovano oggi espulsi e respinti dal mercato del lavoro.

I dimenticati dal mercato sono  un numero crescente di persone (e di famiglie) che precipitano in una drammatica situazione, di cui poco o nulla si parla e rispetto alle quali non sembrano essere messe in campo azioni e programmi adeguati da parte delle istituzioni e delle organizzazioni preposte.

Su iniziativa del Lions Club Bergamo Host – con la partnership dell’Università di Bergamo e la collaborazione del Consolato Provinciale della Federazione Maestri del Lavoro e con il sostegno della Fondazione della Comunità Bergamasca – è stato sviluppato il Service Lions per il Lavoro, un Progetto Sociale di intervento e studio su tale fenomeno realizzato mediante uno sportello di ascolto e supporto con volontari e specialisti, dal 2014 al 2016. I risultati conseguiti dal Progetto, che nel biennio ha complessivamente prestato sostegno a quasi cento casi di persone che si sono rivolte allo sportello, mostrano come il lavoro realizzato, pur tra numerose oggettive difficoltà, stia dando buoni frutti.

I processi evolutivi avviati nella grandissima maggioranza dei fruitori del Service si concretizzano nella riattivazione e motivazione ad una ricerca del lavoro non solo formale e sfiduciata, nella apertura a nuove idee e nuovi spazi di ricerca, nell’accettazione di soluzioni lavorative prima trascurate o disprezzate ed oggi colte non come punti d’arrivo svalutanti, ma come punti di partenza per una diversa prospettiva e per una ricerca “dall’interno” e non da “fuori” del mercato.

Le esperienze e le osservazioni di ricerca acquisiti nel corso del Progetto hanno evidenziato peraltro gravi criticità e lacune degli attuali approcci delle politiche attive nei confronti di una fascia di popolazione che è investita non solo dagli effetti congiunturali della crisi in atto, quanto da fenomeni di carattere strutturale.

Siamo di fronte a problemi e difficoltà di carattere oggettivo (che attengono anche a barriere e pregiudizi che sono entrati a far parte di una distorta e miope cultura in materia di capitale umano recentemente diffusa nel sistema delle imprese) ed anche di carattere soggettivo (per fragilità individuali e inadeguata manutenzione della propria occupabilità).

Ciò rende spesso indispensabile approcci e strumenti di tipo interdisciplinare e interprofessionale ed anche l’intervento di specialisti delle “professioni d’aiuto”, in grado di favorire il recupero di autostima e di identità professionale e la costruzione di nuovi progetti occupazionali e di vita, in soggetti spesso profondamente traumatizzati dalla inaspettata perdita non solo di un reddito, ma anche di un ruolo sociale e di una storia professionale e personale.

IL PROGRAMMA

Emergenza lavoro: focus sui Dimenticati dal mercato

Saluti e introduzione
  • Remo Morzenti Pellegrini – Rettore dell’Università degli Studi di Bergamo
Intervengono
  • Alberto Ciglia – Responsabile del progetto “Il service sociale – I Lions per il lavoro”, Vice Presidente Lions Club Bergamo Host e Consulente sviluppo organizzativo, professionale e personale
  • Marco Lazzari – Prorettore delegato alle attività di orientamento e alle politiche di raccordo con il mondo del lavoro e docente di Istituzioni di Didattica nel Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell’Università di Bergamo
  • Stefano Tomelleri, docente di Sociologia Generale e Sociologia dei fenomeni collettivi del Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell’Università di Bergamo
  • Maria Rita Costantino, Amministratore Delegato di Costantino & Partners, esperta del mercato del lavoro, area risorse umane, ricerca e selezione di Assoconsult-Confindustria
  • Gigi Petteni, Segretario Nazionale CISL, Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori
  • Valentina Aprea, Assessore Istruzione, Formazione e Lavoro della Regione Lombardia
Modera
  • Alessio Maurizi, Giornalista di Radio 24, Il Sole 24 Ore, Conduttore della trasmissione “Si può fare”.

La partecipazione al seminario è riconosciuta ai fini delle ore di formazione per il tirocinio dei corsi di studio in Scienze dell’Educazione, Scienze Pedagogiche e Scienze Psicologiche. Non è richiesta iscrizione. Al termine del seminario sarà rilasciato attestato di partecipazione.


Indice della felicità, Bergamo nella top ten

Bergamo è la decima provincia più felice d’Italia e la più felice della Lombardia: lo ha stabilito iHappy2015, la graduatoria basata sull’universo del social network Twitter che analizza nel corso dell’anno il cosiddetto “Sentiment”, ovvero il grado di positività o negatività dei post che gli utenti condividono. È realizzata grazie a Voices from the Blogs, spin-off & start-up dell’Università degli Studi di Milano, osservatorio permanente di quello che si dice e si discute in rete, attraverso l’utilizzo di avanzate metodologie statistiche e tecniche informatiche disegnate appositamente, e resa nota in occasione della Giornata mondiale della Felicità indetta dall’Onu da quattro anni a questa parte e fissata per il 20 marzo.

«Ciò che rende unico l’indice iHappy – si legge sul report di quest’anno – è il suo essere basato interamente sulle reazioni istantanee dei singoli individui agli avvenimenti che accadono nella vita di ciascuno e che possono incidere positivamente o meno sul proprio livello di felicità. Questi avvenimenti possono essere i più disparati: la nascita di un figlio, il litigio con la fidanzata, un compleanno da festeggiare, una bella giornata di sole, la vittoria della propria squadra del cuore, un furto subito, una passeggiata nel centro città. Per urlare la propria gioia o rabbia, 140 caratteri sono più che sufficienti!»

Sono stati analizzati quasi 49,5 milioni di tweet, circa 135mila al giorno: Bergamo si piazza al decimo posto complessivo, con un 55,5% di tweet positivi, oltre il 2% sopra la media nazionale. Davanti a Bergamo ci sono Novara (57,2%), Genova, Lucca, Perugia, Firenze, Cagliari, Bari, Trento e Barletta/Andria/Trani. Milano è 27esima, Torino 36esima, Roma al 41° posto. La provincia più triste per il 2015 è quella di Cuneo, poco sotto quelle di Olbia/Tempio, Belluno, Pavia e Aosta.

La nostra città sale di 43 posizioni rispetto all’anno precedente ed è terza provincia più felice se si restringe il campo a quelle più popolose del nostro Paese: tra i territori che contano più di 900mila abitanti, il capoluogo orobico è infatti battuto solo da Firenze e Bari.

Bergamo è anche la città più felice della Lombardia, davanti a Milano e a Cremona. Nella graduatoria regionale sono Pavia e Lecco i fanalini di coda, rispettivamente con il 49,1% e il 48,1% di post positivi su twitter. Il giorno più felice per la Lombardia è stato il 29 giugno scorso, avvenuto proprio a Bergamo: a far schizzare verso l’alto il numero di cinguettii positivi furono l’inizio dei lavori di allestimento della grande mostra dedicata a Kazimir Malevic all’interno degli spazi della GAMeC di via San Tomaso.


Povero dialetto, ora ci si mettono di mezzo anche le mamme

bambini al parcoQualche giorno fa, durante una passeggiata in un parco della città, non ho potuto fare a meno di notare una scena, che mi ha divertito molto: due bambini, di sicuro fratelli, mentre giocavano tra di loro, hanno cominciato a bisticciare e il più grande, esasperato dalla situazione, a un certo punto ha esclamato “alura? mochela! “. La loro mamma, intenta a leggere un quotidiano, ha interrotto immediatamente il suo rilassante passatempo e, inorridita da quello che aveva appena ascoltato, ha strillato “Ma come parlate? Anche il dialetto adesso…”. Mi è venuto da ridere, soprattutto per il tono mesto e drammatico delle sue ultime parole, che avevano il sapore di una terribile sventura piombata improvvisamente sulla sua famiglia. Avrei voluto tranquillizzarla e dirle che non era successo niente di così grave e che nella maggior parte dei casi il dialetto non rappresenta una minaccia per l’apprendimento corretto della lingua italiana, (figuriamoci una o due parole) ma considerato che “un bel tacer, non fu mai scritto”, ho preferito continuare la mia passeggiata. Di sicuro però sono ancora in molti a credere il contrario. In realtà, quando si è bambini, si possiede tutto un ventaglio di risorse in grado di sviluppare un perfetto bilinguismo italiano-dialetto al pari di un completo bilinguismo italiano-inglese. Questo per tranquillizzare le madri convinte che parlare il dialetto porti sempre e solo sulla strada dell’analfabetismo lessicale. Anzi se proprio vogliamo dirla tutta, studi recenti hanno dimostrato che chi fin da piccolo è abituato a parlare due lingue, è più veloce nel “cambiare registro” e quindi vanta una maggior facilità nell’apprendere altre lingue. Quindi almeno per il momento, emergenza rientrata.

Caso mai il problema si pone se in casa il bambino non ha ricevuto sufficienti stimoli a parlare un italiano corretto, soprattutto in caso di genitori che sono abituati a parlare in dialetto e che tentano di parlare in italiano con i loro figli, commettendo spesso una serie di errori grammaticali difficili da sradicare. Ciò ovviamente genera confusione e per ogni bambino diventa difficile distinguere le strutture dialettali da quelle italiane. E lo sarebbe anche per un adulto. Ma in tutti gli altri casi è giusto ri-conoscere che i dialetti sono un patrimonio che accomuna milioni di persone e che piaccia o meno, fanno parte della cultura del paese e rappresentano una viva e spontanea espressione linguistica socio-culturale, che si può decidere di non praticare o di ignorare, ma non disprezzare. E continuare a credere che il dialetto sia un brutto ricordo di quando si era poveri o di quando l’Italiano era la lingua delle persone istruite, non significa solo pensare in maniera classista, ma anche e soprattutto commettere un imperdonabile errore. Insegnare ai propri figli qualche parola in dialetto è un gioco, che genera curiosità e divertimento e rappresenta un viaggio divertente alla scoperta di parole e dei loro significati, che si stanno inevitabilmente perdendo. Ma soprattutto non è un ostacolo per imparare l’italiano.

Quindi se oggi ascoltiamo qualche bimbo o qualche ragazzino utilizzare espressioni in dialetto, non diamo avvio ad una crociata personale contro il bergamasco, al massimo preoccupiamoci di spiegare la differenza tra l’italiano e il dialetto. Se io ripenso alla mia infanzia, mi ricordo un periodo della mia vita dove utilizzavo qualche parola in dialetto bergamasco. Avrò avuto 9 o 10 anni e mi piaceva zittire i compagni di classe con l’esclamazione “fa sito!” o interromperli di sovente con l’espressione “delbù?”. Non so dove le avessi sentite, ma di una cosa sono certo: nessuno mi ha mai redarguito o fatto sentire in colpa. I bambini sono esploratori nati, curiosi e vivaci, devono scoprire, conoscere e sperimentare e se sulla loro strada incontrano il bergamasco, non demonizziamolo, ma raccontiamogli che era la lingua dei loro nonni e bisnonni.


Chiude Radio Ponte, addio a quarant’anni di trasmissioni

I conti sono presto fatti. Era il febbraio 1976 quando Radio Ponte International cominciava le proprie trasmissioni, il prossimo 29 febbraio sarà la data in cui le chiuderà per sempre. Quarant’anni esatti e un grande passo per il titolare dell’emittente con sede a Ponte San Pietro, Enrico “Mimmo” Tamborini, che ha dedicato un’intera vita alla propria creatura, tra le prime radio libere della Bergamasca e ancora oggi capace di incarnare quello spirito.

«Non lo abbiamo fatto apposta – racconta -, ma alla fine è capitato che i giorni in cui avremmo potuto celebrare un compleanno importante come il quarantesimo siano diventati quelli dell’addio a nostri radioascoltatori». «Una scelta personale – spiega Tamborini -, ho 65 anni ed ho sempre seguito da solo l’attività, dai rapporti commerciali alle trasmissioni, impiegando, in pratica, ogni mio momento. Negli ultimi anni il carico si è appesantito, soprattutto per via della burocrazia, ed è diventato difficile portare avanti l’esperienza. Non è una questione di ascolti, che ci sono, né di calo di inserzionisti, è che le responsabilità sono troppe e l’età ormai c’è. Qualcuno interessato a subentrare si è fatto avanti – sottolinea -, ma è stato frenato proprio dall’impegno richiesto per far girare il tutto».

Insomma, una piccola radio tenuta in piedi con la forza di una grande passione. «Eravamo un gruppo di amici – ricorda Tamborini – e ci siamo messi a fare radio come oggi i giovani fanno con Internet, affascinati da un mezzo nuovo e dalla voglia di fare ascoltare la musica. Al tempo esisteva solo la Rai e le trasmissioni erano fatte per lo più di parole, la musica aveva un ruolo secondario, relegata in qualche fascia oraria e anche in quel caso i conduttori parlavano sopra i dischi. A noi interessava far sentire per intero i brani che la gente voleva: Battisti, i grandi successi della musica leggera, i gruppi internazionali, non cose difficili, solo il piacere di godersi le canzoni del momento. Abbiamo cominciato con un trasmettitore portatile, perché l’attività non era ancora regolamentata, poi nel settembre è arrivata  la legge che autorizzava le radio e ci siamo attrezzati meglio. In città erano già partite alcune esperienze, noi probabilmente siamo stati i primi ad aprire un’emittente in provincia».

Ed è stato un boom. «Un successo incredibile – dice ancora con entusiasmo -. Forse l’errore è stato quello di non averlo sfruttato subito commercialmente, siamo andati avanti alcuni anni per puro divertimento». Fino a quando lui ha fatto il passo importante di prendere in mano da solo l’attività. «Nessuno ci credeva – confessa -, era un mestiere che non esisteva».

La formula ha tenuto fede all’idea iniziale, quella della radio al servizio degli ascoltatori, compagna non invadente delle giornate, che fa girare le canzoni del cuore, che parla semplice, che racconta delle offerte speciali dei negozi del paese e con la quale si può dialogare direttamente. Non è un caso che il programma di maggiore successo sia stato quello delle dediche e richieste, condotto fino a due anni fa dallo stesso Tamborini che poi ha dovuto rinunciare ad andare in onda per via del crescere degli impegni gestionali di cui sopra. «In fondo cosa c’è di più bello – nota – della possibilità di chiedere il proprio brano preferito o di farlo ascoltare con una dedica personalizzata ad una persona cara?». L’effetto semplice e sorprendente di un pensiero in musica che arriva, rinnovando ogni volta la sua magia, mentre siamo in auto, a casa o al lavoro.

Non sorprende che il distacco da questo mondo sia difficile. «È stata una bella avventura e fatico a immaginarmi un futuro senza radio», ammette. Non sarà però uno strappo così netto. «Le frequenze sono state acquisite dal network bergamasco del quale fa parte Radio Bergamo – riferisce – e per questa continuerò a seguire i miei inserzionisti. Porterò avanti anche gli eventi che sono già stati programmati. E poi mi tengo tutto il materiale raccolto in questi anni, ce n’è almeno una stanza piena!».

Ad essere dispiaciuti sono anche gli ascoltatori, che chiamano gli studi o scrivono messaggi su Facebook, ricordando i momenti che hanno condiviso con l’emittente. Nei giorni scorsi è stata organizzata anche una diretta notturna nello stile delle non-stop di un tempo, non un’operazione nostalgia, ma la celebrazione della storia di una radio “libera”.


Custodia sociale, parte la raccolta fondi per sostenere il servizio

Un’iniziativa di fund raising per sostenere e implementare un servizio di straordinaria importanza per i quartieri cittadini, quello di Custodia Sociale: l’obiettivo è quello di implementare ulteriormente il servizio a Loreto e Longuelo, zone della città in cui i Custodi sociali sono molto attivi per via delle loro composizione demografica. “Si tratta di una prima sperimentazione di un modello di fund raising che auspichiamo possa essere condiviso e realizzato anche nei restanti quartieri cittadini” sottolinea l’Assessore alla Coesione Sociale del Comune di Bergamo, Maria Carla Marchesi. Il personale del Servizio di Custodia Sociale, già attivo in vari quartieri della città, integra la rete delle varie forme di assistenza a domicilio di persone fragili e a rischio di esclusione (come persone sole, anziani, persone con disabilità) aiutandole nella conduzione delle attività quotidiane nella loro abitazione, sostenendone l’autonomia e il benessere psico-fisico. Gli operatori presenti nei quartieri della città accompagnano le persone in molteplici attività: piccole spese, acquisto di farmaci, organizzazione delle visite mediche specialistiche e/o con i medici di base, supporto in occasione di ricoveri/dimissione dalle strutture sanitarie o assistenziali, disbrigo delle pratiche burocratiche (pagamento bollette, contatto con i Sindacati o altro). E parallelamente gli operatori favoriscono le relazioni sociale delle persone, prevenendo la solitudine e supportandole nella gestione di eventuali emergenze. La raccolta fondi intende rafforzare l’opera dei Custodi sociali affiancando loro, con le risorse raccolte, l’opera di persone, adeguatamente selezionate tramite colloqui, a loro volta in temporanea condizione di difficoltà lavorativa.

In specifico l’obiettivo è quello di poter dotare di due figure aggiuntive il servizio di Custodia Sociale nei quartieri di Loreto e Longuelo della città di Bergamo, per un monte ore minimo a testa di 10 ore settimanali a persona per quarantadue settimane. Il quartiere di Loreto, quartiere residenziale, per la natura demografica del territorio, vede una concentrazione di persone seguite dal Servizio di custodia sociale (sono 126 seguiti nella città, di cui 68 in questo quartiere). “Il quartiere di Longuelo, – prosegue Marchesi – anch’esso a carattere prevalentemente residenziale, con pochi negozi di prossimità e piuttosto decentrato rispetto al cuore della città, è caratterizzato dalla presenza di un alto numero di persone anziane che vivono sole, spesso in condomini a più piani, non dotati di ascensore. Queste persone incontrano molte difficoltà nella quotidianità e nel mantenimento di un circuito di relazioni sociali ed affettive. Con il lavoro della persona che viene sostenuta economicamente grazie alla raccolta fondi si intendono potenziare le attività del servizio, consentendo agli operatori professionali della Custodia sociale di ampliare il lavoro relazionale con le persona in carico.”

La prima raccolta fondi a sostegno del Servizio di custodia sociale nei citati quartieri si è attuato con successo in via sperimentale nel periodo natalizio dal Gruppo Alpini della sezione di Ossanesga con due iniziative nel centro cittadino, nei mesi di dicembre e gennaio, ed ha consentito di ottenere una raccolta di 4.250 euro. E nel corso della conferenza stampa gli Alpini consegneranno la raccolta effettuata per consentire l’attuazione del progetto di supporto e potenziamento del servizio. La seconda fase intende raggiungere un obiettivo analogo, e quindi affiancare un analogo monteore in supporto agli operatori professionali, per 4.200,00 euro. Cifra che andrà a finanziare l’operatività di una seconda figura persona. La raccolta fondi si avvarrà questa volta della piattaforma Kendoo, piattaforma telematica di finanziamento sociale in Bergamo. E verrà alimentata dal coinvolgimento delle venti reti sociali di quartiere della città di Bergamo ed in particolare, ovviamente, delle reti sociali di Loreto e Longuelo. Un video girato tra le vie del quartiere di Loreto illustra il lavoro dei Custodi sociali.