Dopo la batosta / Renzi, difficile evitare un atterraggio di fortuna

Matteo Renzi
Matteo Renzi

Ce la racconti come vuole, Matteo Renzi, ma ha perso. E pure di brutto. Vada, se non l’ha già fatto, ad accendere un cero a Beppe Sala che, salvando la ghirba a Milano sia pure affannosamente, gli ha consentito di evitare la disfatta.

Magra consolazione perché il quadro che esce dal secondo turno delle elezioni comunali ci conferma in una ipotesi-sensazione che avevamo già espresso alla vigilia dei ballottaggi: è iniziata la Renzexit. Chi vuol sussultare, lo faccia. Chi crede che si tratti di un’esagerazione ha tutto il diritto di farlo. Ma solo gli illusi possono pensare che dopo una simile batosta (a Roma i grillini che il premier irrideva hanno preso più del doppio del suo candidato e a Torino una bandiera come Fassino è stata mestamente ammainata) il baldanzoso e irruente Renzi possa andare al referendum, da lui stesso già immaginato come il punto di non ritorno per la sua esperienza politica, con reali speranze di farcela.

Proviamo a riavvolgere il nastro. In poco più di due anni il segretario Pd ha aperto fronti di guerra in ogni dove. Prima dentro il suo partito, mettendo alla porta solo i cacicchi (D’Alema) più pericolosi ma non tutti. E ci stava. Ma quando ha messo il naso fuori si è immedesimato nel famoso draghetto Grisù, quello che voleva fare il pompiere ma che lanciava fiammate ogni volta che apriva la bocca. Giù legnate al sindacato e giù sciabolate alle organizzazioni di categoria. Poi caccia continua a (presunti) gufi, cornacchie e volatili vari. Il tutto scandendo ossessivamente il mantra “noi dobbiamo cambiare il paese, solo noi possiamo farlo. Gli altri pensano solo agli inciuci” (e lui trafficava con Verdini e con gli avanzi del berlusconismo).

Il 40 per cento che aveva conquistato alle Europee del 2014 lo aveva illuso (con la compiacenza, sia chiaro, dei giornalini e dei grandi commentatori sempre pronti a baciare la pantofola del capopolo di turno). Ci ha campato sopra per un po’, ma alla fine le chiacchiere, come icasticamente dicono a Roma, “stanno a zero”.

Il Pd è un partito a pezzi, non governato da una classe dirigente di yuppies dall’accento toscano, del tutto fuori controllo in periferia (così che incidentalmente possano emergere eccezioni sorprendenti come quella di Varese). Il governo è stato piegato a sprecare immani energie nella battaglia per il referendum costituzionale. L’economia non riparte, ai risparmiatori truffati dalle banche non è ancora stata data risposta, il malaffare continua a perpetuarsi mentre a Roma litigano sui tempi della prescrizione.

Di fronte a questo scenario un premier responsabile avrebbe dovuto rivoltarsi ancor più le maniche nel tentativo di mobilitare tutte le energie possibili per invertire la rotta. Al contrario Renzi, vittima del suo carattere da gradasso in giacca e cravatta, ha minacciato di imbracciare il lanciafiamme…

È davvero puerile, dopo quel che è successo a Roma e Torino, sentirlo commentare “vedremo cosa sapranno fare i grillini…”. Cosa ha fatto e cosa sta facendo lui gli italiani lo stanno vedendo e non pare che ne siano più così entusiasti. Forse è arrivato il momento di guardarsi allo specchio e di fare ordine in casa propria. Sempre che ve ne sia ancora il tempo. Perché la Renzexit è ampiamente avviata. Smarcamenti e riposizionamenti sono già iniziati poche ore dopo l’apertura delle urne. Allacciate le cinture, turbolenze in vista. L’equipaggio è pronto per un atterraggio di fortuna ad ottobre. Sarà molto difficile evitarlo.


La lettera / Che “bell’esempio” ha dato a mio figlio il signor Pezzoni

Buongiorno

scrivo dopo aver letto, sul vostro sito, l’articolo di Cesare Zapperi dedicato all’ex sindaco di Treviglio e al voto amministrativo. Sono mamma di un ragazzino di quattordici anni che aveva incontrato il “prof.” Pezzoni con i suoi compagni di classe. Era rimasto piacevolmente colpito dalla persona, dall’educatore, dall’esempio che forniva sul mondo degli adulti. Inutile dire che è rimasto choccato, e mi ha chiesto come sia possibile che un adulto che si propone come guida di una comunità sia e faccia tutto quello che ai ragazzini si dice di non fare: dice bugie, barare sui voti presi (e che voti!), ingannare gli amici, ecc. Forse dovremmo recuperare la capacità dei bambini di andare all’essenziale. Questi signori che tanto difendono il signor Pezzoni cosa insegnano ai loro figli? A copiare o a studiare? A fare i furbi o seguire le regole? A essere o ad apparire?. Davvero questo Paese è tutto ciò che ci meritiamo. Che è anche quello che ho detto a mio figlio. Specificando che, in una situazione come questa, secondo me, una persona d’onore non solo non dovrebbe ricandidarsi, ma dovrebbe vergognarsi ad uscire di casa.

Lucia Profumo


Amministrative, ecco i sindaci eletti in Bergamasca

elezioni-comunaliA Treviglio e Caravaggio occorrerà attendere l’esito del ballottaggio per conoscere il nome del nuovo sindaco, mentre a Fornovo San Giovanni il posto di primo cittadino resta vacante e sarà assunto da un commissario prefettizio perché non è stato raggiunto il quorum di votanti  che avrebbe eletto l’unico candidato, Gian Carlo Piana.

Il secondo turno è in programma domenica 19 giugno e vedrà di fronte a Treviglio Juri Imeri, ex vicesindaco sostenuto da Lega nord e liste civiche, che ha ottenuto 5.762 voti (41,49%) ed Erik Molteni, segretario cittadino del Pd, staccato di un oltre mille voti (4.618, pari al 33,35% voti). A Caravaggio la sfida sarà invece tra Ettore Pirovano, storico sindaco leghista della città nonché ex presidente della Provincia (3.105 voti, pari al 37,3%), e Carlo Bolandrini, sostenuto dal Pd e da liste civiche (2.445 voti, 29,5%).

In altri cinque comuni della Bergamasca dove il candidato era uno solo è stato invece raggiunto il quorum. Si tratta di Adrara San Rocco dove il sindaco sarà Tiziano Piccioli Cappelli, Calcinate che conferma Gianfranco Gafforelli, Gromo (Sara Riva), Vilminore di Scalve (Pietro Orrù) e Valnegra (Virna Facheris).

Ad Almè la vittoria è andata a Massimo Bandera, ex assessore all’Ambiente e alla Sicurezza del comune di Bergamo; ad Alzano Lombardo successo per il candidato del centrodestra Camillo Bertocchi; ad Ardesio torna sindaco Yvan Caccia (50,75%) che aveva già ricoperto la carica. A Bedulita si è imposto Roberto Facchinetti con l’81% dei voti, a Bottanuco Rossano Pirola (47,38%), a Calvenzano Fabio Ferla (70,86%), a Carobbio degli Angeli Giuseppe Ondei (58,77%).

A Castione della Presolana torna Angelo Migliorati (51,4%), a Chiuduno netta conferma di Stefano Locatelli (75, 48%), mentre cambiano i colori a Cologno al Serio, dove il nuovo sindaco è Chiara Drago, dopo cinque anni di opposizione alla Lega.  A Cornalba è eletto Alessandro Vistalli (55,4%), a Costa Valle Imagna Umberto Mazzoleni (56,07%), a Costa Volpino largo successo per Mauro Bonomelli, rieletto con l’80,1% dei voti.

A Filago il sindaco è Daniele Medici (54,8%), a Gorno Giampiero Calegari (50,5%), a Locatello Simona Carminati (55,5%), a Medolago Luisa Fontana (50,9%). A Oltressenda Alta non ha avuto in pratica rivali Giulio Baronchelli, che ha raggiunto il 93,6% dei voti, a Palazzago vince Michele Jacobelli (62,7%), a Palosco Mario Mazza (48,6%).

Il nuovo sindaco di Ponte San Pietro è Marzio Zirafa (36%), a Predore ha vinto Paolo Bertazzoli (59,9%), a Pumenengo Mauro Barelli (32,1%). San Giovanni Bianco ha confermato il sindaco uscente Marco Milesi (86,2%), mentre a San Paolo d’Argon è stato eletto Stefano Cortinovis (51,51%). A San Pellegrino resta in sella Vittorio Milesi (62,6%), così come a Solza Maria Carla Rocca (42,4%). A Strozza Riccardo Cornali ha ottenuto il 70,2% dei voti, a Torre Pallavicina il sindaco eletto è Antonio Giuseppe Marchetti (49,4%), a Urgnano Efrem Epizoi (54,4%), a Verdellino Silvano Zanoli.


T2, lettera d’intenti per la linea Teb da Bergamo a Villa D’Almè

teb5645.jpgE’ stata firmata in mattinata, nella sede TEB di Ranica, una lettera d’intenti per sostenere la realizzazione della linea tranviaria T2 da Bergamo a Villa D’Almè. Il documento è stato condiviso e siglato dal Presidente TEB Filippo Simonetti, dal presidente della Comunità Montana della Valle Brembana Alberto Mazzoleni, dal vicepresidente del Consorzio del Parco dei Colli di Bergamo Angelo Colleoni, dal consigliere delegato alla Pianificazione Territoriale della Provincia di Bergamo Jonathan Lobati e dall’assessore alla Mobilità ed Urbanistica del Comune di Bergamo Stefano Zenoni. Il tavolo di lavoro tra gli Enti è stato concordato a fronte dell’impegno economico che hanno previsto sia la Comunità Montana della Valle Brembana che il Parco dei Colli di Bergamo – proponendosi quali partner diretti del progetto – per l’aggiornamento dello studio preliminare della seconda linea tranviaria, ritenendo lo sviluppo dell’infrastruttura fondamentale per il benessere economico e sociale della popolazione della Valle e dell’hinterland cittadino. Filippo Simonetti, presidente TEB: “Il segnale che raccogliamo è di unità di visione e condivisione di prospettiva per rendere sempre più concreto l’obiettivo della linea T2. Da tempo stiamo dialogando con le amministrazioni locali del territorio per approfondire gli elementi chiave su cui aggiornare il progetto preliminare redatto nel 2009; il documento di oggi rappresenta non solo la volontà di proseguire questo percorso, ma anche e soprattutto un preciso impegno degli enti territoriali coinvolti. TEB continuerà a verificare le disponibilità dei partner pubblici e privati interessati allo sviluppo e alla realizzazione della linea tranviaria Bergamo – Villa d’Almè, che rappresenta per tutti una delle priorità strategiche nel sistema delle infrastrutture dedicate alla mobilità collettiva del territorio bergamasco”.


Il nuovo codice degli appalti, convegno all’i.Lab

Si svolgerà lunedì 9 maggio, nella sede dell’I.lab – Italcementi, al Kilometro rosso, il convegno “Il nuovo codice degli appalti D.Lgs. 50/2016”. L’evento, organizzato dalla Camera Amministrativa della Lombardia Orientale, dall’Unione Nazionale Avvocati Amministrativisti, dagli Ordini provinciali di Architetti e Ingegneri, gode anche del patrocinio della Consulta regionale degli Architetti PPC Lombardi, Consulta regionale degli Ingegneri della Lombardia e di ANCE Bergamo. La recente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del nuovo Codice degli Appalti, la sua entrata in vigore e l’attesa per i decreti attuativi chiederà a professionisti, imprese e amministrazioni un cambiamento di paradigma contestualmente ad un regime transitorio in cui sarà ancora vigente il Regolamento Attuativo 207/10. Tale convegno mira, in questa prima fase, ad analizzare sia gli aspetti ritenuti positivi dal mondo delle professioni, sia le criticità che ad oggi sembrano delinearsi all’orizzonte. Tra gli esperti che interverranno, si segnala la presenza del Senatore Stefano Esposito, relatore della Legge Delega sugli Appalti.


Le attività produttive se ne vanno e Bergamo va in crisi d’identità

bergamo centro ritC’è un legame tra il caso dell’Italcementi, destinata in un prossimo futuro a spostarsi, con drastico ridimensionamento, ai confini cittadini del Kilometro Rosso, e la necessità di un rilancio del centro (che non si può solo limitare al Sentierone) in crisi di identità sempre più diffusa. Il decentramento delle industrie è un processo ineluttabile legato a questioni organizzative, logistiche e viabilistiche che le porta, non solo a Bergamo, fuori dalla città. Restano dentro i confini, tra le poche significative eccezioni superstiti, l’Abb (che però ha spostato la produzione a Dalmine) e le Trafilerie Mazzoleni, oltre alle Arti Grafiche e la Perofil (che già si erano peraltro spostate dal centro all’estrema periferia). Molto lungo è invece l’elenco, dalla Magrini alla Cesalpinia, dalla Filati Lastex alla Masenghini, dove la produzione ha lasciato lo spazio al residenziale.

Ma anche le sedi direzionali tendono a lasciare il centro in fondo per gli stessi motivi, di necessità di spazi più adeguati e funzionali, migliore accessibilità e possibilità, almeno in passato, di valorizzazione dell’immobile destinandolo a qualcosa d’altro. Alcune sedi bancarie sono completamente scomparse (la Banca Provinciale Lombarda), altre sono dimagrite (il Credito Bergamasco), altre restano a rischio (Ubi, non tanto per il futuro bancone, quanto per il tentativo di golpe sempre pendente – forse adesso meno – per un trasferimento a Brescia). Al Kilometro Rosso oltre all’Italcementi vorrebbe andare anche la stessa Confindustria Bergamo con la prospettiva che tra pochi anni via Camozzi si spopoli dal punto di vista lavorativo. Anche gli Uffici Statali lasceranno l’anno prossimo Largo Belotti, dove già da tempo si cerca un futuro per l’ex teatro Nuovo.

Pure buona parte del commercio però è uscito dal centro, prima quello all’ingrosso, poi anche molte attività al dettaglio, al seguito della grande distribuzione e dello sviluppo dei centri commerciali. In questo caso ai soliti problemi di accessibilità si aggiungono una serie di fattori specifici: un po’ incide l’avanzata di Internet, con il commercio elettronico che vale il 4% degli acquisti degli italiani, un po’ è colpa del calo e della trasformazione dei consumi, molto dipende dai problemi e costi di accessibilità da parte dei potenziali clienti, moltissimo è causa dei costi degli affitti che a fronte anche delle minore entrate per le ragioni precedenti rendono insostenibile per molte attività la permanenza in centro.

Ad aggravare la situazione generale è la “sdentatura” delle strade: i tanti “buchi neri” che si creano quando ad un’attività che lascia (che sia un’industria, un negozio o una caserma) non se ne sostituisce un’altra. Quando questa situazione non è solo temporanea, ma si consolida, la perdita di attrattività è assicurata e trascina al ribasso anche le altre attività. Perché in fondo il problema del centro si riduce a una questione banale. Come confermano le “notti bianche”, che però sono eventi sporadici, che rendono solo più evidente la differenza con la normalità, per rilanciare le occasioni per frequentarlo. Se vanno progressivamente perse le ragioni d’andarci, per lavoro, per shopping o per altre attività, la frequentazione delle persone andrà sempre di più verso altri poli, più attrattivi e accessibili, con buona pace di tutti i dibattiti sul rilancio.


Lotta allo spreco alimentare, l’Ascom: “La legge Gadda va nella giusta direzione”

lotta allo spreco alimentareE’ in corso di approvazione al Senato la legge contro lo spreco alimentare promossa dall’On. Chiara Gadda (Pd) che si prefigge di tracciare le “Norme per la limitazione degli sprechi, l’uso consapevole delle risorse e la sostenibilità ambientale”. Di questa e più in generale del tema ‘spreco alimentare’ se ne è parlato durante un convegno che s’è tenuto all’Università di Bergamo a cui hanno preso parte alcune personalità di spicco della vita politica, sociale ed economica bergamasca e nazionale. Tra queste l’On. Elena Carnevali (Pd) che ha snocciolato numeri impressionanti: “La Fao ha quantificato in 1,3 miliardi le tonnellate di cibo sprecate nel mondo ogni anno e ha spiegato che se quello stesso cibo venisse recuperato sfamerebbe la metà della popolazione mondiale. L’impatto non è solo ambientale e sociale ma anche economico, basti pensare che si sprecano nelle case di tutto il mondo 8,1 miliardi di euro per cibo non consumato”. Il rettore dell’ateneo bergamasco Remo Morzenti Pellegrini ha evidenziando tre parole chiave: “Sostenibilità, difesa del territorio e risparmio sono i tre principi da cui dobbiamo ripartire e che devono essere chiari nella mente di ogni componente della catena, dal produttore al consumatore”.

La stessa Chiara Gadda – dopo aver precisato che lo spreco avviene per il 56% nella filiera economica e per il 46% in capo al consumatore – ha invece spiegato come la legge “ponga grande attenzione ad una semplificazione burocratica per le donazioni di cibo in eccesso e abbia previsto norme semplici e comprensibili da tutti”. Gadda ha poi concluso aggiungendo che “restano fermi due paletti fondamentali, che la legge tiene ben presenti: la tracciabilità dei prodotti e la sicurezza per i consumatori e il rispetto delle regole igienico sanitarie”. Alla tavola rotonda ha partecipato anche il ministro delle Politiche Agricole e Alimentari Maurizio Martina: “La legge – ha detto – è figlia anche del grande lavoro che è stato fatto con Expo. Puntiamo ad una sensibilizzazione costruttiva qui in Italia vista la nostra storia culturale e agricola e riteniamo non efficace allinearci al modello francese che ha deciso di assumere un profilo sanzionatorio”.

Il ruolo del commercio

“Lo spreco produce costi”. A dirlo è Oscar Fusini, direttore dell’Ascom Confcommercio Bergamo, intervenuto nella parte finale del convegno “Ridurre lo spreco alimentare generando nuove opportunità”, momento in cui si sono tirate le somme analizzando in modo più approfondito la realtà e le abitudini della Bergamasca. Sono stati in questo caso sfatati alcuni miti, secondo cui, per esempio, la grande distribuzione mira a riempire i carrelli dei consumatori, ingolosendoli con confezioni sfarzose e prezzi vantaggiosi, sperando che quegli stessi prodotti non vengano consumati magari perché scaduti o perché non necessari al proprio fabbisogno. In realtà tutto questo non è vero, anzi. Come detto da Fusini appunto, lo spreco è un costo per tutti, per i consumatori ma anche per i produttori e i distributori. “Spesso si identifica nel consumatore il responsabile degli sprechi alimentari – ha proseguito Fusini – ma questo non è corretto. E’ vero che i consumatori hanno delle abitudini quotidiane non corrette che portano allo spreco, ma è anche vero che qualcuno può portarli su una strada migliore che induce ad un consumo oculato e in linea con le proprie necessità. Penso in questo senso alla ristorazione che può intraprendere in prima persona buone pratiche da trasmettere poi ai clienti”. Fusini spreco alimentare

Il direttore dell’Ascom ha poi spiegato quali di queste buone pratiche vengono promosse dall’Associazione oppure quali di esse arrivano direttamente dagli operatori: “Come Associazione stiamo informando in diversi modi i nostri associati sulle novità legislative e su alcune strade percorribili per risparmiare – ha osservato -. Negli ultimi tempi abbiamo offerto anche consulenza attraverso il nostro sportello Expo e abbiamo valorizzato le esperienze di alcuni commercianti che hanno avviato strategie per contenere gli sprechi”. Poi il commento sulla legge, con particolare attenzione al tema della donazioni: “Le donazioni di cibo sono ancora poche – ha riferito – perché sono organizzativamente complesse, fiscalmente non convenienti e non incentivate. A questo proposito però ritengo che la legge abbia inserito alcuni provvedimenti essenziali per far fronte a queste difficoltà soprattutto in materia di semplificazione fiscale”.

Roberto Capello, presidente Federazione italiana panificatori e dell’Aspan, ha portato sul tavolo l’esperienza diretta della propria categoria: “Il pane per noi italiani non è solo business, è anche cultura e per questo motivo è un prodotto che potrebbe essere simbolo di un cambiamento culturale in tema di sprechi – ha spiegato -. E i panificatori stanno prendendo provvedimenti: con Aspam Bergamo, ad esempio, abbiamo creato dei legami stretti tra i panificatori e il territorio grazie al portale “Ri-affermo” attraverso il quale, ogni sera, il panificatore di riferimento comunica quanto pane ha ancora a disposizione e le associazioni lo ritirano per ridistribuirlo ai bisognosi. Inoltre stiamo spiegando ai panificatori alcuni ‘trucchi’ per evitare di produrre in eccesso”.

 

 


La sociologa / Forno: “La crisi sta obbligando tutti a rivedere le abitudini per salvare il proprio bilancio e l’ambiente”

Nel corso del convegno “Ridurre lo spreco alimentare generando nuove opportunità”, sabato all’Università di Bergamo, è intervenuta anche Francesca Forno, docente di sociologia dei consumi all’ateneo bergamasco. “Cambiare cultura sullo spreco del cibo è ancora possibile – ha evidenziato -. La crisi economica, sociale ed ambientale, ha in un certo senso obbligato tutti a rivedere le proprie abitudini quotidiane per salvare il proprio bilancio e pure l’ambiente in cui viviamo”.

Dottoressa, siamo pronti culturalmente per invertire la rotta?
“La crisi offre anche delle opportunità e in questo caso possiamo ripensare i nostri modelli di consumo, anche grazie ad una crisi ambientale che in qualche modo ci obbliga a rivedere le nostre abitudini. Obbliga tutte le parti sociali ad andare in questa direzione, dai consumatori ai produttori ai ristoratori. C’è poi una maggiore consapevolezza del fatto che tutto ciò che acquistiamo diventa rifiuto, dal cibo fino agli imballaggi e questo sta portando ad un cambiamento sociale proprio perché le buone pratiche, come quella di limitare la spesa, si stanno diffondendo”.

Dunque non è troppo tardi?
“Dico di no e aggiungo che è vietato pensarla così perché altrimenti si alimenta un circolo vizioso molto dannoso. Dobbiamo continuare ad inseguire un miglioramento del nostro ambiente cogliendo l’aspetto positivo di una crisi, che rappresenta un punto di rottura utile per invertire il senso di marcia”.

Dobbiamo aspettare le nuove generazioni o il processo è già in atto?
“La consapevolezza che bisogna cambiare mentalità si sta diffondendo anche nelle generazioni tra i 40 e i 50 anni che sono cresciute nell’epoca del consumismo e che per questo erano quelle che dovevano impegnarsi di più per entrare nei nuovi meccanismi. Basta pensare che i gruppi di Cittadinanza Sostenibile sono composti proprio da quelle persone. Per quanto riguarda le altre fasce d’età il cambiamento non è così radicale: i padri dei quarantenni sono cresciuti già con la cultura del risparmio e i giovanissimi stanno assimilando quella cultura nelle scuole in maniera rapida e massiccia”.

Abbiamo comunque bisogno di qualcuno che ci guidi e che faciliti il percorso di cambiamento?
“Sì, sicuramente occorre una regia istituzionale che raccolga le buone pratiche dettate dalla cittadinanza e le metta a sistema con regole e incentivi. Io vedo che nella Bergamasca si sta attivando un processo positivo che parte appunto dalle famiglie e che sta arrivando anche ai vertici della vita amministrativa. Non basta questo però perché tutto il circolo virtuoso va sostenuto anche da tutto il resto del tessuto sociale (penso al sistema scolastico e a quello imprenditoriale) il quale deve crescere con l’obiettivo comune di creare un ambiente migliore. Una grande spinta verso questa direzione l’ha data Papa Francesco con l’enciclica “Laudato Si’” nella quale il Pontefice detta alcune linee guida per un futuro più equo e sostenibile. Spetta poi ad ognuno darsi da fare e creare i presupposti migliori e credo che la legge contro lo spreco in corso di approvazione ne è una bella testimonianza”.

A proposito, la legge Gadda?
“Ritengo che sia molto positiva perché risponde ad alcune esigenze dei cittadini, non è stata scritta da burocrati o in ‘politichese’ ed è forse questo l’aspetto più ammirevole. Che poi oggi si parli di linee guida per prevenire la produzione di rifiuti è un segno chiaro del fatto che l’Italia e Bergamo sono sul pezzo e sapere che tante associazioni si adoperano in questo senso è un ulteriore conferma di questo concetto”.

Tutto questo ha riacceso il rapporto tra cittadinanza e politica che si era molto raffreddato negli ultimi anni?
“I cittadini si stanno muovendo con le buone pratiche di risparmio e la politica risponde dimostrandosi sensibile al tema e pronta a recepire i bisogni e le tendenze della gente. È la dimostrazione del fatto che una buona cittadinanza dà luogo ad una buona politica e questo concetto si era un po’ smarrito tra la popolazione, ma è un ottimo il segnale il fatto che sia stato riscoperto”.

 

 


Anche Bergamo lancia l’appello al governo per rafforzare l’Università

università bergamo - via dei caniana - ingresso 2016 - ritPer riaffermare il ruolo Università come patrimonio comune, la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI) promuove iniziative in tutti gli Atenei italiani per riaffermare il ruolo strategico della ricerca e della formazione per il futuro dell’Italia. Anche l’Università degli Studi di Bergamo partecipa alla giornata “Per una nuova primavera delle Università” con un dibattito aperto al pubblico per discutere e raccogliere idee da proporre e consegnare al Governo per rilanciare l’università. Appuntamento lunedì 21 marzo, dalle 9.30 alle 12, nella Sala Galeotti del Campus Economico e Giuridico dell’Ateneo in via dei Caniana, dove oltre al Rettore Remo Morzenti Pellegrini interverrà Paolo Buonanno, Ororettore delegato alla Ricerca dell’Università e a seguire uno studente, un assegnista di ricerca e un rappresentante del personale tecnico amministrativo. La discussione si aprirà in seguito al territorio con una tavola rotonda con rappresentanti del mondo politico-istituzionale, economico e sociale. Parteciperanno, oltre a Buonanno, Giorgio Gori, sindaco di Bergamo; Giacomo Stucchi, senatore della Lega e presidente COPASIR,; Antonio Misiani, deputato del Pd; Alessandro Sorte, assessore Regionale alle Infrastrutture e Mobilità e Dario Violi, consigliere regionale Lombardia, M5S. Modera Alberto Ceresoli dell’Eco di Bergamo.

Nel pomeriggio, alle 14, l’Università di Bergamo parteciperà alla conferenza stampa nazionale che si terrà presso il Comune di Milano, alla presenza di Rettori e ProRettori delegati alla Ricerca degli Atenei del Paese. Dal 2008 il sistema universitario italiano è soggetto a tagli lineari e progressivi delle risorse. Invece che investire in ricerca e istruzione per uscire più velocemente dalla crisi, la spesa pubblica in ricerca è diminuita da 4 a 2,8 miliardi (-30%) e la spesa per l’università da 8,6 a 7,8 miliardi (-9%). I continui tagli e l’assenza di una strategia di investimento pubblico e privato nella ricerca e nell’alta formazione, rendono estremamente difficile mantenere il sistema competitivo e attrattivo. Le politiche di tagli, di blocco del turnover e di blocchi retributivi hanno impedito di rinnovare il corpo docente, disincentivando i migliori a restare e allontanando i giovani talenti e i ricercatori stranieri. L’indebolimento del diritto allo studio ha causato un continuo calo di iscritti e laureati, soprattutto nelle regioni meridionali. Gli immatricolati sono calati del 20%, in un paese ultimo in Europa per numero di laureati, e i docenti e ricercatori del 17%. Nonostante tutto, le nostre università riescono ad essere competitive e, uniche tra le amministrazioni pubbliche, sono finanziate sulla base dei costi standard e degli esiti delle valutazioni scientifiche.

“Sono anni che si parla di ricerca e università – evidenzia una nota dell’Ateneo cittadino – ma il dibattito non ha mai affrontato con decisione i veri problemi e le vere priorità. La ricerca e l’università sono un patrimonio di tutta la società. Rinunciando ad investire in ricerca e istruzione si rinuncia a investire nel futuro. L’Università di Bergamo negli anni ha mostrato che si può e si deve invertire questa tendenza, ma per poterlo fare serve la volontà di tutti: politica e società. UniBg ha arricchito la propria offerta formativa, aumentato il numero di studenti, creato relazioni e sinergie con le realtà locali e territoriali e con prestigiosi atenei internazionali, investito in diritto allo studio, investito in edilizia universitaria con importanti ricadute sul territorio. L’università non è e non vuole essere una torre d’avorio ma luogo di ricerca, conoscenza e confronto e un attore importante della società civile. Per questo occorre invertire la rotta e insieme costruire la “nuova primavera” della ricerca e dell’università italiana”.


Salvini & Meloni, quei giochini surreali e sterili per far fuori Berlusconi

La Prima Repubblica (salvo eccezioni) è stata spazzata via da mani Pulite. Umberto Bossi ha subìto l’onta delle ramazze. Massimo D’Alema, per quanto cerchi ancora d’agitarsi, è stato rottamato. E pure Antonio Di Pietro se n’è dovuto uscire di scena suo malgrado tra le pernacchie nonostante ad un certo punto fosse assurto al ruolo di salvatore della Patria. Inutile girarci intorno, per un uomo politico l’uscita di scena spontanea è più rara di una vittoria dell’Atalanta di questi tempi grami. Così serve sempre un elemento esterno per arrivare laddove forse, con un po’ di ragionevolezza e soprattutto senso della misura, si potrebbe giungere senza traumi.
Sta succedendo anche nel caso di Silvio Berlusconi, come si può vedere dallo spettacolo che rimbalza dalla Capitale. Tutte le beghe sul candidato più adatto a conquistare il Campidoglio sono mangime per i piccioni. Intanto perché così com’è ridotto, il centrodestra non ha la benché minima chance di arrivare sulle macerie lasciate da Ignazio Marino e dai suoi illustri predecessori (a partire da Terminator Alemanno). E in secondo luogo, perché a Matteo Salvini anzitutto, e a Giorgia Meloni di conserva, sta a cuore ben altra partita. Una sfida rivolta al futuro, a conquistare la leadership per cominciare a ricostruire il disastrato terreno dei moderati e conservatori.

Dopo vent’anni, la stella di Berlusconi è ampiamente tramontata. Non ne vuole prendere atto lui, per via dei fortissimi interessi economici che pure sono sempre stati la stella polare del suo agire politico e per la sua congenita incapacità a vestire panni che non siano quelli della primadonna assoluta e incontrastata. E non lo vogliono fare nemmeno i superstiti cortigiani che, non potendo vivere di propria virtù, cercano affannosamente di tener su il catafalco nella speranza di sopravvivere il più a lungo possibile.
Ma qui non è il caso di infierire. Il tacchino non si è mai accomodato in padella da solo e, quanto al resto, l’umanità è piena di servi mediocri che s’attaccano come cozze alle barche in disarmo…

Piuttosto, fa riflettere il modo in cui la coppia Salvini & Meloni combatte la sua battaglia. Non si capisce perché non vadano dritti al punto. Che significa, senza troppi giri di parole, invitare Berlusconi ad accomodarsi. In modo chiaro, trasparente, diretto. La leadership si misura sulla capacità di condurre una battaglia, certo scomoda e per certi versi pure ingenerosa (ma come diceva quel tale? La politica è lacrime, sangue e m…), a viso aperto. Assumendosi la responsabilità di una scelta netta. E, naturalmente, correndo il relativo rischio di fare pluff. Ma l’alternativa è questo surreale giochino del tutti contro tutti a base di veti incrociati, insinuazioni, indagini genealogiche sulla purezza della razza.
Il “muoia Sansone con tutti i filistei” è risultato alla portata di mano. Inoculare la sindrome della sconfitta, l’ennesima, in Berlusconi probabilmente aiuterà Salvini & Meloni a sentirsi più forti. Difficile, tuttavia, che senza una netta e radicale revisione del corredo programmatico-ideologico e la formazione di una autorevole e preparata classe dirigente (cosa che oggi non si intravede) possano anche solo lontanamente pensare di avvicinarsi ai consensi conquistati nell’arco di un ventennio dall’Unto del Signore.