Stella Michelin al ristorante “Casual” di Città Alta

L'executive chef del ristorante Casual Cristopher Carraro e il direttore Marco Locatelli
L’executive chef del ristorante Casual Cristopher Carraro e il direttore Marco Locatelli

Salgono di nuovo a nove i ristoranti stellati di Bergamo, scesi a otto lo scorso anno con l’uscita dalla Guida rossa del Vigneto di Grumello.

A Parma, alla presentazione dell’edizione 2017, è stata infatti annunciata l’assegnazione della stella al ristorante “Casual” di Città Alta, locale aperto nell’ex sede del Gourmet, che va quindi ad aggiungersi ai confermati Da Vittorio (3 stelle), Frosio di Almè, Antica Osteria dei Camelì di Ambivere, Il Saraceno di Cavernago, A’anteprima di Chiuduno, LoRo di Trescore Balneario, San Martino di Treviglio e Osteria della Brughiera di Villa d’Alme, tutti con una stella.

Casual, aperto nell’aprile scorso sotto la direzione di Enrico Bartolini, vanta in cucina il giovane e talentuoso Cristopher Carraro, classe ’88, che veste il ruolo di resident chef. Ad affiancarlo, Marco Locatelli, direttore di sala.

Bartolini ha incasso ben quattro stelle nell’edizione 2017, un caso unico nel panorama italiano. Dopo aver abbandonato il “Devero”, a Cavernago, lo chef toscano ha dato un’impronta ben riconoscibile all’ex Gourmet, firmando contestualmente l’apertura di altri due locali: all’interno del Mudec – Museo milanese delle culture (che ha conquistato le due stelle) – e a Castiglione della Pescaia (Grosseto), all’interno della Tenuta La Badiola, di proprietà della famiglia Moretti (Bellavista), una stella Michelin . Per il locale di Città Alta, in particolare, s’è tratto di un’autentica rivoluzione, a partire dal restyling fino alla proposta in linea col verbo gastronomico dello chef Bartolini.

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Nicoletta e la piadina, amore al primo morso

Impazza lo street food e la piadina ne è la rappresentante più conosciuta, senza dubbio quella più copiata, a volte anche male. Quando però è preparata con cura, lo si deve ammettere, è qualcosa di irresistibile. Il prodotto è tipico della Romagna, ma – a sorpresa – è la piadina lombarda ad avere maggiore successo. La più grande catena italiana di piadinerie è infatti bresciana, si chiama La Piadineria e conta 115 ristoranti dislocati dal Nord al Centro Italia e una prossima apertura a Nizza. Dal 1994, anno in cui è stata fondata, ha conosciuto un trend di crescita senza sosta. Nicoletta Mafessoni, 49 anni, bresciana, è franchisee di una piadineria a Bergamo in via Borgo Palazzo 100/G e di una a Iseo. Da cliente affezionata si è trasformata in una delle imprenditrici più convinte e propositive del gruppo. «Lavoravo come contabile, l’idea è nata per caso – racconta -. Andavo spesso a pranzo alla piadineria di Brescia con un’amica. A differenza di altre catene i prodotti erano di qualità e trovavo una grande attenzione verso i clienti. Un giorno ho saputo che cercavano imprenditori per nuovi locali. Ne ho parlato con la mia amica, che allora lavorava come meccanico nell’officina di riparazione di macchine agricole del padre e ci siamo lanciate». la-piadineria-piadina

Era il 2003. Nicoletta, giovane mamma di due bambini, aprì i due locali pressoché in contemporanea. Il tempo le ha dato ragione: oggi, dopo due brevi parentesi di gestioni diverse, guida le due piadinerie da sola, affiancata da sei collaboratori, ed è soddisfatta: «Non tornerei più a lavorare in ufficio, ma la mia esperienza in contabilità mi è stata utile: l’errore lo vedo prima che avvenga. La soddisfazione più grande – confessa – è quando i bambini vengono di loro spontanea volontà a dirmi “la tua piadina è buonissima!”». A Bergamo lo staff è composto da quattro ragazze, Nicoletta si divide tra le due sedi. «Rispecchiano il mio modo di essere – dice delle collaboratrici – e ho piena fiducia, gestiscono la piadineria come fosse loro». Il locale in orario di pranzo è molto frequentato, la clientela è fatta di studenti, impiegati e famiglie. Attraverso un barcode possono esprimere il proprio giudizio. La pasta viene fatta al momento e si può avere anche con farina integrale o di kamut. Le varianti sono un centinaio ma con le diverse combinazioni possibili diventano molte di più e ogni giorno ci sono proposte speciali con gli ingredienti di stagione. Una delle piadine più richieste è al crudo, squacquerone e rucola. Nei progetti c’è l’apertura di un terzo locale. «Mi piacerebbe, vediamo – riflette -. Quando ho deciso di affiliarmi avrei preferito aprire in un centro commerciale ma in quegli anni non rientrava nelle strategie del gruppo. Da qualche anno invece sì e chissà…». Alla domanda su quanto sia difficile per una mamma fare l’imprenditrice risponde: «Gestire due locali e la famiglia è impegnativo ma non ne farei una questione di genere. Sono riuscita a creare un buon rapporto con il co-fondatore del gruppo Antonio Milani e con i miei collaboratori».

 

 

 

 

 

 


Il ritorno di Ezio Gritti. Dal 26 novembre apre il ristorante sul Sentierone

1-foto_quarantaEzio Gritti torna con un proprio ristorante nel cuore di Bergamo. Il 26 novembre prossimo apre infatti, in pieno centro, il ristorante Ezio Gritti. Torna a Bergamo – nella sua Bergamo – e lo fa rientrando dalla porta principale e mettendoci la firma. Lo fa con un ristorante che porta il suo nome e non lascia adito a dubbi su quanto questo luogo rappresenterà sé stesso e il suo amore per la cucina. Un ristorante che racconterà della storica esperienza di Gritti a l’Osteria di Via Solata  – ristorante stellato di Città Alta; racconterà della fortunata parentesi internazionale in quel di Bali; racconterà della sua Bergamo e del suo amato Territorio. E lo farà nel modo più diretto possibile: attraverso i suoi piatti. Piatti che rappresenteranno anche l’Ezio Gritti di adesso poiché – come in ogni forma d’arte e di cultura – tradizione e innovazione possono dare il meglio, solo se fortemente connesse.

Il ristorante, sul Sentierone, nell’ex sede del Ciao, si presenta come novità assoluta nella ristorazione attuale cittadina. Un ritorno che gli appassionati gourmet attendevano da tanto – da quando quel 30 dicembre 2013, Ezio lasciò la gestione e i fuochi de l’Osteria di Via Solata, per spostarsi al Solata Restaurant di Bali in Indonesia. Un trasferimento che, nel nome stesso del nuovo ristorante, rimarcava il ricordo ed evidentemente la nostalgia dello Chef per quel luogo e per la sua Bergamo. Un ricordo che lo riporta alla sua terra e alla sua città: «Era da un po’ che ero stato colto da questa nostalgia fanciullesca. Mi mancava Bergamo, mi mancavano i suoi profumi, i suoi sapori… le sue montagne.  E sapevo perfettamente che sarei tornato! Lo sapevo sin dal momento in cui sono partito per Bali. Quando ho scelto di rientrare, non volevo semplicemente tornare in Italia. Volevo riportare il mio nome a Bergamo – la mia città».
Una scelta ragionata quella di Gritti che ha un progetto ben chiaro in testa: «La mia sarà una proposta differente per la città di Bergamo. Una proposta gourmet e di assoluta eccellenza – che mai tradisca la mia filosofia – ma che al contempo si apra alla gente, con un’idea più fruibile e informale, libera dagli eccessi e concentrata su qualità e perfezione – così da inserirsi perfettamente nella situazione storica ed economica che rappresenta il nostro presente».

Molti piatti di Ezio saranno ispirati dal territorio, senza comunque dimenticare la storia e l’esperienza che lo hanno forgiato. L’elemento comune sarà sempre e comunque la semplicità, con l’obiettivo di presentare pietanze che parlino con chiarezza e raccontino una storia vera. Fine sommelier ed esperto di vini, Ezio Gritti promette anche una Cantina che non farà rimpiangere la storica proposta de l’Osteria di Via Solata: etichette italiane, d’Oltralpe e ovviamente anche qui, tanto, tanto Territorio. Lo Staff, giovane e bergamasco DOC, vedrà otto persone muoversi tra i fuochi e cinque in Sala.

RISTORANTE EZIO GRITTI
Piazza Vittorio Veneto, 15
24122  – Bergamo
T. +39.035246647
info@ristoranteeziogritti.com
www.ristoranteeziogritti.com

 

 


Per il Gambero Rosso “Al Carroponte” è il miglior bistrot d’Italia

Al Carroponte di Bergamo, l’eno-bistrot di via De Amicis, a Bergamo, realtà giovane ma ormai consolidata nel panorama della ristorazione orobica, è stato insignito del premio speciale come “Migliore Bistrot dell’Anno” sull’intero territorio nazionale. Il riconoscimento è arrivato dal Gambero Rosso, nell’ambito della presentazione della guida Ristoranti d’Italia 2017 avvenuta a Roma nei giorni scorsi. La professionalità e la determinazione del patron, Oscar Mazzoleni, come pure del suo staff, hanno portato a questo significativo riconoscimento a solo due anni dall’apertura, dimostrando come le proposte di spessore siano in grado di sfidare le leggi di un mercato sempre più difficile come quello della ristorazione. Mazzoleni, patron e anima del locale, ha sottolineato che la filosofia moderna del bistrò consiste nel “fondere tradizione e innovazione in modo armonico”. Una caratteristica, questa, che emerge in modo evidente varcando la soglia del locale: il carroponte da cui prende il nome e che sovrasta il bancone del wine bar è simbolo della continuità col passato, ma coabita in modo armonioso con la modernità degli spazi circostanti, in cui il legno si fonde col ferro e con l’alluminio. Per Mazzoleni la proposta del bistrò si traduce in “uno spazio dove poter gustare piatti e vini importanti in un’atmosfera confortevole, all’interno di un ambiente ricercato ma informale”, dove i dettagli sono curati nei minimi particolari ma appaiono all’ospite estremamente naturali. L’attribuzione del premio come Bistrot dell’Anno secondo la Guida Ristoranti d’Italia di Gambero Rosso è per Mazzoleni “un risultato grandissimo, a cui non avremmo mai osato pensare e che ci riempie di orgoglio e di entusiasmo per il futuro”. al-carroponte

Pochi giorni prima, Al Carroponte aveva ricevuto anche il premio Vite Colte de L’Espresso, attribuito alle migliori eno-tavole dell’anno presenti nella Guida I Ristoranti d’Italia 2017. “Essere una delle migliori eno-tavole dell’anno – sottolinea Mazzoleni – significa offrire non solo una cucina di qualità, attenta alle materie prime e ai dettagli senza eccessivi formalismi, ma anche poter scegliere la bottiglia o il calice da abbinare al piatto all’interno di una carta dei vini ricca di proposte importanti, che oggi si avvicinano al migliaio”.

 


Pizzerie, a Bergamo un angolo di Napoli grazie a “Donna Regina”

Sapori, suoni, cultura ma sopratutto la verace pizza napoletana: stiamo parlando di Donna Regina, la pizzeria di Bergamo, inaugurata ieri sera in via Campagnola. Un autentico angolo partenopeo in città, una fusione di cultura storica e culinaria che rende Donna Regina il punto di riferimento bergamasco per l’autentica pizza napoletana STG (Specialità Tradizionale Garantita), l’unica pizzeria riconosciuta per l’intera Lombardia dall’ Associazione Pizzaiuoli Napoletani.

Abbiamo incontrato Olga Maggioni e Giuseppe Buonaguro, rispettivamente amministratrice e direttore del locale per scoprire i segreti del locale. “Se non è napoletana, che pizza è? – taglia corto Giuseppe Buonaguro -. La pizza non è solo acqua e farina. Quella verace napoletana è un tripudio di sapori, grazie alla scelta accurata delle materie prime, al lievito madre e alla lunga lievitazione, almeno ventiquattro. Queste sono le basi principali della nostra pizza. Quanto alle materie prime, le scegliamo e acquistiamo direttamente in Campania da piccoli produttori di filiera: i latticini provengono da tre luoghi diversi: la mozzarella di bufala da Aversa, il fior di latte – che per la prima volta abbiamo portato qui a Bergamo – da Agerola, patria del fior di latte, e la provola affumicata fresca di bufala da Battipaglia. I pomodorini del piennolo arrivano dalle falde del Vesuvio, gli oli dalla valle del Cilento”. “La qualità ha un prezzo – sottolinea Olga Maggioni -, tuttavia, nonostante i quotidiani arrivi delle materie prime dal Sud Italia, siamo riusciti a restare in linea con i prezzi delle principali pizzerie di qualità della città, pur offrendo un prodotto totalmente differente che segue la tradizione napoletana”.

Donna Regina si fregia di avere all’interno della pizzeria due pizzaioli, Salvatore Grieco e il Maestro pizzaiolo Antonio Romeo (che fa parte di Associazione Pizzaiuoli Napoletani). I due non esitano a svelare il segreto di una buona pizza. “La scelta di una farina consistente ed italiana – evidenziano -, una lunga lievitazione e il giusto tasso di idratazione rappresentano le basi fondamentali per un buon impasto. La manualità che si acquisisce nel corso degli anni va poi a rafforzare la riuscita del prodotto finale”. “Sappiamo di essere una pizzeria 2.0 – prosegue Olga Maggioni -, disponiamo di un sito web costantemente aggiornato e seguito da numerose pagine social, siamo in testa ai ranking dei principali motori di ricerca come Google e disponiamo di un app dedicata scaricabile dagli stores su smartphone e tablet. I nostri clienti potranno prenotare il loro tavolo, ordinare la pizza con consegna a domicilio e pagare direttamente all’atto dell’acquisto oppure al fattorino anche con carte di credito e bancomat. Insomma Donna Regina ha dato sicuramente una svolta al mondo delle pizzerie della città di Bergamo”. Non solo pizza a Donna Regina: chi vuole, può degustare il panuozzo – nato a Gragnano, città famosa nel mondo per la pasta – o il cuoppo, contenitore di carta-paglia che contiene fritti di ortaggi e pesce e prossimamente aprirà anche la sezione dedicata alla cucina tradizionale napoletana. I presupposti ci sono tutti per affermarsi sul territorio sempre in maniera più decisa”.

 

Donna Regina
via Campagnola 5
Bergamo
035-0960452
www.pizzeriadonnaregina.com


Ponte di Briolo, che storia!

 

ponte-di-briolo-sala-2Se l’attività di un ristorante dura da 140 anni ci sarà un perché. La risposta è che si tratta di un posto in cui si mangia bene e che ha saputo stare al passo con i tempi. Considerazione semplicistica, banale, si dirà, ma la storia è tutta lì a confermarlo.

Siamo a Valbrembo al Ponte di Briolo, in via Briolo al numero 2. Qui l’attività è iniziata nel 1876 con la formula della classica trattoria di paese. Dal 1919 è iniziata la gestione della famiglia Assolari (il ristorante è riconosciuto come locale storico dalla Regione Lombardia) e dopo generazioni di nonne e mamme che si sono date fare in cucina la conduzione è passata nel 1972 ad Augusto Assolari, 66 anni, che aveva iniziato con il fratello Renato, purtroppo prematuramente scomparso nel 1988.

«A modo nostro abbiamo avviato una nuova cucina casalinga – racconta Assolari –, convinti che non ci voglia un eccesso di creatività quanto piuttosto leggerezza, qualità e stagionalità. Della cucina della nostra tradizione abbiamo mantenuto solo i casoncelli alla bergamasca. Ora il 60 per cento dei nostri piatti è a base di pesce e in stagione proponiamo funghi e tartufi».

Gli spazi sono arredati con cura e sobrietà, la capienza è variabile tra i 45 e i 70 posti. Nella bella stagione è disponibile il dehors per una quarantina di coperti. Il Ristorante al Ponte di Briolo svolge anche un’intensa attività di catering in location prestigiose. La cucina è in mani affidabili come quelle di Paolo Riva e Fabrizio Locatelli che lavorano nel locale rispettivamente da 20 e 10 anni.

«Come è cambiato il nostro lavoro in tutto questo tempo? Basti pensare – riflette Assolari – che non molti anni fa, volendo fare una specie di statistica, nel raggio di cinque chilometri da Bergamo si potevano contare una ventina di ristoranti che svolgevano un lavoro come il nostro. All’interno dello stesso perimetro, adesso, ce ne sono centinaia. E non è un dato da poco se si considera che Bergamo è ritenuta una delle città dove si mangia meglio. Lo diceva anche il compianto Veronelli. Ci vogliono quindi passione, grande competenza e cultura del cibo, qualità. Poi, pian piano, senza strafare, senza creare grandi clamori si possono ottenere anche delle soddisfazioni».

Il Ponte di Briolo è tra gli aderenti al circuito di locali bergamaschi “trentacinqueuro.it”, che offre un menù guidato al costo promozionale di 35 euro tutto compreso, un’ottima occasione per saggiare la cucina, con la possibilità di scegliere tra quattro proposte per ogni portata e quindi tra quattro antipasti, quattro primi, quattro secondi e quattro dessert, rigorosamente fatti in casa.

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D’obbligo citare i patti che vanno per la maggiore. Le cruditè di mare e le mazzancolle in purea di melanzane oppure i fiori di zucchine con fonduta di formaggi tra gli antipasti. Paccheri con scampi, pennette con gallinella di mare e spaghetti di Gragnano con guanciale di cinta senese tra i primi e poi baccalà con cipolle, sanpietro all’aneto e vitello da latte alle erbette. Anche nei dessert prevalgono i gusti puliti e freschi, nel gelato alla cannella su mirtilli e nel sorbetto alla mela verde con calvados, per esempio.

Augusto Assolari è un sommelier professionista storico a Bergamo ed accanto all’evoluzione del panorama della ristorazione annota i cambiamenti nell’approccio ai vini. «Penso sia evidente per tutti che i tempi sono mutati – rileva -, bottiglie di un certo costo sono destinate ad ammuffire, logico quindi che la carta dei vini sia stata un po’ snellita. Offriamo comunque una buona scelta per i prodotti bergamaschi, i vini di Franciacorta, diverse proposte nazionali e gli champagne. Per questi ultimi organizziamo anche delle serate a tema come facciamo anche per il pesce crudo e per il tartufo».

LA PROVA

Una pausa pranzo a prezzi super competitivi

Pausa pranzo insolita, se vogliamo, in un locale di nome e prestigio come il Ponte di Briolo che rappresenta un pezzo di storia della ristorazione bergamasca. La sorpresa sta nel fatto che il prezzo, per il menù di mezzogiorno, è di dieci euro e quindi non solo in linea con la media ma anche inferiore di uno o due euro, rispetto a servizi analoghi in ristoranti meno rinomati. Se si vuole il vino in bottiglia di buona qualità il prezzo sale a 13 euro ma comunque nei dieci euro sono compresi primo, secondo, acqua e caffè.

In cucina ci sono due cuochi esperti e sulla qualità ci si può scommettere. Le proposte seguono molto la stagionalità. In occasione della nostra visita la scelta nei primi era tra casoncelli alla bergamasca, spaghetti aglio olio e peperoncino, penne all’arrabbiata e all’Amatriciana, risotto alla parmigiana o ai funghi. Tra i secondi piatti c’erano invece il carpaccio, le scaloppine, gli straccetti, le puntarelle e una Cesar salad con tacchino.

Abbiamo scelto i casoncelli alla bergamasca fatti in casa ed il carpaccio. Non ci siamo fatti mancare un buon bianco in bottiglia e quindi abbiamo speso 13 euro per un ottimo rapporto qualità-prezzo. Veramente da provare.

ponte-di-briolo-sala-1Ristorante Ponte di Briolo

via Briolo, 2
Valbrembo
tel. 035 611197
chiuso il mercoledì e la domenica sera
www.ristorantepontedibriolo.it


Osterie d’Italia, i locali bergamaschi sulla nuova guida

Le “vere” osterie in Bergamasca? Sono cinque e tutte conferme. È il responso della guida Osterie d’Italia 2017, la pubblicazione regina di Slow Food, giunta all’edizione numero 27. Ad aggiudicarsi la “Chiocciola”, il riconoscimento più significativo, assegnato ai locali con un’atmosfera che rispecchia appieno lo stile e la filosofia del movimento, sono ancora Burligo di Palazzago e Dentella di Bracca. Burligo ottiene anche una “Bottiglia” per le proposte eccellenti della cantina e viene segnalato per la presenza dell’orto, mentre Dentella riceve oltre alla Chiocciola il “Formaggio” che indica le osterie che propongono una selezione di prodotti caseari.

In città l’unico esponente è Al Gigianca, di via Broseta 111, premiato con la Bottiglia e segnalato per l’orto. La cinquina si completa con la Taverna di Arlecchino di San Giovanni Bianco, frazione Oneta, e Ai Burattini di Adrara San Martino,

«Abbiamo deciso di puntare sulla riscoperta dei locali autentici e, soprattutto, sull’accoglienza e l’ospitalità, il vero segno di riconoscimento che contraddistingue gli indirizzi presenti in Osterie d’Italia – hanno spiegato i curatori Marco Bolasco ed Eugenio Signoroni in occasione della presentazione alla Reggia di Venaria -. Con questa nuova edizione desideriamo rimanere il più fedeli possibile al concetto di osteria, per questo abbiamo scelto di ridurre notevolmente le pagine della guida e raccontare, invece, tutti quei locali che racchiudono in sé l’idea tradizionale: luoghi informali, semplici, accoglienti e la cui cucina si rifà alla tradizione».

Sono 153 le novità recensite, di cui la maggior parte con un menù che non supera i 35 euro: «Abbiamo scelto di non inserire i ristoranti che per costi, spirito e proposte in carta non rappresentano il concetto tradizionale di osteria, togliendo la storica sezione Oltre alle osterie – hanno evidenziato Bolasco e Signoroni -. Abbiamo comunque mantenuto alcuni locali storici che propongono menù completi sopra i 35 euro, ma che continuano a essere vere e proprie osterie d’altri tempi». La guida è stata alleggerita anche dagli Inserti regionali: sono rimasti solo quelli che raccontano la cultura del cibo e le modalità di preparazione legate al territorio e alla tradizione, come i cibi di strada siciliani, gli arrosticini abruzzesi, il morzello di Catanzaro, i trippai di Firenze e le malghe del Trentino Alto Adige.

L’attenzione al prezzo è rappresentata anche dal nuovo simbolo del bollino con un euro e una freccia, che semplifica la consultazione, e la ricerca è agevolata dai tre indici organizzati per prezzo, luogo geografico e ordine alfabetico dei locali. Rinnovate anche le schede di presentazione delle osterie: divise in due sezioni, raccontano da una parte la storia del locale e dall’altra quella dei suoi piatti. Osterie d’Italia diventa così una guida interattiva con elementi digitali, come i simboli, gli indici e le schede, che facilitano gli avventori nella lettura. Segnalate anche le osterie con un’accessibilità agevolata per i disabili, i locali gluten free e quelli con l’orto. In evidenza anche gli chef che aderiscono al progetto dell’Alleanza Slow Food dei cuochi.

«Il futuro è l’alleanza tra ristoratori, mondo contadino e cittadini – ha affermato il fondatore di Slow Food Carlo Petrini -. E sono proprio le relazioni che Osterie d’Italia riesce a creare che distinguono “la gialla” dal resto delle pubblicazioni presenti. relazioni tra gli osti, relazioni tra i produttori e i cuochi, e soprattutto, relazioni tra clienti e ristoratori».

I numeri della guida

1.570 Locali segnalati
263 Chiocciole
199 Locali del Buon Formaggio
375 Locali celebri per i vini
479 Locali con orto di proprietà
428 Locali con menù vegetariano
277 Locali con alloggio
153 Nuove segnalazioni rispetto all’edizione 2016
340 Collaboratori

L’appuntamento con l’applicazione per i sistemi Android e iOs è per la fine di ottobre.


Nuove aperture a Bergamo. «Dopo principesse e cucine stellate, ecco la mia Osteria»

Nato sulle ceneri del ristorante Al Pitentino, che a sua volta aveva rimpiazzato lo storico indirizzo cinese del Bambù, lo scorso mese ha inaugurato, a due passi dal Palasport cittadino, un nuovo locale da tenere sott’occhio. Si chiama N.O.I, con un acronimo che, secondo il volere dei due proprietari, cela la filosofia di una Nuova Osteria Italiana, ma, in qualche modo, anche la volontà da parte della coppia di voler presentare una cucina personale e libera da schemi, dettata dal mood del momento e dal piacere di stare a tavola senza eccessive complicazioni intellettuali da dover soddisfare.

Eppure, a incuriosire sono proprio le vicende professionali messe in fila nel recente passato dal cuoco ventinovenne Tommaso Spagnolo, che in quest’avventura ha coinvolto il quasi coetaneo Guido Gherardi (30 anni, anche lui bergamasco), esperto di ospitalità e gestore, in passato, di un bed&breakfast a Bergamo. La passione per la cucina, da parte di Spagnolo, ha radici lontane nel tempo, ma non è legata alla storia di una famiglia di ristoratori. «Tutto è nato perché poco più di una decina di anni fa mi divertivo a cucinare per gli amici – ricorda oggi sorridendo – e proprio da quelle serate è nata l’idea di farla diventare una vera e propria professione. La prima esperienza significativa è stata da Frosio, ad Almé, ma poi sono passato anche da Il Saraceno a Cavernago e alla Cantalupa, dai Cerea, mentre iniziavo a frequentare i corsi della Scuola gastronomica a Colorno. In seguito, dopo aver conosciuto un po’ della cucina d’eccellenza che si poteva avvicinare in provincia di Bergamo, ho pensato che valeva la pena di fare esperienze in giro per l’Italia e all’estero. Prima sono stato dalla grande Valeria Piccini, a Montemerano, alla corte di una donna sanguigna dalla quale ho imparato soprattutto il valore della tradizione e della terra. E dalla quale mi diverto a tornare quasi ogni anno per assaggiare i suoi piatti e riprovare quelle sensazioni. Poi, si è presentata l’occasione di svolgere la mansione di cuoco privato per Marie Chantal Miller, la principessa della corona di Grecia e la moglie di Paolo di Grecia. E questa è stata un’esperienza decisamente unica, con base nel quartiere di Chelsea a Londra, ma sempre in giro per il mondo, con molti viaggi a spezzare la monotonia, tra Bahamas e Gstaad, tra Vip, politici attori e teste coronate. Come quella volta che ho preparato i gamberi in tempura per Uma Thurman».

Tra sfizi concessi solo agli ultraricchi e una vita da girovago però il cuoco bergamasco ben presto si rende conto che gli manca la tensione di una cucina vera: «Fare il cuoco di famiglia può essere molto divertente, perché a quei livelli non ti manca nulla. E tutto ti viene concesso tra mille stravaganze e nessun limite di spesa. Però va detto che manca l’atmosfera, manca la sensazione di far parte di una vera brigata. Così ho deciso dopo un anno di cambiare, pur fermandomi sempre a Londra, ma al Dinner, da Heston Blumenthal, per assaporare l’energia pulsante di una grande cucina stellata e di uno dei migliori ristoranti della lista dei 50 Best Restaurants of the World. Anche qui sono rimasto per dodici mesi prima di andare a New York da Daniel Humm al celebre Eleven Park Madison, come chef di partita alle carni e al pesce. Quest’ultima rimane la più recente tappa lavorativa, anche perché sapevo che nel mio destino prima o poi ci sarebbe stato il ritorno a Bergamo, ma è stata anche una delle più significative. Mi viene in mente, tanto per dire, dell’incontro con Ferran Adrià, il mito della cucina dei giorni nostri».

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A Bergamo, invece, Tommaso Spagnolo si presenta con uno stile che solo a tratti mostra delle sue scorribande negli stellati. In realtà c’è una forte attenzione nella scelta della materia prima (in parte anche locale) più che in quella delle tecniche di cottura o nell’estetica del piatto capaci di sbalordire. «Ora che finalmente ho il mio ristorante – rivela con schiettezza il cuoco – vedo il lavoro come puro divertimento, non certo come strumento per arrivare a dei riconoscimenti da parte di guide e di addetti ai lavori. La mia idea è quella di una cucina molto semplice, quasi convenzionale, con una spesa accessibile per il cliente e che rimane vicina più o meno ai 50 euro. In fin dei conti, vorrei mettere al servizio di un’osteria contemporanea i frutti delle esperienze maturate, ma senza eccessi e sensazionalismi. Certo, in futuro voglio fare anche un po’ di ricerca nel piatto, ma non va dimenticato che il ristorante N.O.I è ancora giovane, ha appena aperto e vuole sempre dare certezze alla sua clientela, senza voler essere arrogante o pretenzioso. Non si può certo paragonare alle cucine che ho visitato in passato. A Londra, per dire, c’è sempre una competizione incredibile, anche interna al ristorante, tra chi lavora, per emergere e farsi valere. Perché parliamo di brigate con trenta persone che lavorano a stretto contatto ogni giorno. Qui invece, per i quaranta coperti che offriamo mi accontento di poco, almeno per ora. Mi basta un aiuto cuoco in cucina e un lavapiatti. In qualche modo l’Osteria moderna è anche un’idea presa in prestito da altri cuochi italiani, come Scabin e Oldani. O perfino stranieri, come nel caso di Inaki Aizpitarte con il suo bistrò parigino».

Il menù al Noi cambia molto spesso, quasi giornalmente per alcuni piatti, ed è una scelta dettata da esigenze di food cost e da quello di buono che offre il mercato del fresco. In questi giorni capita di trovare le Mezze maniche di grano duro al ragù di cortile con funghi porcini, la Guancetta di maiale iberico con senape, salsa verde e gnocchetti, oppure la Vellutata di zucchine e mentuccia con ricotta profumata al limone o le Lumache, tra Bergamo e la Borgogna. Piatti che, oltretutto, qui si possono abbinare anche ai cocktail, come ormai accade spesso nei ristoranti alla moda.

ristorante-noi-bergamo-2Ristorante N.O.I

via Pitentino, 6
Bergamo
Tel. 035.237750
www.NOI-restaurant.it


Gran festa Al Carroponte per il secondo compleanno

Giovedì 15 settembre, il ristorante Al Carroponte di Bergamo spegne la seconda candelina e celebra il traguardo con una festa aperta a tutti i cultori del gusto. Sono infatti trascorsi già due anni dall’apertura dell’attività di Oscar Mazzoleni e Silvia Mazzoni, che con Al Carroponte di via De Amicis propongono un locale versatile, allo stesso tempo enoteca informale, wine bar, eno bistrò e ristorante. L’evento sarà anche l’occasione per presentare gli spazi rinnovati a inizio estate. Completamente rivisto il dehors, con un pergolato esterno, ombreggiato da viti e gelsomini, appoggiato su un accogliente deck in legno e ferro. Sulla sala interna, curata in ogni particolare, si affaccia la cucina, ora ampliata e rivista. I festeggiamenti si apriranno alle 19, con la degustazione di vini di grandi produttori, presenti alla serata e disponibili a raccontare le importanti realtà che rappresentano. Non mancherà la birra di qualità, a cura dello storico birrificio Angelo Poretti. Per deliziare il palato degli ospiti, Al Carroponte offrirà i rinomati patanegra importati da La Fenice di Grassobbio e una selezione degli ormai celebri finger food, divenuti simbolo dell’anima bistrò di Al Carroponte. Alle 21.30 la seconda candelina, accompagnata dal taglio della torta, realizzata in collaborazione con la pasticceria Manzanilla di Bergamo. Seguirà il brindisi finale, che chiuderà la serata e i festeggiamenti di questo compleanno speciale, aperto a tutti gli appassionati di enogastronomia.


Cucina e ospitalità, una famiglia che non perde la “Bussola”

«Vista in televisione la professione di chef sembra quella di un artista. In realtà è un mestiere che costa fatica, non ci sono né sabati né domeniche e non bisogna guardare l’orologio. Fare degli show è una cosa, lavorare in cucina è un’altra. Per questo i bravi cuochi sono sempre ricercati».

Ad esprimersi in questi termini è Roberto Benussi, 71 anni, che con la moglie Silvana Balduzzi ed i figli Cristian, 44, e Pamela, 31, conduce l’Hotel Ristorante La Bussola in via Brescia 14, a Clusone. Patron Benussi ha tutti i titoli per pronunciarsi così, visto che per 33 anni è stato insegnante di cucina alla scuola Alberghiera di Clusone e da sei anni è presidente della sezione di Bergamo della Federazione Italiana Cuochi, che lo scorso dicembre lo ha insignito del titolo di “Cuoco lombardo dell’anno”. Oltre all’insegnamento scolastico, ha tenuto corsi per chef e, tra le altre “perle” collezionate nel corso di una carriera, che dura da 57 anni, è stato per un anno cuoco personale del campione di motociclismo Valentino Rossi per le trasferte Oltreoceano.

la bussolaNativo di Orsera, in Istria, Benussi ha vissuto l’odissea dei profughi giuliano-dalmati fino a iniziare da Grado la sua esperienza lavorativa nel settore che l’ha portato in diverse zone del Paese e sulla navi della Costa Crociere. L’ultima svolta nel 2004, quando con la famiglia ha preso le redini della Bussola subentrando nella gestione del locale che da due generazioni apparteneva alla famiglia della moglie Silvana. Oggi ci sono quindi tre generazioni a garantire la continuità. Nel 2004 albergo e ristorante sono stati ristrutturati.

«La mia esperienza professionale mi porta a proporre una cucina di carattere internazionale – spiega Roberto Benussi -, ma dall’incontro con mia suocera è nato un mix e le nostre specialità sono diventate anche i casoncelli, gli scarpinocc ed i capù che facciamo in casa. Vista la mia origine, in pratica ho iniziato a Grado l’attività, e visto anche che mio figlio Cristian che collabora in cucina ha gestito in questa località un ristorante per dieci anni, possiamo poi affermare di poter proporre tutte le specialità di pesce».

Il gruppo famigliare si muove con ingranaggi ben oliati all’interno di una macchina abbastanza complessa, date le specializzazioni della Bussola. C’è la mamma Silvana che nel corso della settimana si occupa di due mense aziendali importanti e al sabato segue i banchetti. La figlia Pamela, laureata in Scienze della comunicazione, si occupa delle prenotazioni dell’albergo, delle cerimonie e della direzione della sala e Cristian, come detto, è in cucina con il papà.

«Ristorazione, catering e banchettistica sono le direzioni nelle quali ci muoviamo – racconta il titolare -. Al ristorante abbiamo l’intenso lavoro del menù di mezzogiorno, mentre la sera abbiamo un menù guidato da 20 o 25 euro. Un nostro punto d’orgoglio sono però le cerimonie, i matrimoni in particolare, con prenotazioni che vanno di anno in anno. Purtroppo nelle nostre zone ci si sposa quasi esclusivamente di sabato e quindi è difficile rispondere a tutte le richieste. Oltre che in cucina, ci stiamo dando da fare per abbellire, per quanto già gradevole, soprattutto l’esterno, perché oggi viene data molta importanza anche alla cornice».

la bussola sala ricevimenti la bussola Giardino

Vista la presenza dell’albergo, il locale non ha giorno di chiusura. Per la sera, il menù degustazione costa 25 euro se si scelgono tre portate, 20 euro se se ne scelgono due. Contorni, dolce della casa, acqua e vino sono compresi, è escluso solo il caffè. Abbiamo dato una sbirciata a questa mini-carta trovandola stuzzicante e ben equilibrata tra i sapori di terra e quelli di mare. Ci sono tra gli antipasti: bresaola con formaggio, lonzino in carpaccio, prosciutto di Parma con melone, carpaccio di spada e insalata di mare. I primi sono tagliatelle ai funghi alla ciociara, casoncelli alla bergamasca, scarpinocc di Parre, fusilloni al ragù di salsiccia e finocchietto, garganelli al fumè di salmone e spaghetti ai frutti i mare. La lista dei secondi piatti comprende invece tagliata di manzo alla Robespierre, costolette d’agnello scottadito, roast beef in carpaccio, vitello tonnato, nodino di vitello ai ferri, tagliata di tonno glassata, involtino di branzino con julienne di zucchine. Diversi i contorni e l’esperienza di chi sta in cucina è una garanzia.

LA PROVA

Un indirizzo sicuro anche per i “villeggianti”

Per il menù a prezzo fisso della pausa pranzo la clientela è diversa da quella che siamo soliti incontrare nel corso dei nostri “assaggi” nei locali della Bergamasca. L’Hotel Ristorante La Bussola è un esercizio di lunga tradizione, che soprattutto nella stagione estiva offre i propri servizi anche a numerosi turisti. Le camere non sono molte, dieci in tutto, ma i “villeggianti” come venivano chiamati una volta, arrivano anche dalle seconde case o da appartamenti presi in affitto. Si tratta, nella maggior parte, di clientela di una certa età che con un buon pranzo a mezzogiorno e magari un brodino alla sera ha risolto in modo pratico il problema dell’alimentazione.

Ecco quindi che a pranzo si compone un mix tra turisti e lavoratori con i ritmi del servizio che cambiano a seconda delle diverse esigenze. Sempre più o meno di fretta chi deve ritornare in ufficio o in cantiere, con molta più calma gli altri clienti per i quali la tavola diventa anche occasione per socializzare.

In termini di prezzi la proposte sono tre: 8 euro per il primo piatto con contorno, 9 euro per il secondo con contorno e 10 euro per il menù completo. Acqua e vino sono compresi. Bene assortita la lista dei piatti. Penne alla puttanesca, pasta fresca alla bolognese, zuppa di cozze, insalata di orzo fredda, casoncelli alla bergamasca e pasta al pomodoro per quanto riguarda i primi. Arrosto di vitello al forno con polenta, salamella ai ferri, polenta e zola, filetto di maialino ai ferri, sogliola gratinata con polenta, roast beef all’inglese, formaggi misti e, per completare l’elenco dei secondi piatti, l’insalatona con tonno e mozzarella. Patate fritte, piselli al prosciutto e insalata mista sono i contorni.

Scegliamo delle ottime tagliatelle fatte in casa alla bolognese e il roast beef all’inglese. Tenuto conto anche della bontà del servizio il rapporto qualità/prezzo risulta eccellente.

Albergo Ristorante La Bussola

via Brescia 14
Clusone
tel. 0346 24635
aperto tutti i giorni