E dopo il flop si rilancia la Lotteria degli scontrini…

Una mossa inutile e offensiva, sventolata come crociata contro l’evasione

L’Italia è proprio il “bel Paese” per la classe politica che si ritrova. Scomodare addirittura il PNRR- che dovrebbe essere il piano per assicurare un futuro migliore ai nostri figli- per rilanciare la “Lotteria degli scontrini”, dopo il fallimento delle precedenti edizioni, è proprio da grandi cioccolatai (non maestri cioccolatieri).
La lotteria non piace alla gente, si devono pur rassegnare senza inventare i premi immediati e poi magari anche il  Gratta e vinci. Sventolare la lotteria come bandiera della crociata contro l’evasione è addirittura di cattivo gusto quando operatori del commercio elettronico e intermediari digitale del turismo fatturano miliardi senza pagare un euro di tasse. Come sempre forti con i più deboli….

Dino l’acidino


Caro carburanti, le accise e nuovi oneri sulla gobba dei benzinai

I gestori additati ingiustamente come speculatori, vessati con 2800 multe e ora obbligati a indicare anche il prezzo medio nazionale

Insomma dopo il processo sommario e la caccia agli speculatori con l’invio della Guardia di Finanza nei piazzali dei benzinai adesso il Governo ha capito che i rincari carburanti, peraltro in linea con l’aumento delle accise come ha rilevato il Ministero competente, non è colpa degli “omini” infreddoliti con la tuta della compagnia perché loro né fissano il prezzo né ci guadagnano dall’aumento avendo un margine per litro fisso e irrisorio.
Intanto il danno è stato fatto e non solo di immagine. 2.800 sanzioni elevate per ragioni amministrative diverse dall’aumento dei prezzi del carburante (perché diciamolo che il sito del ministero con i prezzi non lo consulta nessuno) questi poveri martiri della ragione di Stato le dovranno pure pagare. Oltre al danno però arrivano anche le beffe. Trattati dai loro clienti come ladri e affamatori adesso si troveranno pure sulla gobba l’obbligo di esporre il prezzo medio del carburante. Ci siamo capiti bene. Il prezzo medio che confonderà solo i clienti senza alcun risparmio per nessuno.
Tutto per non ammettere l’errore clamoroso di non aver confermato il taglio delle accise.


Emergenza energia. No ai crediti d’imposta, servono aiuti veri

Basta con i crediti di imposta.
Per pagare le bollette ci servono soldi veri e non carta e carta con crediti che calcoleremo solo a dicembre per non pagare tasse forse da gennaio.
Quali tasse poi visto che stiamo perdendo soldi.
Bisogna far scendere i costi di energia e gas oppure promuovere una nuova moratoria sui debiti perché se paghiamo le bollette non riusciamo a pagare altro.
Altrimenti moriremo tutti e non sarà di freddo!
Un ristoratore esasperato


Non c’è che dire. L’Italia è una bella orchestra, ma suona per pochi

Da una parte trombe e tromboni per l’entrata in vigore, dal 30 giugno, delle sanzioni per il mancato incasso tramite POS, misura risolutiva secondo il direttore d’orchestra per dare
attuazione al PNRR grazie alle azioni efficaci aggiuntive volte a ridurre l’evasione fiscale.
Dall’altra, proprio nel momento in cui il bisogno di aiuto aumenta, violini ed arpe annunciano con delicatezza la scadenza del tax credit al 100% sulle commissioni di pagamento e la fine del credito di imposta per l’acquisto o il noleggio di POS collegati a registratori di cassa e server.
Bella musica per molti non c’è che dire. Peccato che a pagare questo ennesimo giro di valzer saranno sempre i soliti commercianti.

Dino l’acidino


PNRR: 191 miliardi da spendere, ma per le imprese del commercio non si è visto un euro

Quanti soldi il PNRR! 191 miliardi di euro da spendere entro il 2026. Mai visti così tanti soldi tutti insieme. Ben 80 miliardi saranno affidati agli enti pubblici: Regioni e enti locali mentre gli altri saranno gestiti dalla macchina statale. La maggior parte dei soldi andrà al sud perché, si dice, ne ha più bisogno (mah…).

Per realizzare il piano occorrerà far correre veloce una macchina poderosa fatta di 6 missioni, 63 riforme da attuare e ben 527 tra obiettivi e traguardi da raggiungere. Per un Paese come l’Italia non proprio capace di cambiare sarà un’impresa!

Il Piano poi non parla più di creare imprese, aumentare la produzione e la vendita e creare posti di lavoro ma di transizione digitale, inclusione e coesione, istruzione e ricerca, infrastrutture per la mobilità sostenibile, transizione verde e salute e resilienza. Cose importanti certo ma non si è capito chi le dovrà realizzare. Questa è l’evoluzione, almeno secondo chi lo sostiene.

Ci chiediamo: saremo in grado di fare tutto bene per ottenere davvero questi soldi? Gli enti, soprattutto del sud, saranno in grado di spenderli? Inoltre sapranno utilizzarli bene? I dubbi sono tanti e le paure fondate perché questi soldi qualcuno li dovrà pur restituire.

Infine quali imprese beneficeranno di contributi? Dalle prime informazioni sembra che pochi li prenderanno mentre la maggioranza resterà a “bocca asciutta”. Mentre tutti saremo chiamati a pagarne il costo. Finora per le imprese del commercio non si è visto nemmeno un euro. Una volta, con meno soldi, c’erano contributi a pioggia per tutti e qualcosa arrivava anche alle piccole imprese. Da buone formichine mettevano queste risorse a frutto, creando  reddito e occupazione. Adesso invece preferiscono dare molti soldi a pochi. Forse è l’evoluzione che questi preferiscono.

Dino l’acidino

 


L’altalena dell’assistenzialismo vola sempre più in alto. Ma invece dell’assegno unico era meglio ridurre le tasse

L’Italia sta diventando il Paese dell’assistenzialismo. Invece che ridurre le tasse le aumenta, per poi restituire qualcosa a chi le paga e anche agli altri. Dato che il reddito di cittadinanza piace molto, ovviamente solo a chi lo percepisce, adesso ci siamo inventati anche l’assegno unico per i figli a carico che pagherà direttamente l’Inps sul conto degli italiani.

Trovato il nuovo lavoro per l’ente pubblico e per le banche, a spese degli italiani, l’incarico è assegnato “all’ufficio complicazioni affari semplici”. Il calcolo dell’assegno poteva farlo direttamente lo Stato che conosce tutto, ma proprio tutto, addirittura il numero di nei del contribuente. Invece no. Serve una pratica nuova e ben fatta.
Prima il lavoratore per avere le detrazioni o gli assegni familiari doveva compilare una semplice scheda al proprio datore di lavoro che pagava o meglio non tratteneva soldi del lavoratore in busta paga. Adesso occorre richiedere il modello Isee e poi trasmettere una pratica all’Inps. Ci dicono che si può farlo da soli. Come se tutti fossero capaci. Senza dimenticare che la pratica andrà aggiornata ogni volta che un figlio nasce, supera i 18 o 21 anni, e senza mettere in conto eventuali traversie familiari.

Allora diciamocelo che l’assegno unico è la solita fregatura. La tanto decantata riduzione dell’Irpef, almeno per chi il reddito lo produce e paga le tasse, è stata già vanificata dalla diminuzione delle detrazioni. Mettiamoci poi il fastidio e i costi della pratica e, infine, la questione di principio che lo Stato mi trattiene soldi – già miei – sulla mia busta paga per poi ridarmeli, pensando che debba anche ringraziare.

 

Dino l’acidino


Tampone e lenticchie e tutti a casa. Altro che feste: invece della neve piovono disdette

Tampone e lenticchie. Eccolo il piatto che il Governo Draghi ha somministrato agli italiani per le feste, soprattutto ai più giovani. Che la variante Omicron sia più contagiosa delle precedenti è noto. Nel clamore dei media non passa invece che sia meno pericolosa. Il rimbalzo di queste ore è “fermate tutto”!

Dopo il turismo a piangere sono sempre gli stessi: il settore dell’intrattenimento e anche quello della ristorazione, pronti per il capodanno. L’Italia è sotto la pioggia delle disdette. È un nubifragio. La gente sceglie di festeggiare in casa dove tutto sarà permesso, musica ballo e abbracci.

Per tutto l’autunno il Governo ha spinto alla vaccinazione promettendo una vita senza restrizioni e oggi cambia metodo. Che dire, un bel regalo di Natale.

Ciò che non torna è la strategia che aveva fin qui contraddistinto Draghi. Classico “calo della prestazione” tipico delle partite prenatalizie oppure cambio di rotta? Il ministro Speranza dichiara che il provvedimento è stato approvato all’unanimità. Segnale di chi ha “la coda di paglia” e ci ha messo molto “del suo”.

Il provvedimento è tardivo, invece, perché le restrizioni arrivano dopo che le imprese avevano già investito e le persone avevano già prenotato. È anche discutibile perché mina la credibilità di quanto fatto finora.

Colpisce tutti, vaccinati e non: i no vax cantano vittoria dicendo che come il virus anche la tortura del tampone toccherà ora a tutti. Di fronte a questi sbalzi d’atteggiamento capiremo quanti di quel 90% di bravi italiani che si è vaccinato andrà ora alla terza e magari alla quarta dose.

Dino l’acidino  

 


Italia Paese del controsenso: il lavoro c’è, mancano i lavoratori e si aumentano gli ammortizzatori sociali

Siamo il Paese del controsenso. Il lavoro oggi c’è ma mancano i lavoratori. In quasi tutti i settori fatichiamo a trovare candidati e personale qualificato.

Cosa facciamo? Con la prossima manovra del 2022, secondo le indiscrezioni, aumenteremo le indennità per chi perde il lavoro. Durata, importo e requisiti. Non mettiamo in discussione la necessità di sostenere le famiglie in difficoltà. Ci mancherebbe. Così facendo però aumenteremo anche la platea dei lavoratori che preferiranno godersi l’indennità piuttosto che tornare a lavorare. E, soprattutto, quella dei furbi che sono molti e che vivono a spese delle imprese e dei lavoratori in attività.

Dovremmo fare proprio l’opposto. Ridurre la durata e l’importo e concedere proroghe e aumenti solo a coloro che effettivamente cercano il lavoro ma non sono ricollocabili mentre dovremmo riconoscere una parte dell’indennità a imprese e ai lavoratori che si ricollocano per incentivarli economicamente a tornare a lavorare. Peraltro, con il coinvolgimento delle imprese private che erogano i servizi al lavoro non avremmo nemmeno il “collo di bottiglia” degli uffici pubblici e le difficoltà dei “navigator”.

Troppo difficile o poco gradito agli uffici ministeriali?

Dino l’acidino

 

 

 

 


Discoteche piene a metà ma il mix sicurezza e divertimento non tiene

La musica in Italia non cambia mai e quando cambia non è rock. È quasi un anno e mezzo che i locali da ballo sono chiusi e i gestori ripetono come dischi rotti che devono lavorare per sopravvivere. Si poteva e si doveva riaprire le discoteche in estate quando si sarebbe rischiato meno evitando peraltro che i giovani ballassero in mille posti improvvisati e non autorizzati. Niente. Il comitato tecnico scientifico all’unisono non lo permetteva. Il Governo e la politica erano decisi a salvare l’Italia dalle varianti “techno” e “house” del Covid-19.

Appena i gestori hanno dichiarato di essere pronti ad alzare i decibel delle protesta ecco la new hit. Si riapre subito. Grancassa. Prima sordi agli appelli ora coraggiosi salvatori dell’economia del divertimento. Ma dai… Il mix sicurezza e divertimento non tiene.

Aprire una discoteca al 50 per cento della capienza non ha senso. Non ce l’ha per il povero gestore che non copre le spese di gestione e quindi o tiene chiuso o elude il divieto. Non ce l’ha per i ragazzi. Che siano 100, 1.000 o 10.000 rispetto al doppio balleranno tutti attaccati nella stessa pista o staranno tutti attaccati al bar. Perché non si va in discoteca per stare lontano ma per godere dell’assembramento. Basterebbe andarci o chiedere a chi le discoteche le frequenta.

Dino l’acidino

 


Tormentone Green Pass: un bel problema scaricato sui datori di lavoro che devono fare pure i controllori

Super green pass!  Intanto la politica che avrebbe dovuto assumersi la responsabilità di imporre l’obbligo vaccinale ha scaricato un bel problema sui datori di lavoro che devono controllare i green pass e, nel caso, sospendere i lavoratori.

(Non) “Hai risolto un bel problema e va bene così…ma poi ce ne restano mille” canta l’inossidabile Orietta Berti nel tormentone estivo.

Il decreto, a occhio, sembra contenere leggi quantomeno singolari: perché sospendere uno dopo cinque giorni e non subito, se il dipendente non ha green pass non deve più entrare in azienda. Peraltro ha pure quasi un mese – da oggi – per vaccinarsi. Non vorremo poi che dopo averlo sospeso (e il probabile ricorso visto le norme del decreto) pagheremo il sostituto e pure quello a casa.

Perché in Italia chi ha – e fa – impresa il tormentone se lo vive tutto l’anno!

Dino l’acidino