Con l’estate tornano i disagi alle Poste. Chiusure pomeridiane in molti centri

PosteArriva l’estate e alle Poste tornano le chiusure di molti sportelli. Il problema è sempre quello: mancanza di personale. Così, molti uffici di città e provincia, tra luglio e agosto, funzioneranno a singhiozzo, tenendo abbassata la saracinesca anche in giorni in cui tradizionalmente l’apertura era garantita. Rispetto al 2016 la razionalizzazione delle risorse e la riduzione del funzionamento degli sportelli riguarderà un numero maggiore di uffici. In tutta la provincia aumenta il numero di paesi coinvolti, così come le zone della città penalizzate dal provvedimento estivo. La maggior parte degli uffici, quelli che normalmente fanno un turno unico solo mattutino, chiuderanno per l’intera giornata. Quest’anno l’elenco dei «turno unico» comprende 41 uffici, contro i 36 dell’estate scorsa, con una chiusura complessiva di 331 giorni contro i 362 del 2016.

Rossana Pepe, segretaria generale Slp Cisl di Bergamo, denuncia la situazione: “Per i lavoratori postali torna l’incubo della programmazione delle ferie estive. La mancanza di personale oramai cronica non permette una programmazione serena delle ferie e Poste Italiane ha ancora una volta pensato di sopperire a queste mancanze con le chiusure dei doppi turni nei mesi di luglio e agosto. Anche quest’anno vedremo il solo ufficio di Curno aperto nel pomeriggio per sopperire a tutti gli altri doppi turni chiusi nel pomeriggio per lunghi periodi. Oramai le ferie dei bergamaschi sono scaglionate e la città è sempre vissuta dai cittadini e queste chiusure causano ogni estate grossi disagi. Per non parlare del recapito che, oltre a vivere lo scempio dei giorni alterni, ha una mancanza di personale altissima e le ferie aggraveranno la situazione che non viene certo risolta con i pochi CTD (personale a tempo determinato) che vengono stanziati. Oltre tutto, le selezioni dei CTD sono diventate proibitive, con test che pochi riescono a superare e richiesta di diplomi con voti alti che, ironia della sorte, non vengono richiesti neanche ai dirigenti.

Anche questa estate vedremo i pochi portalettere rimasti  saettare per le vie della città e della provincia, per porre rimedio alle mille mancanze aziendali…. ma se saettando per le vie dimenticano qualcosa o fanno qualche errore sicuramente i dirigenti saranno solerti nelle sanzioni che continuano a fioccare come se la situazione fosse delle migliori”.


Bergamo, Aci in agitazione. In bilico i 28 dipendenti

ACIContinua l’agitazione di sindacati e personale di Aci, che protestano contro la riforma che introduce il documento unico dell’auto riformando i servizi gestiti da Aci. Contemporaneamente in tutti gli uffici Aci, anche quello di Bergamo, si sono tenute assemblee a sostegno della vertenza. Il testo della riforma, dice Angelo Murabito, segretario provinciale di Fp Cisl, “prefigura infatti un assetto nel quale l’ACI è progressivamente spogliato di molte delle sue competenze in merito alla gestione dell’istituto, con riflessi negativi anche sulle altre attività dell’ente ad esso collegate e con integrale compromissione dei suoi equilibri di bilancio, quale ente pubblico che non grava sul bilancio dello Stato. Da più organi di stampa – continua il sindacalista – si registra il tentativo di alleggerire e svilire quella che invece è la reale portata dell’intervento”.

Il documento previsto dallo schema di decreto adottato dal Governo, dicono lavoratori e sindacati, non realizza alcun vantaggio per il cittadino : non è previsto nessun risparmio e nessuna semplificazione. Il decreto invece, farà venir meno i servizi oggi garantiti dall’ACI e dal PRA e creerà un ulteriore disagio ai cittadini, per esempio dall’attuale uso della moneta elettronica si tornerebbe indietro di anni con il ritorno ai bollettini postali , da pagare a cura dell’utenza che ne sopporterà i costi. Si pagheranno ancora l’imposta di trascrizione (Ipt) e l’imposta di Bollo; non ancora chiarito il risparmio sulle altre tariffe, di fatto nessun vantaggio economico per il cittadino, come sbandierato all’inizio. Minore presenza di sportelli pubblici sul territorio, meno servizi diretti all’utenza debole con la necessità di ricorrere ai professionisti del settore ,con maggiori costi per l’automobilista. Minore affidabilità dei dati contenuti nel Pubblico Registro Automobilistico con minore tutela per la proprietà dell’auto e per la collettività. “L’impianto del decreto – insiste Murabito – mette seriamente a rischio posti di lavoro senza prevedere nessuna tutela per circa 3300 lavoratori in tutta Italia, e prende in giro i cittadini promettendo risparmi che non ci saranno, a fronte di sicuri disagi”.

“Ancora non si hanno conferme della copertura finanziaria dell’intera operazione, basata su vistosi errori di calcolo che portano a più di 188.000.000 di euro il vero danno al cittadino, dal momento che per cercare la copertura si dovrà necessariamente operare tagli su altri servizi o inventare nuove forme di riscossione su altri servizi”. “Temiamo possibili e gravi tagli occupazionali, che seppure non ufficialmente indicati, paiono facili da prevedere, leggendo il testo che, all’apparenza esclusivamente tecnico, si rivela invece una bomba per il settore”. Gravi problemi occupazionali che a Bergamo potrebbero comportare rischi per i 28 dipendenti rimasti dopo i pensionamenti non sostituiti degli ultimi 5 anni, oltre a un prevedibile degrado dei servizi al cittadino e all’aumento di costi per gli automobilisti.  Secondo le stime di Fp Cisl, a rischio in tutta Italia sarebbero 2.500 lavoratori, cioè il 75% dell’intero “corpo” dei dipendenti. Con la dismissione di fatto del Pra, inoltre, non si otterrà alcun risparmio. “I lavoratori e le lavoratrici, infatti, ricordano come l’Aci sia un ente pubblico non economico autofinanziato, che sopravvive senza ingenti finanziamenti statali, mentre il servizio passato al Ministero non sarà privo di costi per la popolazione. Inoltre per il disbrigo delle pratiche i cittadini si dovrebbero rivolgere ad agenzie private, addirittura fino ad un quadruplicamento dei costi delle prestazioni livello burocratico”. Per questo sono previste nei prossimi giorni nuove iniziative di protesta e sensibilizzazione nei confronti dell’utenza e dei cittadini.

 


Luce e gas, i consumatori: “E’ caccia grossa ai clienti, ma spesso scorretta”

bolletta_enel_1C’è tempo fino a giugno dell’anno prossimo per cambiare fornitura e regime tariffario nel mercato dell’energia e, soprattutto, per abbandonare il regime tutelato e passare al libero mercato. Lo ha deciso il Ddl Concorrenza, alla faccia del fatto che quasi il 75% delle famiglie italiane paga luce e gas con il regime di “maggior tutela”. Attualmente esistono due mercati per la fornitura di energia elettrica e gas: il regime di maggior tutela ed il mercato libero. Nel primo caso il prezzo viene fissato dall’autorità; nel secondo, invece, gli operatori si fanno concorrenza tra loro: la quota energia, voce importante del costo che si paga in bolletta, oscilla di prezzo a seconda delle tariffe praticate dal gestore. Salvo ulteriori proroghe, dunque, l’abolizione della maggior tutela sarà effettiva tra circa un anno e mezzo. E questa prospettiva ha già aperto la “caccia al cliente”. Lo rende noto Adiconsum Bergamo, già allertato da numerosi soci,  tartassati da continue telefonate di fantomatiche agenzie che spingono a aderire da subito al nuovo sistema, perché a detta loro, sarebbe già obbligatorio.

“Ogni giorno le famiglie, soprattutto ovviamente quelle che sono ancora nel mercato tutelato, ricevono telefonate che propongono il passaggio ad altri contratti più o meno vantaggiosi – dice Mina Busi, presidente della associazione consumatori della Cisl orobica. Chi telefona usa i mezzi più truffaldini per “convincere” il malcapitato ad accettare il nuovo contratto nel mercato libero. Ci si presenta come addetti di qualche grossa Società; si afferma che “c’è già da ora l’obbligo di cambiare”; si promettono grandi risparmi  senza però illustrare effettivamente i vincoli del nuovo contratto. Insomma, come al solito, le famiglie vengono tartassate di telefonate insistenti  e niente affatto chiare, in barba all’obbligo, non solo morale, di dire chiaramente cosa si sta proponendo”.

Adiconsum invita le famiglie bergamasche a essere molto prudenti: “innanzitutto c’è tempo per cambiare;  se poi uno vuole entrare nel mercato libero, non faccia il contratto per telefono! Si faccia mandare prima un contratto cartaceo, in modo da poterlo visionare e capire bene cosa prevede;  esiste il diritto di ripensamento da far valere entro 14 giorni. La scelta del gestore luce e gas è estremamente importante: risparmiare sulle bollette per un consumo responsabile è la priorità di chi punta a ridurre le spese mensili”. Per sapere se conviene aderire ad una determinata offerta commerciale bisogna  leggere attentamente non solo il prezzo finale del servizio, ma tutte le possibili voci di spesa. In più, è necessario informarsi sui  diritti e obblighi (ad esempio, quanto dura il contratto, ogni quanto verrà letto il contatore, la  frequenza delle bollette, etc). “Alle Società – conclude Busi –  non possiamo che ribadire il nostro disappunto per questo modo di fare  mercato”.


Nuovi obblighi di lettura per i gestori, bollette dell’acqua con consumi certi

uniacque.jpg“Quante volte abbiamo incontrato e assistito consumatori che si sono visti recapitare bollette esose per letture non effettuate o addirittura bollette che chiedono più del dovuto. Finalmente si dovrebbe pagare per  quello che si consuma”. Adiconsum Bergamo informa che adesso le fatturazioni dovranno essere sempre più rispondenti ai consumi effettivi di acqua grazie a nuovi obblighi di lettura. Dallo scorso gennaio, infatti, le bollette dell’acqua saranno più precise e corrispondenti ai consumi effettivi grazie a nuovi obblighi di lettura e ai nuovi incentivi per l’autolettura deliberati dall’Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico. Le nuove misure introducono una disciplina uniforme a livello nazionale che garantisce più certezza nella determinazione dei consumi di acqua in bolletta, promuovendo anche un utilizzo più efficiente della risorsa idrica, per la riduzione degli sprechi e una maggiore consapevolezza nelle scelte di consumo. È questo lo spirito della Delibera 218 disposta dall’Autorità per l’energia elettrica il gas ed il sistema idrico, entrata in vigore lo scorso 1 gennaio, e che prevede una serie di obblighi per i gestori. Innanzitutto, la lettura del contatore. “L’Autorità – comunica Mina Busi, presidente di Adiconsum Bergamo – ha previsto che per gli utenti, le famiglie o i condomini con consumi medi fino a 3.000 metri cubi, le letture del contatore vengano fatte almeno 2 volte l’anno,  distanziate da almeno 150 giorni solari l’una dall’altra. Inoltre, per chi supera i 3.000 mc, l’obbligo sale ad almeno 3 tentativi, distanziati almeno di 90 giorni.

I dati di misurazione – avvisa Busi – devono essere conservati per 5 anni in caso di verifiche”. Per le attivazioni delle utenze, nella delibera si legge che l’azienda erogatrice è tenuta ad effettuare un tentativo di raccolta della misurazione entro 6 mesi dalla data di inizio della fornitura, oltre che a dotarsi di modalità che mettano a disposizione la misura espressa dal totalizzatore, raccolta e utilizzata per la fatturazione. Per promuovere l’utilizzo dell’autolettura, il gestore dovrà consentire agli utenti di comunicarla attraverso messaggi Sms, telefono o via web-chat sul proprio sito internet, rendendo i sistemi disponibili tutto l’anno, 24 ore su 24. “Il gestore dovrà inoltre fornire immediato riscontro all’utente sulla corretta presa in carico dell’autolettura, al momento stesso della comunicazione ed entro 9 giorni lavorativi in riferimento alla validazione dei dati”. Già dallo scorso settembre, infine, è previsto che i gestori abbiano predisposto un registro elettronico delle utenze con le misure e i tentativi di lettura, “utile – conclude Busi – per comunicare ogni anno all’Autorità i dati relativi ai contatori (ammontare, tipologia, funzionamento) e le operazioni di raccolta avvenute ai fini di un monitoraggio periodico delle attività”.

 

 


“112 DAY”, sabato il mondo del Numero Unico dell’Emergenza scende in piazza

Numero Unico1112Carabinieri, polizia, vigili del fuoco, soccorso sanitario, protezione civile, polizia locale e associazioni scenderanno in piazza tutti insieme per promuovere il servizio NUE 112. Appuntamento in Galleria Vittorio Emanuele a Milano, sabato 11 febbraio, giornata europea del 112, il Numero Unico dell’emergenza che nel 2016 ha ricevuto a Milano quasi due milioni di chiamate. I cittadini potranno ricevere materiale illustrativo e scaricare l’app Where are U. Tutti inviatati, quindi, all’evento che si terrà all’ottagono della Galleria Vittorio Emanuele a Milano a partire dalle 11 e che coinvolge tutte le istituzioni che operano nell’ambito del Numero Unico dell’Emergenza 112: carabinieri, polizia, vigili del fuoco, soccorso sanitario, protezione civile, polizia locale, oltre alle associazioni del soccorso e all’associazione socio educativa Ragazzi On The Road.

Numero Unico

Il presidio ha l’obiettivo di far conoscere il Numero Unico 112 e far scaricare l’app Where Are U, ma anche di testimoniare l’importante coesione tra le Forze coinvolte nel servizio NUE 112. Sono infatti sempre di più le persone che utilizzano il 112 come Numero unico dell’Emergenza, ma ancora un’importante fetta di popolazione non conosce o non sa utilizzare al meglio questo importante servizio, che a breve sarà disponibile in tutta Italia. Proprio per sensibilizzare i cittadini a conoscere e utilizzare al meglio il NUE, l’11 febbraio sarà, anche a Milano come in tutta Europa,  l’”112 DAY”. Il programma prevede l’apertura dell’evento con la Fanfara dei Carabinieri alla presenza del presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni, dell’assessore al Welfare Giulio Gallera e dei vertici di tutte le Istituzioni coinvolte. A seguire presidio in galleria da parte di tutte le Istituzioni, distribuzione materiale informativo e invito ai cittadini a scaricare l’app Where Are U.

Perchè un evento sull’112

L’11 febbraio di ogni anno è la data individuata dalla Commissione europea come “One one two day”, ovvero la giornata dedicata al Numero Unico dell’Emergenza 112 (non a caso è l’11 febbraio, ovvero l’11-2). In questa data molte città europee organizzano iniziative per favorire la visibilità dell’112, così come da indicazione della stessa normativa europea. In Italia non è mai stato fatto nulla in considerazione del fatto che l’112 era operativo nella sola Lombardia e non in tutta Italia. Quest’anno però è diverso: entro il 2017 altre regioni avvieranno l’112: tutto il Lazio (a Roma è già operativo), il Piemonte, la Valle d’Aosta, la Liguria, il Trentino, l’ Alto Adige, le Marche.

 


Canone Rai, nuove regole con doppia scadenza il 31 gennaio

rai canone

Per il secondo anno consecutivo, il canone Rai è stato abbassato: quest’anno si dovranno pagare 90 euro. La somma verrà addebitata sulla bolletta elettrica in dieci rate nell’arco dell’anno.
«Dal 2016 vale la presunzione che in un’abitazione di residenza si trovi anche un apparecchio televisivo. Chi non detiene alcun apparecchio, lo deve comunicare all’Agenzia delle Entrate entro il 31 gennaio 2017, avverte Mina Busi, presidente di ADICONSUM Bergamo.
I moduli si trovano sul sito www.canone.rai.it. Questa dichiarazione va rinnovata ogni anno. Se una famiglia possiede un televisore, ma nessun contratto elettrico di tipo “domestico residenziale” (questa informazione si trova sulla bolletta, di solito nella parte superiore della prima pagina, dove sono riepilogate le caratteristiche della fornitura), deve pagare il canone tramite modello F24. È possibile effettuare il versamento in banca o in posta. Anche per questa incombenza il termine è fissato al 31 gennaio 2017. Anche i fac-simile si trovano sul sito».

L’associazione consumatori della Cisl ricorda che, da qualche anno, i cittadini ultra 75enni con un reddito inferiore a 6.713 euro possono chiedere l’esenzione dal pagamento del canone. Nel caso in cui questa dichiarazione sia stata già presentata, e i requisiti permangono, la dichiarazione non va presentata nuovamente. I moduli si trovano su www.abbonamenti.rai.it/Ordinari/Esonero75.aspx

 


Riscaldamento, il freddo di questi giorni costa a Bergamo 8 milioni in più

freddo casa calorifero
Poco più di due gradi sotto la temperatura media dello scorso anno (2,3 per l’esattezza) stanno costando 8 milioni di euro in più ai bergamaschi per il riscaldamento rispetto alle prime due settimane del 2016.

La nostra provincia è la seconda in Lombardia per spesa da gelo. Il freddo intenso nelle prime due settimane di gennaio costa ai lombardi 74 milioni in più di riscaldamento rispetto allo scorso anno, secondo una elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati Istat e meteo (periodo 1 – 12 gennaio 2017 e 2016 considerando un impatto omogeneo sul territorio). In regione sono circa 3 i gradi in meno rispetto alle temperature medie di gennaio 2016. Si tratta di 32 milioni in più di spesa su Milano, Monza e Lodi che hanno avuto una differenza di oltre 2 gradi in meno, 9 milioni per Brescia (-5,8 gradi), 8 milioni per Bergamo (-2,3), 7 milioni per Varese (-2,8), 4 milioni per Como (-2,8), 3 milioni per Mantova, Cremona e Lecco.

Ci si può consolare considerando che le belle giornate e le temperature quasi primaverili dei giorni attorno a Natale abbiano, al contrario, fatto risparmiare sulla bolletta.

Quanto alle imprese operanti nel settore riscaldamento, anche in questo caso la nostra provincia occupa il secondo gradino del podio regionale, questa volta dopo Milano, leader nazionale per concentrazione di aziende nel comparto, e il quarto posto in Italia.

Sfiorano quota 14.000 le imprese lombarde attive nel settore degli impianti di riscaldamento, secondo una elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati del registro imprese 2015 e 2016. Si occupano in primo luogo dell’installazione (12.776 sedi d’impresa attive), poi del commercio all’ingrosso (649) e della fabbricazione dei condizionatori d’aria (399), rappresentando circa il 20% del totale nazionale. Milano è capofila della classifica nazionale del settore con circa 4mila imprese, poi Roma (3.833) e Torino (3.293). Tra i primi dieci territori in Italia, tre sono lombardi: dopo Milano che è prima, vengono infatti Bergamo, quarta con 1.847 imprese, e Brescia sesta con 1.749.

Per il riscaldamento, secondo un’elaborazione della Camera di commercio su dati Istat sui consumi energetici delle famiglie, prevale l’uso per i lombardi di un impianto centralizzato (29,4% contro il 15,7% nazionale), rispetto a quello portatile/fisso (8,9% contro 18,5%) e poco più basso anche l’uso dell’impianto autonomo (61,6% contro 65,8%). Più alto l’uso invernale degli apparecchi (9,01 ore di accensione contro 7,54). Più diffuso il metano (87% contro 70,9%) rispetto alle biomasse (7,2% contro 14,5%).


Bergamo, nel 2016 sfratti a quota 2700. “Situazione fuori controllo”

immobilott14.jpgIn provincia di Bergamo gli sfratti hanno raggiunto quota 2700. “Una situazione ormai fuori controllo”, dice Roberto Bertola, segretario generale di Sicet Cisl Bergamo. L’emergenza abitativa, i casi di morosità incolpevole in aumento per la crisi, gli immobili sfitti: sono i tanti aspetti del medesimo problema, la fotografia di un settore che ha bisogno di interventi per far fronte alle difficoltà. In Italia vivono 1,7 milioni di famiglie in affitto che versano in condizioni economiche precarie, e l’incidenza del canone di locazione sul reddito familiare supera oramai il 30%. Queste famiglie rischiano di scivolare verso la morosità con la conseguente marginalizzazione sociale. “Il disagio abitativo è un problema molto più diffuso di quanto non emerga dai dati degli operatori – prosegue Bertola – . Uno dei punti più delicati dell’emergenza casa a Bergamo e provincia è quello legato agli sfratti, per i quali è stato richiesto l’intervento della forza pubblica, I ricorsi presentati sono stati 2.609 e quelli eseguiti nei primi nove mesi del 2016 sono stati 450”.

Un’altra situazione molto delicata, secondo il sindacato degli inquilini della CISL, è quella legata alle domande in “emergenza”, che hanno raggiunto quota 450 contro le 280 del 2015, “con 350 famiglie sfrattate che si sono dovute arrangiare temporaneamente in attesa di una casa popolare. Tra questi, anche nuclei familiari con una persona invalida, per i quali sono stati bloccati i procedimenti istruttori e tutte le assegnazioni, in quanto non ci sono alloggi privi di barriere architettoniche. Il risultato paradossale è che gli invalidi sono diventati i soggetti meno tutelati dal punto di vista del diritto alla casa”. L’anno scorso, al Tribunale di Bergamo sono stati emessi 606 provvedimenti di sfratto (quasi il 26% in meno rispetto al 2014) così suddivise: 577 richieste per morosità, 29 richieste per finita locazione. Le richieste di esecuzione degli sfratti presentate sono state 2609 (+3.16% rispetto al 2014 e un centinaio in meno di quest’anno), mentre gli sfratti eseguiti con l’intervento dell’Ufficiale Giudiziario sono stati 605 (12.04% in più dello scorso anno).

Tutto questo in una situazione in cui l’offerta pubblica di alloggi popolari si attesta attorno alle 200 assegnazioni l’anno, quando le famiglie in graduatoria sono oltre 5mila, e nonostante in tutta la provincia continuino ad esserci quasi 1000 alloggi pubblici sfitti e da rimettere a posto. “Di case da affittare ce ne sono in abbondanza. A Bergamo – lamenta il Sicet provinciale – sono disponibili alloggi già pronti da assegnare, in attesa da più di 5 anni. Basterebbe attivare una seria attività di assegnazione per risolvere una buona parte del disagio. Occorre solamente avvicinare l’offerta di mercato alla domanda, riqualificare gli edifici di edilizia popolare e stimolare la ristrutturazione degli immobili privati rimasti vuoti attraverso accordi comunali di incentivazione o scambio, ai fini di renderli disponibili all’affitto con canoni di locazione calcolati sui redditi reali”. Da questo punto di vista, dice ancora il sindacato, risulta inoltre  deficitaria l’esperienza dell’Agenzia Sociale per la locazione, che nonostante porti in dote circa 500mila euro, in poco meno di due anni di attività è riuscita a recuperare solo 15 sfratti per morosità e a stipulare 8 nuovi contratti privati con la formula della garanzia. “Abbiamo sollecitato al tavolo con il Prefetto le amministrazioni comunali a prendere atto della gravissima situazione di emergenza abitativa in cui si trovano centinaia di famiglie bergamasche, ma nulla è cambiato. In questo modo non si va da nessuna parte”, conclude Bertola.

 

 


Presolana, al referendum vince il “no”. Niente fusione tra i Comuni

In una cosa i cittadini dell’altopiano della Presolana si sono dimostrati uniti: nel dire no alla fusione dei loro cinque Comuni. Il referendum regionale consultivo che domenica 20 novembre chiedeva agli abitanti di Cerete, Fino del Monte, Onore, Rovetta e Songavazzo di esprimersi sull’aggregazione in un Comune unico ha dato un chiaro responso, con la bocciatura della proposta in ogni paese.

A Cerete il “no” ha incassato 637 voti contro i 243 del “sì”, a Fino del Monte il “no” ha vinto per 397 voti a 269, a Onore 282 a 202, Rovetta 1.359 a 713 e a Songavazzo per 221 voti a 206.  L’affluenza è stata del 60% con la punta del 64% a Songavazzo e il minimo di Rovetta con il 55,86%.

Per annullare il progetto di fusione sarebbe bastato che in uno solo dei cinque Comuni prevalesse il no. La nascita del Comune unico – di circa 8.500 abitanti, più grande sia di Clusone sia di Castione della Presolana – è stata portata avanti dai sindaci Cinzia Locatelli di Cerete, Matteo Oprandi di Fino del Monte, Angela Schiavi di Onore, Stefano Savoldelli di Rovetta e Giuliano Covelli di Songavazzo. Secondo i promotori, la creazione di un unico apparato politico e amministrativo avrebbe portato risparmi economici, migliori servizi grazie a personale più specializzato e più omogenei e un maggior peso politico-amministrativo all’interno del territorio seriano e bergamasco.


Rifiuti: in casa pattumiere più leggere, ma aumenta l’immondizia gettata nei campi

rifiuti-campiNegli ultimi dieci anni le famiglie bergamasche hanno tagliato i rifiuti: quasi 62 chili in meno pro capite all’anno nel capoluogo di provincia e circa 37 chili in meno a livello provinciale. E’ quanto emerge da un’analisi della Coldiretti Bergamo su dati Arpa in occasione dell’apertura della Settimana europea per la riduzione dei rifiuti. “La maggiore attenzione agli aspetti ambientali e il lavoro di sensibilizzazione dei cittadini – rileva Coldiretti Bergamo – hanno portato risultati interessanti. Significativa è la realtà di Bergamo città dove ogni singolo abitante nel corso degli anni ha alleggerito progressivamente la propria pattumiera, che è passata dai 587 chili del 2006 ai 525 chili a fine 2015, mentre la raccolta differenziata dal 43,7% è arrivata al 65,5%.” Buona anche la situazione a livello provinciale, dove mediamente ogni cittadino, nel giro di dieci anni, ha ridotto di circa 37 chili la produzione di rifiuti che è passata dai 459,9 kg del 2006 ai 422,7 del 2016 con la raccolta differenziata che è passata dal 50,1% al 61,3%.

rifiutiA livello lombardo la produzione di scarti urbani per singolo abitante è passata dai 518 chili del 2006 a meno di 458 a fine 2015, mentre la raccolta differenziata è passata dal 43,9 al 59%. “Anche le imprese agricole hanno fatto la loro parte – prosegue Coldiretti Bergamo – e negli ultimi anni hanno raggiunto livelli molto alti di riutilizzo degli scarti: dal riciclo della carta e degli imballaggi a quello delle manichette di plastica per l’irrigazione, dalla concimazione naturale con gli effluenti da allevamento fino alla produzione di compost per i terreni con gli sfalci verdi”. Sul tema rifiuti però non si registrano solo passi avanti e l’atteggiamento dei cittadini non è sempre virtuoso. “Secondo le segnalazioni pervenute presso i nostri uffici – sottolinea Coldiretti Bergamo – sono molte le aziende agricole che devono intervenire per ripulire strade di campagna, fossati e campi da immondizia abbandonata, una situazione che evidenzia la necessità di proseguire nell’opera di informazione e formazione a tutti i livelli, a partire dalle scuole fino alle imprese e ai cittadini, sulla eccessiva  quantità di rifiuti prodotti e sulla necessità di ridurli drasticamente ma anche di raccoglierli in modo corretto e differenziato”.