Turismo enogastronomico, Marchesi firma sette itinerari in Lombardia

marchesiLa buona tavola è un fattore di attrazione turistica sempre più importante. Lo dicono gli studi e le ricerche, che indicano nella possibilità di vivere la vacanza come esperienza, conoscenza e contatto diretto con il territorio uno dei maggiori interessi dei viaggiatori. Ed è una carta che ha deciso di valorizzare anche la Regione Lombardia che, nell’ambito del progetto “Da Expo al Giubileo” finanziato con 20 milioni di euro, ha previsto una linea di intervento dedicata al “Turismo legato alla food&wine experience”.  L’obiettivo è promuovere, attraverso la costituzione di partenariati locali, l’attrattività del territorio mediante la valorizzazione degli itinerari del turismo esperienziale enogastronomico e l’integrazione tra i soggetti della produzione, distribuzione, somministrazione e ristorazione.

In quest’ambito si inserisce “Wonderfood (and wine) Premium”, che si avvale della collaborazione tecnica della Accademia G. Marchesi e del maestro Gualtiero Marchesi in qualità di testimonial di sette itinerari turistici a tema enogastronomico, che valorizzeranno il territorio in chiave turistica guidando il visitatore alla scoperta delle eccellenze vinicole e gastronomiche lombarde.


Artisan Café, il locale fatto in casa che punta su tapas e drink

Concept moderno, mobili d’ artigianato, drink originali preparati con mestiere, tapas, bevande e piatti vegani e uno spazio per eventi, riunioni, meeting, cene aziendali, corsi, ma soprattutto per laboratori destinati ai bambini. Stefano De Gaspari e la moglie Martina Mafezzoni, in via San Bernardino 53, a Bergamo hanno creato un locale all’avanguardia in tutti i sensi, che punta a tutto tondo sul “fatto in casa”.

Non a caso l’hanno chiamato Artisan Cafè, dove artisan sta per artigiano. Insieme hanno studiato e realizzato gli arredi, impiegando legni riciclati, bancali, ferro e cemento, recuperando divani e poltrone vintage in sala e stoviglie e bicchieri nei mercatini d’antiquariato. Stefano ha portato nel nuovo locale la sua passione per i mobili di design (particolarissime le sedie anni Settanta rivestite con manicotti antincendio o cinture di sicurezza e le lampade lavorate con tubi idraulici zincati a forma di omini e dinosauri) e il risultato è un bar bello, intimo e accogliente, un po’ nordico.

«Volevamo creare un nuovo concetto di locale – dice Stefano – un bar diurno dove gustare la colazione o il pranzo in compagnia in un ambiente caldo, ma anche uno spazio polifunzionale per ospitare feste e attività, e la sera un luogo per degustare cocktail particolari e di tendenza accompagnati da tapas».

A poche settimane dall’apertura, il locale, che ha preso il posto del Caffè Letterario, è già conosciuto e apprezzato da una clientela composta per lo più da professionisti e persone di passaggio in cerca di una pausa diversa e di qualità. Malgrado l’età, 39 anni lui, 36 lei, Stefano e Martina sono veterani del settore: nel 2004 hanno aperto lo Tsunami, primo sushi-bar della città, e nel 2008 la Cafeteria di Treviolo, ristorante e lounge bar molto frequentato dagli studenti.

Il loro nuovo locale è articolato in 97 metri quadrati di bar e 200 metri quadrati polivalenti. L’offerta food&beverage copre tutto il giorno ma si caratterizza soprattutto per la pausa aperitivo: cocktail anni Trenta rivisitati, infusi alcolici di gin, bitter e sciroppi aromatizzati preparati da loro. «I più richiesti – dice Martina – sono il Montegani a base di gin, bitter al cardamomo, sciroppo allo zenzero e spremuta di pompelmo; l’Honeyescape, brandy, sciroppo al miele, spremuta di arancia e bitter alla cannella; e il White Spritz rivisitazione personale dello Spritz, preparato con Biancosarti, Saint Germain, sciroppo al rosmarino e vino bianco». In accompagnamento, le tapas che spaziano dai sapori italiani alle novità dello street food e sono tutte preparate al momento. «Non ci piace il concetto dell’apericena – spiega Martina – l’aperitivo deve essere un aperitivo, inoltre odiamo gli sprechi. Abbiamo applicato il concetto di eticità al nostro cibo e proponiamo piattini diversi così le persone possono scegliere cosa e quanto mangiare e come e quanto spendere. Perché le tapas? Secondo noi, sono il giusto mezzo dell’aperitivo».

Il progetto Artisan non si ferma qui. Nel 2016 verranno inaugurati uno shop d’artigianato e un pagina di shopping online.

 


Barbecue “estremo”, in gara anche due team bergamaschi

Non è la “solita” grigliata. Quella del barbecue è un’arte che prevede strumenti appositi, cotture lente, tagli, marinature e salse specifici. Un vero e proprio rito della cucina statunitense che sta velocemente guadagnando appassionati anche in Italia, pronti non solo a sperimentare ricette e scambiarsi consigli, ma anche a cimentarsi in vere e proprie competizioni.

Dal 15 al 17 gennaio a Riva di Tures, in Alto Adige, le braci si accendono per W.E.S.T. 2016, seconda edizione del Winter Extreme South Tyrol BBQ Contest, gara definita estrema per il ghiaccio, il freddo e l’altitudine in cui si svolge.

Tra i 30 team iscritti, provenienti da tutta Europa, due sono bergamaschi, Smoke’n’Fire BBQ Team e Griller Unchained, a testimonianza di una passione che sta prendendo piede anche nella nostra provincia.

Smoke’n’Fire BBQ Team

barbecue - Smoke'n'fire Team ritQuesto team di appassionati del BBQ è il più longevo tra quelli bergamaschi. È composto da Eduard Marchesi di Romano di Lombardia, Massimo Facchi di Calcio e Davide Forni da Eupilio, in provincia di Como. «Ci siamo conosciuti nel 2014 – spiega Davide – in occasione di un corso organizzato dal KCBS per diventare giudici durante le competizioni. In particolare, abbiamo fatto una simulazione di gara e casualmente eravamo in team insieme. Ci siamo trovati talmente bene che abbiamo deciso di partecipare insieme nel giugno 2014 al campionato di BBQ di Perugia». Da qui vi sono state tutta una serie di competizioni a cui il team ha partecipato, con buoni piazzamenti.

La preparazione di un team alla gara non è cosa banale e scontata, mesi e mesi di prove delle ricette, della presentazione e della preparazione delle salse. Anche se il BBQ non è solo competizione. «Per me è un’importante occasione di socializzazione, con il resto del team, ma anche quando lo si prepara – spiega ancora Davide -. Una volta messa in cottura la carne c’è solo da controllare e aspettare, generando così delle belle occasioni di convivialità. È un modo anche per utilizzare le parti meno costose e meno nobili che, grazie alla cottura lenta e a bassa temperatura, si valorizzano e regalano sorprendenti occasioni di piacere».

piatto american bbq - smoke'n'fire

Griller Unchained

Il sodalizio è composto da Ettore Fanciulli e Giorgio Pagani, il primo di Roma e il secondo bergamasco, di Grumello del Monte. Per Giorgio è stata una passione nata da un’esigenza: «Io e mia moglie Antonia – racconta – andavamo a ballare latino americano, facendo anche delle competizioni. Poi è nato il nostro bimbo, Eros, e quindi molte cose sono cambiate. Mi sono guardato attorno e, dal momento che non ho mai avuto il pollice verde, ho riscoperto nel mio giardino un attrezzo che possedevo da tempo, il barbecue».

Ettore Fanciulli e Giorgio Pagani di Griller UnchainedUna folgorazione per Giorgio che subito capisce di poter coltivare questa passione da casa, senza trascurare la sua famiglia. Quindi si appresta a cercare informazioni online e inizia la sperimentazione anche, e soprattutto, attraverso la consultazione del forum BBQ4All. «All’inizio molte delle cose che cucinavo erano letteralmente da buttare via, soprattutto le salse, ma dopo numerose prove ho iniziato a trovare la strada e ad ottenere risultati sempre più soddisfacenti. Ho ancora molto da imparare». Giorgio è giudice di gara. La sua prima esperienza l’ha avuta a Perugia, al Campionato Italiano di BBQ.

Poi è arrivato Ettore, classe 1987, con una laurea specialistica in economia e un lavoro a Milano. «I miei amici sono rimasti a Roma – spiega Ettore – e ho sentito la necessità di ricrearmi relazioni e interazioni. Ho sempre preparato grigliate, ma non avevo mai approcciato al BBQ in questo modo. Come molte persone mi interrogavo sull’utilità del coperchio che vendono insieme a questi attrezzi. E così ho iniziato nel 2015 a cercare informazioni in rete, ho trovato le ricette, le informazioni sulle cotture indirette. E così ho trovato anche il coraggio di preparare le costine (ribs) perché servono circa 6 ore di cottura». Durante le ricerche Ettore si è imbattuto in Giorgio che cercava persone per creare un team. Detto fatto, si sono incontrati ed è partita questa grande avventura. Il loro obbiettivo? Partecipare a competizioni nazionali e internazionali, finanziando le attività di “allenamento” e i costi di partecipazione con la preparazione di piccoli barbecue per eventi, feste o serate a tema.hamburger - Griller Unchained

 


Il signor Carrara e il supplizio del polpettino

Il polpettino realizzato secondo la ricetta pubblicata nel “Libro de arte coquinaria” di Martino da Como

Seppur spogliato della pensione d’anzianità dai giacobini, la cui ferrea propensione ai tagli – al tempo non schiva di quelli di teste – pare essere tornata in auge ai nostri giorni, fa sfoggio di inossidabili estro e sagacia l’ottuagenario Carlo Goldoni che nel 1787 dà alle stampe a Parigi le proprie memorie. Nell’autobiografia l’impareggiabile commediografo fornisce prova di non comune lucidità ripercorrendo nei più minuti dettagli un florilegio di ormai remote rimembranze. Tra queste spicca il resoconto di una scampagnata di oltre cinquant’anni prima nell’agro circostante Milano, effettuata in compagnia di un amico bergamasco dal tutt’altro che imprevedibile cognome di Carrara.

È un giorno d’estate del 1733, e la coppia di bighelloni, varcata quella Porta Tosa che oggi si troverebbe all’altezza di piazza Cinque Giornate, si incammina in aperta campagna alla volta delll’Osteria della Cazzuola per una frugale merenda. Già all’epoca la metropoli – nota il drammaturgo veneziano – ha fama di ville gourmande, tant’è che i suoi abitanti sono soprannominati lupi lombardi dai più sobri fiorentini. “Non si fanno in Milano passeggiate, ne’ si mette insieme divertimento di qualunque sorte sia, in cui non si discorra di mangiare: agli spettacoli, alle conversazioni di giuoco, a quelle di famiglia, siano esse di cerimonia o di complimento, alle corse, alle processioni, alle conferenze spirituali inclusive, sempre si mangia.”

Giunti a destinazione, i due gitanti comandano uno spuntino a base di gamberi, uccelletti e polpettino. Dalle vivande settecentesche della storica osteria, in contrapposizione alle più tarde e moderniste lusinghe del risotto allo zafferano e della costoletta impanata, promana un nostrale sentore d’arcaico. I crostacei sono quelli d’acqua dolce dei quali già nel tredicesimo secolo, a dar retta a Bonvesin de la Riva, in riva ai Navigli si divoravano più di sette moggi al giorno. La cacciagione minuta, che in abbinamento alla polenta rappresenta un’irrefutabile icona gastronomica del circondario di Bergamo, tra XVII e XVIII secolo pare altresì una voce regolarmente impressa anche sui menù delle taverne milanesi – quella dei Trì Merla aveva particolare rinomanza per i suoi passaritt.

Quanto al polpettino, è del tutto ingannevole lo scontato rimando ad una pallottola di carne trita che la denominazione parrebbe sottendere. Si tratta invece di un involtino la cui ricetta, di sicure origini padane, è riportata per la prima volta nel quattrocentesco Libro de arte coquinaria di Martino da Como: una fettina di vitello, cosparsa di semi di finocchio e velata di un battuto di lardo ed erbe, viene arrotolata su sé stessa e quindi arrostita allo spiedo. Ad una pietanza affine doveva forse alludere un paio di secoli prima lo stesso Bonvesin de la Riva, quando menzionava un ripieno a base di noci, uova, cacio e pepe con cui i suoi concittadini solevano farcire le carni nel periodo invernale.

Metropoli delle polpette – definiva Milano il medico-poeta Giovanni Raiberti. Ed all’ombra della Madonnina morfologia e terminologia del morsello di carne hanno inevitabilmente finito per distinguersi da quelle della consuetudine. Se polpettino sta per saltimbocca, è con la voce mondeghili che vengono invece designate quelle che altrove si chiamano polpette. Il dualismo, di marchio squisitamente lombardo, è attestato anche dal ricettario del Cocho Bergamasco, che a fine seicento distingue rispettivamente tra polpette di carne cruda – simili a quelle di Martino da Como – e quelle di carne trita cotta, a propria volta affini ai mondeghili.

Questi ultimi, il cui appellativo deriva dalla storpiatura meneghina dell’ispanico albondeguillas, rappresentano in apparenza uno dei plurimi imprestiti iberici alla cucina milanese. In realtà l’apparentamento è d’ordine più lessicale che gastronomico. Non si è certo dovuto attendere l’arrivo in Italia degli aragonesi per apprendere a cucinar polpette: già nel ricettario latino di Apicio fanno infatti comparsa numerose preparazioni (isicia) in guisa di trito appallottolato di carne o di pesce, variamente aromatizzate. Una delle basi predilette dagli antichi romani per la preparazione della pietanza era peraltro rappresentata dal fegato di porco. E non è certo casuale che, tra gli ingredienti dei mondeghili, baleni l’arcaicizzante richiamo della mortadella di fegato.

Ma torniamo alla scampagnata di Carlo Goldoni e dell’ineffabile Carrara. Il loro spuntino all’Osteria della Cazzuola viene troncato sul nascere dall’estemporanea apparizione di un’avvenente giovinetta in lacrime. Il veneziano, incorreggibile donnaiolo, appura che la fanciulla – per singolare combinazione sua concittadina – è fresca reduce da una disavventura di seduzione ed abbandono, e si fa in quattro per rincuorarla. Il compare, da buon bergamasco, pare invece persuaso che le lusinghe della galanteria non debbano in alcun modo venir anteposte a quelle della tavola – o che comunque non sia opportuno indulgervi a stomaco vuoto -, e scalpita perché si dia senza indugi inizio alla merenda. Ma Goldoni, del tutto incurante delle rimostranze dell’amico, seguita imperterrito a blandire la giovane. Alla fine si addiviene ad un compromesso, e l’agognato pasto è servito negli alloggi della donna ponendo termine al tantalico supplizio cui è sottoposto il povero Carrara.

L’epilogo della vicenda è, assai prevedibilmente, del tutto teatrale. Il commediografo lascia discretamente intendere di essere riuscito ad intessere con l’affascinante concittadina una tenera amicizia, che si protrae per qualche mese. L’idillio è tuttavia falciato dai cannoni dei Savoiardi agli ordini di Carlo Emanuele III, che nel dicembre del 1733 cingono d’assedio il capoluogo lombardo. Goldoni, che in quel mentre svolge le funzioni di attaché del Console della Serenissima presso il Granducato di Milano, è costretto a riparare a Crema al seguito del diplomatico. La giovane amante resta invece in città, ed i due finiscono perdersi di vista – apparentemente senza eccessivi struggimenti. Ed il vorace Carrara? Rimedia un posto da corrispondente della Repubblica di Venezia su raccomandazione dello stesso Goldoni. Anche tra i marosi del burrascoso secolo dei lumi, è dunque e comunque bene tutto quel che finisce bene.


Arriva il bollino Ue che tutela i veri formaggi Dop e Igp

formaggioBuone notizie in arrivo per gli amanti del formaggio e per i produttori delle tante specialità casearie made in Italy a denominazione. Dal 4 gennaio scartare i prodotti tarocchi’ e riconoscere gli autentici formaggi italiani tutelati dalla Dop, denominazione di origine protetta, e dall’Igp (Indicazioni geografica protetta) sarà più semplice perché a guidare gli acquisti sarà un bollino comunitario in etichetta. Per l’Italia significa un ulteriore logo anticontraffazione a garanzia delle 52 eccellenze casearie. I loghi Ue affiancheranno quelli dei Consorzi di tutela già presenti nei prodotti a denominazione. Per Assolatte si tratta di una ”garanzia in più per i consumatori che aiuta a fare una spesa informata”. In parallelo all’arrivo dei nuovi loghi comunitari, è anche partita la campagna istituzionale avviata dal ministero delle Politiche Agricole per aumentare la conoscenza dei prodotti Dop e Igp attraverso spot televisivi e radiofonici e iniziative nei punti vendita della Gdo, grande distribuzione organizzata. Intanto, è tempo di bilanci per i formaggi Dop e Igp italiani, che, dalle analisi di Assolatte, archiviano un 2015 doppiamente anomalo. In primo luogo, si registra un calo delle quotazioni all’ingrosso che, per la maggior parte dei formaggi, sono rimaste inferiori a quelli degli anni precedenti, anche per effetto della stagnazione dei consumi interni. Il secondo aspetto peculiare del 2015 sono state le forti variazioni mensili nella produzione delle singole Dop e Igp. Mostrando grande dinamismo, le aziende produttrici sono intervenute “in tempo reale” per aumentare o diminuire i volumi in funzione della richiesta di mercato. Queste fluttuazioni mensili si sono collocate all’interno di un bilancio complessivo che si è chiuso con una produzione sostanzialmente stabile, con l’eccezione di alcuni formaggi (come Pecorino Romano Dop, Mozzarella di Bufala Campana Dop, Piave Dop) che si affacciano al 2016 con volumi record.


Treviglio, l’ex bancario che alleva lumache

GiamPrimo Riva- allevatore lumache  TreviglioPer i francesi, le escargot sono un vanto della loro raffinata cucina. Noi italiani le abbiamo considerate per anni una leccornia, mentre oggi le lumache sembrano essere un cibo meno gradito. Ciononostante, nella Bergamasca c’è chi ha puntato sull’elicicoltura, o allevamento a ciclo biologico completo dei molluschi da terra. A Treviglio, infatti, a febbraio dello scorso anno è nata la Lumacheria del Cerreto, ideata dallo spirito imprenditoriale di GianPrimo Riva, bancario in pensione e buongustaio doc.

«La mia intenzione è portare nel piatto un’eccellenza, un prodotto controllato e non importato dall’Est Europa e dal Maghreb, come spesso accade nei mercati», spiega il neo agricoltore che offre un prodotto selezionato per la gastronomia e completo di etichettatura.

Riva possiede un ettaro di terreno in via Canonica, accanto alla Cascina Pelesa. Di questi, tremila metri sono stati destinati alla sua nuova attività e suddivisi in sette recinti: cinque per la riproduzione e due per l’ingrasso delle chiocciole. La varietà è la Helix Aspersa, detta Vignaiola, dal guscio solido e screziato. Dai 15mila esemplari iniziali si è arrivati ad allevarne 300mila nella covata. Da adulte, le lumache arrivano a pesare dai 12 ai 14 grammi ciascuna, 9 asciugate. Ora hanno trovato riparo sotto la terra per il letargo e la raccolta, stagionale da maggio a settembre, si attesta sui 20 quintali. La differenza con le sorelle selvatiche, la cui caccia è vietata in Lombardia dal primo marzo al 30 settembre, sta nella qualità dell’alimentazione. «Una lumaca in libertà può mangiare di tutto, dalle erbe amare che si riflettono nel suo sapore ad altre per noi velenose», spiega Riva. I suoi molluschi si nutrono di insalata, cavolo cavaliere, bietola da taglio, girasole. Ma sono anche ghiotti di verdure e frutta zuccherine come carote e mele e, d’estate, anguria e melone. L’agricoltore deve fare i conti con la moria della specie, pari al 20% del totale. I nemici principali, in inverno, sono i topolini che faticano a trovare cibo e lo stafilino, un insetto che entra nel guscio e le consuma.

allevamento lumache - TreviglioPrima di essere vendute, le lumache vengono riposte nelle cassette dove sono fatte spurgare e asciugare per quindici giorni. A richiederle sono privati, ristoranti e organizzatori di feste patronali. Le ricette sono moltissime: ci sono gli spiedini di lumache lessate alternate a scalogno e salvia, possono prestarsi come ingrediente principale per fondute, frittate, primi come spaghetti o risotti. C’è chi le gusta fritte, trifolate, in salsa verde, in zimino o in gelatina, meglio se accompagnate da vino bianco secco o rosato, come per il pesce. La Lumacheria del Cerreto conferisce parte del suo prodotto all’industria di lavorazione di Cherasco nel Cuneense per ottenere vasetti al pomodoro, al naturale o con spinaci e speck.


Stezzano, le merende “floreali” di Fiammetta e Roberto

Fiori a merenda - Stezzano - Fiammetta Dose e Roberto CarissoniI coniugi Fiammetta Dose e Roberto Carissoni non volevano aprire un bar tradizionale e amavano le sfide. Così sei anni fa hanno dato vita, a Stezzano, a “Fiori a merenda”, un laboratorio-bottega floreale (fiori, al piano di sotto) e un raffinato salotto caffè/merenda (al piano superiore). Il locale è una piccola chicca nel mondo dei pubblici esercizi della provincia di Bergamo e una sorpresa inaspettata per chi ci capita. «Abbiamo aperto nel periodo peggiore degli ultimi vent’anni anni – dice Fiammetta -. Io vengo dalla capitale e ho viaggiato molto, ho capito che la specializzazione è fondamentale. Aprire la stessa cosa che è presente nelle vicinanze non ha nessun senso».

Fiammetta amava i fori e aveva fatto dei corsi per conoscerli, suo marito Roberto aveva lavorato nella ristorazione e gestito con altri soci un bar, così pensarono di unire queste due passioni. «I clienti da noi trovano le stesse cose che trovano negli altri bar ma ricevono qualcosa in più, una coccola. Siamo una sorta di spa del buonumore – spiega Fiammetta -. All’inizio i clienti rimangono spiazzati, ma poi capiscono che queste attenzioni hanno un senso e ritornano. Non è più il momento di prendere in giro le persone, soprattutto se c’è da spendere qualche euro in più».

La cura per i dettagli e la ricerca della qualità si colgono nel modo in cui Fiammetta e Roberto scelgono e presentano le loro piante, nell’arredo retrò della sala da tè e nella raffinatissima proposta al bar. Oltre alla caffetteria più classica, si trova un’ampia scelta di tè e tisane, da quelle più classiche e immancabili, ai tè aromatizzati: il tè verde al cocco, all’ananas, allo zenzero, e il tè alle violette, un cult per i frequentatori del locale. Tutti sono serviti in tazze floreali, una diversa dall’altra, e con una camera di vetro dove il liquido rimane sospeso. Da provare anche il cappuccio al tè verde matcha giapponese. Fiammetta prepara i croissant e le torte nel laboratorio durante la pausa pranzo (dalle 12.30 alle 15.30 il bar è chiuso), con gli ingredienti di stagione: da non perdere, la caprese al cioccolato con fave di mandorle, la cheesecake, la torta con i semi di papavero e variegato al ribes rosso e i biscotti (anche bio e senza glutine).

fiori a merendaNon manca una proposta di vini e cocktail per la pausa aperitivo. «Prima di proporre nuovi prodotti ai clienti assaggiamo sempre noi – dice -. Non darei mai qualcosa che non mi piace o di scarsa qualità. Quando porto al tavolino il tè spiego sempre da dove viene, come è fatto e lo stesso faccio con le torte».

Il bar è lontanissimo dal sembrarlo: appare più come l’elegante salotto di una nonna nobile. «Desideriamo che i nostri clienti si sentano accolti come se fossero a casa e che trascorrano un momento di tranquillità circondati da cose belle e attenzioni. Anche solo per un caffè, si possono spendere cinque minuti e sedersi al tavolo. La fretta è una nemica».

Il locale è frequentato prevalentemente da una clientela femminile ma non mancano le famiglie con i bambini e i “forestieri” di soggiorno a Bergamo per lavoro. «Lavoriamo per lo più con clienti che vengono dalla città e dai paesi vicini, qui rimaniamo un po’ delle mosche bianche – confida Fiammetta -. Tanti ci chiedono perché abbiamo deciso di aprire questa attività in un paese e non in una città. Abbiamo due bambini piccoli, la famiglia di mio marito abita qui e andiamo al lavoro a piedi o in bicicletta. Avere una vita tranquilla non ha prezzo».


Bollicine, dopo 7 anni i consumi tornano a crescere

Dicembre e le feste sono un barometro dei consumi nazionali. “Per le bollicine italiane – dice Giampietro Comolli fondatore di Ovse e di Ceves nel 1991 – dopo 7 anni di decrescita, stimiamo, nei canonici 25 giorni di festa, una ripresa molto significativa, segno di un ritorno d’innamoramento verso le bollicine. Purtroppo non è così per tutto l’alimentare. La strada del recupero è lunga per tutti”. Al botto della festa non si rinuncia e ciò fa registrare una crescita prevista del 3,9%, passando da 54 a 56,1 milioni di bottiglie vendute. Di queste, circa il 30% è consumato fuori casa, non ancora in grado di attaccare il mitico record del 48% degli anni boom. Valori quasi stabili all’origine (+0,4%), valori in crescita al consumo. Il giro d’affari dovrebbe attestarsi per queste feste a 445 milioni di euro, in crescita del 2,2% rispetto al 2014.

Meno tappi per i metodi tradizioni leader, da Trento a Franciacorta: i topbrand  Ferrari, Berlucchi, Bellavista insieme superano i 5 milioni di bottiglie stappate. Regressione o conferma dati ultimi anni per Asti, Brachetto d’Acqui, Oltrepò Pavese. “Non hanno una motivazione prioritaria di scelta” questa la causa dei cali per certe bollicine. In horeca i segnali sono ancora molto stazionari, niente grandi numeri: segni positivi solo per le etichette leader e per il Prosecco doc. Anche per le feste 2015-2016 il fenomeno Prosecco spumante veneto si conferma il più richiesto. Valdobbiadene docg e Prosecco doc, particolarmente richiesti in cenoni e catering, segnano al consumo un prezzo, fra 3,60 e 6,90 euro/bott, confermati o in calo i prezzi di altre denominazioni. A ruba, il primo giro di offerte nella Gdo per Trento e Franciacorta, fra 5,70 e 8,75 euro/bott. Il Cartizze tiene il prezzo fra 9,50 e 14 euro, dimostrandosi il metodo italiano più caro in assoluto. Buoni segnali di crescita vengono anche dai piccoli brand locali, regionali, come Gavi e Lambrusco. Segnano ancora un calo il Cava spagnolo e altri di importazione, mentre lo Champagne cresce ma solo per i grandi brand e riserve; calo invece delle etichette francesi di primo prezzo e mass market.

Dall’estero segnali molto positivi, anzi è un record dei record: in tutto il mondo saranno stappate (solo durante le feste e in 84 paesi) 165.000.000 di bottiglie (+24% sui consumi delle feste 2014). “Azzardando, ma basandoci su 25 anni di esperienza – annota Comolli – questo volume può rappresentare il 47% del totale esportato nell’anno 2015 che rappresenterà anche un nuovo record. Già nel 2013 e poi nel 2014 l’Italia è diventato il primo paese al mondo per esportazione di vini spumanti e bollicine (escluso i frizzanti) e già durante le festività 2014 le bollicine effervescenti made in Italy erano le più stappate al mondo. “Ma attenzione a non sparare dati falsi o presunti per solo effetto mediatico” perché si droga il mercato.  Nel 2015 il superamento dei numeri di Champagne, Cava ed altri da parte del fenomeno Valdobbiadene docg e Prosecco doc è ancora più evidente all’estero. Piace a tutti: tecnologia e qualità, alta beva e ampia scala abbinamenti, oltre a morbidezza e prezzo giusto, sono i punti di forza del Prosecco (docg-doc) per un consumatore sempre più attento e sempre più votato a scelte autonome e non guidate. Saranno gli Inglesi ancora una volta a superare gli Americani per il numero di calici bevuti durante queste feste di fine anno. I Tedeschi riagguantano la terza posizione a danni dei Russi, in fase molto critica e un po’ meno propensi a bere internazionale.


Raviolificio Poker: “Chi ha il gusto della tradizione sa di che pasta siamo fatti”

pappardelle - CopiaSapori della  terra bergamasca e non solo, ricette tradizionali e innovative, questa in sintesi è la migliore descrizione dell’attività del Raviolificio Poker, che dal 1958 ad oggi ha allargato il proprio mercato salvaguardando la  forte impronta artigianale che lo caratterizza fin dalla nascita.

Dal 2008 l’azienda ha raddoppiato la superficie destinata alla propria attività, inaugurando un nuovo sito produttivo, situato ad Albano Sant’Alessandro.

La soddisfazione del consumatore finale sta alla base di tutte le scelte aziendali e rappresenta il vero metro di giudizio sul quale si incentiva e migliora la produzione. Questa filosofia si traduce da un lato nell’utilizzo di materie prime di alta qualità, principalmente fresche e non pre-trattate, nell’assenza totale di conservanti aggiunti, di addensanti nei ripieni e di esaltatori di sapidità, dall’altro nella costante innovazione tecnologica che consente di mantenere pressoché inalterate le caratteristiche organolettiche e nutritive del prodotto fino alla sua scadenza.

Una precisa scelta è anche quella della sostenibilità ambientale, testimoniata dall’installazione di un impianto fotovoltaico e di un generatore di azoto – il gas impiegato per il confezionamento in atmosfera protettiva – in sostituzione delle bombole.carciofi 2

Sono oltre 40 le specialità del Raviolificio Poker, dai classici della tradizione agli abbinamenti più creativi. La gamma dei prodotti segue due filoni: le ricette che attingono alla cucina tradizionale del territorio (su tutti due “campioni” come Casonsèi de la Bergamasca e Scarpinòcc de Par, quelli codificati dal marchio della Camera di Commercio “Bergamo Città dei Mille… Sapori”) e le novità, frutto di una costante ricerca gastronomica e della collaborazione con chef d’esperienza.

Le proposte sono varie e stuzzicanti: Tortelli alla formaggella di monte o al celebre formaggio Rosa Camuna , Saccottino alle noci con pasta di farina di castagne,  il Pizzoccherello (pasta con grano saraceno e nel ripieno gli ingredienti classici del condimento dei Pizzoccheri valtellinesi), senza dimenticare sapori mediterranei come il Raviol Pizza (con mozzarella, pomodoro e origano), i Ravioli agli scampi e vongole e il Fior di Pantelleria (con menta e ricotta), o ancora la riscoperta delle erbe nei Ravioli con ricotta, ortica e timo.  caramelle speck trevisana sfuso

L’azienda durante gli anni è cresciuta  sul versante commerciale, ampliando canali distributivi e orizzonti. Accanto a ristoranti, grossisti, catering, gastronomie e negozi specializzati, c’è anche la GdO e al bacino consolidato della Lombardia si affianca la vendita dei prodotti Poker sul mercato estero in Francia, Lussemburgo, Portogallo e Repubblica Ceca.

 

Pastificio – Raviolificio Poker

via Spallanzani, 28

Albano Sant’Alessandro

035 581454

info@raviolificiopoker.it

www.raviolificiopoker.it


Erbe officinali, a Solto Collina crescono anche quelle degli Inca e degli Indiani d’America

Asino del lago - Stefani SavardiLavanda, fiordaliso, erba Luigia, echinacea, camomilla e ancora achillea millefoglie, aneto, anice verde, arnica, calendula, coriandolo, cumino dei prati, dragoncello, farinello aromatico, fieno greco, ginepro, malva, melissa, menta, rosa canina, rosmarino, salvia, tarassaco, timo, verga d’oro. L’elenco può proseguire fino a coprire mezza pagina. Il nome non inganni. L’azienda agricola “L’Asino del Lago” di Esmate, frazione di Solto Collina, produce creme cosmetiche a base di latte d’asino e propone passeggiate nei boschi a dorso di somarello che fanno la gioia dei più piccoli, ma è anche una delle pochissime realtà della Bergamasca specializzate nella coltivazione di erbe officinali e aromatiche. Stefania Savardi, la titolare, ha da poco rilevato i campi dal suocero, Giorgio Lottici che, insieme all’attività, le ha trasmesso la passione. «Ho iniziato a Iseo nel 2009 con gli asini – racconta -. Sono agronoma e in quel periodo facevo assistenza tecnica e consulenza agli agricoltori. Un giorno ho deciso di unire la mia passione al lavoro e ho ritirato dei terreni in modo da considerare anche l’aspetto produttivo».

Oggi l’azienda conta 2.000 metri quadrati coltivati a ortaggi e peperoncini a Iseo e circa 2.500 metri quadrati fioriti di erbe aromatiche e officinali, a Solto Collina, in un’area circondata da boschi tra Esmate (600 metri in quota) e il monte Guglielmo (1.400 metri di altitudine).

Le erbe, una sessantina di varietà, vengono raccolte a mano, essiccate, trasformate in tisane e composti aromatici, quindi confezionate in sacchetti, bustine o barattoli. La coltivazione segue i criteri dell’agricoltura biologica. I terreni soleggiati di montagna e la scelta di aree piccole rendono del resto superfluo l’uso di prodotti chimici. La resa è bassa: su 10 kg di prodotto fresco si ricavano 7-8 grammi di prodotto essiccato, ma va bene così perché ciò che importa è la qualità.

«Ho avviato l’azienda proprio nel periodo di massima crisi ma anno dopo anno cresciamo – racconta Stefania -. Le erbe e in generale il comparto salutistico rappresentano una nicchia di mercato che tiene. Abbiamo sempre più clienti, sia privati che negozi di prodotti biologici in tutta la Bergamasca, nel bresciano e anche qualche intermediario su Milano. Quest’anno abbiamo avuto richieste di un importante birrificio che ha acquistato le nostre erbe per sperimentare delle birre aromatizzate».

monarda - erba officinale 2Ed è proprio sulla proposta delle erbe in cucina che l’azienda punta. «C’è molto interesse – spiega Stefania -. Le erbe insaporiscono e decorano i piatti, riducono l’impiego di sale e rendono i cibi più digeribili. È il caso del levistico montano, una sorta di sedano molto buono che è anche antiacido; dell’aglio orsino molto buono sulle patate lesse e nelle zuppe. Tra le erbe più particolari stanno incuriosendo quelle originarie del Brasile e dell’Argentina come la lippia argentina, conosciuta come tè degli Inca, molto profumata e buonissima nelle minestre, la verbena odorosa, digestiva-rilassante e la Monarda, un fiore rosso originario del Nord America che può essere usato nei risotti al posto dello zafferano e dà benefici nei casi di mal di testa e di cattiva circolazione. Come aromatiche piacciono molto le combinazioni di erbe e fiori per le grigliate, gli arrosti, i formaggi, le minestre. Tra le erbe officinali classiche, invece, vanno per la maggiore la malva, la camomilla, la calendula, l’echinacea».

Nella gestione dell’azienda Stefania non è sola: l’aiutano il marito Matteo Lottici, i genitori che si occupano dei campi a Iseo, e i suoceri Giorgio e Gabriella che l’affiancano con la loro lunga esperienza nella coltivazione di erbe e fiori a Solto Collina. In cantiere per il futuro ci sono progetti ambiziosi: «La burocrazia come avviene per tutte le piccole imprese ci rallenta ma vorremmo espandere le erbe officinali e proporle non solo per le tisane, avviare collaborazioni con birrifici e produrre confetture aromatizzate alle erbe e composte salate».

www.asinodellago.it