Musica, massaggi, docce: la dolce vita delle mucche della cascina Guardiola

Azienda agricola Ciocca - Treviglio - Antonio Ciocca e la moglie Antonella ViolaNella Bassa bergamasca un’azienda agricola ha scoperto il “segreto” per produrre formaggio, burro e yogurt eccellenti: il latte di mucche coccolate da spazzolatrici, allevate con un’alimentazione naturale ascolta
ndo musica in sottofondo e senza stress da super mungitura. Il caseificio è nella cascina Guardiola alla Geromina, frazione di Treviglio, dove c’è anche uno spaccio con i prodotti di altri agricoltori a chilometro zero, gestito da marito e moglie, Antonio Ciocca e Antonella Viola.

Ma non si può considerare l’attività casearia senza aver prima visitato l’azienda agricola in via del Bosco, in aperta campagna, avviata nel 1965 dal padre di Luigi, Antonio. Fin da allora l’allevamento rispettava i cicli della natura e i bovini erano solo 25. Nel 1992 è avvenuto il passaggio al figlio. Oggi i capi sono 110 e continuano a vivere in una condizione di cura invidiabile con tanto spazio e comfort a loro disposizione. Le mucche hanno un loro nome e sono parte preziosa di un’attività a carattere familiare, come dimostra il loro trattamento: si pretende che producano “solo” 25 litri di latte in media al giorno, sono nutrite con erba e fieno, partoriscono fino a otto volte e quando invecchiano sono messe in un’area più tranquilla. Nella stalla c’è anche una grossa spazzolatrice verde elettrica: gli animali autonomamente ci mettono sotto la testa e si fanno massaggiare collo e orecchie. Se il macchinario non si aziona, richiamano l’attenzione dell’addetto. Le mucche si coricano su morbidi materassini in gomma. E, d’estate, sopra le mangiatoie, ci sono docce nebulizzatrici che grazie ai ventilatori rinfrescando l’aria e le invogliano a mangiare.

azienda ciocca mucca che si spazzola da sola«Vuole sapere quale sarà il mio prossimo passo? Vorrei creare il pascolo, lasciarle libere, ci ho già provato ma non è facile, sono animali intelligenti – è il afferma Ciocca -. Un giorno, mentre stavo rifacendo il pavimento della stalla, avevo messo le bovine in un’area recintata, ma due vacche hanno spinto contro una loro compagna, riuscendo così a scavalcare l’ostacolo».

Ci sono anche stati alti e bassi, superati con costanza e dedizione al lavoro. «Avevo 400 capi, di cui 180 da mungitura, ho investito, assunto dipendenti e iniziato a vendere latte alle industrie, entrando in un circolo vizioso – spiega Ciocca – perché poi sei costretto a produrre sempre di più dal momento che il prezzo viene abbassato e non riesci più a far fronte alle spese. Gli animali, negli allevamenti intensivi, sono portati a fornire fino a sessanta litri di latte al giorno e così sfiancati, dopo un paio di parti, finiscono al macello».

Nel 2001 una malattia contagiosa gli ha imposto l’abbattimento di tutti i capi. Ma il trevigliese si è rimboccato le maniche e ha ricomposto la mandria, aprendo nel 2008 i distributori di latte crudo a Cavenago, Capriate, Suisio e Bellusco. Tuttavia, dopo il successo iniziale, il progetto non ha suscitato più il forte interesse iniziale. «Se non fai altro, non campi», si è detto l’allevatore che ha cambiato rotta, decidendo di dedicarsi alla trasformazione del suo latte. Chi si reca in cascina è attratto dal gusto unico di due formaggi speciali che, già nel nome delle due frazioni, sono un omaggio al territorio: Cerreto, compatto e dolce, realizzato da latte intero, stagionato da un mese e mezzo a tre mesi, che può somigliare alla fontina, e Geromina, a pasta morbida, con almeno otto mesi di stagionatura, prodotto da latte spannato in forme che raggiungono i nove chili.

I prodotti sono finiti anche in vetrina per tutta la durata di Expo nel padiglione allestito vicino all’albero della vita. Le varietà casearie sono tante: c’è il mucchino, che piace ai bambini, simile al caprino, ma prodotto con latte vaccino, e i freschissimi come mozzarella, ricotta, crescenza e primo sale. Nelle formagelle, stagionate per due mesi, si spazia con i sapori: possono essere al peperoncino, al pistacchio, alla cannella, alle olive, all’erba cipollina, al finocchio e ai capperi. Il latte è conferito all’Associazione produttori latte della Pianura Padana e a Copagri per il progetto “Buono e onesto”, che consiste nel confezionamento diretto dagli allevatori. Il suo simbolo, presente sulle confezioni in tutta Europa, è la mucca Onestina colorata con la bandiera del Paese di origine. Con questo latte, i soci producono il Sovrano, un formaggio a pasta dura stagionato 25 mesi, con latte vaccino all’80% e di bufala al 20, Fattorie Bresciane con caglio vegetale e meno sale, stagionato 12 mesi, il Supremo, a 15 mesi, con solo latte vaccino. Ci sono anche la Guardiola, spalmabile, e il Pronto pentola, una miscela macinata perfetta per mantecare risotti o pasta. Lo yogurt è, oggi, solo bianco. «Non utilizzo nient’altro che prodotti di stagione, pertanto non essendoci fragole, more o mirtilli che mi rifornisce la Cascina Pelesa, preferisco non aggiungere frutta che non conosco», conclude Ciocca.

formagelle azienda ciocca


La giornata del mais, lunedì il punto su coltivazione e mercato

generica mais ritLunedì 8 febbraio, dalle 9.30, alla Sala Mosaico della Camera di commercio di Bergamo si terrà la Giornata del Mais organizzata dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria CREA – Unità di ricerca per la maiscoltura di Bergamo, diretta da Carlotta Balconi, con la collaborazione della Regione Lombardia. Quest’anno il tema affrontato è “Il mais: opportunità di mercato, coltivazione e reddito”. Durante il convegno si tratteranno anche i seguenti argomenti: il mercato del mais: prospettive per il 2016 (Dario Friso), linee guida per il controllo delle micotossine (Amedeo Reyneri), le nuove vie del miglioramento genetico (Gianni Barcaccia), monitoraggio dell’areale maidicolo mediante telerilevamento (Alberto Crema). A seguire una tavola rotonda moderata da Lorenzo Andreotti dal titolo “Mais italiano: che mercato ci aspetta?”. Interverranno Coldiretti Bergamo, Confagricoltura Bergamo, MiPAAF, Associazione Granaria di Milano, Assosementi, Ami, Aires, Assalzoo, Confai, Roquette Group.

Nella sessione pomeridiana saranno presentati i risultati delle attività di sperimentazione agronomica realizzate nel corso della campagna maidicola 2015 da CREA, Unità di Ricerca per la Maiscoltura di Bergamo, in collaborazione con altre istituzioni di ricerca. Gli interventi saranno dedicati alle reti nazionali di sperimentazione agronomica (Gianfranco Mazzinelli), alla performance agronomico-qualitativa degli ibridi da trinciato (Michela Alfieri), all’attività di sperimentazione del Registro nazionale delle varietà (Anna Giulini, Giovanni Corsi) e all’attività di miglioramento genetico (Fabio Introzzi, Luigi Degano). Un contributo sarà dedicato alle micotossine e al livello di contaminazione nelle produzioni maidicole italiane, rilevato tramite la rete di monitoraggio nell’ambito del Progetto Rete Qualità Mais finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (Sabrina Locatelli). Infine una prospettiva di valorizzazione nutrizionale del mais per l’alimentazione umana (Elisabetta Lupotto).


Bocuse d’Or Italia, la vittoria al bergamasco Marco Acquaroli

Sarà ancora un bergamasco a rappresentare l’Italia al Bocuse d’Or, il più prestigioso concorso di cucina al mondo, voluto dal mitico chef Paul Bocuse.

Dopo Aberto Zanoletti, vincitore delle selezioni nel 2010, svoltesi alla fiera di Bergamo, è stato Marco Acquaroli, originario di Sarnico, ad imporsi al Teatro sociale di Alba nella sfida nazionale che ha visto in gara – nelle giornate del 31 gennaio e del primo febbraio – 12 concorrenti.

Poco più che trentenne, Acquaroli lavora attualmente in Svizzera al Four Seasons Des Bergues di Ginevra. Prima di questo ha collezionato altre esperienze in alcuni Four Seasons in giro per il mondo, al Geranium di Copenaghen e a Piazza Duomo ad Alba. Per accedere alla finale mondiale, in programma a Lione nel gennaio del 2017, dovrà superare lo scoglio degli Europei, in programma il 10 e 11 maggio prossimi a Budapest, con 20 nazioni partecipanti.

La nostra cucina ha brillato al concorso anche grazie all’altro bergamasco in competizione, Francesco Gotti, che si è aggiudicato il premio per il miglior piatto di carne (il tema era il cervo). Miglior piatto di pesce (storione e caviale) quello di Debora Fantini, unica donna in gara.


La birra artigianale prende il volo. A Orio il primo pub monomarca, firmato Elav

Da una parte un aeroporto che scala le classifiche nazionali. Dall’altra un birrificio che di idee e progetti ne sforna a raffica. È così che per la prima volta in un aeroporto italiano apre un pub momonarchio di birra artigianale.

Succede nell’area imbarchi di Orio al Serio ad opera del Birrificio Indipendente Elav di Comun Nuovo, che ha siglato una partnership con la società che gestisce l’area per allestire e fornire lo spazio con le proprie birre e tutti i prodotti a marchio. Si tratta di  un pub tutto italiano dove i passeggeri in partenza potranno rilassarsi in attesa del proprio volo. Dieci spine offrono le birre cult del birrificio e a rotazione le speciali e stagionali, mentre sugli scaffali si trovano tutte le altre etichette Elav in bottiglia, da acquistare e portare anche in volo. In più i gadget Elav e tutti i prodotti dolciari della linea “Dissonanze di Elav”.

birrificio elav in aerporto orio al serio 2Forte di un incremento del 18,6% nel 2105, che ha portato a superare la quota dei 10 milioni di passeggeri (10.404.625), lo scalo bergamasco è impegnato a sostenere le potenzialità di traffico e a garantire al contempo la qualità dei servizi all’utenza, alle compagnie aree e agli operatori. Tra le azioni di adeguamento delle infrastrutture dedicate ai passeggeri, l’apertura di nuove attività nell’area imbarchi e da qui la possibilità di creare uno spazio unico nel suo genere con il primo pub di birra artigianale italiana a marchio.

«Un’importante novità che inaugura una nuova tendenza – spiega il Birrificio Elav -. Se infatti all’interno degli aeroporti siamo stati abituati a trovare prodotti di qualità e prestigio, perché così succede a moda e accessori e sempre più anche in riferimento al food&beverage, per il prodotto birra l’offerta si era fino ad ora limitata quasi esclusivamente a marchi industriali. Da parte sua la birra artigianale italiana ha raggiunto in questi ultimi anni livelli di qualità importanti, nonché un’ottima reputazione anche in ambito internazionale. Il posizionamento di Elav all’aeroporto di Orio risulta in questo senso come una naturale conseguenza di questo doppio movimento verso la qualità ed offrirà la possibilità al pubblico internazionale in transito ad Orio di godersi un’ottima birra artigianale Elav, sia prima che durante un volo. Oltre infatti a poter scegliere tra una vasta gamma di prodotti alla spina da godersi per ingannare l’attesa e l’ansia del volo, sarà anche possibile acquistare le bottiglie dallo scaffale o le stesse birre alla spina spillate con uno speciale sistema a pressione in bottiglie sigillate take-away da 1 litro».


Bambini al ristorante, «il divieto è legittimo»

cibo-bambini-coloriL’ultimo in ordine di tempo a salire alla ribalta della cronaca è stato un ristoratore romano – titolare de “La Fraschetta del Pesce” in zona Casalbertone – che con un eloquente cartello all’entrata dichiara: «A causa di episodi spiacevoli dovuti alla mancanza di educazione, in questo locale non è gradita la presenza di bambini minori di 5 anni, nonché l’ingresso di passeggini e/o seggioloni per motivi di spazio».

Il tema dei bambini al ristorante e delle limitazioni al loro accesso si ripresenta ciclicamente (qualche anno fa, ad esempio, la discussione era partita per il divieto ai pargoli dopo le 21 di una pizzeria nel bresciano) e così la Fipe, la Federazione dei pubblici esercizi del sistema Confcommercio, ha colto l’occasione per fare il punto sulla possibilità di un titolare di pubblico esercizio di selezionare la clientela.

La fonte normativa è nell’articolo 187 del regolamento di esecuzione del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, che risale al 1940 e che recita: «Salvo quanto dispongono gli articoli 689 e 691 del codice penale (divieto di servire alcoolici a minori ed ubriachi), gli esercenti non possono, senza legittimo motivo, rifiutare le prestazioni a chiunque le domandi e ne corrisponda il prezzo».

«Per fornire una interpretazione esatta occorre identificare i legittimi motivi che possono consentire ad un esercente di rifiutare la prestazione – spiega la Federazione -. Sicuramente non possono essere addotte motivazioni di carattere sessuale, politico, religioso e razziale, in quanto in contrasto con disposizioni di ordine pubblico. Ciò premesso, si deve ritenere come, in assenza di una specifica giurisprudenza, eventuali limitazioni (ad esempio sul modo di vestire) debbano essere, in ogni caso, oggettive e predeterminate e portate preventivamente a conoscenza della clientela».

Sono pertanto ritenute legittime prescrizioni concernenti l’abbigliamento (richiesta di giacca e cravatta, ad esempio) o l’obbligo di prenotazione del tavolo.

Per quanto riguarda l’accesso di minori (ferme restando le limitazioni connesse ad una eventuale attività in contrasto con la loro presenza ed imposte per legge o per atto della Pubblica Amministrazione, come topless bar, lap dance), la Federazione ritiene «legittimo l’operato di chi nel proprio locale limita l’accesso di bambini che si possono, con tutte le probabilità, rivelare fastidiosi ed indisponenti per il resto della clientela anch’essa meritevole di tutela, sulla base dell’assioma per il quale il proprio diritto finisce dove inizia quello dell’altro». «Obiettivamente esistono, inoltre, motivazioni connesse alla sicurezza degli stessi bambini che consigliano di evitarne la presenza in locali dove vi sono apparecchiature o altre occasioni di pericolo che sfuggono alla sorveglianza dei genitori».


Il locale che va controcorrente: dalla pizzeria di montagna alla cucina gourmet

Quando tanti suoi colleghi hanno aggiunto la pizza nel loro menù, Paolo Cortinovis, 39 anni, a Selvino ha compiuto un gesto controtendenza e coraggioso: si è sbarazzato del forno e ha votato il suo ristorante alla cucina gourmet. Dal ’69 il Sorriso era un ristorante-pizzeria. Lo gestiva il papà Emilio, lì conosciuto come Nani. Nel 2004 Paolo e la moglie Michela sono subentrati nella conduzione del locale. «Abbiamo cercato da subito di portare sempre più avanti il ristorante, poi l’hanno scorso abbiamo fatto una scelta radicale e deciso di fare solo ristorante».  «I clienti sono rimasti spiazzati. Da un giorno all’altro si sono trovati senza pizza – racconta Paolo -. Per me non è stata una scelta difficile. La mia cucina era già ricercata, ho solo seguito la mia linea». «All’inizio mi dicevano “tu sei pazzo” ma la pizzeria portava avanti solo i numeri, con la qualità che avevo in mente io non c’entrava niente.  Mio papà, che era il pizzaiolo, è stato d’accordo, era stanco di lavorare al forno».

A cambiare del tutto il locale Paolo ci pensava già dal 2009, poi si è deciso: gli affari andavano bene, i piatti piacevano, così a gennaio lui e Michela hanno chiuso per due mesi e hanno ribaltato tutto, dalla cucina alla sala. Ora il ristorante non ha più niente dello stile di montagna che aveva prima. Gli ambienti sono raffinatissimi, in linea con la proposta in carta. In menù si possono trovare piatti di pesce, paste fresche fatte in casa, carni e dolci al piatto, che cambiano secondo la stagionalità e sono frutto di una ricerca attenta degli ingredienti e di una cura precisa nella presentazione.

I piatti della tradizione sono proposti in chiave moderna e con abbinamenti particolari. In questo periodo si possono trovare i casoncelli di Paolo, piatto irrinunciabile per i clienti, il piccione in doppia cottura servito con patate affumicate e la trilogia di castagne: castagnaccio, marron glacè e castagne al vapore e rum con panna montata.

La cantina ha più di 100 etichette con una buona rappresentanza di vini del territorio ed è in crescita. In sala i posti, che prima erano 60, sono scesi a 35, sempre per una logica di qualità e c’è un grazioso giardino. «Tanti clienti mi hanno detto che finalmente il ristorante rispecchia la mia cucina, era quello che desideravo. Ora le tavolate non le faccio più, ma sono soddisfatto della mia scelta».


Cuochi, i primi Campionati della cucina italiana di scena a Montichiari

Dal 18 al 21 marzo prossimi alla Fiera di Montichiari (Bs), la Federazione italiana cuochi organizza i primi Campionati della cucina italiana.

Su un’area di 1.500 mq, le strutture della Fic ospiteranno le più svariate discipline internazionali da concorso di cucina e pasticceria, offrendo la più estesa e completa competizione italiana per le categorie in gara. In programma ci sono infatti ben 10 sfide, quelle di cucina calda (sia a squadre sia per singoli), cucina fredda (a squadre e singoli), pasticceria da ristorazione (singoli), la combinata a squadre (cucina calda + fredda), due competizioni artistiche (settore salato e dolce) e due contest (le selezioni italiane per la “Catering Cup” di Lione e la finale italiana del concorso per il miglior allievo degli Istituti alberghieri).

Il concorsi sono aperti a cuochi e professionisti iscritti alla Fic, operanti in Italia e all’estero. La competizione è riconosciuta dall’Associazione mondiale Cuochi Wacs.

Lo spazio della Federazione è all’interno del padiglione “Origine”, salone nazionale dedicato ai prodotti agroalimentari tipici ed alle produzioni d’eccellenza. Per l’occasione, sul palco dell’associazione si farà spazio a testimonianze inedite di produttori d’eccellenza, seminari formativi e cooking show di grandi professionisti ad integrare quattro giorni di iniziative e confronto.


Gelati, al Sigep c’è anche quello al caprino bergamasco

Al Sigep di Rimini, palcoscenico delle novità e delle tendenze di tutto il mondo in tema di gelateria e pasticceria di scena dal 23 al 27 gennaio, Bergamo non manca di dare la propria impronta. Sia con le aziende espositrici, ben 32, sia con gli artigiani del gelato, sempre pronti a mettere a punto gusti speciali e intriganti.

Quest’anno, nell’ambito delle iniziative dei Maestri della Gelateria Italiana (pad. C1, stand 021), i due Maestri orobici Candida Pelizzoli e Ronald Tellini si cimenteranno rispettivamente nella preparazione in diretta in un gelato al caprino bergamasco (sabato 23 gennaio) e del nuovo gusto Campos (lunedì 25).

Il tema sviluppato in questa edizione dall’Associazione – che ha sede presso l’Università dei Sapori di Perugia – è “Gusti e Colori della Natura” e prosegue nel percorso già avviato di valorizzazione dei gelati attenti alla salute e all’apporto calorico che non dimenticano, però, il piacere del palato. Sono coinvolti 16 Maestri della Gelateria, ognuno chiamato a presentare la propria proposta, giocando tra identità territoriale ed artistica.

candida pelizzoli - gelateria Oasi - Badalasco«La scelta di fare un gelato al caprino – racconta Candida Pelizzoli, della gelateria Oasi di Fara Gera d’Adda, che è anche vicepresidente dell’associazione – risponde al tema del gelato funzionale e salutistico, ma diventa anche occasione per promuovere il prodotti del territorio. Proprio qui a Badalasco, a una manciata di chilometri dalla gelateria, ci sono ben tre aziende che producono latte e formaggi di capra, non potevo lasciarmi sfuggire l’occasione di utilizzare prodotti freschi e locali». Il gelato al caprino è fatto con pochissimi ingredienti: latte di capra, formaggio caprino e un po’ di zucchero. «È quindi indicato per chi ha intolleranze al latte vaccino, come me – spiega Candida -, in più ha poche calorie e pochi grassi. Al palato è fresco e cremoso e ricorda la piacevolezza del formaggio, cosa che lo rende indicato anche per abbinamenti diversi, ad esempio con insalate e piatti freddi».

ronald tellinij.pgHa pescato in casa anche Ronald Tellini, titolare della gelateria Pandizucchero di Almè, ma il risultato è più “esotico”. Il suo gelato, Campos, prende infatti il nome dal suo collaboratore brasiliano, Diego Campos e da sua padre, che gli ha fatto scoprire la varietà di cacao utilizzata, che si unisce alle nocciole per dare vita al gusto gianduia, variegato con lamponi poché e croccante feuillettine. «Il risultato – dice Tellini – è un gelato con un indice glicemico più basso di circa il 20% rispetto alla media», ma sicuramente prezioso e goloso a giudicare dagli ingredienti.

Come Candida Pelizzoli anche Tellini caratterizza la propria attività per la ricerca continua. «Credo che sia ciò che permette di distinguersi e di continuare a sopravvivere – evidenzia, dall’alto dei suoi 26 anni di esperienza e la passione per i semifreddi -. In questo periodo, ad esempio, sto mettendo a punto dei frollini a base di farina di castagne, nocciole e cioccolato, e anche per carnevale non farò le solite chiacchiere, ma delle lattughe mantovane dalla sfoglia sottilissima. Lavorare in questo modo significa prove su prove, selezione delle materie prime e, ovviamente, anche prezzi un po’ più alti, ma è l’unico modo per differenziarsi».

 


Osteria della Dogana, il sogno realizzato di Leo

Fa un po’ fatica Leonard Vjerdha (63 anni), Leo per gli amici, a mascherare il proprio orgoglio, la soddisfazione per aver realizzato un’impresa così importante, forse un sogno, come l’aver dato una sede tutta nuova all’Osteria della Dogana, a Bergamo, in via Rovelli 28. Lui che nel 1992 era sbarcato in Puglia proveniente da Scutari, in Albania, con moglie e due figli in cerca di fortuna, probabilmente l’ha trovata. «Ci siamo dati da fare e non è stato facile – racconta Leo – ma aiutandoci l’un l’altro dal dicembre 2014 siamo nel nostro nuovo locale, che ci sta già dando delle buone soddisfazioni. Funziona infatti da mattina a sera, cominciando dalle colazioni proseguendo con il pranzo sino agli aperitivi ed infine la cena. Non abbiamo giorno di chiusura».

I primi passi nel mondo della ristorazione la famiglia Vjerdha li ha compiuti proprio in Puglia dove, tra l’altro, il figlio Elton (35 anni), attuale chef, ha frequentato l’Istituto Alberghiero a Otranto. Oltre che da Elton, Leo è stato affiancato dalla moglie Zhlieta (58 anni) e dall’altro figlio Mario (32 anni) che si occupa della sala. Più recentemente si sono aggiunte le due nuore Julita, moglie di Elton, e Fationa moglie di Mario.

«Siamo arrivati a Bergamo nel 2002 – prosegue il suo racconto Leonard – ed abbiamo preso in gestione l’Osteria della Dogana che era al civico numero 30, sempre di via Rovelli: ci siamo spostati di un solo numero, che in realtà vuol dire circa duecento metri in linea d’aria tra il nuovo ed il vecchio locale». «Già quando abbiano cominciato noi – ricorda – il lavoro indotto dagli uffici della Dogana stava diminuendo perché la sede era stata spostata. Abbiamo sempre avuto però un buon nucleo di clienti ed è stato proprio per mantenerli e servirli meglio che abbiamo deciso di creare questa nuova struttura. Si trattava soprattutto di una questione di spazio, per il servizio ma anche per la cucina, per poter lavorare meglio».

osteria della dogana 3In effetti la nuova Osteria è proprio un bel locale, arredato con gusto e soluzioni di design, molto lineare per un totale di 55 coperti ed una zona bar-tabacchi abbastanza defilata che non interferisce con il lavoro di ristorazione.

«Per quanto riguarda la cucina – dice Elton che ai fornelli è aiutato dalla mamma – lavoriamo in maniera tradizionale con un occhio all’evolversi del gusto. L’attenzione maggiore è riservata al pesce, soprattutto spada e tonno che abbiamo sempre freschi. Non dobbiamo dimenticare che abbiamo clienti che mangiano da noi da dieci, dodici anni, significa di certo che c’è un buon rapporto ma anche che occorre sempre introdurre delle novità. Altro aspetto essenziale – aggiunge – è la qualità delle materie prime». La proposta è varia. «Per 15 euro – spiega – abbiamo il menù fisso alla domenica a mezzogiorno col quale cerchiamo di coinvolgere le famiglie, vogliamo farci conoscere il più possibile, alla sera invece si mangia alla carta. La pizza c’è sempre come il pane che il babbo sforna ogni giorno, anche i dolci sono fatti in casa».

Sbirciando nel menù alla carta abbiamo avuto la conferma che è il pesce il protagonista. Ai piatti di terra viene riservato uno spazio abbastanza contenuto, quasi l’indispensabile si potrebbe dire, con i salumi, la parmigiana di melanzane, gli immancabili casoncelli alla bergamasca e poi i tagli nobili della carne come filetto, tagliata e controfiletto, per fare qualche esempio. Sul mare si spazia invece da un grande antipasto con ostriche, alle linguine con piovra e gamberetti tra i primi fino allo spada alla livornese tra i secondi piatti. Questo in estrema sintesi. L’obiettivo è comunque quello di dare della buona qualità ad un giusto prezzo. Per un pranzo di tre portate e quindi antipasto, primo e secondo, il prezzo si aggira sui 35 euro vini esclusi.

Provato per voi/ Il menù a prezzo fisso

L’attenzione in più sta nel fatto che il menù del pranzo a prezzo fisso viene pubblicato quotidianamente sulla pagina Facebook del locale. I clienti, quindi, possono orientarsi in anticipo sulle loro scelte e, perché no, pregustare la propria pausa. All’Osteria della Dogana il menù fisso – che comprende primo, secondo piatto, contorno, vino, acqua e caffè – costa dieci euro, nove se si sceglie solo un piatto sia che si tratti del primo o del secondo. Ogni giorno c’è almeno un piatto a base di pesce. C’è anche il menù pizza che però a mezzogiorno non è particolarmente gettonato.

I classici, e cioè gli spaghetti al pomodoro, aglio e olio o al pesto, non mancano mai come la braciola o la bistecca ai ferri tra i secondi. In aggiunta abbiamo trovato in occasione della nostra visita: gnocchi speck e brie, paccheri con bocconcini di tonno, filetto di maiale al pepe verde, scaloppine alla valdostana e roast beef. Insalata mista, patatine fritte e cornetti al burro la scelta per quanto riguarda i contorni. Sfogliando i menù dei giorni precedenti abbiamo trovato un risotto con carciofi e taleggio e un carpaccio di tonno rosso con misticanza di verdure e arancia che non avremmo certo disdegnato.

Abbiamo scelto gli gnocchi speck e brie e le scaloppine alla valdostana con contorno di cornetti al burro. Precisione e servizio inappuntabile, cucina decisamente semplice e gradevole per un più che corretto rapporto qualità-prezzo.

Osteria della Dogana - esternoOsteria della Dogana
via Pietro Rovelli, 28
Bergamo
tel. 035 239483
sempre aperto


Birrai emergenti, terzo posto per l’Hop Skin di Curno

Fabio Brocca del birrificio Lambrate è il birraio dell’Anno 2015. Nella categoria emergenti, il successo è per il duo Matteo Pomposini e Cecilia Scisciani del marchigiano Mc 77, mentre i bergamaschi Paolo Algeri e Gioia Ravasio del Birrificio Hop Skin di Curno chiudono al terzo posto.

Questi i verdetti della settima edizione del premio dedicato agli artigiani della birra italiana, ideato da Fermento Birra, che ha vissuto le fasi finali a Firenze in una tre giorni che ha portato alla ribalta 25 birrifici, 100 birre, le cucine di strada, senza dimenticare incontri e degustazioni guidate.

Il riconoscimento al birrificio Lambrate arriva dopo un 2015 ricco di successi e novità produttive in un momento anche simbolico perché è quello dei vent’anni dell’attività (aperta nel 1996 nel quartiere milanese da cui prende il nome) e del movimento artigianale stesso.

In precedenza il titolo di birraio dell’anno se lo sono aggiudicato Simone Dal Cortivo (birrificio Birrone – 2014), Luigi D’Amelio (Extraomnes – 2013), Riccardo Franzosi (Montegioco – 2012), Gino Perissutti (Foglie d’Erba – 2011), Valter Loverier (Lovebeer – 2010) e Nicola Perra (Barely – 2009).

I giovanissimi titolari dell’Hop Skin hanno dato il via alla produzione nel dicembre 2013 e dopo qualche mese hanno aperto il pub annesso al laboratorio, dove le loro birre si accompagnano ad una cucina veloce. Si trovano in via Lega Lombarda, nei pressi del cinema Uci. In Borgo Santa Caterina hanno invece aperto il locale specializzato Beer Garage, che stasera dedica l’aperitivo proprio alla loro medaglia di bronzo.