Gelato day. I gelatieri Ascom annullano la promozione e fanno una donazione all’Ospedale di Bergamo

Il direttivo Gelatieri Bergamaschi ha deciso di sospendere la promozione della Giornata Europea del Gelato Artigianale fissata per il 24 marzo.

“Nella situazione attuale – dice la presidente Giorgia Mologni – ci sembra opportuno invitare la popolazione a stare a casa, piuttosto che uscire a mangiare il gelato.

Il Comitato Gelatieri Bergamaschi di Ascom ha deciso di devolvere la cifra destinata all’iniziativa al reparto di terapia intensiva dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, come gesto di vicinanza in questo momento drammatico per i malati e per chi si occupa di loro.

 

 


Gelato Day, i gelatieri Ascom celebrano yogurt e fragole

Il 24 marzo sarà la Giornata Europea del gelato artigianale. Anche quest’anno il gruppo Gelatieri Bergamaschi di Ascom Confcommercio Bergamo aderisce alla campagna invitando i gelatieri orobici a partecipare. 
Dopo l’edizione 2019 all’insegna dell’italianità con il Tiramisù, quest’anno è la volta dell’Olanda con lo yogurt variegato alle fragole.

L’Olanda infatti è nota non solo per i suoi caratteristici mulini a vento e per i coloratissimi tulipani, ma anche per una lunga tradizione casearia e per le sue fragole di straordinaria qualità. In Olanda è possibile trovarle tutto l’anno, tanto che nella classifica stilata da FAOSTAT il Paese risulta al 16° posto tra i produttori, con 66.100 tonnellate realizzate nel 2017.

Le gelaterie aderenti  verranno pubblicate sulle pagine Facebook e Instagram dei Gelatieri Bergamaschi. Per aderire all’iniziativa: CLICCA QUI, non oltre il 17 marzo 

Per qualsiasi informazione: alessandro.rota@ascombg.it 

 

 

 


A Torino torna il Festival del Giornalismo alimentare

Torna il Festival del Giornalismo alimentare, in programma al Lingotto di Torino dal 20 al 22 febbraio, appuntamento di riferimento per dialogare sul rapporto fra il mondo del giornalismo e quello del cibo.

Il Festival Internazionale del Giornalismo Alimentare, giunto alla quinta edizione, propone tre giorni di seminari, tavole rotonde, eventi e laboratori dedicati al racconto del cibo con un tema preciso: la lotta allo spreco alimentare. Gli argomenti sono tantissimi. Si parlerà di sugar tax e plastic tax,  di food bag, di Moca (Materiali e Oggetti a Contatto con Alimenti), di pesca e acquacoltura, di ristorazione sociale, di salute a tavola. E ancora di come comunicare la cultura del cibo, di come contrastare le pratiche sleali nel cibo, di come promuovere i territori del cibo e del vino di fronte ai nuovi scenari internazionali.

Ai 35 panel di lavoro partecipano circa 170 esperti fra giornalisti, istituzioni, imprenditori, foodblogger, influencer, professionisti della sicurezza alimentare, chef e rappresentanti del mondo associazionistico.

Tra i relatori ci saranno anche Andrea Bonini, direttore del Seminario Veronelli che venerdì interverrà all’incontro “La cultura gastronomica guarda al futuro”; e Andrea Rossi , presidente Cooperativa Clarabella di Corte Franca che, sempre venerdì, racconterà l’esperienza virtuosa della cooperativa bresciana nel talk “Il cibo come veicolo di promozione sociale. Dai campi al ristorante, progetti che comunicano (in modo efficace) l’inclusione.

Come nelle scorse edizioni, al termine delle prime due giornate di lavoro e nel corso della terza, la discussione proseguirà fuori dal Centro Congressi, con una serie di eventi “extra festival” riservati ai giornalisti e blogger.

 

Informazioni e programma qui

 


Cristian Fagone “La stella? La dedico a mia moglie”

Un ex deposito di autobus, una coppia di sposi nemmeno trentenni e un progetto di vita e lavoro da oggi sotto una buona stella (Michelin). Cristian Fagone, chef bergamasco di Impronte, in Via Baioni, oggi 33enne, è tra le giovani promesse della ristorazione italiana segnalata dalla prestigiosa Guida Rossa. E la sua storia ha il sapore della favola. Con un diploma di geometra in tasca, bussa a 19 anni alla porta di Giancarlo Morelli, al Pomiroeu, a Seregno. Cresce a fianco di Philippe Leveillè, per poi andare a scuola dai fratelli Alajmo.

Dopo dieci stagioni di formazione e gavetta, a 29 anni, decide di mettersi in proprio nella sua Bergamo e la moglie sposa subito il suo progetto, lasciando la carriera nel marketing. Cercano un ex ambiente industriale da ristrutturare in città e in sette mesi di lavoro matto e disperatissimo, tra la concretezza del geometra e la frenesia creativa dello chef, nasce “Impronte”. Un loft dall’arredo minimalista, contraddistinto dal contrasto materico tra legno e acciaio e da una progettazione accurata dell’illuminazione. Qui nascono piatti pronti ad esaltare la materia prima, in un’interpretazione della cucina italiana molto personale e istintiva che- parola dello chef- punta a raccontare una storia e a costruire ricordi.

Dal 7 novembre di quest’anno, a meno di tre anni dall’inaugurazione del locale, è arrivata la prima stella: “È stato un bello choc- racconta Cristian Fagone che si è trovato a gestire duecento telefonate dall’oggi all’indomani-. Avevamo ricevuto l’invito per la cerimonia a Piacenza, ma finché non ho visto la giacca con ricamato il mio nome non ci ho creduto. E sono quasi svenuto per l’emozione”.

A chi dedica questo riconoscimento?

Senza dubbio a mia moglie, Francesca Mauri, che ogni giorno mi affianca in sala al ristorante.

Quanto conta il matrimonio perfetto tra le due anime del ristorante, sala e cucina?

I riflettori sono sempre puntati sulla cucina, ma nessuno chef può portare avanti alcun progetto senza la sala. L’arte dell’accoglienza e della presentazione dei piatti è fondamentale. Ed è in sala che si avverte maggiormente il bisogno di professionisti. Io sono fortunatissimo ad avere mia moglie, che è un portento, oltre che nell’ospitalità, in organizzazione, non a caso è stata responsabile marketing per una grande azienda. E riesce ad essere anche una mamma straordinaria.

Quali sono le cifre distintive della sua cucina?

Amo la cucina italiana con creatività mediterranea e influenze siciliane, terra di mio padre Carmelo, originario di Ramacca, in provincia di Catania. Adoro le note acide e legnose, capaci di amplificare il gusto e rendere più complesso un piatto e mi piace giocare con diverse consistenze e con il contrasto caldo- freddo.

Una sua ricetta emblematica per contrasti e complessità di gusto?

“In fondo al mar” cerca di portare in spiaggia, con una tartare di dentice marinata con limone, mandorla pizzuta di Avola, acciughe, ostriche, lattuga di mare e salicornia.

Quale ingrediente non può mancare nella sua cucina?

Non posso fare a meno di un ottimo olio extravergine, ancora siciliano, il monocultivar Nocellara del Belice.

Quando nasce la sua passione per la cucina?

Da bambino. Mia madre, Nicoletta Terraneo, è un’ottima cuoca e a lei mi rimandano i ricordi delle prime mani in pasta e delle pentole sul fuoco. Ma nella nostra dispensa sono sempre arrivati dalla Sicilia, tanti prodotti eccezionali, dal pomodoro alla ricotta salata, dall’olio alle mandorle.

Il suo non è un percorso canonico. Ha studiato da geometra ma dopo il diploma ha deciso di entrare in una grande cucina, al Pomiroeu…

Non avevo nessuna esperienza, ma tanta passione e voglia di fare. Lo chef Giancarlo Morelli mi ha dato fiducia e l’opportunità di imparare le basi della cucina e di mettermi alla prova con il lavoro di brigata. Sono stato un anno e mezzo nella sua cucina, prima di intraprendere nuove esperienze, a fianco di Philippe Lèveillè al “Miramonti l’altro” di Concesio e da Massimiliano Alajmo a “Le Calandre”, dopo aver frequentato il suo master di Cucina italiana.

Qual è stata l’esperienza più formativa della sua carriera?

Massimiliano Alajmo mi ha insegnato moltissimo, a partire dall’umiltà nell’approccio. E poi il rispetto profondo per la materia prima, che sta sopra a tutto. Ho capito che il mio lavoro l’ho scelto per necessità espressiva, per raccontare emozioni, senza inutili orpelli, ma al servizio degli ingredienti.

Qual è il complimento più grande che le si possa fare per un piatto?

Mi piace salutare sempre i clienti e ricevere il loro parere. Quando mi dicono che ho riacceso in loro un ricordo, capisco di avere fatto un buon lavoro. Perché per me in questo sta il senso del mio lavoro: trasmettere emozioni e ravvivare ricordi. Non c’è emozione più autentica del ricordo.

E il suo ricordo in cucina dove la porta?

Senza dubbio alla mia infanzia. Quante volte ho mangiato la pasta al pomodoro con la ricotta salata? Mi ricorda i pomeriggi d’estate con pentoloni di salsa di pomodoro al fuoco per avere la passata tutto l’inverno, il profumo dei pomodori maturati al sole e del basilico.

Ne è nato un piatto?

In realtà ne sono nati due. Fino a due anni fa proponevo un raviolo ricotta e pomodoro, con un ripieno di riduzione di pomodoro San Marzano, condito con olio, ricotta salata e una granita al limone. Poi in vacanza, in Sicilia, ho assaggiato una pasta alla Norma e così è nato il raviolo alla Norma, con melanzane e una granita al basilico.

Come cambia il suo lavoro da oggi? Quali nuovi progetti ha all’orizzonte?

Il mio progetto resta quello di sempre: fare contenti i miei clienti e continuare a sviluppare l’attività, cercando di innalzare sempre la qualità. Il lavoro non è cambiato ma l’effetto-stella c’è: abbiamo ricevuto tantissime chiamate.

photo di Matteo Zanardi


Non solo Spritz e patatine

Cosa c’è di meglio del gustare un aperitivo in compagnia dei propri amici? Nulla se si pensa che l’happy hour rappresenta uno dei momenti più rilassanti e conviviali della giornata. Ma se siete stufi della solita accoppiata “Spritz e patatine” nessun problema. Oggi l’aperitivo è infatti al centro di nuove tendenze come ci spiega Andrea Villa, barman e titolare del M10 Cafè di Lesmo, in Brianza, e docente dell’Accademia del Gusto.

Quanto è importante rinnovare il momento dell’aperitivo?

È fondamentale perché bisogna uscire dall’idea che l’aperitivo sia un semplice “aprire una bottiglietta di prodotto già fatto” e servire al cliente delle patatine in busta. Il mondo del bar e della miscelazione si sta infatti evolvendo con velocità impressionanti e sta al barista avere voglia e passione di informarsi, seguire corsi, aggiornarsi e, perché no, anche vedere come lavorano i locali di grande tendenza.

Secondo lei c’è un appiattimento dei gusti?

Si ma spesso i clienti ordinano sempre le stesse cose semplicemente perché i baristi offrono le stesse cose. Il nostro è un lavoro bellissimo ma che va fatto con passione, curiosità e grande apertura mentale. È quindi importante uscire dalle mura del proprio bar e rendersi conto che fuori c’è un mondo di tendenze e di consumatori che fanno richieste diverse dai soliti drink e dalle solite pizzette. Aprirsi a nuovi orizzonti, insomma.

Ma come può un barman orientare la scelta?

Con le giuste conoscenze si possono osare sperimentazioni di prodotto e tecniche innovative dietro un banco del bar, anche tradizionale, così come fanno i grandi chef in cucina. Da prodotti e combinazioni giuste nascono infatti nuovi aperitivi accattivanti, sia da un punto di vista visivo (vestito nuovo, nuovi bicchieri etc) sia da un punto di vista gustativo. Non bisogna dimenticare mai il prezzo (food&drink cost, ndr) e nemmeno il fatto che la parola aperitivo, che deriva dal latino aperire, vuol dire aprire lo stomaco per la cena a seguire.

Questo vale anche per il cibo?

Assolutamente sì e occorre invertire la tendenza che vede l’aperitivo diventare una cena a basso costo. Un vassoio curato, magari abbinato a drink particolari avrà sicuramente più effetto di un buffet raffazzonato con prodotti di scarsa qualità. E in ultimo il barman non deve mai dimenticare che il suo lavoro è anche quello di portare gioia al cliente per farlo sentire bene e appagato dall’esperienza aperitivo.

In conclusione: un consiglio per un aperitivo innovativo?

La regola è sempre quella: sperimentare, testare e proporre qualche variazione sul tema. Nel mio locale, ad esempio, propongo l’Americano, il grande classico dei cocktail predinner, aromatizzato al caffè, in pieno stile mixology. È ottimo in accompagnamento ad esempio a un tagliere di formaggi e salumi. L’importante è cercare di variare la carta drink e dare un’immagine innovativa del locale: il tutto per garantire la piena soddisfazione del cliente che non è solo un motivo per essere orgogliosi del proprio lavoro ma è anche una strategia di fidelizzazione in ottica di marketing.

LA RICETTA
AMERICANO AROMATIZZATO AL CAFFÈ

BICCHIERE
4 Tumbler basso

INGREDIENTI
4 cl di Campari aromatizzato con chicchi caffè
4 cl Vermouth rosso
Top Ginger Beer
Ghiaccio

GARNISH
Scorza di limone e fettina di arancia

PROCEDIMENTO
In 1 litro di Campari lasciare in infusione per circa 6 ore 100 grammi di caffè in grani. Versare in un Tumbler basso 4 cl di Campari e 4 cl di Vermouth rosso. Aggiungere Ginger Beer e concludere con guarnizione finale con fetta d’arancia e scorza di limone.

 


Fida Confcommercio lancia la app anti-sprechi alimentari

Nel 2019 gli alimenti buttati sono diminuiti del 25% ma si calcola che finiscono nel cestino dei rifiuti prodotti per un valore complessivo di poco meno di 10 miliardi di euro. La lotta allo spreco coinvolge anche i negozi.  Fida Confcommercio ha lanciato una propria campagna contro gli sprechi. Si chiama “Last minute sotto casa” ed è una  app che consente al commerciante che ha in negozio alimenti, anche freschi, in prossimità di scadenza di inviare offerte scontate (dal 40 al 60%,) e al cliente di valutare in tempo reale una possibile spesa al risparmio.
La app è partita in diverse regioni del Nord e in Emilia Romagna ha prodotto una riduzione degli sprechi fino al 20%».

 

 

 
 
 

 


Per aiutare gli operatori della filiera alimentare nasce Confali

La filiera agroalimentare ha una nuova voce in Confcommercio. Si chiama Confali “Alimentare, Insieme” il nuovo organismo di coordinamento della filiera agroalimentare di Confcommercio presentato a Roma alla presenza di esponenti del governo e della politica e di rappresentanti delle organizzazioni di categoria e delle imprese del settore. Confali unisce le sette Federazioni nazionali di categoria del comparto agroalimentare già presenti in Confcommercio: Assipan (Associazione Italiana Panificatori), Assocaseari (operatori settore lattiero-caseario), Confida (distribuzione automatica di cibi e bevande), Fedagromercati (operatori all’ingrosso agro-floro-ittico-alimentari), Federgrossisti (commercio all’ingrosso dei prodotti alimentari non deperibili), Fida (Federazione Italiana Dettaglianti dell’Alimentazione) e Uniceb (Unione degli Importatori ed Esportatori Industriali, dei Commissionari, dei Grossisti, Ingrassatori, Macellatori e Spedizionieri di Carni, Bestiame e prodotti derivati). Un coordinamento che conta, complessivamente, 65mila imprese associate, per un totale di circa 400mila addetti e un fatturato complessivo di oltre 51 miliardi, attraverso il quale Confali salda la rappresentanza del settore agroalimentare in un’unica grande organizzazione per dare più forza al dialogo con la politica e le istituzioni e informare il mercato e i consumatori secondo principi di correttezza, trasparenza e verità.

Per Donatella Prampolini, vicepresidente di Confcommercio e coordinatrice di Confali “è di fondamentale importanza, per la nostra Confederazione la nascita di un soggetto che racchiuda in sé tutta la filiera alimentare nella sua complessità, veicolando l’unitarietà e la complessità del settore, troppo spesso gestito a compartimenti stagni. Siamo convinti che si tratti di un cambio di visione strategico, non solo per le aziende rappresentate, ma anche per i nostri interlocutori istituzionali”.

Tra gli obiettivi del nuovo organismo: garantire la serietà e la solidità della filiera agroalimentare italiana; proporre temi ecosistemici, anche di interesse internazionale, quali la sostenibilità ambientale, il benessere animale e la biodiversità; sostenere il Sistema Italia garantendo, attraverso le sue imprese associate e i suoi imprenditori, un’equa gestione dei territori e il rilancio e lo sviluppo delle zone rurali; negoziare, a livello nazionale e internazionale, le politiche dei prezzi, la politica fiscale e del lavoro, la politica dei trasporti e della logistica; sostenere la qualità, la sicurezza alimentare e il prezzo per il consumatore finale; progettare e realizzare attività di formazione per gli operatori.

 

 
 


Ritorna la campagna Safe Driver contro le morti del sabato sera

Riparte anche nel 2020, per il settimo anno consecutivo, il Progetto “Safe Driver”. L’iniziativa mira a prevenire gli incidenti stradali alcolcorrelati, con l’obiettivo specifico di favorire la diminuzione del numero di guidatori con tasso alcolemico superiore a zero.

La prima iniziativa annuale è in programma mercoledì 29 gennaio. Dalle 14.30 alle 17.30 Ascom Confcommercio Bergamo ospita nella sua sede cittadina (Sala Corsi) di Via Borgo Palazzo, 137 il seminario “Safe Driver Awards”. Obiettivo dell’incontro è analizzare le politiche di prevenzione relative alla sicurezza stradale e premiare i locali che hanno aderito nell’anno appena concluso.

Il seminario, che si apre con i saluti di Oscar Fusini, direttore Ascom Confcommercio, illustra con Luca Biffi, responsabile Uos Prevenzione delle Dipendenze Ats Bergamo, l’esperienza bergamasca e le strategie messe in atto; Andrea Noventa, referente area di prevenzione Asst Papa Giovanni XXIII SerD di Bergamo e Paola Bolognini Pesenti, Associazione Genitori Atena fanno il punto sulle azioni efficaci della prevenzione e i luoghi del divertimento. I rappresentanti dei locali serali analizzano il tema di sicurezza, consapevolezza e divertimento: intervengono Gabriele Nicoli, presidente provinciale di Asso Intrattenimento, Paolo Visinoni, presidente Gruppo Sale da Ballo Ascom Confcommercio Bergamo e Giordano Vecchi, direttore artistico Bolgia Dj’s from the world. Al termine del seminario saranno premiati i locali che hanno aderito all’iniziativa: Bolgia Dj’s from the world, Edonè Bergamo, Cubo Cafè, Fabric, Setai Club, Sant’Agostino, Druso, GameCafè, Goisis, Tassino Cafè, The Ritual Pub, Watermellon, Vog Club, Arcene Rock in Park.

La campagna di sensibilizzazione rientra nelle iniziative “Notti in Sicurezza”, coordinata dal SerD di Bergamo e promossa da ASST PG23, ATS Bergamo, Polizia Stradale di Bergamo, Croce Rossa Italiana Comitato di Bergamo, Rotary Club Dalmine Centenario, Bolgia, Dj’s from World, Associazioni Genitori Atena e si avvale della collaborazione di Aci Bergamo, Polizia Locale di Bergamo, Comune di Bergamo Assessorato alle Politiche Giovanili e Ascom Confcommercio Bergamo.

 
 
 


Gambero Rosso, i migliori gelati d’Italia: riconoscimenti anche per due bergamaschi

Le migliori gelaterie bergamasche per il Gambero Rosso sono l’Oasi American Bar di Fara Gera d’Adda e La Pasqualina di Almenno San Bartolomeo. Anche quest’anno le due gelaterie hanno ricevuto i prestigiosi Tre Coni (il massimo riconoscimento previsto) nella Guida Gelaterie d’Italia del Gambero Rosso presentata al Sigep di Rimini  che raccoglie il meglio della gelateria italiana di qualità, con 400 indirizzi e una mappa completa dal Nord al Sud Italia.

La Lombardia è quella che ha messo a segno più più riconoscimenti, ben 11: oltre alle due gelaterie orobiche, hanno avuto i “Tre Coni”  cinque insegne a Milano (Artico, Ciacco, Paganelli, Pavè – Gelati & granite e Lo Gnome Gelato, che si aggiudica anche il premio per miglior gelato al cioccolato), una a Varese (Il Dolce Sogno di Busto Arsizio), una a Mantova (Chantilly a Moglia), una a Monza (L’alberto dei gelati) e una a Pavia (VeroLatte a Vigevano).

 


Gelato, una passione italiana senza stagioni

Quella degli italiani per il gelato artigianale è una passione che non conosce stagioni. La domanda pressoché costante da parte dei consumatori sta spingendo sempre più locali adaccorciare il periodo di chiusura invernale e restare aperti 12 mesi l’anno.
A certificarlo sono i dati raccolti da Fipe, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi, inseriti all’interno della “Guida di business della gelateria” presentata a Rimini in occasione della 41esima edizione di Sigep, il Salone internazionale della gelateria, pasticceria, panificazione artigianale e caffè, dove Fipe è presente con un apposito spazio espositivo.
Un vero e proprio manuale di 9 capitoli e 250 pagine che parte dalla fotografia della situazione attuale e analizza un comparto del fuori casa italiano il cui valore complessivo supera i 4,2 miliardi di euro. “Quello del gelato – sottolinea il Presidente di Fipe Lino Enrico Stoppani – è un settore estremamente vivace nel quale la qualità, non solo del prodotto ma anche dell’imprenditoria, è sempre più decisiva per il successo. Un mercato in espansione, un prodotto sempre più apprezzato, ma un comparto caratterizzato da forte turnover, concorrenza agguerrita e margini ridotti. È proprio in contesti come questo che conoscere il mercato, sviluppare un modello di business credibile e impegnarsi ad innovare diventa decisivo per assicurarsi prospettive di successo imprenditoriale. In questa nuova Bussola di Fipe si offrono prima di tutto una mappa di contesto, e poi tante indicazioni operative per chi vuole investire in questo settore, o per chi vuole ripensare
il suo posizionamento e ricercare occasioni di innovazione commerciale nel settore del food italiano, affrontandolo nel suo complesso con una visione professionalmente strutturata”.

UN TRAINO PER IL SUD
Quello del gelato è un business che affonda le proprie radici in particolare nel sud Italia e sulle isole. E’ qui che si trova infatti il 43% delle 39mila gelaterie sparse per lo stivale.
Un’eccezionale fonte di lavoro, visto che l’intero settore, complessivamente, occupa in maniera diretta oltre 74mila persone e genera un fatturato complessivo di 4,2 miliardi di euro.

IN GELATERIA 365 GIORNI L’ANNO
I dati presentati nella Guida certificano come il 37% delle gelaterie lavori ormai tutto l’anno, tanto da rinunciare alle tradizionali chiusure stagionali. Un’attività su quattro, al contrario, sceglie comunque di chiudere i battenti durante il periodo invernale, in particolare tra novembre e gennaio. Per quanto riguarda le abitudini dei consumatori, invece, la voglia di gelato si concentra soprattutto nel pomeriggio: l’81,8% degli intervistati da Fipe si concede un cono o una coppetta come spuntino pomeridiano, mentre per il 66% del campione, si tratta di un ottimo dopocena. Poco meno di un italiano su quattro sceglie il gelato come alternativa al pranzo (22,3%) o alla cena (24,9), e solo il 16% degli intervistati si lascia tentare
già nelle prime ore della mattinata.

GELATO ARTIGIANALE, PASSIONE NAZIONALE
Con il passare degli anni i palati degli italiani si stanno facendo sempre più fini, tanto è vero che sempre più persone, in particolare uomini over 65 residenti al sud o sulle isole, dichiarano di mangiare esclusivamente gelato artigianale. Ma cosa significa gelato artigianale? Per il 79% dei consumatori si tratta di un prodotto preparato con materie prime fresche, mentre per il 65% degli intervistati è quello che si trova nelle gelaterie dotate di un proprio laboratorio. Quel che è certo è che nell’88% dei casi quello che si ricerca quando si sceglie un gelato artigianale è un perfetto connubio tra qualità e gusto.
Per questo il 95% degli intervistati predilige negozi specializzati: non pasticcerie o bar, insomma, ma gelaterie “pure” che quindi offrono soltanto questo tipo di prodotto.
Una garanzia di qualità, appunto, che si traduce in un’elevata capacità di fidelizzare i clienti. Il 63% delle persone dichiara infatti di avere una propria gelateria di fiducia, in cui è possibile trovare un prodotto genuino (66,8%) e un vasto assortimento di gusti (33,2%).
Quando capita di dover cercare una gelateria nuova, solo un italiano su tre si affida ai social network. La percentuale sale a sfiorare il 38% se si considera chi cerca consigli su TripAdvisor o su Google. A farla da padrone resta il passaparola: l’89,9% delle persone si fida infatti dei suggerimenti dei propri conoscenti.

SUL CONO VINCE LA TRADIZIONE
Quando entrano in gelateria, gli italiani si scoprono conservatori: le creme vincono di misura sulla frutta, ma in generale ognuno sceglie sempre gli stessi gusti. Sul gradino più alto del podio, con il 21,8% di preferenze, troviamo il cioccolato, tallonato dalla fragola (21,3%) e dalla nocciola (20,2%). Medaglia di legno per il limone, fermo al 19,5%, che stacca comunque di oltre 6 punti percentuali il pistacchio.