Camere di Commercio:
«Sì alla riforma,
no allo smantellamento»

La previsione di un dimezzamento dei diritti camerali a partire dal 2015, contenuta nel decreto di riforma della Pubblica Amministrazione, rappresenta di fatto il primo passo verso lo “smantellamento” del sistema delle Camere di Commercio che, in questi anni, è stato un esempio di come un ente pubblico gestito direttamente dal mondo delle imprese possa valorizzare le attività economiche dei territori, anche in ambito internazionale, in maniera efficiente e trasparente. Invece, la strada intrapresa dal Governo, non solo costringerebbe tante Camere di Commercio a chiudere i battenti, ma metterebbe anche a rischio gli equilibri economici di tanti territori e procurerebbe un ulteriore danno al sistema delle pmi.
Cancellare le Camere e redistribuirne le funzioni ad enti locali, uffici periferici dello Stato o addirittura ad Agenzie di nuova costituzione comporterebbe non solo un costo per le finanze pubbliche, ma farebbe anche venir meno tutta una serie di attività volte alla promozione delle economie locali e priverebbe le imprese di un sostegno concreto e continuo in termini di servizi e di attività di coordinamento e confronto delle varie rappresentanze.
Sostegno confermato, peraltro, da una recente indagine di Confcommercio, secondo la quale più del 75% delle imprese del terziario sono soddisfatte dei servizi di supporto che ricevono dalle Camere di Commercio, il 70% considera il sistema camerale un ente necessario per l’economia del territorio e una percentuale analoga (il 69%) giudica soddisfacenti i servizi complessivamente erogati a fronte del diritto camerale versato. Per questo motivo Confcommercio ha mobilitato tutte le strutture confederali, Associazioni territoriali e Federazioni, per promuovere una vera e propria campagna di informazione sui danni che la strada intrapresa dal Governo produrrà e sulla necessità di avviare un’azione di riforma complessiva del sistema camerale. A partire dalla ridefinizione del perimetro delle attività presidiate, ad esempio razionalizzando i servizi erogati e rafforzando il ruolo di supporto alle imprese soprattutto per favorire l’accesso al credito; da una razionalizzazione dell’articolazione territoriale basata non su confini amministrativi (una camera per ogni Regione) ma su criteri di omogeneità dei bacini di utenza; dalla riduzione e razionalizzazione delle Aziende Speciali avviando anche un processo di dismissioni degli asset non funzionali al ruolo delle Camere, per liberare risorse a sostegno delle imprese e delle economie territoriali. Confcommercio auspica che la riforma preveda che le risorse attribuite al sistema camerale siano adeguate ai nuovi assetti organizzativi e funzionali attraverso un percorso triennale di rimodulazione del contributo camerale.

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