Buoni pasto, «basta sconti o salta il sistema»

C’è ancora fermento intorno ai buoni pasto. Fipe Confcommercio dice basta e chiede un cambio di registro. «Lo sconto che i committenti, pubblici e privati, pretendono ogni anno sul valore dei buoni pasto immessi sul mercato è di 500 milioni di euro e il costo di questo gigantesco buco è stato finora coperto sacrificando i margini degli esercenti fino ad azzerarli – denuncia Aldo Cursano, vicepresidente vicario della Federazione dei pubblici esercizi -. Ma ora il sistema non è più sostenibile, non siamo disposti a scaricare i costi su lavoratori e consumatori in genere alzando i prezzi o abbassando la qualità del servizio».

L’ultima gara indetta da Consip per i buoni pasto della pubblica amministrazione è stata aggiudicata con sconti fino al 22% sul valore dell’appalto pari a un miliardo di euro. Il risultato è che in circolazione ci saranno buoni pasto che valgono un miliardo di euro ma sono stati pagati circa 800 milioni dalla pubblica amministrazione. I 200 milioni di euro di differenza li pagheranno di fatto gli esercenti che su ogni buono incassato si vedranno applicare la commissione necessaria a coprire la differenza. Oggi questa commissione, comprensiva di aggravi ingiustificati, arriva al 18%. Senza considerare i costi di gestione fatti di conteggi, fatturazione, spedizione, ecc.

«Non è questa la spending review che ci aspettiamo dallo Stato. Devono tagliare sprechi ed inefficienze – dice Cursano – non risparmiare facendo pagare il conto ad imprese e famiglie». «Chiediamo a Governo e Parlamento di intervenire per sottrarre un mercato speciale come quello dei buoni pasto a gare che non garantiscono il valore del buono lungo tutta la filiera. Ci aspettiamo che lo Stato, sia attraverso Consip che attraverso l’Antitrust, assuma comportamenti virtuosi per tutelare la sostenibilità delle imprese e i diritti dei consumatori» continua il vicepresidente Fipe.

In particolare, per la Federazione, occorre fare in modo che ci sia un terminale Pos unico in grado di leggere tutti i buoni pasto; eliminare i ribassi insostenibili sui buoni pasto mantenendo l’integrità del loro valore lungo tutta la filiera e garantire il corretto uso del buono pasto che va utilizzato solo per i servizi di ristorazione e, in generale, per il consumo immediato.

Nemmeno il passaggio dai buoni pasto cartacei a quelli elettronici sembra aver migliorato la situazione. «Speravamo che si eliminassero aggravi di costi e di adempimenti burocratici. L’effetto, invece, pare essere esattamente quello contrario» spiega Cursano. «Oggi i costi del buono elettronico sono fuori da ogni logica di mercato e sono scaricati interamente sull’esercente: basti dire che per ogni singola transazione si chiede fino a 0,48 euro a cui si aggiungono i costi di installazione del Pos ed il canone di noleggio. Inoltre, rischiamo di dover gestire 4 o 5 Pos, uno per ciascun emettitore. Così non va bene, bisogna riscrivere le regole, oppure salta il sistema».