Buoni pasto al collasso, gli esercenti chiedono subito una riforma

L’attuale sistema dei buoni pasto genera una tassa occulta del 30% sul valore di ogni ticket a carico degli esercenti. In pratica, tra commissioni alle società emettitrici e oneri finanziari, i bar, i ristoranti, i supermercati e i centri commerciali perdono 3mila euro ogni 10mila euro di buoni pasto incassati che accettano.

È la denuncia che arriva dalle associazioni di categoria della distribuzione e della ristorazione Fipe Confcommercio, Federdistribuzione, ANCC Coop, ANCD Conad, FIDA e Confesercenti per la prima volta riunite in un tavolo di lavoro congiunto.

Senza correttivi urgenti, a partire dalla revisione del codice degli appalti nella pubblica amministrazione, la stagione dei buoni pasto potrebbe essere destinata a concludersi presto e quasi tre milioni di dipendenti pubblici e privati potrebbero vedersi negata la possibilità di pagare il pranzo o la spesa con i ticket.

La crisi dei buoni pasto è l’effetto delle gare bandite da Consip per la fornitura del servizio alla pubblica amministrazione, che hanno ormai spinto le commissioni al di sopra del 20%. Ecco perché i vertici delle sei associazioni di categoria hanno deciso di scrivere al Ministro dello Sviluppo Economico e al Ministro del Lavoro, sollecitando la revisione del codice degli appalti nella pubblica amministrazione per garantire il rispetto del valore nominale dei buoni pasto lungo tutta la filiera.

Ma le iniziative non si fermano qui. Il tavolo, da un lato promuove una campagna di comunicazione congiunta che interesserà tutti gli esercizi della ristorazione e della distribuzione commerciale, dall’altro ha deciso di avviare un’azione di responsabilità nei confronti di Consip per aver ignorato i campanelli d’allarme in merito alla vicenda Qui!Group, azienda leader dei buoni pasto alla pubblica amministrazione che, dopo essere stata dichiarata fallita a settembre 2018, ha lasciato 325 milioni di euro di debiti, di cui circa 200 milioni nei confronti degli esercizi convenzionati.

Ascom Confcommercio Bergamo si unisce alla richiesta delle sigle nazionali: “Il sistema è al collasso. La filiera è in gravissima difficoltà e sempre più esercenti decidono di non accettarli – commenta il direttore Oscar Fusini -Esiste il rischio che la sostenibilità dei buoni pasto, per chi li accetta, sia possibile solo con una riduzione drastica della qualità del servizio offerto e di conseguenza che possano venire accettati solo in locali dedicati e con qualità inferiore. Il timore è che precipiterà la qualità del servizio e che aumenteranno i prezzi. A danno di tutti: consumatori, lavoratori esercenti”. “Non è possibile che lo Stato sia l’unico a guadagnarci a danno delle imprese e dei lavoratori, se il sistema non cambia è probabile che le imprese più illuminate spostino il benefit dal buono ad altre voci di welfare aziendale”.

Secondo la stima di Ascom tra città e provincia,  le imprese che accettano buoni pasto sono 830: 250 tra ristoranti, trattorie e pizzerie; 110 alimentaristi, distribuzione organizzata e grande distribuzione, 470 bar, caffè e gelaterie. In città, sono interessate 435 imprese, di cui 110 ristoranti trattorie e pizzerie, 65 alimentaristi, distribuzione organizzata e grande distribuzione, 260 bar, caffè e gelatiere.

IL PUNTO

  • Nel 2019 sono stati emessi 500 milioni di buoni pasto per un valore complessivo di 3,2 miliardi di euro.
  • A beneficiarne sono circa 2,8 milioni di lavoratori, di cui 1 milione dipendenti pubblici.

  • Per ciascun buono da 8 euro il bar, il negozio alimentare o il supermercato incassa 6,18 euro. Una volta scalati anche gli oneri finanziari si registra un deprezzamento del 30%: ogni 10mila euro di buoni incassati, gli esercizi convenzionati pagano circa 3mila euro.

  • Il sistema ha mostrato tutte le sue criticità nel 2018 con il fallimento di Qui!Group: 325 milioni di euro di debiti di cui circa 200 milioni nei confronti degli esercizi convenzionati. Da allora il governo non ha dato alcuna risposta concreta.

I NUMERI NAZIONALI

Ogni giorno circa 10 milioni di lavoratori pranzano fuori casa. Di questi, 2,8 milioni sono dotati di buoni pasto e il 64,7% li utilizza come prima forma di pagamento ogni volta che esce dall’ufficio. Complessivamente si stima che nel 2019 siano stati emessi in Italia 500 milioni di buoni pasto, di cui 175 milioni acquistati dalle pubbliche amministrazioni, che li hanno messi a disposizione di 1 milione di lavoratori. In totale, ogni giorno i dipendenti pubblici e privati spendono nei bar, nei ristoranti, nei supermercati i e in tutti gli esercizi convenzionati 13 milioni di euro in buoni pasto.