Treviglio, al Caffè Rimembranza il knitting di gruppo è servito

In piazza Insurrezione nasce un Knit caffè: basta portare con sé ferri, gomitoli, uncinetto e granny squares. La partecipazione è libera e gratuita

Un bar dove chiacchierare tra amiche, sorseggiare un buon tè o caffè, gustare un gelato artigianale e fare la maglia. Il giovedì, dalle 16 alle 18, il Caffè Rimembranza di piazza Insurrezione, a Treviglio, si trasforma in Knit caffè: basta portare con sé ferri, gomitoli, uncinetto e granny squares e la magia è fatta. La partecipazione è libera e gratuita e l’iniziativa si terrà tutti i giovedì fino al 16 settembre.

«L’idea è nata per condividere il lavoro principalmente a maglia, ci si conosce, si chiacchiera, si chiedono suggerimenti e condividono piccole esperienze» anticipa Maddalena Merati, trevigliese, appassionata di lavori a mano che ha proposto l’iniziativa a Sara Redaelli, titolare del Rimembranza insieme al marito Andrea Bertelli, accolta con favore.

Fare a maglia è un hobby che non invecchia e piace sempre di più alle donne (e anche a qualche uomo) senza distinzione di età: Tom Daley, il campione olimpico di tuffi britannico e di diritti lgbt, è stato fotografato diverse volte mentre lavorava ai ferri assistendo alle gare. Nelle città sono frequenti i knitting group, gruppi di amiche (o signore che non si conoscono) che, accomunate dalla passione per la maglia e per i capi realizzati a mano, si ritrovano insieme nei knit cafè. In questo modo, mentre si prende un caffè le provette magliaie possono farsi una sciarpa o un pullover di lana, stando in compagnia e trascorrendo ore piacevoli.

Info al 392 2629433 (Sara) o al 338 1487177 (Maddalena).


Kombucha, l’elisir di lunga vita 

Nata in Manciuria questa bevanda fermentata è un vero e proprio toccasana. Scopriamo come prepararla.

Lo chiamano l’elisir di lunga vita. È il kombucha, una bevanda fermentata a base di tè, frizzantina, dal gusto sia dolce sia acidulo, parente di birra, vino, kvas e tepache, ma anche di tanti altri alimenti come yogurt, kefir, kimchi, crauti e tempeh. Gustosa e fresca, è facile da preparare a casa. A illustrarne proprietà, benefici e preparazione è il libro “Kombucha, kefir e oltre” di Alex Lewin e Raquel Guajardo per Guido Tommasi Editore.  

Il kombucha contiene batteri “amici”, antiossidanti, polifenoli, enzimi, probiotici e un’alta concentrazione di acidi e vitamina B. Importante per il sistema nervoso e  per rafforzare quello immunitario, questo “champagne” migliora la digestione e il metabolismo, purifica e disintossica, riduce i dolori articolari e agisce in modo benefico su muscoli, reni e nella cura delle malattie cardiache.  Inoltre, gli acidi contenuti hanno proprietà anti-invecchiamento e ringiovanenti sulla pelle e degli organi e favoriscono la rigenerazione cellulare.
Le dosi consigliate sono, per gli adulti, mezza tazza a stomaco vuoto due volte al giorno oppure 30 minuti prima dei pasti principali per migliorare metabolismo e digestione; per i bambini, a seconda dell’età e del peso, si va dall’80 al 20 per cento della dose raccomandata per i grandi. Per i nostri amici a quattro zampe, si suggerisce un cucchiaio al giorno nella ciotola dell’acqua; per i cani di grandi dimensioni si può raddoppiare la dose. 

Le origini tra storia e leggenda

Il kombucha è nato nella Manciuria, regione dell’Asia nord orientale. A inventarlo si narra sia stato il medico coreano Kombu che le ha dato il nome unito alla parola cinese cha (tè): secondo la leggenda, infatti, nel 415 d.C. il dottore utilizzò la “madre” (insieme di batteri e lieviti) per curare l’imperatore giapponese Inyko. Dall’Oriente, l’utilizzo del kombucha si diffuse prima in Russia e poi, attraverso la Germania Orientale, nel resto d’Europa. Altri racconti riportano, invece, che la bevanda sia stata inventata nel 220 a.C. in Cina, durante la dinastia Qin, dove era conosciuta come “tè dell’immortalità”. L’americana Hannah Crum, definita la mamma del kombucha, elenca 39 nomi per la preparazione. Tra questi, champagne della vita, fungo miracoloso, birra di tè, il divino tsche. È possibile che, come per molti cibi fermentati, il kombucha sia nato per caso. Forse qualcuno preparò un tè dolce, poi versò la parte rimanente in una tinozza, scoprendo che con il passare dei giorni acquisiva un odore interessante. Oppure l’inventore, nel preparare un aceto di frutta, provò ad aggiungere un po’ di tè dolce e poi iniziò a usare più tè e meno frutta. 

Come si prepara: tè, zucchero e “scoby” 

Bevanda viva, il kombucha è preparato a partire da una base di tè zuccherato, fermentato con una coltura di batteri e lieviti, meglio nota come scoby (symbiotic colture of bacteria and yeast, ovvero comunità di batteri e lieviti che vivono in simbiosi) o “madre” del kombucha.
Secondo il metodo di preparazione tradizionale, la coltura è fatta fermentare in tè nero, tè oolong o tè verde zuccherato per 8/12 giorni in un contenitore di vetro, per evitare eventuali reazioni con recipienti di plastica o metallo. Meglio, quindi, non usare neanche cucchiai o arnesi in metallo e assicurarsi di maneggiare la coltura sempre con le mani ben pulite. Il barattolo deve rimanere coperto: l’ideale è un pezzo di stoffa fermato con un elastico, che faccia passare l’aria ma non insetti e polvere. Passato il tempo, il liquido può essere filtrato e consumato, conservato in barattoli chiusi. Occorre accertarsi, quando si mette lo scoby nel tè zuccherato, che la bevanda sia tiepida tendente alla temperatura ambiente. Se è calda, la coltura morirà. Per un secondo kombucha, oltre allo scoby, al tè e allo zucchero, servono nel contenitore anche 250 ml circa del vecchio kombucha che servirà come starter e faciliterà la fermentazione.

L’ultima tendenza: kombucha al caffè

Il kombucha al caffè è l’ultima moda tra gli appassionati della bevanda nera che si presta alla variante. Il caffè è, infatti, ricchissimo di tannini, fondamentali nel processo di fermentazione di questa bevanda.La moda si è diffusa facilmente e in nazioni come Stati Uniti e Australia è possibile acquistare Kombucha Coffee imbottigliato. Così come il kombucha di tè, anche quello al caffè inizia con l’infusione dell’ingrediente principale in acqua bollente per 15 minuti.
Una volta realizzato l’estratto di caffè sarà necessario dolcificarlo facendo attenzione che lo zucchero si sciolga completamente nell’infusione. Si fa raffreddare a temperatura ambiente il caffè zuccherato e si aggiunge lo scoby. Si copre il recipiente in vetro con un pezzo di stoffa e si lascia fermentare per un periodo tra i 7 e i 10 giorni a seconda delle temperature, finché non si sarà formato un nuovo scoby di kombucha. Lo scooby non potrà più essere utilizzato per produrre kombucha di tè.

Il Jun, la variante con il miele

Il jun è una variante del kombucha fatta usando il miele come dolcificante. È pronto in minor tempo rispetto al kombucha, forse perché lo zucchero (disaccaride) usato per il kombucha ha bisogno di essere scisso nei suoi due costituenti fruttosio e glucosio, mentre il miele (per lo più monosaccaride) usato per il jun non necessita di questo passaggio.  Il jun si produce a temperature inferiori rispetto al kombucha e viene meglio con il tè verde. Il kombucha può avere una forte nota di aceto, mentre il Jun acquisisce al contempo le note floreali del miele impiegato per la sua preparazione.  Si bolle l’acqua in un pentolino; si toglie dalla fiamma e si mette dentro il tè, lasciando in infusione per 5 minuti. Poi si levano le foglie e si uniscono l’acqua a temperatura ambiente, la coltura e il miele e si mescola con un cucchiaio di legno finché non si scioglierà. Poi si trasferisce il liquido in un barattolo di vetro che si coprirà con un pezzo di stoffa, fermandolo con un elastico. È possibile fare una seconda fermentazione in frigo con aggiunta di frutta fresca tagliata a pezzetti. 


Il panificio Tilde sulla guida del Gambero Rosso. In Bergamasca è l’unico a ottenere i “3 pani”

Il forno artigiano di Castel Cerreto, Treviglio, ha ricevuto il massimo riconoscimento. Merito di un pane di filiera, lunghe fermentazioni naturali e alte idratazioni

Il forno artigiano Tilde di Castel Cerreto, frazione di Treviglio, si conferma tra i migliori in Italia. Il panificio è stato inserito nella guida “Pane & panettieri d’Italia” 2022 del Gambero Rosso, “Bibbia” delle eccellenze gastronomiche, che seleziona e recensisce i migliori locali dove comprare il “vero” pane, di filiera, preparato con passione, riconoscendo il lavoro che c’è dietro.

Otto i premiati in Lombardia. Uno solo in Bergamasca

Sono otto i panifici i premiati in Lombardia, 50 in Italia. Tilde è l’unico ad aver ricevuto, nella Bergamasca, il massimo riconoscimento, ovvero i “3 pani”. Il panificio, con annessa bottega per la vendita diretta, è gestito da Simone Conti con la moglie Marisol Malatesta, pittrice peruviana.
Tilde è il simbolo dell’infinito, impresso nel loro pane, usato in spagnolo e, fin dal Medioevo, dagli amanuensi per abbreviare risparmiando carta e inchiostro. La tradizione è di famiglia: il nonno paterno era agricoltore e aveva un banco al mercato di Treviglio. Il padre, Pino Conti, conosciuto per aver gestito la sua storica gastronomia a Treviglio, li ha ispirati e guidati.

Lunghe fermentazioni naturali e alte idratazioni

Simone e Marisol lavorano un pane certificato biologico, in grandi pezzature, risultato di lunghe fermentazioni naturali e alte idratazioni. Nel loro pane si trovano una serie di vecchie varietà recuperate come la Mentana, profumata e morbida, la Solibam, il farro Forenza, la farina Perciasacchi.
La lavorazione avviene sempre con pasta madre viva, ovvero farina e acqua fermentata per molte ore in modo da rendere il prodotto il più duraturo e digeribile possibile. Il processo di lavorazione di 24 ore permette di valorizzare il sapore e le caratteristiche di questi grani.

Simone ha due lauree, una in Lingue, l’altra in Editoria, oltre a un master in Gastronomia e Turismo Culturale all’Università di Scienze Gastronomiche e può vantare tanta esperienza tra Bristol e Londra, dove si è innamorato della panificazione. Oltremanica ha preso spunto da ciò che accadeva a Hackney, il quartiere londinese dove viveva con Marisol, dalla riscoperta delle botteghe e del cibo a chilometro zero. A Bristol, al Bordeaux Quay, ristorante all’avanguardia dal punto di vista della sostenibilità, ne ha appreso l’importanza, mentre all’E5 Bake House di Londra l’arte della panificazione, impastando ogni giorno a mano.

La guida “Pane & panettieri d’Italia” è nata tre anni fa e, per il terzo anno di seguito, Tilde ha ottenuto il riconoscimento.


Spezie, frutta, muesli. E la giornata inizia con più sprint

Per una colazione diversa e salutare, ricca di energia e che aiuta a bruciare le calorie. Dieci ricette dal mondo per partire con il piede giusto

È scientificamente dimostrato che saltare la colazione equivale ad avere maggiori difficoltà di concentrazione durante la mattinata. Ma non solo: la successiva abbuffata a pranzo condiziona negativamente anche il rendimento pomeridiano. È dunque importante approfittarne per arricchire la propria alimentazione con frutta fresca o secca e altri cibi salutari: ecco le nostre dieci alternative al classico cornetto e cappuccino al bar.

Il golden milk che fa bene alle ossa

Il golden milk o latte d’oro è una bevanda che appartiene alla tradizione ayurvedica, famosissima nel Sud dell’Asia, ritenuta benefica per proteggere le ossa e le articolazioni. Gli ingredienti principali per la sua preparazione sono costituiti da curcuma in polvere (dal potere antiossidante e antinfiammatorio), olio di mandorle, acqua e latte. Si può sostituire il latte vaccino con quello vegetale, di sesamo o di mandorle. Prima si prepara la pasta di curcuma: si fanno bollire insieme la curcuma in polvere il pepe nero macinato e l’acqua, fino a ottenere un impasto liscio e cremoso. Poi si fa scaldare in un pentolino, per un paio di minuti, il latte con la pasta di curcuma e l’olio, fino a ottenere un composto denso e corposo. Si toglie dal fuoco e si versa in una tazza, aggiungendo il miele a piacimento.

Sazi, ma non appesantiti, con la crema Budwig

È la colazione energetica per eccellenza, in grado di fornire un senso di sazietà che potrà durare fino all’ora di pranzo, senza appesantire e togliendo gonfiori. La sua ricetta base, ideata dalla dottoressa tedesca Johanna Buwdig, prevede la preparazione di un frullato utilizzando una banana, un frutto di stagione e dello yogurt vaccino o di soia. Il tutto dovrà mantenere una consistenza cremosa ed essere versato in una scodella dove saranno aggiunti due cucchiai di succo di limone, altrettanti di semi di lino tritati e una manciata di fiocchi di cereali naturali come avena, orzo o grano saraceno e di frutta secca a propria scelta.
In alternativa alla crema Budwig classica, si può preparare una versione salata, sostituendo lo yogurt vaccino con quello greco o la ricotta e la frutta fresca con verdura, come pomodoro, sedano e carota, aggiungendo un pizzico di sale e spezie.

 

Miam-Ô-Fruit: dalla Francia la macedonia rinforzata

Si tratta di una colazione vegana, fresca, nutriente e rigenerante. Inventata nel 1942 a Montpellier dalla studiosa France Guillain, è adottata da atleti olimpionici e calciatori. Gli acidi grassi essenziali polinsaturi, le vitamine e le fibre contenuti nei suoi componenti contribuiscono al benessere di pelle, ossa, cartilagini, gengive e capelli, nutrendo al meglio le cellule.
Per prepararla occorre schiacciare con una forchetta mezza banana, tagliare a tocchetti una mela e altri due frutti di stagione, escludendo agrumi, melone, cocomero, frutta disidrata o sciroppata. Si incorpora la frutta alla polpa di banana, insieme al succo di mezzo limone, un cucchiaio di olio di semi di lino, uno di olio di sesamo e tre cucchiai di frutta secca e semi tritati. Vanno considerati almeno tre tipi tra noci, nocciole, mandorle, semi di zucca o semi di lino.

 

Il muesli migliore è fai da te

Il muesli, o granola, è un dolce squisito per la colazione. I prodotti in vendita nei supermercati prevedono spesso una ricca aggiunta di zuccheri e dolcificanti artificiali, oltre che di conservanti. Meglio, dunque, acquistare gli ingredienti sfusi, in modo da dedicarsi a una preparazione casalinga e personalizzata. È possibile mescolare, ad esempio, fiocchi d’avena, oppure miscelarli con farro integrale, orzo o miglio soffiato; uva sultanina, fichi e albicocche secche, noci, nocciole a piacere per la parte proteica della colazione, semi oleaginosi, come quelli di girasole, lino o sesamo, senza dimenticare la frutta fresca e di stagione tagliata a pezzetti. Il muesli si tosta in padella in pochi minuti. Delizioso e profumatissimo quello che esce dal forno. Per renderlo ancora più goloso, appena  dopo la cottura, quando è ancora caldo, si possono aggiungere bacche di Goji, chips di cocco e di banana, amarene o mirtilli essiccati.

 

Pane e ricotta contro osteoporosi e colesterolo

La ricotta contiene il 28 per cento di calcio, minerale indispensabile per la salute delle ossa. Mangiare ricotta a colazione riduce il rischio di sviluppare l’osteoporosi, ha effetti positivi sul sistema cardiovascolare, abbassa i livelli di pressione nel sangue, è ideale per chi soffre di colesterolo alto. Il suggerimento è di tostare il pane e spalmare sopra la ricotta aggiungendo un cucchiaino di miele o di marmellata senza zucchero. Si può spolverare pane e ricotta con del cacao amaro. Per completare il piatto della colazione, si possono cospargere sopra la ricotta i semi di chia o mettere qualche mandorla. Sempre sulla fetta di pane e ricotta si possono usare come topping frutti di bosco come mirtilli, more e lamponi, avocado, fragole, banane oppure sfiziosità come le gocce di cioccolato.

 

Torta proteica con farina di frutta secca

Questa torta ha un quantitativo di zucchero davvero minimo e soprattutto non ci sono farine di cereali, ma solo a base di frutta secca. È una torta sfiziosa, veloce da preparare, e anche se un po’ costosa (le farine di mandorla e cocco non sono a buon mercato) ne vale la pena per chi vuole evitare carboidrati e zuccheri. Occorre sbattere quattro uova con lo zucchero a velo finché non risultano montate. Quindi, aggiungere tutti gli altri ingredienti e mescolare sempre con la frusta fino a ottenere un composto omogeneo. Si versa nella tortiera e si mette in forno a 180° per mezz’ora. Una volta pronta, si fa raffreddare e riposare per qualche ora. Il risultato è una torta dall’aspetto spugnoso, morbida e apparentemente leggera. In realtà la frutta secca e le uova, apportanole calorie necessarie per una colazione completa.

 

Porridge inglese, una zuppa buona e light

Il porridge è una “pappa” dolce da colazione: sano, dietetico e energetico, è tipico dei Paesi angolosassoni. Si tratta di una zuppa dalla consistenza semi cremosa, a base di fiocchi d’avena, latte e acqua, dolcificata con miele e arricchita con frutta fresca e  secca, semi oleosi, bacche in percentuale variabile che insaporiscono porridge e aggiungono una nota croccante alla crema. Si utilizzano i fiocchi d’avena classici, quelli macinati, oppure la crusca d’avena. Per la parte liquida, il latte vaccino, di soia o qualunque tipo di bevanda vegetale che insieme all’acqua, rende l’avena morbida e cremosa.  Si può dolcificare con miele, sciroppo d’acero, zucchero di canna, anche in minime quantità. E arricchire con frutti di bosco, fragole, banane, kiwi, tutta la frutta fresca di stagione che è a disposizione. Si aggiungono nocciole, noci, mandorle, anacardi e si completa con un pugno di bacche di goiji e semi oleosi a scelta come chia, sesamo, papavero.

Più energia dal toast con marmite

Chi ha vissuto in un paese anglofono probabilmente la conosce, ma nel resto del mondo è piuttosto sconosciuta: è la marmite, simile a un mix fra salsa di soia e brodo. Il suo nome deriva dal termine francese con cui si indicava un piccolo vaso di terracotta in cui il prodotto veniva venduto in origine. La crema, che è stata inventata nel 1902 come metodo per sfruttare appieno il lievito di birra, contiene anche salsa di soia e una miscela di erbe tra cui sedano e cipolla. Il colore è marrone scuro, quasi nero, è molto densa, spalmabile, dal sapore salato e deciso. Gli inglesi impazziscono per il toast condito con un velo (non assaggiatene di più perché ha un sapore fortissimo) di marmite e, a piacere, si possono unire pomodoro a fette o cetrioli. Una colazione originale, salata e rapida da preparare, molto energetica e salutare: la Marmite è ricca di vitamine del gruppo B.

 

Frittatina dolce con mela e cannella

È un piatto gustoso e ricco di nutrienti. La ricetta, tipica della tradizione austriaca e altoatesina, è conosciuta anche come Apfelschmarren o dolce dell’Imperatore: è una sorta di omelette con le mele, ricca di zucchero e cotta in padella. Si tagliano le mele a fettine sottili e si mettono a macerare per 20 minuti con il succo di limone e lo zucchero. Si sbatte leggermente l’uovo con il latte, aggiungendo la farina e successivamente le mele (anche il liquido). Si scalda  il burro in un padellino e si versa il composto, prima la mela, dopo un po’ si aggiungono un uovo sbattuto e, a fine cottura, una spolverata di cannella. Al posto della mela si può utilizzare qualsiasi frutto: con le uova si abbinano bene le banane, le fragole, i mirtilli, i lamponi. Altra idea è quella di cuocere la frittata e poi aggiungervi sopra la frutta tagliata a pezzette. L’abbinamento suggerito per la frittatina di mele è una marmellata di mirtilli.

 

Esplosione di colori con la piadapancake salata

Si prepara con farina di farro, integrale o bianca, di ceci, un uovo e latte vegetale senza zuccheri aggiunti, mezzo cucchiaino di curry o altre spezie a scelta. In una ciotola si uniscono le farine, il cremor tartaro come agente lievitante, il sale e le spezie. Si aggiungono l’uovo e il latte, mescolando fino a ottenere un composto denso. Si scalda una padella antiaderente con un goccio d’olio d’oliva e si versa sopra l’impasto, girandolo solo quando compariranno le bolle su tutta la superficie. Poi si cuoce l’altro lato per altri tre minuti. Si decora con qualche cucchiaio di semi oleosi tostati in padella, rucola, insalata e pomodorini. Con lo stesso impasto si possono creare anche tanti pancake più piccoli, da disporre ad esempio uno sopra l’altro, alternati a strati di yogurt e verdure. Alla pastella si possono aggiungere spinaci finemente tritati, puree di verdure di stagione come zucca, carote, cavolfiori colorati. Oltre a un effetto cromatico d’impatto, l’impasto risulterà ancora più soffice.

 

 

 


All’Edonè c’è l’International Hamburger Day Una maratona di 10 ore tra super panini e dj set

Sabato dalle 11 alle 23 cucina aperta e musica live. L’obiettivo è battere il record di hamburger cucinati in un singolo giorno, ovvero 560 nell’edizione del 2018

Sabato, all’Edoné di Redona, si celebra l’International Hamburger Day, all’undicesima edizione, ricorrenza onorata in tutto il mondo dagli appassionati dell’iconico panino americano. Per l’occasione la cucina del locale resterà aperta, in via eccezionale, per 10 ore consecutive, dalle 11 alle 23, accompagnate da altrettante ore di musica non stop, con 10 diversi deejay. L’obiettivo è battere il record di hamburger cucinati in un singolo giorno, ovvero 560 nel 2018.

Ce ne sarà per tutti i palati e gusti musicali. La cucina è curata da Pony Burger che gestisce il servizio di delivery: ogni panino sarà incartato proprio come per le consegne a casa. Tra le proposte (dal costo che varia dagli 8,50 agli 11 euro) il “Guaca bomb”, burger vegetariano di melanzane, cheddar, avocado, cipolla rossa, pomodorini e guacamole, il “Tuna tartare” con tartare di tonno fresco, burrata, olio al cappero e pesto di basilico, il “Big fat Joe” con costine cotte a bassa temperatura, senape al miele e cipolle rosse caramellate e il “Wipe”, vero cavallo di battaglia di Pony Burger, con la pregiata carne bovina di Black Angus, cheddar, bacon croccante, cipolle rosse grigliate, insalata, pomodori e salsa bbq. Ci sarà anche una linea per bambini con un hamburger di carne o pollo in panatura croccante.
Tra gli stuzzichini, spiccano le polpette di pesce, i nuggets di pollo e le patatine Wavy Fries, ideate dalla Lambweston che ha studiato una tecnologia per creare ogni singola patatina con un taglio diverso, con poca polpa e la giusta croccantezza.

Panini a volontà ma anche tanta musica. Ad alternarsi, live sul palco saranno Brown Barcella con le sue sonorità rockn’n’roll oldies, Supergattotoro con l’indie italiano, BergamoReggae, Kanye Sciolte con le hits al femminile, All Blacks con miscela roots e hip hop, Franco Limone per l’elettronica, Utopia per techno e ambient, G9 e Punk Rock Raduno. Durante la giornata sono previsti gadget esclusivi dai palloncini Pony Burger per i bambini alle penne personalizzate con logo per gli adulti.


“Colazione in viaggio”, un tour in 12 tappe tra Bergamo e provincia

Pubblicata la guida digitale di Marzia Bonalumi e Nadia Mangili: 12 mete descritte con foto ma partendo sempre dalla degustazione di una colazione o un brunch 

Marzia Bonalumi e Nadia Mangili pubblicano la guida digitale “Colazione in viaggio, 12 destinazioni a portata di share per Bergamo e Provincia”. Le mete sono selezionate e descritte attraverso l’idea di degustare una colazione o un brunch in un café o localino, scelto da Marzia che suggerisce cosa ordinare. Dopo aver fatto incetta di bagels, club sandwich, avocado toast, estratti, yogurt bowl, waffle, pancake, crostate, torte della nonna e tanti altri manicaretti, il viaggio continua alla ricerca di palazzi, ville, strade, giardini, terrazze panoramiche, scorci e opere d’arte, suggeriti da Nadia.
Le 12 mete, corredate dal suggestivo materiale fotografico, permettono di trascorrere una mattinata speciale tra Città Alta e i borghi medievali di Bergamo, ma anche quartieri, cittadine e comuni della Provincia, come San Pellegrino Terme, Stezzano, Crespi d’Adda e Treviglio.

Le autrici

Marzia Bonalumi è una seguitissima narratrice di colazioni e di localini dove gustare le prelibatezze più innovative e gustose. Ha aperto il suo profilo Instagram @flavouriteplace, una sorta di blog che lei definisce il suo Social Breakfast Club, un anno fa, e ha una schiera di follower che non si perdono mai un “where to go”.
Nadia Mangili, laureata in storia dell’arte, guida di Bergamo, crea da sempre tour alternativi, in collaborazione con professionisti provenienti da diversi ambiti. Sui social è conosciuta come la Margì (@lamargi.guidadibergamo), nome che le ricorda il gioco di carte bergamasche con cui giocava da piccola con sua nonna.

Nell’estate 2020, in piena ripresa post lockdown, la food hunter e la Margì hanno iniziato a collaborare per ideare eventi che potessero fondere le loro due passioni. “Colazione in viaggio” è, infatti, un tour che ha coinvolto tanti viaggiatori, i quali si sono seduti attorno a una tavolata per degustare un delizioso brunch in un localino di San Pellegrino Terme, selezionato da Marzia. Tutti insieme hanno poi scoperto la cittadina ascoltando le storie e i racconti della guida. L’evento è stato ricalendarizzato a novembre, con una visita a Crespi, ma le norme di sicurezza anti Covid subentrate poco dopo hanno imposto l’annullamento. Nell’attesa di tornare a viaggiare insieme, non resta che affidarsi alla guida delle due esperte.

L’ebook è scaricabile da www.nadiamangili.com.

 


Sinuoso, dolce e semplicemente irresistibile

È il caramello salato, perfetto per torte e dessert. Luigi Biasetto, campione del mondo di pasticceria, svela i segreti di questo ingrediente dalle mille sfaccettature

Mai come quest’anno la pasticceria vuole essere un omaggio all’ottimismo, un inno di speranza per il futuro e per una ripartenza. L’ultima moda è il caramello salato, sinuoso, dolce e con una piacevole punta sapida. Perfetto per torte e dessert, è una preparazione apprezzata anche dall’industria dolciaria. Ed è talmente buono da creare dipendenza. Ce ne parla Luigi Biasetto, campione del mondo di pasticceria nel 1997 e oggi titolare dell’omonima pasticceria a Padova.

Maestro Biasetto, qual è il valore dello zucchero nel farci sentire bene?

Il dolce in sé ha permesso all’essere umano di sviluppare delle connessioni cerebrali tali da far sì che si evolvesse. Gli antropologi hanno dimostrato che è lo starter del cambiamento. Lo zucchero è fondamentale perché è il primo alimento che ci fornisce l’energia. Qualcuno lo considera una specie di “droga” perché il nostro organismo ne ha bisogno per carburare. E crea una forma di positività. Le persone, in un momento di depressione o sconforto, si rifugiano nel vino o nel dolce. Consideriamo, ad esempio, il cioccolato: contiene la teobromina che stimola nel nostro cervello i sensori del benessere. Dalle analisi condotte in passato e confermate, è simile alle sostanze che si sviluppano nell’innamoramento. In questo periodo di emergenza sanitaria abbiamo assistito a un aumento esponenziale nella vendita di dolci, un po’ perché per molti mesi siamo stati costretti all’isolamento sociale, un po’ perché senti maggiormente il bisogno di zucchero. Un anno fa, a inizio pandemia, tutti si sono buttati nel fare dolci e pane in casa. Adesso basta. Anche perché siamo più liberi di uscire rispetto a prima.

Come spiega il grande uso del caramello salato tra i pasticceri e nell’industria dolciaria, tanto da essere oggi l’ultima tendenza?

I cinque gusti fondamentali percepiti dalle cellule recettrici sono: dolce, salato, acido, amaro e umami, cioè affumicato. Un piatto perfetto ha questi cinque sapori in equilibrio. Nessuno prevarica sull’altro. Anzi, si alternano l’uno all’altro, dando una sensazione di piacevolezza, proprio come nel vino. Il caramello salato è un concetto logico e non nuovo. Furono gli aztechi a introdurre la cottura esasperata della carne con caramelizzazione degli zuccheri in presenza del sale: è la reazione di Maillard, sempre vincente, che avviene in seguito all’interazione di zuccheri e proteine durante la cottura. Non a caso il macaron più venduto dal più grande fornitore al mondo, l’impresa francese Ladurée, è al fior di sale e caramello al burro salato. C’è equilibrio tra il dolce dello zucchero, il salato che vai ad aggiungere, l’amaro quale inizio della carbonizzazione, l’umami viene di conseguenza. Manca l’acidità e neanche tanto perché lo zucchero quando si caramellizza, oltre i 72 gradi, si inverte: una volta bagnato sarà sempre liquido, non sarà mai più solido. In quel momento il ph, l’acidità, scende. E io ho i cinque gusti in equilibrio.

Quali sono i segreti per preparare un perfetto caramello salato?

Si prende una pentolina, la si mette sul fuoco e si preriscalda il contenitore. Poi si versa lo zucchero a pioggia, fin quando inizia a caramelizzare. Lo zucchero di canna si presta meno, poiché tanto più è scuro (dunque impuro), tanto più brucerebbe. Inoltre, contiene la glicerina (che impedisce che diventi un sasso dopo due ore) che carbonizza a 130 gradi. L’operazione va eseguita senza acqua, caramelizzando a secco: quando inizia a scaldarsi il fondo, verso un cucchiaio di zucchero che prima si scioglie poi inizia a caramelizzare e proseguo fino alla quantità desiderata. Mia nonna, a fine cottura, aggiungeva una noce di burro, che si scioglieva istantaneamente e conferiva al caramello il profumo del burro nocciola. Poi lo versava sul marmo e lo tagliava a quadratini.

Quanto e che tipo di sale si usa? 

Un grammo. E su questo si apre panorama infinito: quello di Trapani è un buonissimo sale, però ha un potere salino molto elevato, a parità di quantità, rispetto a quello di Cervia. Preferisco sali meno pronunciati e un pochino più minerali, poiché sono meno violenti, soprattutto in degustazione. Esempi di sale prezioso sono quello dell’Himalaya e l’inglese di Maldon, che ha la pecca del costo (22 al chilo), ma ne vale la pena, è spettacolare.

E il caramello mou, come si prepara?

Si aggiunge una quantità di panna pari allo zucchero: ad esempio, 100 grammi di zucchero e 100 di panna. Si fa bollire la panna per evitare che il contrasto di temperatura tra lo zucchero a 170-180 gradi e la panna fredda possa scottare: porto a bollore la panna con un baccello di vaniglia che conferisce aromi unici, verso la panna bollente sopra il mio caramello, piano piano, mescolando continuamente e ottengo un caramello mou. I più esperti, per dare cremosità e togliere un po’ di dolcezza, possono aggiungere del burro fino al 50 per cento rispetto alla panna: dunque, 100 grammi di zucchero, 100 di panna, 50 di burro e hai fatto un caramello incredibile.

Il caramello si presta a svariati utilizzi. Ci può dare qualche ricetta personale?

Una mia specialità è il macaron fior di sale. L’aggiunta di un pizzico di sale avviene prima di chiuderlo perché quando lo mangi il sapore non è omogeneo, ma avverti il sale. È molto più divertente e meno banale. Il caramello mou con frutto della passione è un altro abbinamento piacevole: ci consente di preparare Antilla, un dolce con pan di Spagna al cocco, mousse al caramello e passion fruit. C’è anche il macaron fior di sale con passion fruit. E la pralina, che non è nient’altro che un caramello con una parte di nocciole. Mi spiego: pralinare, fin dai secoli passati, significa macinare con un mortaio zucchero, nocciole (oppure mandorle o arachidi) e caramello. Questa frutta secca caramellata diventa pasta. Usando la stessa modalità, il signor Ferrero ha creato il suo prodotto più venduto, la Nutella, ovvero un gianduia con zucchero caramellato e nocciole che contengono il 50/60 per cento di olio: quando le macini l’olio esce dal frutto e rende pastoso il composto dal profumo di caramello che diventa un pralinato. Anticamente la frutta caramellata, ricoperta di cioccolato, nasceva con il termine pralina. I belgi hanno poi diversificato, inventando cremini, cubetti, cioccolato pressato e cioccolatini. Poi c’è la crema spalmabile con il caramello mou e, a fine cottura, anziché aggiungere la panna, si mette la purea di lamponi, un po’ di burro ed è speciale. Preparo anche un panettone con caramello mou anziché lo zucchero nell’impasto, togliendo la parte di burro e mettendo le noci pecan al posto della frutta candita. Uno dei dolci più amati in America è la torta pecan pie, al caramello, con sciroppo d’acero e una montagna di noci.

Come si è avvicinato a quest’arte?

Sono figlio di immigrati, ho avuto la fortuna di nascere in Belgio e di potermi formare a Bruxelles, dove ho frequentato una scuola prestigiosa. Ci sono varie di tipi di chiamate, la mia era un’attrazione nei confronti dei dolci. Le mie nonne preparavano caramelle, creme, budini, frittelle, galani, ciambelloni. Forse, era nel Dna di famiglia.

Cosa pensa dei talent culinari?

Io credo che abbiano un’influenza positiva. Le scuole alberghiere non hanno mai avuto così tanti candidati. Le famiglie hanno scoperto un mestiere dove i ragazzi possono realizzarsi. Trasformare la materia non è comune: è la fusione di materie prime apparentemente inerti per creare qualcosa di nuovo. Posso fare un piatto in 20 minuti: metto un petto di pollo sulla brace, le patate nel microonde, lavo un’insalata. In pasticceria in 20 minuti hai solo iniziato a pesare gli ingredienti. Non hai preparato niente. Poi dovrai amalgamare e mescolare nel rispetto dei passaggi e metterai in forno, ma non sai cosa uscirà. L’esame di Stato in pasticceria in Francia è articolato in cinque punti: pesare, mescolare, infornare, far uscire qualcosa di decente dal forno, realizzare qualcosa che somigli a una torta. Con i primi tre sei qualificato dal sistema.

La pasticceria è un’attività che è entrata nelle carceri del mondo, come ce lo spiega?

Il 92 per cento dei criminali che hanno seguito un corso di pasticceria in galera imparano il rispetto delle regole e ad avere pazienza e non torneranno a delinquere. Questa attività insegna a provocare un sentimento positivo. Mangiare un dolce è sempre una gioia perché vai a stimolare quei collegamenti arcaici che hanno fatto di noi quello che siamo oggi.

 

Rosanna Scardi


“Originale”, il bergamasco Vezzoli gareggia a “Una Mole di colombe”

Il titolare di “In Croissanteria Lab” in gara nella categoria migliore colomba creativa del concorso nazionale per pasticceri lievitisti in programma il 4 marzo a Torino 

Il bergamasco Italo Vezzoli gareggia a “Una Mole di colombe”, il concorso nazionale per pasticceri lievitisti (giunto alla terza edizione) ospitato a Torino, presso l’Hotel Principi di Piemonte, in programma giovedì 4 marzo. A causa dell’emergenza sanitaria, la manifestazione sarà dedicata alle attività del concorso, senza degustazioni e presentazioni in pubblico.
I dolci proposti sono tutti artigianali, prodotti con lievito madre, senza conservanti, coloranti o aromi di sintesi, mono e di gliceridi, semi lavorati. Vezzoli, titolare di “In Croissanteria Lab” a Carobbio degli Angeli, gareggerà nella categoria migliore colomba creativa.

Al concorso presenterà “Originale”. Invece di aggiungere ha preferito sottrarre per valorizzare l’impasto: la sua colomba è liscia con gocce di limone che si sciolgono, conferendo un aroma “agrumato”.

La giuria del concorso sarà presieduta da Giovanni dell’Agnese, erede di una dinastia di pasticceri, vicepresidente dell’Associazione pasticceri di Torino e provincia, Fabrizio Galla, eletto pasticcere dell’anno nel 2020 dall’Accademia Maestri Pasticceri Italiani, Atenaide Arpone, responsabile di Italian Gourmet, il giornalista Leo Rieser, responsabile eventi per Slow Food Piemonte e Valle d’Aosta, Andrea Maffia, responsabile ricerca e sviluppo Molino Casillo e Alessandra Giovanile, food & travel blogger per Ricettedicultura.com.

Il format “Una Mole di”, declinato negli anni in panettoni, colombe, pane e olio, è stato ideato nel 2012 da Laura Severi e Matilde Sclopis di Selerano.


Solidarietà tra chef: La Mantia “ospite” del bergamasco Morelli

A Milano lo chef di stanza al “Bulk” dell’hotel “Viu” ha aperto le porte della sua cucina al collega, rimasto orfano del suo locale chiuso causa Covid

Un atto di generosità può salvare una vita. Ma la speranza è che sia condiviso anche da altri. Protagonisti di una storia di solidarietà, a Milano, sono lo chef bergamasco Giancarlo Morelli di stanza al “Bulk”, ristorante dell’hotel “Viu”, e il collega palermitano Filippo La Mantia. Morelli ha deciso di ospitare l’amico, rimasto orfano del suo locale in centro, “Oste e cuoco”, chiuso causa Covid. L’affitto era, infatti, troppo alto (31 mila euro) e gli introiti scarsi a causa dell’emergenza sanitaria. Il vantaggio della co-cucina, simile al co-working, è che si dividono le spese e si consente al cuoco meno fortunato di continuare a svolgere il proprio mestiere.

Chef Morelli, come ha maturato la sua idea?

“Do grande importanza all’amicizia, non deve mai essere fine a un interesse. Sono cresciuto con il detto “chi trova un amico, trova un tesoro”. Per me Filippo è questo, anche se siamo agli opposti, lui siciliano doc e io bergamasco vero. Il nostro rapporto si contraddistingue per il rispetto. Ci siamo conosciuti una quindicina d’anni fa, credo a un evento di beneficenza e da allora ci siamo sempre frequentati. Ho vissuto con lui la scelta difficile, per un ristoratore è come chiudere la casa di famiglia, dove ci sono il tuo profumo e i tuoi ricordi”.

Quando ha capito che doveva aiutarlo?

“Mi è accaduto di passare da Filippo il 13 dicembre, giorno di Santa Lucia, per me una ricorrenza speciale, che da 25 anni festeggiavo cucinando alla Rsa di Stezzano, paese d’origine di mia nonna e mia mamma (quest’anno, l’emergenza sanitaria l’ha impedito e mi è spiaciuto). Ho visto che stava preparando un dolce siciliano buonissimo, tipico di Santa Lucia. E mi ha colpito, non pensavo che la tradizione fosse anche giù. In quei giorni il ristorante cominciava a perdere le sue forme, c’erano i traslocatori e a ogni pacco che chiudevano vedevo la faccia di Filippo sempre più provata. Allora ho iniziato a ragionare”.

La chiusura è arrivata il 31 dicembre?

“Sì, ma è rimasto nel suo ristorante fino al 18 gennaio, quando è stato smontato tutto. La settimana dopo è passato da me a pranzare e lì abbiamo preso la decisione. Abbiamo tardato qualche giorno per le pratiche e poi lui è entrato in cucina con i suoi ragazzi, tre in cucina e una pasticcera (gli altri 16 sono in cassa integrazione), ed è stato più facile del previsto. Come in un ufficio, ognuno svolge la propria attività. È una prova importante, un conto è condividere una cucina per una cena a quattro mani, un altro è farlo ogni giorno. Una scoperta positiva”.

Come sta andando?

“Bene. Lui fa il tifo per noi a mezzogiorno che arrivino clienti (anche se essendoci l’albergo lavoriamo anche la sera), noi per lui che ci siano delivery e asporto”.

La Mantia ha detto che gli ha salvato la vita…

“Chiudere un ristorante o solo il pensiero di farlo mi fa venire i brividi”.

 

Dunque, questa è la sua ricetta per sopravvivere?

“Ho sempre pensato che le cucine dovessero essere fruibili da più persone, che il gioco di squadra fa la forza. Ma avere due o tre cucine o chef diversi è un’utopia, perché i cuochi sono molto solisti, vogliono essere Zapata, l’attaccante che segna di più. Io penso che il cliente avrà bisogno di certezze anche nel piatto, di sicurezza nell’affrontare un pranzo o cena. Vincerà la cucina legata alle grandi tradizioni con la riscoperta del piccolo produttore e il rispetto della terra da cui provengono gli ingredienti. Un tema da portare avanti e lo puoi fare meglio se condividi la tua esperienza con un altro quotidianamente”.

Il suo collega ha promesso di riaprire entro l’anno e di restituirle gli spazi.

“Filippo ha un’anima così scatenata che troverà la sua casa, ma questo non mi vieta di sognare, di credere di poter trovare una continuità, una squadra che può viaggiare in due modi, un ristorante condiviso e uno con la tua impronta. Io sono pronto, sarebbe una lezione quotidiana di felicità. Noi cuochi impariamo dai piccoli gesti, da come un altro si muove”.

E poi fa bene allo spirito.

“È divertente vedere la cucina animata con le cassette di verdure che vanno e vengono, non quei pezzettini piccoli che eravamo abituati a lavorare poiché non ci sono clienti, quasi fossero miniature, e noi orologiai. Ora è come essere al mercato con quei colori che ti riempiono gli occhi”.

State mischiando le rispettive arti?

“Per il momento no. Lui fa tanti piatti che a me piacciono, la sua è una cucina piena di storia e intrecci culturali. Io vengo da una cultura genuina, anche se meno colorata. Ma sono maniaco del mio territorio. E non scambierei mai la polenta con il cous cous”.

Rosanna Scardi


Rush finale per la sfida “Rigoni for arts” tra Bergamo e Genova

C’è tempo fino al 18 febbraio per votare. Il pastry chef Carlo Beltrami nostro testimonial con una rivisitazione della “polenta e osei”

La rinascita di Bergamo, dopo il 2020 segnato dalla pandemia, potrebbe avvenire anche grazie al restauro di un suo monumento. Rigoni di Asiago, azienda attiva nel campo della produzione di marmellate, miele e creme spalmabili, finanzia il progetto. Ma prima bisogna battere la concorrenza della città rivale, Genova. C’è tempo fino al 18 febbraio per votare collegandosi a Restauro.rigonidiasiago.it, dando anche più preferenze. I testimonial sono il pastry chef Carlo Beltrami per il capoluogo orobico e gli Ex-Otago per quello ligure. La sfida “Rigoni for arts” sarà vinta dalla città che totalizzerà più voti. Una volta conosciuto il risultato, saranno svelati i monumenti candidati: anche in questo caso sarà il pubblico a decidere quale attraverso una nuova votazione sul web. La sfida, intanto, è sui social. Il sindaco Giorgio Gori ha già pubblicato un post a favore della sua città.

“Rigoni potrebbe farci un bel regalo, la rinascita di un monumento può essere anche la metafora della ripresa dopo tutto quello che abbiamo passato – spiega entusiasta dell’iniziativa Beltrami -. Non a caso su Instagram ho pubblicato una storia con “Rinascerò, rinascerai”, inno contro il Covid, di Roby Facchinetti e Stefano d’Orazio, come perfetta colonna sonora”.

Chi è Carlo Beltrami
Vincitore nel 2017 di “Bake off”, il talent condotto da Benedetta Parodi su Real Time, e del torneo per campioni l’anno dopo, Beltrami ha poi aperto insieme a Rosalind Pratt, concorrente dello show, il laboratorio “BakeLab Italia” a Paratico. Serramentista di professione, per dedicarsi alla sua passione per la pasticceria Beltrami ha scelto di lavorare part time per un’azienda del suo paese, Casnigo. Su Instagram, la sua dedica benaugurale a Bergamo è con una torta che rimanda a polenta e osei, a base di biscotto al mais spinato, mousse al pistacchio, confettura di albicocche e glassa al cioccolato bianco.

Le altre opere restaurate
Sempre grazie a un contest promosso da Sanex e vinto, è tornata all’antico splendore la cinquecentesca Fontana del Delfino in via Pignolo, a Bergamo. Tra le opere restaurate e valorizzate, dal 2015, da Rigoni di Asiago ci sono l’Atrio dei Gesuiti nel Palazzo di Brera, la fontana “Venezia sposa il mare” che si trova nel cortile di Palazzo Venezia a Roma, la statua del Todaro nel Palazzo Ducale di Venezia, gli affreschi della chiesa rupestre di San Giovanni in Monterrone a Matera e, da ultimo, i dipinti del Chiostro Grande di Santa Maria Novella, a Firenze.

 

Rosanna Scardi