La paura per il vaccino AstraZeneca è l’alibi perfetto per la politica. Sarebbe meglio parlare meno e agire di più

Mentre si discute se il siero sia sicuro la campagna vaccinale prosegue a singhiozzo e in ritardo rispetto ai proclami trionfalistici di Regione Lombardia e Ministero della Salute.

La paura per il vaccino AstraZeneca è l’alibi perfetto per la politica italiana. Mentre si discute se il siero sia sicuro, alcune cose ci balzano all’occhio. La prima è che la campagna vaccinale prosegue a singhiozzo e in ritardo rispetto ai proclami trionfalistici di Regione Lombardia e Ministero della Salute.

Tutti vaccinati entro giugno, no entro luglio. Ci accontenteremmo di molto meno ma con più certezza. Gli inconvenienti possono succedere, come il fermo di AstraZeneca, perché con la salute non si scherza. Gli errori, molti, commessi invece dalla macchina organizzativa andrebbero limitati. Forse sarebbe meglio parlare meno e agire molto di più.

L’altro aspetto su cui riflettere è che anche nella campagna vaccinale l’ideologia la fa da padrona. Dietro l’alibi di non togliere il vaccino “ai fragili” per riservarli ai “ricchi”, che poi dopo questa pandemia tanto ricchi non sono, si nascondono pregiudizi e culture ottocentesche.

Si vaccina prima il personale delle scuole perché la scuola è un’istituzione ed è importante che riprenda il prima possibile. Peccato che gli studenti siano a casa da qualche settimana e forse che non torneranno nemmeno più a scuola quest’anno. I professori, senza studenti, possono lavorare a un chilometro di distanza l’uno dall’altro. La cosa più imbarazzante è che della scuola si vaccinano tutti, proprio tutti, anche il personale amministrativo e non docente, alcuni a casa in smart working da mesi.

In piena terza ondata non sarebbe meglio vaccinare il personale dei negozi che giornalmente affrontano la pandemia in prima linea? Commesse, cassiere, banconieri, magazzinieri, gente umile, né ricchi né “padroni”. Persone che lavorano tutto il giorno a contatto con il pubblico e che la sera tornano a casa dai propri familiari.

Forse li si ritiene non fragili perché per malattia si assentano di rado.

 

Dino l’acidino


Novel food e insetti commestibili? Il dado è tratto (anche in Ue)

Via libera all’impiego delle larve della farina gialla negli snack e come ingrediente. E all’Istituto agrario di Treviglio c’è già chi alleva insetti stecco e grilli 

Novel Food, sapete cosa sono? I “nuovi alimenti” come le larve gialle essiccate del tenebrione mugnaio, meglio noto come tarma della farina. Fantascienza? No futuro prossimo. Il cambiamento delle abitudini a tavola sembra infatti essere sempre più vicino dopo che l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha dato il suo primo parere scientifico favorevole all’utilizzo alimentare umano di un insetto intero, ai sensi del regolamento Ue 2015/2283 sui Novel Food, ovvero tutti quei prodotti – e sostanze – alimentari per i quali non è dimostrabile un consumo significativo all’interno dell’Unione europea. Il dado è ormai tratto si potrebbe dire ed entro sette mesi la Commissione europea dovrebbe presentare una proposta da far approvare ai paesi membri per il via libera al consumo della larva gialla della farina (Tenebrio molitor) essiccata termicamente, intera o sotto forma di farina, che può essere mangiata senza rischi come snack o ingrediente di preparati per biscotti, barrette proteiche e pasta.

Le valutazioni Efsa in termini di sicurezza sono una tappa necessaria per la regolamentazione dei nuovi alimenti in quanto la sua consulenza scientifica affianca il lavoro degli enti europei e nazionali che autorizzano tali prodotti per il mercato europeo. Siamo, quindi, alle porte di rivoluzione normativa prima che culturale. Fino al 2018, infatti, la licenza per commercializzare grilli, larve e locuste a tavola era di competenza nazionale, con mercati di nicchia ben radicati in Belgio, Olanda, Danimarca, Finlandia e Regno Unito (quando faceva parte dell’Ue). La richiesta di autorizzazione al commercio (presentata da un’azienda francese) potrebbe valere per tutti i paesi dell’Unione Europea. E non è l’unica: dall’entrata in vigore del regolamento sui nuovi alimenti il 1° gennaio 2018, l’Efsa ha ricevuto un gran numero di richieste di valutazione in merito a un’ampia varietà di fonti di alimenti sia tradizionali che inedite e, attualmente, l’Autorità sta valutando dieci domande sugli insetti come alimenti: si va dai grilli e cavallette essiccati, interi o macinati e altre larve simili alle larve delle tarme della farina.

Insetti a tavola? Noi italiani non siamo ancora pronti

Ovviamente schizzinosi, buongustai e alfieri delle tradizioni hanno già storto il naso: la conferma arriva da un recente sondaggio della Coldiretti, secondo cui “il 54% degli italiani considera gli insetti estranei alla cultura alimentare nazionale”. In giro per il mondo – rileva la Coldiretti – si possono trovare molti esempi che vanno dalla pasta all’uovo artigianale ai grilli ai millepiedi cinesi arrostiti al forno per renderli croccanti e poi affumicati, dalle tarantole arrostite senza conservanti né coloranti dal Laos ai vermi giganti della farina dalla Thailandia che sono arrostiti e dicono che abbiano un gusto simile alle patatine con un leggero aroma di pollo. Ma ci sono anche il baco da seta all’americana, la vera “star” degli insetti commestibili, le farfalle delle palme dalla Guyana francese, fritte e condite, le cimici d’acqua dalla Thailandia, ricche di fibre, proteine e vitamine, fino agli “aperinsetti”: vermi della farina aromatizzati alla paprica, al curry e al sale marino “made in Belgio”, magari da mandare giù con un sorso di Vodka con bachi da seta. E per i palati più temerari i anche scorpioni dorati dalla Cina e neri dalla Thailandia, scarabei consigliati come aperitivo servito in spiedini, anch’essi thailandesi. Vastissima la scelta di grilli, da quelli al curry e cocco a quelli piccanti al gusto barbecue, fino a quelli al peperoncino dolce, tutti made in Thailandia.

All’Istituto agrario Cantoni di Treviglio un allevamento di grilli

E in Italia? Siamo ancora agli albori ma lo sguardo è rivolto al futuro. E così se in Piemonte è nata la prima fattoria di insetti italiana e nel Veronese ci sono già diversi allevamenti, anche da noi c’è chi sta provando ad andare controcorrente: Claudia Tondolo, professoressa di tecnologie agrarie dell’Istituto agrario Cantoni di Treviglio, ha allestito nel laboratorio un allevamento di 400 esemplari di Acheta domesticus, il grillo domestico, e altri insetti che troviamo alle nostre latitudini e non solo. “Nel corso degli anni ho approfondito le tecniche di allevamento applicata all’entomologia – spiega la professoressa -. Da Entomodena abbiamo portato a scuola le prime coppie di insetti fogliasecca, insetti stecco peruviano e il bacillus Rossius, l’insetto stecco italiano. Gli alunni si sono appassionati tantissimo e quindi abbiamo realizzato un piccolo allevamento a scuola. Ovviamente si tratta di entomologia agraria senza nessun fine alimentare anche se gli insetti e le loro farine sono ricchi di proteine nobili, privi di colesterolo e contengono il chitosano che riduce l’assorbimento dei grassi. A differenza delle proteine vegetali, si tratta di proteine complete di alta qualità contenenti tutti gli amminoacidi essenziali. ono inoltre una forma di allevamento ecosostenibile. Allevare insetti, infatti, consente un risparmio di acqua molto elevato. I grilli, ad esempio, bevono pochissimo: basta una spugnetta inzuppata d’acqua per circa 200 insetti”.

Per Tondolo, la zootecnia applicata al mondo degli insetti ha pochi segreti: “È importante dar loro il cibo giusto – conferma la docente -. Si nutrono di rovi, che ci sono tutto l’anno, e rose e rosacee mentre gli Acheta domestica (i grilli, ndr) mangiano scarti vegetali e alimentari e spesso gli diamo le verdure delle nostre serre”. Gli insetti hanno un ciclo di vitale di circa un anno e creare le condizioni ottimali per la loro crescita è essenziale: “Vanno accuditi tutti i giorni e non solo per il nutrimento ma anche per la temperatura: mantenere un clima caldo tra i 20 e 25° aumenta il loro metabolismo, favorisce lo sviluppo e quindi il ciclo riproduttivo. In queste condizioni e al sicuro da predatori come rettili e uccelli siamo in grado di allungare loro la vita anche di un anno”.

E ovviamente i grilli possono diventare farina: “Abbiamo ottenuto due cucchiaini di farina da due allevamenti da circa 400 grilli ciascuno – conferma Tondolo -. Il procedimento è semplice: vanno messi in una pentola a pressione con un separatore per la pastorizzazione a 120 gradi, poi in un fornetto a 90° per l’essicazione ed è incredibile il profumo di nocciole e cioccolato che emanano”. Et voilà pronti per la degustazione: “Con un pizzico di farina di grillo abbinata a quella di grano – conclude Tondolo – abbiamo prodotto una focaccia molto proteica e che condita con olio e sale nutre quanto una bistecca ai ferri. Ma la farina di grillo è ottima anche per torte e biscotti”.

 

 


L’unione fa la forza: alimenti e non solo ai negozianti di Parzanica

Ascom Bergamo capofila di un’iniziativa di solidarietà per sostenere il paese rimasto isolato. Sabato 6 marzo consegnate derrate alimentari e altri prodotti agli esercenti

Un carico di prodotti alimentari e non solo. Perché l’unione fa la forza, soprattutto in tempi difficili come questi. Dopo il covid, ci mancava infatti la frana e la chiusura della strada a complicare la vita sociale e commerciale del paese di Parzanica, nel Sebino. Un “isolamento” forzato non per l’aumento dei contagi da coronavirus in un paese di meno di 400 abitanti affacciato come una terrazza sul lago d’Iseo ma per i rischi legati al fronte franoso in movimento dall’ex miniera Ognoli, sul monte Saresano. Un rischio troppo elevato per la sicurezza del paese e che ha portato la Provincia a chiudere al traffico la strada provinciale 469 Sebina occidentale, nel tratto tra il ponte di Tavernola e la località Pontèl, e la provinciale 78 che collega Vigolo con Parzanica.

Ma la solidarietà trova sempre nuove strade e così Ascom Confcommercio Bergamo si è fatta promotrice di un’iniziativa in aiuto ai commercianti del paese che ha coinvolto alcuni associati e altre associazioni di categoria. Tutti insieme per raccogliere generi alimentari e non solo che sabato 6 marzo sono stati consegnati in paese dal direttore di Ascom Bergamo, Oscar Fusini, dal presidente Fai Bergamo (Federazione Autotrasportatori Bergamo) Giuseppe Cristinelli, e dal sindaco di Parzanica Battista Cristinelli.

“Apprese le difficoltà di rifornimento – spiega Fusini – abbiamo contattato la nostra associata Mara Gabanelli della Trattoria Alpina e il sindaco che tramite Sergio Radici ci ha fatto avere un elenco dei beni necessari. Abbiamo lanciato l’appello ai nostri associati e in poco tempo siamo riusciti a raccogliere bombole gpl, pellet, prodotti freschi, carne, acqua, latte, zucchero, caffè, carta igienica, segatura, giochi per bambini. Grazie alla Coldiretti, inoltre, abbiamo fornito anche fieno e mangimi animali alle aziende agricole”.

Un lavoro di squadra

“È stato un bel lavoro di squadra e voglio ringraziare anche il responsabile della Protezione civile, Francesco Morzenti, che si è reso disponibile nell’accompagnarci nel viaggio in una situazione di viabilità complicata – afferma Giuseppe Cristinelli della Fai -. La situazione per chi abita e lavora a Parzanica è complicata e per questo confermo la mia disponibilità per altri rifornimenti settimanali”.

Tra le categoria che hanno aderito ci sono anche i Gastronomi e Salumeri: “È stato un bel gesto di solidarietà verso la popolazione ma anche verso gli esercenti – sottolinea Luca Bonicelli, presidente del Gruppo dei Gastronomi e Salumieri bergamaschi che ha fornito salumi e vaschette di affettati -. Siamo sempre disponibili a reperire quello che serve e come Gruppo non possiamo che essere vicini ai negozi di paesi come Parzanica che tengono vivo il tessuto sociale e la cui presenza è cruciale per la comunità stessa”.

All’iniziativa ha aderito anche l’Aspan che grazie al suo segretario Roberto Alvaro e ai suoi associati ha fornito 1 quintale di farina e 2.5 kg di lievito al panificio del paese. “È nel nostro dna essere solidali e da quando è scoppiata la pandemia ci siamo organizzati per portare il pane ai clienti anziani – conferma il presidente Aspan, Massimo Ferrandi -. Certo la quantità di materia prima donata al panificio di Parzanica è sufficiente per sfornare pane per qualche giorno e per questo siamo pronti a dare ancora una mano”.

“Un grazie particolare a tutti, a nome mio e dei commercianti del paese – afferma Luisa Danesi della Trattoria Alpina -. Ci ha fatto molto piacere che Ascom si sia ricordata di noi che siamo soci da 40 anni. Questo gesto fa capire che insieme le difficoltà si possono superare ma che è anche necessario che anche le istituzioni intervengano per non lasciarci soli. Parzanica, infatti, è raggiungibile solo con una strada agro-pastorale e in queste condizioni è difficile andare avanti. La strada provinciale è necessaria perché la gente deve poter lavorare”.

 


Imprese al femminile, Cereda: “Noi donne chiamate a conciliare vita, lavoro e famiglia”

La presidente del Gruppo Terziario Donna di Ascom Bergamo: “Dopo i 40 anni c’è un calo naturale delle imprese in ‘rosa’ perché si fa fatica a portare avanti l’attività imprenditoriale con il ‘lavoro’ di mamma”

L’8 marzo è la giornata internazionale della donna: una ricorrenza che nasce da un fatto storico (in memoria delle operaie morte nel rogo di una fabbrica di New York nei primi del ‘900) e che nel tempo è diventata una festa vera e propria che ogni anno porta a chiedersi a che punto siamo lungo la strada della libertà e della parità di genere: nella vita privata, nel mondo del lavoro e in quello di chi fa impresa come Alessandra Cereda di MobilCereda di Zanica, presidente del Gruppo Terziario Donna di Ascom Bergamo Confcommercio, il Gruppo rappresentativo delle imprenditrici associate a Confcommercio-Imprese per l’Italia, operanti nei settori del commercio, del turismo, dei servizi, delle Pmi e nelle professioni.

Bergamo e imprenditoria femminile: il settore del commercio, pubblici esercizi, ristorazione può ritenersi soddisfatto?

Possiamo dire di si. I dati del 2020 sono confortanti: su oltre 1.100 nuove imprese, il 37% è a conduzione femminile. I settori più coinvolti sono il commercio (non alimentare), i servizi, la somministrazione e la ricettività. Tutti settori che offrono nuovi stimoli legati anche alle innovazioni tecnologiche, alla comunicazione e al mondo del web.

Sempre più donne imprenditrici quindi?

Si possiamo migliorare e servono misure specifiche e aiuti che consentano di conciliare impresa, lavoro e famiglia. Non a caso le imprese “rosa” sono guidate soprattutto da under 40, poi avviene un calo naturale perché si fa fatica a conciliare l’attività imprenditoriale con il ‘lavoro’ di mamma. Questo è un freno non solo all’indipendenza femmine ma anche all’economia in generale.

Una leadership femminile è diversa sa quella maschile?

No, abbiamo le stesse opportunità. E quindi non c’è differenza.

Ha mai avuto, nel corso della sua carriera, la sensazione di avere avuto meno opportunità perché donna? 

Non mi è mai successo e nel mio settore non ho mai notato grosse differenze. Onestamente, bisogna anche un po’ staccarsi da questa idea che noi donne siamo penalizzate e che non abbiamo opportunità. Basta fare le vittime. Possiamo realizzare i nostri sogni e i nostri obiettivi perché abbiamo le stesse difficoltà che hanno gli uomini nel dirigere un’impresa. Le opportunità le abbiamo conquistate, ottenute e ora tocca a noi.

Nel fare impresa le soft skill sono asset determinanti. Quali sono quelle che una donna può vantare?

Abbiamo sicuramente più resistenza, spirito di adattamento e capacità di multitasking, che sono tra le skill più richieste oggi sul mercato.

Mercato che però non sorride da un punto di vista occupazionale…

Si purtroppo nel 2020 abbiamo perso 444mila posti di lavoro di cui 312mila di donne. Il Governo è intervenuto per il sostegno all’occupazione e all’imprenditoria femminile con il Fondo a sostegno dell’imprenditoria femminile che comprende azioni rivolte non solo a madri, ma anche a lavoratrici e imprenditrici, oltre a misure di accompagnamento (mentoring, supporto tecnico- gestionale, misure per la conciliazione vita-lavoro, ecc.), campagne di comunicazione multimediali ed eventi e azioni di monitoraggio e di valutazione.

In cosa consiste il Fondo a sostegno dell’impresa femminile?

Con una dotazione di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, il Fondo prevede il finanziamento di iniziative imprenditoriali e di azioni di promozione dei valori dell’imprenditoria tra la popolazione femminile. È stato istituito anche il Comitato Impresa Donna che ha il compito di attualizzare le linee di indirizzo per l’utilizzo delle risorse del Fondo e formulare raccomandazioni sui temi della presenza femminile nell’impresa e nell’economia.

Tutti temi già al centro delle iniziative del Gruppo Terziario Donna…

Si nel 2019 abbiamo promosso il progetto “Madre e figlia. L’impresa donna tra le generazioni” che valorizza l’imprenditoria femminile nelle attività di tradizione familiare, attraverso il racconto di madri e figlie che si trovano ogni giorno a lavorare insieme. Un video racconta a trenta voci, con quindici mamme e quindici figlie imprenditrici nei diversi settori del terziario, il valore delle attività familiari, tra sacrifici, soddisfazioni, emozioni, supporto e inevitabili discussioni, come accade quando si lavora spalla a spalla. Dal bancone del bar al panificio, dall’hotel al ristorante, dall’armeria alla società di edizioni musicali, dalla salumeria al negozio di abbigliamento, due generazioni a confronto si misurano con l’amore per il proprio lavoro e un universo di sentimenti, spesso contrastanti. Il video con le interviste è pubblicato sul portale dedicato dimadreinfiglia.

Per concludere, che consiglio darebbe a una giovane donna?

Di provarci senza timore. E di non rinunciare mai a mettersi in gioco.


Il mondo del wedding in piazza Flash mob per dimostrare che lavorare in sicurezza è possibile

Venerdì 26 febbraio, dalle 13 alle 14, sul Sentierone una sessantina di professionisti “organizzeranno” un matrimonio vero e proprio per chiedere di ripartire il prima possibile

Il mondo del wedding scende in piazza venerdì 26 febbraio per dar voce alla filiera integrata dello spettacolo collegata a Confcommercio Professioni e ad Aiom Bergamo, l’Associazione Italiana Organizzatori Matrimoni, aderenti ad Ascom Confcommercio Bergamo.

Dalle ore 13 alle ore 14, andrà in scena un flash mob sul Senterione dove sono attesi una sessantina di professionisti che “organizzeranno” un matrimonio vero e proprio, dall’arrivo degli sposi in auto d’epoca alla festa finale con deejay, all’interno di uno scenario nuziale con gli arredi, le scenografie e l’erogazione di tutti i servizi ristorativi e operativi legati all’evento nuziale. Tutto, ovviamente, nel rispetto delle normative anti-covid. Uno show pensato nei minimi particolari così come deve essere un matrimonio: intorno alla categoria professionale dei wedding planner ruotano infatti diverse altre professionalità in un settore che genera in Italia un indotto annuo di decine di miliardi di euro e che in Bergamasca coinvolge oltre 11 mila lavoratori, compresi i professionisti e gli atipici, e circa mille imprese.
Non a caso l’iniziativa nasce su scala nazionale come conferma Matteo Mongelli, presidente di Confcommercio Professioni Ascom Bergamo: “Il flash mob si terrà contemporaneamente in 14 altre città tra cui Cagliari, Catania, Padova, Pescara e Roma. Chiediamo al Governo una maggiore considerazione perché la platea è ampia e non apparteniamo a un unico codice Ateco. Dietro al mondo del wedding c’è infatti una filiera lunghissima e integrata che da più di un anno è allo stremo e deve essere messa nelle condizioni di ripartire il prima possibile e in sicurezza. Per il wedding non basta infatti rialzare una saracinesca: la riapertura è lenta e graduale perché organizzare matrimonio richiede tempo”.

La paura è che neanche nel 2021 si possano svolgere matrimoni e così ai professionisti cominciano ad arrivare richieste di slittamenti di data e risarcimenti degli acconti già forniti. Una beffa dopo che nel 2020 l’intero comparto si è visto costretto, come conseguenza delle prescrizioni dei diversi Dpcm, ad annullare quasi tutti gli eventi in programma nell’anno con una perdita di fatturato stimata tra l’85 e il 95%. Da marzo 2020, inoltre, l’intera filiera degli eventi (in Italia circa 570.000 addetti) è totalmente in ginocchio e senza ristori.
“Anche in Bergamasca la situazione non è rosea e a livello economico si stima una perdita di un giro di affari di qualche decina milioni di euro, senza contare le ricadute sui luoghi di cultura, di spettacolo, alberghi, ristoranti e bar – sottolinea Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo -. Pur contando su poco più di mille imprese con oltre 2300 addetti, il mondo degli eventi muove un indotto di proporzioni enormi sul territorio, con circa 3 mila professionisti e oltre 5 mila atipici, e il blocco dei matrimoni sta mettendo al palo proprio queste categorie di lavoratori che, di fatto, stanno perdendo un sostegno al reddito e sono senza ammortizzatori sociali. Con il perdurare dell’epidemia, dunque, si possono sviluppare delle linee guida per la gestione degli eventi in sicurezza, come del resto avviene in tutti i settori produttivi dove la gente si muove e lavora con gli altri nel rispetto delle regole. Domani nel flash mob organizzato dal nostro gruppo che si occupa di wedding vedremo che questo è possibile”.

L’iniziativa nasce infatti dall’idea di mostrare attraverso un quadro vivente uno spaccato dell’operatività e del numero di competenze che sono parte essenziale di ogni matrimonio: “Punteremo i riflettori sulla lunga catena di professionisti che di solito opera prima, durante e dopo il “sì” – sottolinea Paola Rovelli, presidente di Aiom Bergamo -. Sarti, hairstyle, make-up style, atelier sposi, scenografi, allestitori, noleggio arredi, fioristi, service, agenzie viaggio, e tutti coloro che sono visibili durante un ricevimento come noleggio auto, catering, personale di servizio, barman, fotografi , musicisti, cantanti, deejay, animatori, tecnici audio, video e luci. Abbiamo bisogno di dialogo e confronto con le istituzioni che ad oggi non hanno ancora considerato chi, da anni, opera in questo mondo considerato da tutti una favola ma che in realtà nasconde grandi sacrifici. Nella totale incertezza programmatica e nello stato di paura generale tra gli operatori e la clientela, sarà lunga e difficile la ripresa: non è possibile, infatti, ancora lavorare per riprogrammare gli eventi annullati né programmarne di nuovi”.


Zona gialla, grossisti e distributori di bevande lanciano l’appello

Giampietro Rota, presidente della categoria che ha subito un crollo della categoria che ha subito uncrollo del fatturato di oltre il 40% nel 2020:”si identifica una exit strategy per far ripartire la filiera”

Bene la zona gialla, ma auspichiamo un ritorno alla normalità d’esercizio il prima possibile perché non si può resistere a lungo in queste condizioni. Il rischio di tornare in zona arancione con aperture stop e go è dietro l’angolo e per questo occorre definire una comune exit strategy che metta al centro la riapertura dei locali, con tutti i protocolli di sicurezza che sono stati fin da subito messi in atto, per la sicurezza del consumatore e dei lavoratori”. A lanciare l’appello a nome di tutta la categoria è Giampietro Rota, presidente dei grossisti e distributori di Ascom Confcommercio Bergamo che propone una lettura in chiaroscuro del ritorno in zona gialla della Lombardia.

“Il settore delle imprese all’ingrosso di distribuzione HoReCa (Hotellerie, Restaurant, Cafè) che comprende tutto il circuito dei consumi “fuori casa” ha chiuso un 2020 da dimenticare, registrando a livello provinciale un crollo del fatturato di oltre il 40%, con punte fino a l’80% nell’ultimo mese a seguito dell’ennesima chiusura di bar, pizzerie, ristoranti e alberghi – aggiunge Rota -. Siamo a rischio collasso: in Bergamasca ci sono infatti una cinquantina di aziende strutturate che riforniscono ciascuna centinaia di bar, ristoranti e alberghi che sono rimasti chiusi per circa un anno e ora non sappiamo ancora quanto potranno rimanere aperti”.

 

Il paradosso: grossisti operativi ma locali chiusi

“La grave sofferenza del comparto dei pubblici esercizi si abbatte a cascata anche sulle altre filiere collegate come quella della distribuzione di bevande e alcolici – sottolinea Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo -. Di fatto, grossisti e distributori hanno vissuto un paradosso: stiamo infatti parlando di una categoria che ha sempre potuto operare e che è stata persino esclusa dagli ultimi ristori, senza contare sgravi e crediti di imposta mai definiti, a fronte del fatto che gli operatori (gestori e distributori) sono interconnessi. Se non lavora uno non lavora l’altro e se si blocca l’anello conclusivo della filiera si blocca tutto”.

 

Il problema dello smaltimento delle scorte

Un danno economico ma non solo: c’è anche il problema dello smaltimento delle scorte sotto scadenza con tutte le conseguenze ambientali che ne derivano: “Molti prodotti come birra e bevande analcoliche sono le prime ad andare in scadenza – conferma Rota -. A questo si aggiungono i costi fissi aziendali, dalle spese per l’energia elettrica necessaria per alimentare le celle frigorifere alle coperture assicurative per le flotte aziendali fino alla formazione obbligatoria del personale. La zona gialla finalmente ci dà un po’ di respiro ma la preoccupazione di tutti gli operatori è che al momento non c’è ancora una visione a lungo termine. Per questo chiediamo alle istituzioni di definire una strategia comune per poter ripartire e di non ricorrere ad aperture stop e go a seconda dell’altalena dei contagi”.