Artigiani: «La politica non ci aiuta,
tocca a noi reagire»

La crisi c’è e, con maggiore o minore intensità, colpisce ogni settore dell’artigianato. Ma c’è anche la consapevolezza che tocca alle imprese reagire, perché dalla politica non solo non arrivano risposte efficaci, ma semmai nuove complicazioni, come oneri e adempimenti, spesso varati senza nemmeno la necessaria chiarezza per permettere alle aziende di adeguarsi con semplicità. Alla vigilia dell’Assemblea dell’Associazione Artigiani, in programma sabato 25 maggio dalle 10 nell’Auditorium della sede di via Torretta a Bergamo, gli otto rappresentati delle Aree di mestiere sembrano aver già fatto proprio lo slogan dell’appuntamento “Guardiamoci dentro… per continuare a guardare oltre”. A parte campi in cui le prospettive sono incerte ed è difficile al momento individuare spiragli, come  costruzioni e autotrasporto, negli altri casi prevale infatti la volontà di ricercare soluzioni facendo valere le prerogative stesse del lavoro artigiano, la capacità di distinguersi per qualità, servizio e professionalità.

*Costruzioni
«Ritardi nei pagamenti, una spirale pericolosa»

Il blocco che sta vivendo l’edilizia lo sintetizza bene un’immagine di Geremia Arizzi, capo Area Costruzioni dell’Associazione Artigiani, nel settore da quarant’anni, con azienda a Piazza Brembana, dove è anche sindaco. «Non si vedono più gru – dice –, sono tutte ferme, significa che non ci sono grandi cantieri in attività. Per quanto ci riguarda, stiamo lavorando soprattutto su interventi di manutenzione, cantieri di 10-15 giorni, spesso programmati dallo scorso anno. Solo gli incentivi per le ristrutturazioni hanno dato una scossa, per questo sarebbe importante una proroga oltre la fine di giugno, quando scadranno. In flessione sono invece i lavori per il fotovoltaico, forse perché i vantaggi sono diminuiti». A tenere in stallo il mercato è l’incertezza. «Incide le stretta del credito – rileva –, ma soprattutto le difficoltà del lavoro. Oggi una coppia, anche se entrambi hanno un posto fisso, non mette su casa perché sa che quei posti potrebbero non essere così sicuri. Lo stesso vale per le aziende, che davanti a prospettive così incerte non azzardano certo investimenti». Il risultato è che tutto si è fermato e in più c’è il peso dell’invenduto. «In pratica – spiega Arizzi – tutte le aziende del settore si sono assunte rischi in prima persona perché vengono pagate solo quando l’immobile viene venduto. Ciò ha innescato la pericolosa spirale dei ritardi nei pagamenti che qualcuno sta anche cavalcando approfittandosene. Visto che la situazione è difficile, sarebbe importante invece darsi una mano e cercare, quando è possibile, almeno di non penalizzare troppo i colleghi».
Da sindaco può anche portare il punto di vista delle Amministrazioni pubbliche. «Il patto di stabilità – afferma – e la mancanza di finanziamenti dallo Stato e dalla Regione ci tolgono, in pratica, ogni possibilità di azione e gli interventi sono per lo più limitati a ciò che non si può rimandare». 

*Impiantistica
«Anche l’estero è una strada che si può percorrere»

«Si naviga a vista», è la sintesi di Giacinto Giambellini, alla guida dell’omonima azienda idraulica di Osio Sotto, capo Area Impiantistica nonché vicepresidente dell’Associazione Artigiani. «Con la bella stagione – rileva – ripartono alcuni interventi, ad esempio per il condizionamento, ma il blocco dell’edilizia si ripercuote, per forza di cose, anche sui nostri settori. Ad aggravare il tutto ci sono i ritardi nei pagamenti, che sembrano ormai diventati una prassi. Addirittura nei contratti oggi viene specificato che il pagamento avverrà quando il cliente avrà a sua volta riscosso, il che la dice lunga sulla sofferenza delle attività: è una guerra tra poveri». Eppure non gli manca la fiducia: «Gli impiantisti serviranno sempre – nota -, ma non possiamo pensare che tutto tornerà come una volta, ci si deve riorganizzare, rimettere in gioco. Ormai il fattore prezzo non fa la differenza perché più giù di così non si può scendere, la può fare solo la professionalità, che occorre saper dimostrare nel tempo. Non basta nemmeno essere i più esperti della propria materia – tiene a precisare -, è importante per l’imprenditore avere una visione dell’economia e del mercato e sapersi muovere per trovare, di volta in volta, risposte concrete».
Due strade che possono dare opportunità sono, secondo Giambellini, le riqualificazioni e l’estero. «Per questa seconda scelta – rileva – occorre una dose di coraggio in più, significa stare lontani da casa, dalla famiglia, dalle amicizie, anche in questo caso è un cambio netto, più o meno obbligato, che viene richiesto agli artigiani». Il paradosso è che mentre le aziende sono faticosamente alle ricerca di nuove prospettive e sbocchi, burocrazia e costi, anziché alleggerirsi, si appesantiscono, «pensiamo ad esempio alle normative sui gas florurati – ricorda Giambellini -, che rappresentano ulteriori oneri per imprese già vessate dagli adempimenti e dalle tasse».  

*Produzione e Subfornitura
«Troviamo nelle nostre aziende spunti per il cambiamento»

La visione di Alessandro Bonzi, capo Area Produzione e Subfornitura, parte da quella che è, in pratica, l’unica certezza del momento: «La crisi c’è e non si risolverà da un giorno all’altro – afferma -. Non possiamo rimanere in attesa di risposte da parte di una politica che sino ad ora non ha dimostrato di saperne dare, tocca perciò a noi darci da fare per rimetterci in gioco». «Formazione, innovazione, internazionalizzazione – spiega – sono le leve per ripartire, anche se fino ad ora sono suonate più come dei bei concetti astratti e raramente sono diventate effettivi spunti di cambiamento. Innovare, in realtà, non vuol dire mettere in atto chissà quale rivoluzione, ma fare qualche piccolo passo sì, ad esempio riorganizzare l’azienda, modificare le strategie commerciali, magari potenziando il proprio sito o proponendosi in maniera diversa sul mercato». Visto che lamentarsi non serve, «si deve se non altro fare una valutazione della propria operatività, attuale non del passato, e vedere cosa si può migliorare. Anche nei confronti del sistema creditizio occorre essere in grado di presentarsi in maniera credibile, servono più responsabilità e reciprocità». Un esempio concreto di come si può innescare il cambiamento lo fornisce la sua azienda, che si occupa di trattamenti galvanici a San Pellegrino, fondata dal nonno nel 1955. «Qualche anno fa ho partecipato per la prima volta ad una fiera e i risultati sono stati incredibili – racconta Bonzi -. Si sono aperte nuove collaborazioni, è nato un gruppo d’acquisto, ho potuto verificare il posizionamento nei confronti della clientela e su questo abbiamo sviluppato l’attività».  
Nel settore che rappresenta a soffrire sono soprattutto le imprese fornitrici dei comparti in difficoltà, come l’auto, il tessile, le materie plastiche, mentre si difende chi lavora per aziende che esportano, «perché – fa notare – ci sono Paesi che hanno superato la crisi e sono tornati a crescere». In Italia, invece, anche pagare le tasse è sempre più complicato. «Questo continuo cambio in corsa delle regole – afferma – ci penalizza e non ci permette di guardare un po’ più lontano dell’immediato. Non sappiamo se e come si pagherà l’Imu, quanto inciderà la Tares, il Sistri è stato bloccato e poi rimesso in moto, non sto parlando dell’opportunità o della congruenza di tributi ed adempimenti, credo che le tasse vadano pagate, ma le aziende non devono impazzire per farlo».         

*Trasporto
«Le sanzioni stanno affossando le imprese»

Al di là della crisi, che ha ridotto il lavoro e portato al minimo i margini, è la mancanza di una vera politica a tutela dell’autotrasporto ciò che sta mettendo a rischio il settore secondo il capo Area Dario Mongodi, alla guida dell’omonima ditta di autotrasporti di Villongo. Il suo è un autentico «grido di disperazione» e riguarda, in particolare, le sanzioni, che si sono moltiplicate e sono diventate insostenibili. «Come si può prevedere che non vengano superate dieci ore alla guida – fa notare – se se ne perdono tre o quattro fermi nelle piattaforme logistiche per il carico e lo scarico e se la velocità media in Italia è di 34 chilometri all’ora contro i 68 della media europea? Servirebbe più attenzione alle reali condizioni in cui le aziende operano prima di varare certi provvedimenti, anche i  vertici delle associazioni di rappresentanza dovrebbero seguire più da vicino le istanze della base, è un messaggio che non smetto di lanciare, per cercare di cambiare la situazione». «Gli autotrasportatori – prosegue – si trovano a fare i conti con una rete stradale nata senza programmazione, su un territorio dove si è edificato dappertutto: le difficoltà sono oggettive e cosa si pensa invece? Di fare cassa con i controlli. Per chi sfora l’orario, anche solo di qualche minuto, c’è anche la visita dell’ispettorato del lavoro, ma sono ben 800 gli articoli del codice della strada per i quali si può essere sanzionati. Ormai mi sembra si sia scatenata un’autentica caccia al camion con il risultato che le nostre attività ci stanno scivolando di mano». All’obiezione che controlli e sanzioni sono fatti per migliorare la sicurezza Mongodi risponde: «Non è così che si ottengono risultati ma confrontandosi con gli operatori per capire cosa non funziona nel sistema e lavorare insieme sulla prevenzione. Facile scattare la fotografia ad una targa, più complesso mettere gli operatori nella condizione di lavorare con tranquillità. Sarei felicissimo di uscire solo tre giorni a settimana, se il ricavo mi consentisse di andare avanti».

*Servizi
«Le nostre attività saranno sempre richieste, ma bisogna puntare sulla qualità»

«Fino allo scorso anno era un’oasi ancora felice, dall’inizio del 2013 anche per le riparazioni di auto è arrivato il calo», lo rileva Ernesto Belotti, capo Area Servizi. «La diminuzione delle vendite di auto nuove – spiega – ha portato ad un invecchiamento del parco circolante, facendo aumentare le richieste di manutenzione. Ora, invece, le difficoltà di spesa si fanno sentire e i clienti cominciano a rimandare i controlli periodici». La strada per resistere è una sola, quella del continuo aggiornamento, della qualità e del servizio al cliente. «Le attività di servizio saranno sempre richieste – afferma Belotti -, certo bisogna essere in grado di seguire le esigenze e le opportunità. Esemplare da questo punto di vista è il lavoro fatto negli ultimi 18 anni con le imprese di pulizia, che insieme a tappezzieri e riparatori di auto e tv fanno parte dell’Area. Attraverso la creazione e lo sviluppo del marchio “pulitore qualificato” è stato possibile ai nostri associati distinguersi e affrontare le innovazioni proposte dal mercato». Ma il discorso vale anche per gli altri settori e non è legato solo al momento di crisi. L’attività di Belotti, oggi portata avanti con i tre fratelli a Castelli Calepio, risale addirittura agli anni ’20, quando il nonno riparava biciclette, trattori, le poche auto presenti nei paesi e quelle dei cittadini che si dirigevano al lago. «Negli anni ’90 – ricorda – abbiamo introdotto il soccorso stradale, l’elettrauto, siamo diventati uno dei primi centri di revisione ed abbiamo ampliato l’attività alla vendita di auto. Il futuro non può che essere nella stessa direzione, nel cercare cioè di offrire supporto a 360 gradi, tanto più che per i servizi di base sono nati i centri fast fit, anche se in Italia, a differenza della Francia, non stanno prendendo troppo piede». Talvolta è l’evoluzione stessa dei prodotti ad imporre l’aggiornamento: «Oggi la distinzione tra meccanico ed elettrauto non esiste più, al punto che la Camera di Commercio ha riunito le attività sotto l’unica definizione di meccatronica – evidenzia -, anche i motori ibridi ed elettrici sono un nuovo campo di specializzazione. Insomma per chi vuole mettersi in gioco le opportunità ci sono, non potrei pensarla diversamente visto che ho quarant’anni e credo nel futuro». Qualche dubbio sembrano invece averlo i giovani: «I motori sono sempre piaciuti e non mancano le vocazioni per questa attività – rileva -, ciò che spaventa sono il peso della burocrazia, le spese, gli adempimenti, dalla sicurezza ai rifiuti, che rappresentano un freno per l’avvio di nuove attività».          

*Servizi alle persone
Parrucchieri, «consorziamoci per essere più forti»

«Non abbiamo il problema della riscossione dei pagamenti, ma per il resto la crisi non ha risparmiato le nostre attività», dice Maurizio Locatelli, parrucchiere, capo Area Servizi alle persone dell’Associazione Artigiani, titolare della storica insegna “Amleto” in via Garibaldi in città, aperta dal padre nel 1952. «La clientela si mantiene, ma è calata la frequenza e la signora che prima veniva ogni settimana riduce le visite o torna quando ne ha effettivamente bisogno e solo per i trattamenti necessari». «È una tendenza in atto da almeno tre anni – rileva – ed ha avuto ripercussioni sulle attività: alcune non ce l’hanno fatta, altre annaspano, altre si difendono». “Colpa” anche dei parrucchieri cinesi? «Alcune clienti ammettono di aver dovuto fare di necessità virtù – racconta -, ma poi tornano da noi. Non è con questo tipo di proposta che ci dobbiamo confrontare. Ciò che possiamo auspicare sono i giusti controlli perché la concorrenza sia il più leale possibile, ma è sulla qualità che occorre puntare, su prezzi equi, promozioni mirate, servizi che diano alla cliente la possibilità di curare l’acconciatura da sola per un buon periodo, non certo sul ribasso». Proprio in quest’ottica punterà, in seno all’Associazione, a promuovere la formazione, «non solo per adeguarsi nel modo più indolore possibile alle nuove normative sulla sicurezza – spiega -, ma soprattutto per dare la possibilità all’imprenditore di istruire i collaboratori su ciò che effettivamente gli serve. Sino ad ora la formazione ha riguardato soprattutto i prodotti e le novità, ora vorremmo dare un taglio più legato alla progettazione, dare ad ognuno gli strumenti per sviluppare e personalizzare la proposta». L’invito è anche ad abbandonare l’individualismo che caratterizza la categoria «per acquistare maggiore forza imprenditoriale, consorziandosi per ottenere, ad esempio, migliori condizioni sui servizi». Tra le opportunità da tenere presente anche quella degli orari: «Molti negozi propongono alcune aperture serali – evidenzia –, un modo per andare incontro alle esigenze dei clienti, che viene apprezzato. Certo bisogna tenere conto dell’organizzazione e soprattutto del contesto. Anch’io – ammette – ho prolungato per un certo periodo l’orario fino alle 22, ma ho dovuto rinunciare perché a quell’ora in città non gira più nessuno e lo scenario è desolante. Forse bisognerebbe pensare a politiche che incentivino la collocazione dei mestieri artigiani nelle vie del centro e dei nostri paesi, magari agevolando i giovani a diventare imprenditori, così da rivitalizzare i centri e le piazze un po' a tutte le ore e restituire l'originale vocazione aggregativa».

*Alimentari
Pasticceri, «ci difendiamo con una proposta originale»

Se per le pasticcerie il quadro non è fosco come per altri settori lo si deve anche alla possibilità di continuare distinguersi per il tipo di proposta e alla capacità di cogliere e interpretare le nuove tendenze in fatto di gusto. «Anche noi risentiamo del calo dei consumi, è indubbio, ma ci difendiamo rispetto ad altre realtà dell’artigianato», commenta Giosuè Berbenni, della pasticceria Giosuè di Montello, capo Area Alimentari nonché presidente del Consorzio pasticceri. «Non c’è più l’abitudine del vassoio di paste la domenica – rileva – ma per una ricorrenza, una festa o anche solo se ci sono ospiti o si è invitatati a cena la pasticceria torna ad essere un punto di riferimento». Forse la “fortuna” del settore è che non ha veri concorrenti, i reparti pasticceria nei supermercati non sembrano infatti intaccare il piacere di mettere piede in un negozio specializzato, capace di conquistare già con la vista e i profumi e regalare prodotti unici. «In effetti offriamo qualcosa in più e di diverso – dice – e la moda del cake design, spinta dalle rubriche televisive, ci sta dando una mano accendendo l’attenzione sulle nostre attività. L’unico neo è che non si parla mai dei prezzi, così capita che il consumatore resti spiazzato perché non sa che per una torta decorato occorrono molte ore di lavorazione». Punti a favore dell’attività sono anche la conduzione familiare, «per cui spesso non si contano le ore spese nell’attività» e il rapporto con i clienti, «che apprezzano la possibilità di scambiare anche solo due chiacchiere». «Naturalmente è più facile andare avanti per chi ha un’attività consolidata – ammette Berbenni, la cui pasticceria è aperta da 32 anni -, più difficile per chi deve ritagliarsi la propria fetta di mercato, ora che la torta si è ristretta e se non riparte il mercato potrebbero esserci problemi». Le strategie in ogni caso non mancano e l’invito e di continuare a guardare al futuro con ottimismo. «Con il Capab – ricorda – proponiamo corsi per realizzare gelato di qualità o sulle confezioni in occasione di Natale e Pasqua, così da proporre sempre qualcosa di diverso e originale».      

*Immagine, Arte e Comunicazione
«La crisi? Un’opportunità per crescere e migliorarsi»

«Le crisi servono a mettersi in discussione, a rendersi conto dei punti critici e di quelli di forza, per migliorare sia dal punto di vista personale sia da quello professionale, sono opportunità di crescita». Volge in positivo le difficoltà che anche l’arte e l’oreficeria stanno attraversando Andreina Facchinetti, capo Area Immagine, Arte e Comunicazione, titolare di un’orologeria e oreficeria in via Borgo Palazzo 2, aperta nell’80 continuando l’attività del padre, maestro orologiaio. «La spesa è calata indubbiamente – rileva – ma c’è anche più attenzione a come si spende, aumenta così la selezione tra le attività capaci di offrire servizi e proposte di valore rispetto a quelle improvvisate». I servizi di riparazione tornano in auge a scapito dell’accumulo e del ricambio «ma se si ha la possibilità di spendere – nota -, i gioielli finiscono con l’essere preferiti ad articoli più voluttuari come abiti e accessori, perché sono più concreti, restano, in fondo, un bene rifugio». E poi c’è l’aspetto creativo, la nota che rende ogni opera un pezzo unico, che non si può confrontare con altri e per questo capace di ritagliarsi uno spazio proprio. «Dell’Area fanno parte anche ebanisti, scultori, tipografi, restauratori – ricorda Andreina Facchinetti -, sono tutte figure di creativi e sono loro che hanno una visione più ampia e positiva del futuro, persone che credono in quello che fanno e che spesso hanno la capacità di formulare visioni che vanno più in là del pensiero pratico trovando anche nuovi modi per proporsi».