Altro che referendum, ci può salvare solo un nuovo Umanesimo

referendum-2Voteremo, il 4 dicembre: dopo una campagna referendaria pletorica, infarcita di stupidaggini reciproche, di sgambetti e di una noia popolare che ha raggiunto livelli sbadigliometrici mai toccati: voteremo, ma servirà a poco o niente. Non perché una Costituzione, sia pure compromissoria e sbilanciata come la nostra, non sia una cosa importante, ma per un equivoco di fondo, che rende questo voto una desolante prova di forza e non una consultazione dei cittadini. E’ inutile ripetere da tutte le parti che non si tratti di un referendum su Renzi e la sua ghega: è nato perché Renzi voleva dimostrare di essere forte e finisce con Renzi che non vuole dimostrare di essere debole, ma la sostanza è quella. Il punto, però, se permettete, è un altro, e riguarda le ragioni per cui si vota, piuttosto che gli obiettivi per cui si va alle urne. Prendiamo l’elezione del presidente degli Stati Uniti: una cerimonia farsesca, con due candidati ugualmente impresentabili e con un elettorato da elettroshock. E stiamo parlando del Paese di cui siamo i lacchè da settant’anni: che ha in casa nostra le sue testate nucleari e che ci detta la politica, tanto estera quanto interna. Eppure, questo mastodonte della democrazia puritan-bottegaia, è riuscito ad esprimere, con il suo sistema elettorale, tanto invidiato ed ammirato dai soloni di casa nostra fino a pochi giorni fa, due personaggi che sarebbero imbarazzanti anche alla festa di compleanno di Gianni & Pinotto. E noi non siamo da meno.

Non si salva nessuno: chi proclama serenamente idiozie da ricovero coatto al Cottolengo, chi si fa beccare con le zampe nella marmellata, chi strilla come la Sora Rosa quando chiama a tavola ‘li regazzini’, chi strempia, chi si azzuffa, chi smentisce a ripetizione tutto ciò che aveva detto il giorno prima. E, quando avremo, finalmente, deciso se la Costituzione ci sta bene com’è oppure no, noi ci troveremo daccapo a dover sperare in un intervento divino, che ci liberi da questa classe politica, con qualche diluvio aliter pioggia di fuoco. E nessuno, dico nessuno, che si accorga che il problema non sono i mercati, le alchimie regolamentari, le leggi elettorali: il problema sono gli esseri umani.

Noi viviamo un terrificante deficit di umanità, indipendente dalle valutazioni di Moody’s o dalle fanfaluche da dopo sbornia di qualche tecnocrate di Bruxelles: noi non abbiamo esseri umani di accettabile livello da mettere alla guida di questo Paese. E il nostro grande modello americano mi pare lo stia dimostrando ad abundantiam: siamo senza una classe dirigente degna di questo nome, perché gli uomini, gli uomini veri intendo, quelli dotati di cuore, cervello, senso dell’onore, dignità, non li fabbrica la Bocconi con lo stampino. Sono l’élite umana che esce da famiglie solide, da scuole formative, da una società dotata di senso civico e di rispetto delle regole. E noi, mi spiace dirlo, non abbiamo più nulla di tutto questo, sotto al bel cielo d’Italia, che, un tempo faceva fiorire i limoni: abbiamo anziani abbandonati come roba vecchia e ritenuti incapaci di trasmettere valori, il che dicesi tradizione.

Abbiamo giovani privi di sentimento, di orgoglio, di Patria: apolidi deculturati che si aggirano tra le meraviglie e le schifezze del mondo, senza distinguerle, senza giudicarle, in un’atarassia inconsapevole e bovina. Abbiamo quarantenni abituati ad un successo senza regole: all’idea che, per vincere, si può pure comprare l’arbitro. E cosa volete che cambi se, in questa palude, si pesca alla mosca o col galleggiante? Cosa credete che cambi un’elezione, un referendum, perfino un colpo di Stato? Noi siamo senza uomini, perché all’uomo è stata tolta la centralità: le banche, le istituzioni, i partiti non sono gli uomini, sono i sistemi. Ma un sistema senza uomini di valore è soltanto fuffa: è come farsi governare da un flipper. Ci vorrebbe un nuovo Umanesimo: uno di quelli che, ciclicamente, ci salvano dalla barbarie e rimettono in linea le lancette della storia, facendole ricominciare ad avanzare. Ma ci vogliono decenni, a volte secoli, per ripartire. E noi, ora, siamo nel bel mezzo di un’età di ferro: siamo i naviganti sfortunati che sono incappati nella bonaccia, in un mare grigiastro e puzzolente, con i porti lontanissimi, remoti. E dobbiamo remare.

Perciò, votiamo, perché è nostro dovere, convintamente, per il sì o per il no: ma sappiamo anche che è ad altro che dovremmo dire sì oppure no. E’ ad una Weltanschauung, ad un modo di perdere la propria anima che ci dovremmo opporre. Perché è solo pensando al futuro dei nostri nipoti che possiamo mettere mano al nostro presente: per noi, ormai, i giochi sono fatti, siamo gente che sceglie tra Trump e Clinton, che ascolta le bubbole di giornalisti infami ed indegni del tesserino, di politici senza un briciolo di amore per la nostra gente. Ma per quelli che verranno c’è ancora speranza: è per loro che dobbiamo cominciare ad invertire la rotta e a riscoprire i valori veri. Quelli che fanno di una bestia un uomo.

 

 

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