Aimo a Bergamo, in cucina all’Accademia del Gusto

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Aimo Moroni e la moglie Nadia (foto Brambilla e Serrani)

Talmente noto che basta il nome. Aimo (Moroni), insieme alla moglie Nadia, è uno dei miti della cucina italiana, quella che parte dai migliori prodotti della terra. Toscano di origine, a Milano da settant’anni, due stelle Michelin, dal 2012 ha passato il testimone ai fornelli de Il Luogo di Aimo e Nadia (altro nome “in purezza”, per quella trattoria diventata felice punto di incontro tra creatività e arte, memoria gustativa italiana e gesto contemporaneo, oggi guidata dalla figlia Stefania) agli chef Alessandro Negrini e Fabio Pisani, in forza al progetto dal 2005.

Non ha però smesso di trasmettere cultura gastronomica e mercoledì 10 maggio ha condiviso la propria esperienza e visione all’Accademia del Gusto di Osio Sotto, in un pomeriggio dedicato ai professionisti, insieme a Fabio Pisani. Per chi vuole un assaggio del pensiero dello chef, ecco la nostra intervista

Settant’anni di presenza a Milano, una lista di riconoscimenti che continua ad allungarsi: si sente un maestro?

«Io sono un cuoco. Ho dato la vita per la mia idea di ristorazione, di una cucina che fosse esattamente come io la sentivo. Una cucina fatta di passione e amore, in cui la qualità della materia prima riveste un ruolo fondamentale. Non ho mai pensato che il mio lavoro dovesse riempire il cassetto e raggiungere riconoscimenti e stelle. Poi sono arrivati… La prima stella nel 1980, la seconda dieci anni dopo. Non me le aspettavo proprio. Quando arrivò la seconda, quasi svenni. Ma i più grandi riconoscimenti arrivano dall’apprezzamento dei tuoi clienti, quando alla fine della serata vengono in cucina per ringraziarti e dirti che è stata un’ottima cena. Questo è ciò che ti rimane davvero dentro al cuore».

Che cos’è cambiato di più nel mondo del cibo?

«Sicuramente negli ultimi anni si è affermata sempre più la “moda” di cucine etniche. Ben venga la grande cucina di altri Paesi (la grande cucina, però!), ben venga lo street food, ma non dobbiamo dimenticare la nostra cultura gastronomica. Oggi a Milano è più facile trovare un ristorante che prepara sushi piuttosto che uno che cucini un buon risotto alla milanese. Ed è un vero peccato perdere le nostre radici. Perché la cucina è cultura, storia e civiltà».

I suoi piatti hanno attraversato i decenni, qual è il segreto?

«Credo che sia essere sempre stato coerente con una mia idea di cucina e di cucina italiana. Nell’aver creato piatti che nascevano dall’amore e dalla conoscenza del prodotto, interpretati con fantasia e creatività, ma sempre fedeli a sé stessi. Perché, come amo ripetere, la cucina non è ricca o povera, è buona. Quando mi si chiedeva perché non avevo in carta caviale e ostriche ho sempre risposto che il mio caviale era il pane e pomodoro e le ostriche il mio paté».

Ci racconta come è nato un suo piatto famoso?

«Gli spaghetti al cipollotto, nati nel 1965 e ancora oggi uno dei piatti simbolo del ristorante. Volevo fare una variante degli spaghetti aglio e olio, buonissimi, ma l’aglio di questa ricetta inibiva il palato e diventava quindi difficile apprezzare i piatti successivi. Così cominciai a lavorare sul cipollotto. Ci impiegai una settimana, chiuso in cucina, a fare le prove. Quando finalmente sentii il gusto che avevo in mente, mi commossi. Ecco come sono nati gli Spaghetti con il cipollotto fresco di Tropea, peperoncino di Diamante, basilico ligure e un filo di olio crudo della mia terra. Un giornalista scrisse che questo piatto è come la Settimana Enigmistica, vanta più di settanta imitazioni!»

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La squadra de Il Luogo di Aimo e Nadia. Da sinistra, Alessandro Negrini, Fabio Pisani, Nicola Dell’Agnolo, Stefania Moroni e Alberto Piras (foto Sara Magni)

Il suo nome è legato indissolubilmente a quello di sua moglie Nadia. Oggi è vostra figlia Stefania a dirigere Il Luogo. Quanto conta la famiglia in un’attività di ristorazione?

«Nadia ed io abbiamo iniziato a lavorare insieme da ragazzini e siamo stati insieme 24 ore al giorno per tutta la vita. E ha funzionato, ha funzionato benissimo! Alla fine degli Anni 80 nostra figlia Stefania incomincia a lavorare con noi, con iniziative che consentono di diffondere la conoscenza della nostra cucina in Italia e all’estero e avvia la collaborazione con l’artista e scienziato Paolo Ferrari da cui nasce il progetto del Luogo tuttora in progress. Nel 2005 arrivano in cucina Alessandro Negrini e Fabio Pisani, che apprendono e proseguono il nostro lavoro e lo fanno con un nuovo spirito, con una nuova consapevolezza, nuove conoscenze anche tecniche. Oggi la cosa che ci rende più orgogliosi è sapere che tutto il nostro lavoro non è andato perso, ma va avanti con nostra figlia Stefania e Alessandro e Fabio, una vivace famiglia allargata».

Per la sua cucina ha scelto non uno ma due eredi. Ai fornelli la coppia funziona meglio?

«Con noi ha funzionato e sta funzionando benissimo con Alessandro e Fabio. Il dialogo e il confronto arricchiscono. Ognuno di loro ha la propria esperienza, la propria storia e il proprio modo di essere, ma viaggiano entrambi sullo stesso binario, con un’unica visione».

Lei è anche stato consigliere dell’Epam, il sindacato milanese dei pubblici esercizi. Qual è il valore dell’associazionismo?

«L’associazionismo è importante quando diventa non solo un momento di scambio di idee e di confronto su problemi che riguardano la categoria, ma ha anche la capacità di creare un fronte unico su determinate questioni e problematiche comuni».

Oggi che si definisce “felicemente pensionato” cucina ancora?

«Oggi cucino per i nipoti e gli amici. Dopo aver trascorso una vita intera con pentole e fornelli, non posso più farne a meno, la cucina è nel mio Dna e a casa continuo a sperimentare, per passione. Non so usare il tablet, ma con una padella in mano riesco ancora ad emozionare gli amici!»

A proposito di clienti, qual è l’episodio che ricorda con più piacere?

«Diversi anni fa, quando eravamo ancora una trattoria e qui intorno a noi era solo campagna, capitarono dai noi un signore ed una signora con autista che si erano persi in una notte di forte nebbia. Suonarono il campanello e ci chiesero aiuto. Avevano fame, preparai loro gli spaghetti al cipollotto. Mi chiesero un doppio bis. Dopo due settimane arrivò da Vienna una bellissima lettera in carta pergamenata che ringraziava e diceva: Carissimi Aimo e Nadia gli spaghetti al cipollotto erano come la nona sintonia di Beethoven. Firmato Rita e Leonard Bernstein, uno dei più famosi compositori del Novecento».

Guide e Tripadvisor, cosa ne pensa? E dei blogger?

«Ho sempre cucinato per il piacere di cucinare e per il cliente. Le Guide sono utili, ma non possono essere il fine. I blogger? Ho un’altra età…».

Guarda i programmi di cucina in tv?

«La cucina mi piace farla, più che guardarla».

La sua è una cucina di prodotto. Dalla terra bergamasca ne ha attinto qualcuno?

«Dai migliori produttori in terra Bergamasca attingo soprattutto i formaggi, lo stracchino, il taleggio, lo strachitunt e il quartirolo della Presolana. Ma anche salami e vini. È una terra le cui eccellenze dovrebbero essere valorizzate di più».