Agenti di commercio,
la professione ritrova appeal

In Italia il 35% delle richieste di lavoro riguarda agenti e rappresentanti di commercio che, assieme ad esperti contabili e tecnici informatici, rimangono ai vertici delle professioni più richieste. Il loro numero rimane stabile, sono circa 240mila, nonostante la crisi abbia colpito anche questa categoria. Alle cessazioni di attività ha fatto fronte l’entrata di giovani in cerca di prima occupazione e di soggetti in età matura (dai 45 ai 50 anni) espulsi dal mondo del lavoro, rispettivamente +4,6% e +7,2%, da settembre 2009 a settembre 2013 (dati del Centro Studi di “Network Agenti”). Oltre a ciò si aggiunge il fenomeno diffuso di aziende che trasformano parte della propria forza vendita da occupata in autonoma, per risparmiare sui costi del lavoro.
Nella nostra provincia gli agenti e rappresentanti di commercio – dati Camera di Commercio di Bergamo a dicembre 2013 – sono in crescita: si contano 2.690 imprese attive, di cui 436 in città. Dal 2009, anno in cui si contavano 2.599 imprese attive, la professione dell’agente ha visto una prima crescita nel 2010 con 2.613 imprese per poi riscendere nel 2011 a quota 2.584, calare ancora a 2.561 nel 2012, fino ad invertire completamente la tendenza l’anno scorso con ben 129 imprese in più. A crescere maggiormente sono le categorie più generiche, che non rientrano in un inquadramento specifico Ateco. Triplicano gli “agenti e i rappresentanti di vari prodotti senza prevalenza di alcuno”, che passano dagli 81 del 2009 ai 240 del 2013. Crescono anche gli agenti di prodotti non alimentari inclusi gli imballaggi e gli articoli antinfortunistici, antincendio e pubblicitari, che passano dai 66 del 2009 ai 104 del 2013. 

Il presidente del Gruppo Agenti di Commercio dell’Ascom Massimo Bottaro, nel consiglio nazionale della Fnaarc, da oltre vent’anni agente plurimandatario nel settore termotecnico, fa il punto su una professione cambiata enormemente negli ultimi anni. Esaurita l’era degli uffici di rappresentanza, oggi i costi di gestione impongono strutture leggere, meglio ancora una semplice scrivania in un ufficio condiviso. Il futuro sembra essere quello di un ritorno al passato, al contatto personale e alle piccole commesse, perché è proprio qui che le multinazionali non riescono ad arrivare.
La crisi ha cambiato il ruolo e il lavoro dell’agente di commercio?
«La riduzione del business pesa doppiamente sugli agenti, che si trovano con provvigioni più magre e riduzioni significative del volume d’affari. Al calo delle vendite si sommano costi sempre più elevati e maggiori oneri di gestione. Il lavoro dell’agente non si esaurisce più con visite, ordini e contratti, ma dopo una giornata di porta in porta inizia il lavoro di ufficio, a casa o in agenzia, davanti al computer. Gli scenari oggi mutano rapidamente e l’affidabilità nei pagamenti è un bene raro e prezioso. La crescita delle insolvenze ci porta inoltre a sbrogliare inghippi e ritardi nei pagamenti fino al recupero crediti».
Un lavoro sempre più al confine con quello dell’“esattore” specializzato nel recupero crediti?
«La vendita ormai è diventata un’operazione finanziaria. Bisogna considerare l’andamento del mercato, l’affidabilità dei clienti e la reale capacità finanziaria. Le situazioni d’impresa oggi possono cambiare da un momento all’altro, tra acquisizioni e cambi di assetti societari. La chiusura di imprese storiche, che per la loro tradizione infondevano già una sicurezza in più, mostra in modo preoccupante ed emblematico come si stiano perdendo pezzi di storia e punti di riferimento».
Si lavora di più e si guadagna di meno, insomma…
«L’articolo 1742 del Codice Civile che regola il contratto di agenzia indica il ruolo dell’agente che è quello di “promuovere per conto dell’altra parte verso retribuzione la conclusione di contratti in una zona determinata”. Oggi il nostro lavoro, che richiede ore di scartoffie in ufficio, va davvero ben oltre il nostro ruolo».
I contratti non mettono dei paletti al “tuttofare” della vendita?
«A livello nazionale la Federazione, Fnaarc, ha avanzato alle case madri la richiesta di maggior informazione, chiarezza e trasparenza nella formulazione dei contratti. La crisi sta portando le aziende a stipulare contratti sempre più personalizzati che non fanno che complicare la vita di noi agenti, chiamati a destreggiarci tra clausole e cavilli, a partire dal patto di non concorrenza, che rendono ancora più difficile affrontare questo momento di crisi, senza contare l’avversità del regime fiscale. Spesso gli agenti firmano veri e propri contratti-capestro. Ci stiamo battendo per semplificare le forme contrattuali che le aziende ci impongono, dalle provvigioni – con margini sempre più risicati – a clausole studiate a tavolino a tutto sfavore di chi ogni giorno propone servizi e prodotti in un contesto economico di grande difficoltà».
Quali sono le clausole contrattuali più onerose?
«Il patto di non concorrenza rende all’agente impossibile continuare ad operare per conto di altri nello stesso settore merceologico. La clausola può essere accettata, ma non è applicabile se non prevede l’indennità a copertura del patto di non concorrenza. In assenza di una contropartita, la clausola è quindi da considerare del tutto illegittima. Infine, cresce il numero di aziende che riconoscono il pagamento delle incombenze di segreteria ma senza il giusto inquadramento contributivo. È vero che così il lavoro di ufficio viene riconosciuto, ma purtroppo non esattamente come andrebbe fatto e in modo poco ortodosso».
L’agente continua ad essere un professionista richiesto dal mercato del lavoro. Quali consigli si sente di dare ad un giovane che intende avviarsi alla professione?
«Di considerarlo un investimento a lungo termine: tra l’inizio dell’attività di promozione e il guadagno effettivo passano in media anche un paio di anni. È una scelta mentalmente difficile ma le soddisfazioni professionali arrivano. Mai cercare, infine, il posto fisso: se un’azienda decide di assumere un agente è perché la sua rendita è decisamente superiore ai costi e, a questi livelli, l’agente non ha alcun interesse a guadagnare meno di quello che potrebbe fare mettendosi in gioco in prima persona».
Meglio fare l’agente mono o plurimandatario?
«L’agente monomandatario è di fatto un dipendente senza stipendio, l’avere più mandati credo sia senza dubbio la condizione migliore. È una scelta di campo e di fatto rappresentare più aziende non è semplice al giorno d’oggi, ma offre senza dubbio una maggiore gratificazione economica».
I problemi si moltiplicano con più mandati?
«Globalizzazione e cali di mercato hanno portato le aziende ad estendere le gamme dei prodotti a catalogo. Ora è sempre più facile che un agente si trovi a gestire prodotti in concorrenza tra loro se non addirittura a promuovere il medesimo prodotto per diverse aziende».
Quale futuro intravede per la professione?
«Credo che il futuro stia nel ritorno al passato, nell’andare laddove la struttura centrale non riesce ad arrivare. L’agente che ha una presenza capillare e che mantiene contatti con una rete di piccole imprese regge ad ogni situazione di mercato. Tanti piccoli contratti come tante bricioline messe assieme fanno una buona torta. Si trova a fare invece i conti con costi di gestione esorbitanti chi ha scelto di investire in strutture e uffici di rappresentanza. Oggi bisogna contenere i costi e la struttura deve essere ridotta ai minimi termini. Sta infatti crescendo la ricerca di una scrivania in affitto o di un ufficio in condivisione».
Quali sono i settori più interessanti da rappresentare oggi?
«Tiene l’impiantistica industriale, ma purtroppo nella maggior parte dei casi si tratta di una fornitura destinata ad andare nei siti produttivi aperti all’estero. I prodotti ad alto valore aggiunto e tecnologici reggono alla crisi. C’è invece grande preoccupazione per i comparti più tradizionali, dal settore alimentare a quello delle bevande, all’abbigliamento, per non parlare dell’edilizia e dei prodotti che vi ruotano attorno, chiamati ad affrontare una crisi senza precedenti».
Quali sono le priorità per il 2014 per agevolare la categoria?
«Intendiamo siglare convenzioni a livello locale per alleggerire i costi dell’attività, dalla manutenzione dell’auto all’informatica, alla cancelleria ai parcheggi. È inoltre fondamentale fornire delle indicazioni chiare sul fronte della viabilità, dato che il fiorire di ztl in ogni comune non agevola il nostro lavoro ed urge un’azione condivisa a livello provinciale per chiedere il rilascio di un permesso speciale alla categoria».

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