Affitti turistici brevi, svolta dall’Ue sull’obbligo di versare la cedolare secca: “Serve equità nel mercato”

Solo nella Bergamasca 2377 annunci per il turismo breve. Fusini: “Nello stesso mercato devono valere le stesse regole”

Airbnb deve riscuotere e versare allo Stato Italiano la cedolare secca sugli affitti brevi. È questo il succo della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, pronunciata questa mattina in Lussemburgo, in merito alla legittimità della normativa italiana che obbliga i portali di prenotazione a operare una ritenuta del 21% sull’ammontare dei corrispettivi riscossi per conto delle locazioni non imprenditoriali e a trasmettere all’Agenzia delle Entrate i dati relativi ai contratti di locazione conclusi tramite i portali stessi. Una sentenza attesa, partita da una vertenza iniziata nel 2017. Un punto importante, come sottolineato da Federalberghi, in attesa dei prossimi passi che toccano al Consiglio di Stato che dovrà pronunciarsi, recependo la sentenza europea, per consentire poi all’Agenzia delle Entrate di recuperare le imposte non pagate durante “sei anni di sfacciata inadempienza, applicando le relative sanzioni”. Federalberghi chiede così di mettere ordine nella giungla degli appartamenti ad uso turistico, che operano come strutture ricettive a tutti gli effetti senza rispettare le regole imposte ad alberghi, affittacamere e bed and breakfast.

Il centro studi di Federalberghi, con il supporto di due istituti di ricerca indipendenti (l’italiana Incipit consulting e la statunitense Inside Airbnb), ha rilevato e analizzato tutti gli annunci pubblicati su Airbnb, elaborando un sintetico report per ciascun territorio. A Bergamo, tra città e provincia, sono stati estratti 2.377 annunci (il dato è stato rilevato quest’estate, il 4 e 5 agosto). Tra questi 1.839, pari al 77,4% del totale, si riferisce a interi appartamenti. 1.380, pari al 58,1%, sono aperti per più di 6 mesi l’anno. 1.432, pari al 60,2%, sono annunci pubblicati da soggetti che gestiscono più di un appartamento. La città di Bergamo con 809 annunci (34%) fa la parte del leone ma significativo è il numero di offerte sul lago di Iseo con 69 annunci a Lovere, 79 a Riva di Solto, 44 a Parzanica, 44 a Predore e 38 a Solto Collina

“Non abbiamo nulla contro l’accoglienza dei turisti nelle case date in affitto anzi siamo molto favorevoli. Il turismo fa crescere il nostro territorio con un indotto importante e prezioso per commercio e ristorazione – commenta Oscar Fusini, direttore Ascom Confcommercio Bergamo -. I dati proposti da Federalberghi parlano chiaro e dimostrano che nella nostra provincia, in un anno come l’attuale di grande ripartenza del turismo, le presenze negli appartamenti affittati a scopo turistico supererebbero le stesse presenze registrate nel settore alberghiero ed extralberghiero con una stima tra i 2 e i 4 milioni di presenze e fatturato tra i 150 e i 200 milioni di euro”.

Ascom Confcommercio Bergamo sostiene però la necessità di del rigoroso rispetto delle norme: “Nello stesso mercato devono valere le stesse regole – continua Oscar Fusini -. In primo luogo occorre che gli operatori che fanno da intermediari digitali rispettino la legge italiana nella comunicazione dei dati sia di chi affitta, sia di alloggia e versino la ritenuta fiscale stabilita dallo Stato italiano, come per qualsiasi altro operatore economico. Questo per ragioni di equità fiscale e nel rispetto di una sana concorrenza leale. Inoltre, da tempo chiediamo che il fenomeno sia regolamentato da una legge unica europea per contrastare alcuni fenomeni sociali ormai evidenti che colpiscono le nostre comunità come lo spopolamento dei residenti nei centri storici, l’impossibilità di trovare case in affitto e la mala movida legata allo sviluppo selvaggio del turismo”.

Le bugie della sharing economy: i dati del territorio e nazionali

L’analisi dei dati, conferma, ancora una volta, come sottolineato da tempo da Federalberghi, le quattro grandi “bugie” della cosiddetta sharing economy. La prima, sottolinea l’associazione Confcommercio, è che non è vero che si condivide l’esperienza con il titolare, l’intento con cui nacque Airbnb (AirBed and Breakfast), con i materassi gonfiabili e colazione offerti sul web da due studenti a San Francisco nel 2007 per ovviare alla mancanza di posti letto in città e rendere più sostenibile l’affitto di casa. La maggior parte degli annunci pubblicati su Airbnb (a Bergamo il 77,4%, in Italia l’81%) si riferisce all’affitto di interi appartamenti, in cui non abita nessuno. Non è inoltre vero che si tratta di attività occasionali: la maggior parte degli annunci (il 58,1% a Bergamo, il 57,8% in Italia) si riferisce ad appartamenti disponibili per oltre sei mesi all’anno. Non è sempre vero che si tratta di forme integrative del reddito, ma di attività economiche a tutti gli effetti, con moltissimi inserzionisti (il 60,2% a Bergamo, il 64,9% in Italia) che gestiscono più di un alloggio. Esistono, rileva Federalberghi, casi limite di soggetti che ne gestiscono più di 6mila. Non è vero che le nuove formule compensano la mancanza di offerta poiché gli alloggi presenti su Airbnb sono concentrati soprattutto nelle grandi città e nelle principali località turistiche, dove è maggiore la presenza di esercizi ufficiali. Ad agosto 2022, gli annunci relativi ad alloggi italiani pubblicati su Airbnb erano 440.305.