Accelera il terziario a Bergamo: fatturati su,+5,8% nei servizi e +2% nel commercio al dettaglio

Nel secondo trimestre l’andamento del comparto risulta migliore delle aspettative, anche per l’effetto dei prezzi; aumentano però le incertezze 

Nel secondo trimestre corre il volume d’affari del settore terziario a Bergamo. E’ quanto emerge dall’Osservatorio della Camera di Commercio di Bergamo.
In particolare, nei servizi le imprese con almeno 3 addetti mettono a segno una variazione su base annua ancora molto marcata (+20,1%), mentre nel commercio al dettaglio la crescita tendenziale si ferma al +6%. La dinamica più recente è però meglio leggibile dall’analisi delle variazioni congiunturali, ossia calcolate rispetto al trimestre precedente, indicatore che per i servizi raggiunge il +5,8%, evidenziando un’ulteriore accelerazione della velocità di crescita. Il commercio, che nel primo trimestre aveva evidenziato un rallentamento, si riporta anch’esso su ritmi sostenuti (+2%). I livelli di attività, misurati dagli indici calcolati rispetto al 2010, raggiungono il punto di massimo della serie storica per quello che riguarda i servizi (113,9), mentre si riportano sui valori di undici anni fa nel commercio al dettaglio (94,6). Se quindi i timori di una possibile interruzione della fase di crescita non si sono al momento avverati, anche per l’effetto dell’aumento dei prezzi che contribuisce a “gonfiare” i risultati di fatturato, il clima di fiducia degli imprenditori registra però un peggioramento, indice della grande incertezza che grava sulle prospettive per la seconda parte dell’anno.
Le imprese bergamasche dei servizi hanno archiviato un secondo trimestre decisamente positivo, in linea con quanto avvenuto anche a livello regionale: le variazioni tendenziali (+20,8%) e
congiunturali (+5,7%) registrate in Lombardia risultano infatti molto simili.
La crescita su base annua è guidata soprattutto dai servizi di alloggio e ristorazione, che hanno messo a segno una variazione tendenziale superiore al 50%. Positivi anche i risultati conseguiti dal
commercio all’ingrosso e dai servizi alle imprese.
La “marcia” dei prezzi si conferma molto sostenuta (+3,6% congiunturale), elemento che deve indurre cautela nell’analizzare la dinamica del fatturato: è infatti evidente come la crescita in termini
reali del volume d’affari, ossia al netto dei prezzi, sia sicuramente più ridotta. Il commercio all’ingrosso e le attività di alloggio e ristorazione sono i due comparti dove i prezzi mostrano le
maggiori tensioni. Va tuttavia sottolineato come la velocità di crescita dei listini risulti in lieve rallentamento rispetto ai primi tre mesi dell’anno, quando l’incremento aveva raggiunto il +5%.
Anche il numero di addetti, che nel primo trimestre aveva registrato una diminuzione, mostra una ripresa (+0,5% il saldo tra entrate e uscite nel trimestre).
Le aspettative per l’occupazione rimangono comunque in area positiva (+5 il saldo tra previsioni di crescita e diminuzione), mentre sul fatturato le previsioni svoltano in area negativa per la prima
volta dopo 5 trimestri: si tratta di un saldo negativo di entità ridotta (-4), ma che ben rappresenta l’incertezza degli imprenditori sulla possibile evoluzione degli affari nella seconda metà dell’anno.

Il risultato del commercio al dettaglio in provincia di Bergamo mostra una crescita più significativa nel trimestre rispetto a quella evidenziata in media regionale: in Lombardia il fatturato
è infatti aumentato del +5,4% su base annua e del +1,5% rispetto al trimestre precedente. L’incremento registrato in provincia riguarda gli esercizi non specializzati, che comprendono
supermercati e minimarket, e soprattutto quelli non alimentari, che dopo il forte calo causato dall’emergenza sanitaria stanno evidenziando una intensa fase di ripresa. Si conferma invece il
trend negativo dei piccoli negozi alimentari.
Ancora più che nel caso dei servizi, la dinamica del fatturato del commercio al dettaglio deve essere considerata con cautela data la spinta crescente fornita dai prezzi. I listini degli esercizi
commerciali mostrano infatti un ulteriore surriscaldamento, raggiungendo l’aumento record del +4,6% su base trimestrale. Il direttore Ascom Confcommercio Oscar Fusini, non nasconde però preoccupazione per i prossimi mesi tra crisi di Governo e conflitto in Ucraina: “Siamo contenti dei dati positivi del terziario. Questa crescita  è dovuta al recupero che il settore ha messo a segno dal 2021. Temiamo però per il futuro. Le aspettative sono negative per i prossimi mesi dove il problema del caro energia e del conflitto in Ucraina si acuiscono anche alla luce dell’attuale  crisi di Governo”. Le valutazioni sugli ordini ai fornitori confermano l’ipotesi di un rafforzamento della crescita: le indicazioni delle imprese segnalano un aumento rispetto allo stesso trimestre del 2021 nel 31,3%dei casi, a fronte di un 22% di giudizi di diminuzione. Il saldo, pari a +9,3, torna quindi positivo dopo il valore nullo registrato nel trimestre scorso. Le scorte vedono una leggera prevalenza di valutazioni di esuberanza rispetto a quelle di scarsità, determinando un saldo (+5,1) in linea con il valore dello scorso trimestre e con quelli del periodo pre-Covid.
Anche il dato occupazionale evidenzia un miglioramento, con la variazione tra addetti a fine e inizio trimestre che si riporta in territorio positivo (+0,8%), confermando la tendenza crescente registrata negli ultimi anni, al di là delle oscillazioni dei singoli trimestri. Le aspettative degli imprenditori mostrano un leggero deterioramento per quanto riguarda fatturato
e ordinativi: nel primo caso il saldo tra previsioni di crescita e diminuzione si attesta sul valore nullo, mentre nel secondo scende a -7. Si tratta di valori più bassi rispetto all’ultimo trimestre, ma il
calo è di entità limitata e sembra indicare un aumento dei margini di incertezza più che un tracollo del clima di fiducia. Restano invece positive le aspettative in merito all’occupazione.

 


I-boost, a Bergamo il primo concept store dedicato al benessere di Estecare

L’azienda, distributore esclusivo di tecnologie in ambito medicale applicate all’estetica, ha scelto Bergamo come suo quartiere generale

Un nuovo concetto di bellezza e benessere, basato su un allenamento attento all’equilibrio tra mente e corpo. Apre a Bergamo Estecare, il distributore esclusivo in Italia, delle tecnologie nate in
ambito medicale e applicate al mondo dell’estetica ideate dalle aziende italo francesi Allcare Innovations France e i-Tech Industries. Un gruppo internazionale presente in 40 Paesi e 4.500 centri estetici. “Estecare è il distributore esclusivo per Italia di tecnologie innovative in campo estetico e ha aperto la sua sede a Bergamo, portando per la prima volta nel nostro Paese un allenamento
rivoluzionario nato dai laboratori Allcare Innovations France e i-Tech Industries – spiega l’amministratore delegato di Estecare, Roberta Caldara –. Allcare Innovations si occupa della ricerca, costruzione e commercializzazione di soluzioni innovative al servizio della salute e del benessere psico-fisico. i-Tech Industries è un’azienda specializzata nello studio della struttura della pelle e dei suoi cambiamenti e ha sviluppato nell’ultimo decennio tecnologie all’avanguardia che offrono soluzioni efficaci per trattamenti anti-age viso e corpo. Portiamo in Italia il successo di un
gruppo nato 15 anni fa e oggi presente in 40 Paesi nel mondo e adottato in 4.500 centri estetici, spa hotel e luxury resort nel mondo”.
Tra le tecnologie più all’avanguardia nel settore estetico arriva per la prima volta in Italia b-moove®, una tecnologia con movimento elisferico® che riproduce il naturale andamento a spirale dei muscoli e delle articolazioni e stimola il sistema propriocettivo, ossia la capacità di percepire a occhi chiusi la posizione del proprio corpo nello spazio. b-moove® esercita un’azione a tre
dimensioni: rotazione, inclinazione, movimento eccentrico. Garantisce così di: bruciare le calorie grazie all’allenamento e al lavoro naturale su tutto il corpo; rimodellare il corpo grazie alla
stimolazione e tonificazione di tutti i muscoli; migliorare il portamento lavorando sulla stabilità e rinforzando la colonna vertebrale.
“Il fulcro di b-moove® – spiega Roberta Caldara, AD Estecare – nasce proprio da questa consapevolezza: lavorando dall’interno verso l’esterno, permette di stimolare la coordinazione tra
corpo e mente, riattivare tutti i collegamenti neurosensoriali e riequilibrare la figura”. La tecnologia b-moove® è stata presentata ufficialmente all’ultima edizione della Fiera Cosmoprof di Bologna dal 28 aprile al 2 maggio scorsi, punto di riferimento per l’intera industria della cosmetica e della bellezza professionale.
Negli spazi rinnovati di Piazza Dante a Bergamo ha inaugurato il nuovo concept store dedicato al beauty e al wellness: Estecare ha infatti  aperto il primo i-Boost® center in Italia, in via Monte Sabotino 2/A.  i-Boost® si basa su un approccio scientifico alla bellezza e su competenze tecnologiche avanzate, e offre trattamenti personalizzati per ogni singolo cliente combinando due dispositivi rivoluzionari: icoone® e b-moove®. Grazie alle due tecnologie che lavorano insieme è possibile avere in poche sedute risultati mai visti prima: icoone®, che rigenera la struttura del tessuto connettivo ridisegnando le forme del corpo, e b-moove®, che migliora la postura e l’equilibrio aumentando il tono muscolare in modo naturale.


Negozi storici, da Regione Lombardia 56 nuovi riconoscimenti

10 indirizzi cittadini e 46 in provincia tra le 456 nuove attività regionaliNel novero delle attività storiche lombarde entrano 56 insegne bergamasche, di cui 10 in città e 46 in provincia. Negozi, locali e botteghe artigiane che hanno fatto la storia di piccoli centri, borghi e vie cittadine, dal 1850, questo l’anno di fondazione dell’impresa più longeva, a quella più recente, al 1982, anno che segna il requisito minimo dei 40 anni.
Le 456 nuove attività storiche lombarde si aggiungono alle 2396 imprese già iscritte nell’apposito elenco che in totale si compone di 2848 realtà.

Alle attività storiche è dedicato un apposito sito internet (www. attivitastoriche.regione.lombardia.it) in cui sono riportate tutte le informazioni per richiedere il riconoscimento e i nomi e la descrizione delle attività già riconosciute. A loro è dedicato anche un bando che annualmente viene riproposto.

L’edizione di quest’anno ha visto finanziati tutti i progetti presentati dalle attività e ritenuti ammissibili da Regione Lombardia grazie alla scelta dell’assessore allo Sviluppo Economico, Guido Guidesi, di aumentare la dotazione finanziaria portandola a 7,7 milioni di euro.

“Sono realtà straordinarie che rappresentano un patrimonio economico e di tradizioni socioculturali dei nostri territori molto importante – ha affermato l’assessore allo Sviluppo economico di Regione Lombardia, Guido Guidesi. Ogni giorno incontro artigiani e commercianti che nonostante le difficoltà decidono di non mollare perché amano il loro lavoro; il riconoscimento ha soprattutto questo significato, ringraziare chi continua a fare grande la Lombardia”.

Albino

Acerbis Minimercati ed altri esercizi (1969)

Cugini 1850, Commercio al dettaglio di calzature e accessori (1850)

Almenno San Bartolomeo

Mobili Rota (1974)

Ristorante La Frasca (1891)

Alzano Lombardo

Cartolibreria Nani (1890)

Ditta Terzi Mercerie e Tessuti (1883)

Ravasio Moda (1960)

Ardesio

Albergo Ristorante Bar Da Giorgio (1968)

Bergamo

Abbigliamento Benzoni, Via Piatti (1968)

Conti Casalinghi, Via XXIV Maggio (1964)

Daverio 1933, Via Tasso (1982)

Italo Tresoldi Forno Artigianale, Via XXIV Maggio (1977)

Lavasecco arlecchino di Rota Luigi, Via Carlo Alberto (1963)

Mafioletti Giosuè Restauro e Antichità, Via Spino (1981)

P.t.b Centro Produzioni televisive, Via Suardi (1981) P

Salumeria Mazzoleni, Via Statuto (1966)

Tatum, Abbigliamento, Via Colleoni (1975)

Viaggi Lorandi, Largo Porta Nuova (1923)

Borgo di Terzo

Nicola Acconciature & Co. (1967)

Bossico

Trattoria Colombina (1979)

Branzi

Ristorante Bettina (1964)

Ristorante Hotel Corona (1953)

Brembate

Panificio Casati (1974)

Brignano Gera d’Adda

Lanzeni Mario Pietre da vivere (1970)

Capriate San Gervasio

La gabbia (1954)

Carona

Ristorante Carona (1954)

Casnigo

Panificio Zucca (1880)

Castione della Presolana

La Griglia Da Bramante (1977)

Pasticceria Presolana (1970)

Cerete

Savoldelli Maria Adelina (1960)

Clusone

Petrogalli Moto (1977)

Credaro

Abbigliamento Cadei (1975)

Ristorante pizzeria La Cascina (1982)

Dalmine

Gioielleria Cornali (1956)

Gandellino

Trattoria Da Martino (1956)

Lovere

Bar Centrale (1975)

Medolago

Panificio Cazzaniga (1939)

Piazzatorre

La Bottega di Aronne e Gabriele (1967)

Ponte San Pietro

Panificio Longaretti (1968)

Pradalunga

Tabaccheria n.3 Mologni (1950)

Rota d’Imagna

Panificio Mazzucco (1971)

Sarnico

Cerdelli (1979)

Seriate

Scaccabarozzi mobili (1959)

Sovere

Bar Roma (1968)

Stezzano

Daminelli (1982)

Suisio

Caglioni Carmela (1946)

La Rivierasca Bar Trattoria(1964)

Lavasecco Diana (1978)

Previtali A. & Figlio (1947)

Torre Boldone

Don Luis (1975)

Treviglio

Foto Attualità Cesni (1957)

Verdellino

Tabaccheria n.1 (1961)

Zanica

Cereda Mobili (1951)

Zogno

“Da Gianni” Ristorante (1956)

Ortofrutta Mazzola Fiori e Piante (1961)


Associazioni di categoria unite per la continuità dell’azione del Governo Draghi

Questa mattina in Confindustria l’incontro e l’appello congiunto lanciato ai parlamentari bergamaschi

Dopo che più di mille sindaci hanno aderito alla lettera aperta per convincere Draghi a restare al governo, anche le associazioni di categoria sono scese in campo compatte perché il premier ritirasse le dimissioni. Un forte appello per la continuità del Governo Draghi che ha fatto eco questa mattina nell’Auditorium di Confindustria Bergamo dove le associazioni hanno espresso la loro forte preoccupazione in relazione alla crisi politica apertasi negli ultimi giorni e per presentare ai parlamentari bergamaschi (in sede o in video collegamento) l’appello congiunto a favore della continuità dell’azione del governo Draghi. Ad ascoltare le loro istanze c’erano infatti Alessandra Gallone e Gregorio Fontana (Forza Italia), Cristian Invernizzi, Daniele Belotti, Simona Pergreffi e Roberto Calderoli (Lega), Elena Carnevali, Antonio Misiani e Lyela Ciagà (Partito Democratico). Un appello accorato quello che 15 associazioni di categoria dei comparti dell’industria, del commercio, dell’artigianato e delle cooperative hanno rivolto ai parlamentari: in meno di 48 ore le associazioni hanno raccolto l’invito di Confindustria a creare un’alleanza capace di parlare a una sola voce e in grado di mettere la politica di fronte alle sue responsabilità, rispetto alla crisi di Governo.

Le Associazioni firmatarie dell’appello  
Presenti Ance Bergamo; Ascom Bergamo; Cdo – Compagnia delle Opere Bergamo; CNA Bergamo; Coldiretti Bergamo; Confagricoltura Bergamo; Confai Bergamo; Confartigianato Imprese Bergamo; Confcooperative Bergamo; Confesercenti Bergamo; Confimi Apindustria Bergamo; Confindustria Bergamo; FAI Bergamo; LIA Bergamo; Unione Artigiani Bergamo). Per i presidenti delle associazioni numerose emergenze caratterizzano lo scenario economico, dalle tensioni geopolitiche internazionali, con le importanti conseguenze su disponibilità e prezzi degli input produttivi, alle ripercussioni sul sistema logistico; dai rincari sui beni energetici alle dinamiche inflattive interne; dalla situazione pandemica che impatta sulla salute e sulla mobilità delle persone ai fattori climatici e ambientali che pregiudicano numerose attività.
In ragione di queste emergenze considerano fondamentale la continuità nell’azione di governo, per garantire al Paese e al suo sistema economico e sociale una guida stabile, chiara e indiscussa, e che senza indugi prosegua nel cammino di riforme e di investimenti avviatosi con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Si appellano dunque al senso di responsabilità del Governo in carica, affinché non rinunci al proprio mandato, e delle forze politiche presenti in Parlamento affinché confermino la loro fiducia all’Esecutivo.

 


Buoni pasto, fissato il tetto al 5% delle commissioni

Fusini:”È il primo presupposto per un servizio migliore per esercenti e lavoratori”

Con l’approvazione del Decreto legge Aiuti di Stato, è diventata legge il tetto del 5% alle commissioni a carico di bar, ristoranti, esercizi di vicinato, supermercati e ipermercati nelle gare per l’acquisto dei buoni pasto destinati ai dipendenti pubblici.
È questo il primo risultato del lavoro che ha visto unite le associazioni della ristorazione e del commercio per rispondere al disagio di migliaia di imprese costrette a pagare una tassa occulta del valore di centinaia di milioni di euro per assicurare il servizio ai lavoratori che utilizzano ogni giorno il buono pasto.

“È un primo importante risultato raggiunto. Dare sostenibilità all’esercente significa migliorare la qualità del servizio e aumentare il valore reale del buono anche per il lavoratore- sottolinea il direttore Ascom Confcommercio Bergamo Oscar Fusini- Chi si aggiudicherà le prossime gare pubbliche per i buoni pasto non potrà più imporre agli esercenti una commissione maggiore del 5%. La prossima gara Consip del valore di oltre 1,2 miliardi di euro sarà il banco di prova per valutare l’efficacia della nuova normativa nel segnare una profonda discontinuità con le precedenti gare che hanno portato a commissioni addirittura superiori al 21 per cento”.

Resta comunque la necessità di una riforma strutturale del sistema dei buoni pasto, per intervenire anche sulle gare private che oggi non sono interessate dal provvedimento appena approvato e che, tuttavia, valgono due terzi del mercato. Occorre adottare modelli di regolazione mutuati da altri Paesi europei, mettendo al centro la salvaguardia del valore reale del buono pasto, da quando viene acquistato dal datore di lavoro a quando viene speso dal lavoratore. Ed è bene ricordare che questo strumento prevede già importanti vantaggi sia per il datore di lavoro con la decontribuzione, sia per il lavoratore con la defiscalizzazione.

Il valore annuale complessivo dei buoni pasto tra città e provincia è di oltre 70,3 milioni di euro (dato 2022, in crescita di oltre 4 milioni di euro rispetto al 2021, secondo stime Ascom); sono interessati 58.200 lavoratori. Ad accettare i ticket sono oltre 800 tra trattorie, bar, ristoranti, negozi di alimentari (stime Ascom Confcommercio Bergamo).


Una montagna di botteghe, riflettori puntati sui negozi in quota

L’iniziativa  del Festival della montagna ha creato una rete per garantire il futuro del piccolo commercio Nell’ambito del Festival della montagna, l’iniziativa “Una montagna di botteghe” ha saputo creare una rete pubblico-privato per sostenere, promuovere e garantire il futuro delle piccole botteghe di montagna, come indispensabile presidio sociale del territorio. Tra febbraio e marzo il Gal Valle Seriana e dei Laghi Bergamaschi hanno organizzato sul territorio dei focus group per consultare i rappresentanti del commercio montano sulle sfide quotidiane a cui trovare soluzioni in modo partecipativo per creare una solida rete tra pubblico e privato. Gli incontri hanno visto la partecipazione dei gestori di bottega, dei produttori di generi alimentari, dei rappresentanti di associazioni di categoria, dei referenti dei distretti del commercio coinvolti e delle amministrazioni locali. Qual è il futuro e quale la strada da intraprendere per i negozi in quota? In cima alle opportunità si trova quella della bottega multiservizi, con consegna a domicilio, ritiro pacchi, oltre ai servizi destinati al turismo. I punti forti dell’identità dei piccoli negozi montani sono la buona relazione con i clienti, la tipicità e qualità dei prodotti locali, la collaborazione con i produttori e la valorizzazione dei prodotti locali. Lo sviluppo del turismo rurale, incentivato dallo smart working e l’appeal dello shopping montano che non sembra aver perso smalto, rappresentano delle macro tendenze a livello turistico che non possono che giovare all’economia locale. Ascom Confcommercio Bergamo, che ha partecipato ai focus group, ha evidenziato, in accordo con le altre associazioni, alcuni dati emersi dal suo osservatorio privilegiato, a fianco degli imprenditori del terziario e alla promozione dello sviluppo locale attraverso i distretti del commercio. “Il consumo di prodotti locali è in aumento anche se resta un commercio di nicchia- ha sottolineato Oscar Fusini, direttore Ascom Confcommercio-. Di fatto i negozi sono, in quota come non mai, dei veri presidi del territorio e degli ambasciatori dei prodotti tipici e a km zero. Il valore per il territorio e per lo sviluppo delle economie locali è insostituibile”. Nell’ambito del progetto, di particolare interesse il percorso di sensibilizzazione per le scuole. Con “Le botteghe di montagna vanno a scuola” si sono avvicinati gli studenti della scuola primaria alle botteghe, percepite non solo come luoghi di vendita ma come spazi d’incontro, scambio e promozione dei prodotti locali, come opportunità di multiservizio in ascolto dei bisogni degli abitanti dei piccoli paesi. I bambini hanno costruito una vera e propria mappa del paese e delle sue vetrine, dei prodotti e dei servizi offerti e, grazie agli incontri sul territorio con i gestori delle imprese, si è costruito l’identikit del bottegaio e della bottegaia. I commercianti si sono resi disponibili a un’intervista in classe: l’incontro con i bottegai ha stimolato l’organizzazione di laboratori per sperimentare le attività che vengono realizzate in negozio e gli alunni hanno proposto etichette creative per i prodotti in vendita. Il terzo incontro con le scuole ha permesso di immaginare la bottega del futuro, coinvolgendo i ragazzi nella costruzione della bottega del domani. La classe ha creato logo, spot pubblicitario e volantino di presentazione della bottega e ha stabilito nei dettagli l’organizzazione ipotetica di un evento di promozione, oltre a progettare i negozi dagli arredi agli spazi ai servizi. Il percorso è stato accompagnato da “Gaia la bottegaia” una talpa di peluche che ha fatto compagnia ai bambini negli incontri. Il concorso fotografico “Una bottega vicina in uno scatto” ha ritratto in belle immagini i nostri negozi tipici.


Cda Promoberg, Luciano Patelli presidente, Dario Tognazzi subentra a Matteo Zanetti

Avviato il confronto sul profilo del futuro ad. Nella prossima riunione saranno nominati i due vicepresidenti

Il Consiglio di Amministrazione di Promoberg, riunitosi ieri pomeriggio negli uffici di via Lunga, ha nominato all’unanimità Luciano Patelli nuovo presidente di Promoberg, società che gestisce la Fiera di Bergamo. Il CdA ha provveduto alla sostituzione di Matteo Zanetti, indicato consigliere dall’Assemblea dei Soci tenutasi lo scorso 8 luglio 2022. Dario Tognazzi, CEO di Centax e presidente del gruppo Servizi Innovativi e Tecnologici (SIT) di Confindustria Bergamo, subentra a Zanetti nel ruolo di consigliere in rappresentanza di Confindustria Bergamo.
Il nuovo Consiglio di Amministrazione di Promoberg, che resta in carica fino al 2025 (tre anni), è composto, oltre a Patelli e Tognazzi, dai consiglieri Lorenzo Pinetti, Lorenzo Cereda, Giuseppe Cristinelli, Renato Giavazzi, Carlo Loffreda, Leone Algisi.
Il nuovo CdA ha avviato la discussione sulle strategie future di Promoberg, un confronto orientato dalle linee strategiche tracciate dal Piano di sviluppo 2022-2026, approvato dal precedente Consiglio di Amministrazione.
Il Consiglio ha avviato il confronto sul profilo del futuro Amministratore Delegato di Promoberg, la nuova figura manageriale prevista e auspicata dal Piano di sviluppo 2022-2026, e ha deliberato che l’AD sarà scelto da una commissione interna al CdA – rappresentativa dei mondi del commercio, dell’industria, dell’agricoltura e dell’artigianato – sulla base di una preselezione affidata ad una società specializzata nella selezione di figure manageriali.
Nella prossima riunione, il CdA procederà alla nomina di due vicepresidenti, così come prevede lo Statuto di Promoberg.
“Ringrazio il presidente uscente Fabio Sannino per la buona gestione della Fiera di cui è stato protagonista in un momento molto difficile, non solo a causa della pandemia ma anche per la situazione economica e geopolitica complessiva in cui ci troviamo, e per aver lasciato un’azienda in salute e con prospettive di crescita – dichiara Luciano Patelli. Desidero ringraziare anche il vicepresidente uscente Matteo Zanetti, cui mi lega una profonda stima, che con me ha lavorato nella precedente consiliatura perseguendo il bene e l’interesse di Promoberg. Sono pronto a continuare il lavoro avviato in questi anni, mettendomi ancor più a servizio della Società e dello sviluppo del nostro territorio”.


Latte di alta qualità, l’oro bianco da riscoprire

Consumato fin da epoche remote, il latte è il liquido alla base dell’alimentazione dei cuccioli dei mammiferi. Un prodotto molto nutriente, che siamo abituati a consumare fin da bambini, intolleranze ed allergie permettendo. Il latte è in grado di fornire al nostro organismo molte sostanze nutrienti di cui abbiamo comunemente bisogno. E’ molto utilizzato tal quale, come bevanda fresca per una merenda genuina, ma anche per la colazione. E’ inoltre elemento base per la preparazione di numerose ricette di cucina, ma anche per la gelateria di alta qualità, contribuendo alla buona riuscita dello stesso E poi, è la materia prima alla base per la produzione del formaggio, grazie alla trasformazione della principale proteina che contiene: la caseina. Essa, in particolari condizioni (di temperatura, di pH e in presenza di un enzima), coagula e passa allo stato gel producendo quello che comunemente chiamiamo cagliata, da cui poi avrà origine il formaggio.

Negli ultimi anni però, complice anche la diffusione della diagnosi legata all’intolleranza al principale zucchero del latte, il lattosio, si è assistito a una parziale demonizzazione dell’alimento, eliminandolo dalla propria dieta o sostituendolo con  bevande, talvolta, industriali.

Ma il latte di qualità esiste e, se consumato in quantità non eccessive, può essere un vero alleato nel mantenere il nostro benessere.

Parlare di latte non è sbagliato. Infatti la legge ci dice che quando non viene segnalato l’animale da cui origina, si fa riferimento al latte vaccino. Ne esistono molti altri, ma meno diffusi e reperibili (anche se oggi l’industria alimentare propone qualsiasi tipologia di latte soprattutto nelle catene della GDO), come il latte di capra, il latte di bufala o quello di asina.

Ebbene, seppur la maggior parte di noi ha come abitudine l’acquisto di latte a lunga conservazione (intero, scremato, parzialmente scremato) che si trova comunemente sullo scaffale del supermercato, esistono filiere di qualità da valorizzare e a cui poter attingere quando si vuole consumare un prodotto diverso.

Attenzione: non bisogna confondere il latte fresco con il latte crudo. Il latte fresco subisce un trattamento termico di pastorizzazione che ha lo scopo di eliminare la flora batterica (anche quella positiva, non solo quella eventualmente patogena) dal liquido. Il latte crudo non subisce invece alcun trattamento termico preventivo, ma una filtrazione prima di essere messo in commercio.

Latte crudo: i distributori e l’utilizzo professionale

Una decina di anni fa circa la filiera del latte ha tirato un sospiro di sollievo. Sono infatti state installate numerose “casette del latte” ove è possibile acquistare il latte crudo, munto da poche ore seguendo rigide regole in fatto di igiene. Come è ovvio che sia, il latte crudo possiede un grande numero di microrganismi che fanno bene alla nostra salute, ma ne può avere anche di patogeni, seppur molto controllato. Ne è sconsigliato il consumo infatti alle persone immunodepresse e fragili, se non previa bollitura. Ma a questo prodotto è stata fatta una vera e propria guerra, tanto da mettere in guardia le persone verso il suo consumo. Ovvio che la vendita di latte crudo diretta al consumatore ad un prezzo equo per l’allevatore, ma non eccessivo per il consumatore, si è rivelata un vero successo nell’immediato, ma ha creato mal contenti nell’industria agroalimentare. La potente campagna diffamatoria verso l’utilizzo di latte crudo (“fa male”) ha sfiduciato i consumatori e in circa 10 anni la presenza dei distributori ha subito una forte flessione in negativo. Certo è che, secondo le indicazioni anche del Ministero della Salute, il latte crudo va consumato previa bollitura. Altrettanto sicuro è anche che il rischio zero, consumando latte crudo, non esiste, soprattutto per bambini, anziani e persone fragili. L’utilizzo del latte crudo in pasticceria o gelateria potrebbe essere potenzialmente interessante, anche se si potrebbe incorrere in diverse problematiche. La prima riguarda l’obbligatorietà della pastorizzazione previo utilizzo e l’effettiva autorizzazione da parte degli organi preposti al controllo. La seconda riguarda le sue caratteristiche, in termini di omogeneizzazione dei grassi e quantità di proteine: non sono stabili nel tempo, ma variano in funzione della stagione e dell’alimentazione degli animali. Infine, l’aroma. Non siamo più abituati a quei sentori di erbaceo tipici del latte crudo talvolta anche spinti; il gelato cambia letteralmente aroma, andandosi a caratterizzare in maniera importante. Utilizzare latte crudo in un laboratorio professionale è quindi una scelta importante, che richiede attenzioni particolari per la sua lavorazione.

Latte nobile, Salvaderi e latte fieno: filiere di qualità

Sono molte e diverse le aziende produttrici di latte che hanno deciso di investire risorse per proporre un latte riconoscibile e di alta qualità, al di fuori delle logiche legate alla vendita alle grandi industrie alimentari. Si tratta di aziende che hanno deciso di valorizzare il proprio prodotto, il latte, per il suo consumo tal quale. Un percorso che ha richiesto il ripensamento di intere filiere, dalla scelta della razza bovina, fino al suo allevamento, alla sua alimentazione. E’ il caso dell’azienda agricola Salvaderi, ubicata in provincia di Lodi, che ha scelto di valorizzare il proprio latte, prodotto da vacche che vivono libere al pascolo di razza Guernsey, che ha la caratteristica di possedere la proteina caseina A2A2 che non causa gonfiori e pesantezza durante il suo consumo. Il latte viene pastorizzato il minimo indispensabile per essere poi consumato senza trattamento termico alcuno. Latte nobile è invece un marchio di alta qualità che nasce dalla volontà di dare una risposta alla produzione industriale, orientata al produrre latte al minor costo possibile. E’ un progetto firmato da ANFoSC, l’Associazione nazionale formaggi sotto il cielo. Il marchio Latte Nobile identifica quindi un modello produttivo con relativo disciplinare; punta a garantire agli animali un ambiente confortevole, un’alimentazione a base di erbe e fieno con l’utilizzo di pochi mangimi naturalmente privi di OGM e insilati. E poi, dall’Alto Adige, arriva un altro marchio di qualità. E’ latte fieno, registrato anche come STG (Specialità Tradizionale Garantita) dal 2016. Un latte prodotto da animali allevati secondo alti standard di benessere e che si nutrono solo con fieno, cereali ed erba, senza integratori e mangimi fermentati. La sua produzione è disciplinata da un regolamento specifico. La produzione coinvolge oltre 4500 aziende con una presenza media di circa 15 capi ognuna.


La ristorazione e l’hotellerie guardano al futuro

Tre importanti consulenti del settore ci hanno raccontato quali sono i nuovi trend di bar, ristoranti e alberghi 

Locali sempre più specializzati, menù hi-tech e sempre più fluidi. Tra ibridazioni e contaminazioni, la ristorazione guarda al futuro, oltre la pandemia e i rincari dei prezzi, dalle materie prime all’energia. Lo fa con ritrovato entusiasmo, dopo anni da dimenticare, confidando nei segnali di ripresa e voglia di uscire a pranzo e cena. Con cicatrici e ammaccature, ci si risolleva a colpi di marketing, strategie e competenze. La pandemia ha dato un’importante spinta verso la rivoluzione digitale, che si è tradotta in un proliferare di menù con Qr code, App, siti per ordini online, pagamenti contactless e chiamate wireless per i camerieri.  La crisi economica, già in atto da anni, sommata all’emergenza Covid, ha esasperato la forbice tra locali di lusso e pop, gettando nello sconforto la ristorazione media, che rappresenta una fetta importante del comparto dei pubblici esercizi. Scricchiolano anche formule “all you can eat” e i buffet -sostanzialmente banditi durante la pandemia- non saranno più gli stessi. A vedere però decisamente in bilico la propria sopravvivenza in questa competizione evolutiva sono i locali senza specializzazione: per chi propone sia menù di terra che di mare e magari pure la pizza, sia a pranzo che a cena, la strada verso il futuro è davvero ripida e tortuosa, per non dire sbarrata. Non si arresta l’ascesa delle food court e dello street food, sempre però a caccia di autenticità, tipicità e di quel valore aggiunto che un’esperienza gastronomica deve ormai portare con sé. Sempre più attuale l’apertura di dark kitchen per far fronte alle crescenti consegne in delivery o asporto. La ristorazione in hotel diventa sempre più un asset importante, come lounge, bistrot e lobby bar.  Sono queste alcune tra le principali tendenze rilevate da tre consulenti esperti del settore, che abbiamo intervistato per fare il punto sui nuovi trend che guideranno il futuro dei pubblici esercizi e del turismo. 

Gap sempre più accentuato tra luxury e pop

Per Lorenzo Ferrari, fondatore e Ceo di Ristoratore Top, primaria azienda di marketing del settore, fare previsioni è sempre fuorviante, ma i macro trend del mercato sono abbastanza delineati ed evidenti. «Ogni volta che si fanno previsioni si toppa -afferma-. Si è parlato di sostenibilità e sembrava che non si potesse rinunciare alla svolta green, quando alla prova dei fatti risulta irrilevante nella scelta del locale». I conti si fanno soprattutto (ma, ovviamente non solo) con il portafoglio: « I cosiddetti locali accessibili per scontrino, ma percepiti come “cool”, spopolano, così come quelli “casual”. Penso all’osteria rimodernata, cui ci si affeziona sempre e comunque.  È sempre più in voga concedersi ogni tanto anche il lusso di un ristorante stellato, una gratificazione per occasioni speciali, che per molti diventa quasi un hobby, da portare avanti con passione concedendosi gite gourmet. La forbice è sempre più larga tra luxury e pop: i locali inaccessibili ai più mantengono il loro appeal e continuano a essere attrattivi. Valga il dato record di sempre di fatturato nel 2021, anno disastroso per l’economia, per lo Champagne». Se c’è chi bada a etichette, ambiente e lusso esibito, c’è ancora chi punta dritto alla sostanza: «I locali accessibili per prezzo, ma spartani e senza pretese, ottengono nuovi consensi. Basti guardare ai social: in pochi mesi dalla creazione del gruppo facebook “Mangiare bene spendendo poco” si sono ottenuti oltre 100mila iscritti in tutta Italia». A non tramontare sono i locali che restano impressi nel cuore: «Le occasioni di uscire e provare cibi diversi ed etnici si moltiplicano, ma ci sono indirizzi storici che servono intere generazioni di famiglie e che continuano a riportarci ai loro tavoli, insegnandoci il valore della fidelizzazione più spontanea e autentica». Il punto fermo per la ristorazione che verrà è che senza specializzazione non si va da nessuna parte: «Fino a dieci anni fa erano tanti gli appassionati ad aprire locali, magari investendo risparmi o liquidazione. Ora i ristoratori sono non solo professionisti ma sempre più imprenditori. La specializzazione è fondamentale anche nel format: per chi propone tutto senza specializzarsi in nulla, il futuro è in bilico. E ciò vale anche per il classico bar con espositori di prodotti industriali tutti uguali, dove si va più per reale necessità o vicinanza, che per convinzione o piacere».

 

Menù liberi e ristorazione senza orario

Giacomo Pini, amministratore di Gp Studios, società di consulenza e formazione attiva nel mondo del turismo e della ristorazione, evidenzia come tutto ruoti attorno all’esperienza e all’identità: « Le food court proposte nei centri commerciali da decenni, tornano al cuore delle città, nelle piazze, nei city walk e nei punti panoramici. I mercati coperti diventano gourmet e attrattivi. Le occasioni di consumo si moltiplicano ma esaltano sempre l’identità dei luoghi, dal cartoccio di fritto gustato per le vie di Napoli al lampredotto al mercato di Firenze». Non mancano contaminazioni interessanti: «Nei bar si trovano colazioni sempre più simili a resort e hotel e, di contro, gli alberghi guardano finalmente alla ristorazione come ad un’opportunità interessante su cui puntare. Anni fa c’era una certa resistenza ad andare in hotel a mangiare, ora è diventato un plus. Gli hotel, specie in posizioni strategiche o panoramiche, catturano sempre più l’attenzione della clientela esterna». I menù si fanno più fluidi e snelli: «Scompare la canonica successione antipasto, primo e secondo. Si punta agli assaggi, “para picar”, che favoriscono la convivialità e rappresentano un’occasione di provare più piatti, oltre ad aumentare le possibilità di consumo. Ci sono i piatti principali, abbinati come nella tradizione anglosassone dei “main course” a contorni. E poi ci sono gli irrinunciabili, signature dish: le specialità della casa sono evidenziate ormai in tutti i locali». La carta dei vini diventa più smart: «C’è sempre un certo timore nella consultazione, percepita come per super- esperti, per non dire sommelier. I menù più innovativi abbandonano la divisione per regioni dei vini e propongono icone o etichette, di più facile consultazione, che magari suggeriscono abbinamenti. Non possono mancare i vini di pronta beva e quelli “genderless” con cui iniziare e finire quasi qualsiasi pasto». Quanto alla proposta, continua il momento felice di cibo salutare: «Pokè e sushi restano sempre attrattivi e ormai sono diventati quasi un appuntamento fisso settimanale per molti. Anche in virtù di questa popolarità, per effetto-traino, il crudo, dalle carni, alle verdure al pesce sta conquistando posizioni e si concilia alla perfezione con regimi dietetici anche restrittivi». 

 

Ristorazione e food and beverage un nuovo asset per l’hotellerie 

Mauro Santinato, presidente di Teamwork, società di consulenza e formazione nell’hospitality, rileva un vero e proprio boom di dark kitchen e ghost kitchen. «È l’eredità più evidente che ci lasciano questi due anni di pandemia, con effetti opposti per altro: per alcuni rappresenta un’importante integrazione di fatturato per assicurare delivery e asporto, per altri un’inevitabile perdita di denaro. Le cucine degli alberghi, per la maggior parte poco utilizzate, si prestano a questo tipo di utilizzo fino ad assumere valori importanti per volumi d’affari: a Dubai ci sono hotel che propongono  anche quindici tipologie diverse di ristorazione per soddisfare le richieste esterne in delivery e assicurare il room service 24 ore su 24». L’hotel diventa in generale più accessibile e informale, proponendo spesso il concetto di spazi ibridi, introducendo l’all day dining, rivoluzionando la colazione e aprendo le proprie lounge e lobby bar all’esterno: «Gli spazi si moltiplicano e specializzano, con l’obiettivo di allungare la permanenza e attrarre anche una clientela esterna. Il mondo del lifestyle hotel è la tendenza attuale. Se la ristorazione ha vissuto momenti critici in passato o è stata vista come un servizio da proporre perché necessario, ma senza passione, investimenti ed entusiasmo, ora è un vero e proprio asset. E non solo per i ristoranti stellati in hotel, che hanno fatto scuola in questo. Ora gli hotel sono un punto di riferimento per i quartieri, un posto dove concedersi un aperitivo, un drink dopocena, un business lunch o un buon caffè in giardino o terrazza». Il riposizionamento dei ristoranti degli alberghi è legato al loro stesso futuro: «Prima si cenava in hotel perché era comodo, ora accade quasi l’inverso: si sceglie l’hotel per la sua ristorazione di qualità. Si vendono camere perché abbinate a cene, colazioni e pranzi gourmet». Non mancano infine proposte curiose e insolite, perché in un mercato a sempre più elevata specializzazione, le nicchie assumono una posizione di crescente interesse. «Penso al ristorante per gatti nell’hotel specializzato nell’accoglienza dei felini. O, senza arrivare a questi estremi, a chi si specializza in cibo healthy, veg o a chi punta sulla sostenibilità, un tema particolarmente attuale anche per far fronte ai rincari energetici».


Andamento lento, il bello e il buono della cottura slow

La cottura a bassa temperatura in sottovuoto  nasce in Francia agli inizi degli anni Settanta, lo chef Giovanni Rota spiega i vantaggi di cuocere i cibi sottovuoto e senza fretta

Agli inizi dell’età moderna erano i pentolini lasciati sulle stufe in ghisa dalle donne che uscivano per lavorare nei campi o in fabbrica per ore. Nella storia della cucina contemporanea tutto iniziò negli anni Settanta dal foie-gras: Georges Pralus del Troisgros a Roanne, in Francia, era in cerca di una tecnica che consentisse di ottimizzare conservazione, gusto e ridurre la perdita di peso in cottura di una materia prima così pregiata. Scoprì così che, cuocendolo a bassa temperatura e sottovuoto (sous-vide), a migliorare era non solo il sapore, ma anche la conservazione e gli aromi. Lo chef-scienziato Bruno Gossault e Juan Roca e Narcis Caner misero a punto la tecnica, creando un’attrezzatura ormai irrinunciabile per molti locali come il Roner (nome nato per crasi tra le iniziali dei cognomi dei fondatori Roca e Caner). Dagli albori del foie-gras la cottura a bassa temperatura ha conquistato un numero crescente di consensi e oggi i vantaggi del sous vide ad andamento lento tornano alla ribalta per ottimizzare la gestione del ristorante. E, in tempi in cui i rincari energetici diventano insopportabili, la tecnologia può ridurre – a sorpresa – nonostante le lunghe cotture, i consumi. Giovanni Rota, chef per professione e docente per passione, dall’Accademia del Gusto all’Accademia Gualtiero Marchesi, dal 2019 executive chef de La cucina italiana, invita a guardare alle vasche di cottura con una nuova prospettiva: «Il Roner come altri macchinari per la cottura in sottovuoto a bassa temperatura hanno consumi decisamente inferiori, attorno ai 2 kilowatt, rispetto a un forno professionale che ne richiede in media 18. È errato pensare che sia una tecnologia dispendiosa. Senza contare i vantaggi indiretti che porta con sé, a partire da quello più evidente di triplicare se non quadruplicare la vita dei prodotti». Con una buona organizzazione i costi si abbattono ulteriormente, per non parlare dell’annullamento pressochè totale degli sprechi: «Si possono concentrare gli acquisti, con un risparmio notevole sulla spesa e organizzare il lavoro in cucina in modo di avere pronte salse, porzioni di pesce o carne, basi per dolci… Non ci sono limiti alle preparazioni: dalla salsa alla carbonara alla base per gelati, dal pollo succulento al punto giusto per una Ceasar’s salad a un arrosto di vitello». Oltre al miglioramento della gestione di acquisti e dispensa, a trarre enormi vantaggi è la programmazione del lavoro: «Si possono ottimizzare i tempi, programmando la cottura quando la cucina non è operativa, oltre a sfruttare al meglio gli spazi- continua Rota-. Si migliorano i tempi di servizio grazie alla diminuzione dei vari passaggi se possiamo contare su una buona “scorta” di basi pronte o cotture solo da ultimare o, ancora, rigenerare. Non mancano i vantaggi indotti, dal minor quantitativo di attrezzature da lavare alla migliore salubrità dell’aria e dell’ambiente in cucina». La cottura avvenendo per conduzione e in sottovuoto, con un’ulteriore garanzia rispetto alla prevenzione di possibili contaminazione batteriche e in atmosfera modificata, esalta  in particolare le carni ricche di collagene o a muscolatura mista: «Tagli come la spalla o il reale stupiscono in morbidezza- continua-. La cottura lentissima fa coagulare lentamente le proteine e rende morbido il collagene. Si esaltano così anche tagli meno pregiati che, grazie a questa tecnica, nulla hanno da invidiare alle parti più nobili. Si possono quindi ampliare le scelte all’interno del menù con tagli desueti ed economici, difficili da lavorare con tecniche tradizionali». La cottura a bassa temperatura può essere sostitutiva e migliore rispetto alle tecniche tradizionali per arrosti o bolliti, alternativa per la preparazione di alcune verdure o ricette di mare, con i vantaggi però di una maggiore vita e conservazione perfetta: «L’ossidazione è azzerata e i colori risultano così vivi e brillanti, una vera gioia per gli occhi- continua lo chef-. Non si disperdono i profumi che sprigioneranno tutta la loro invitante carica quando si aprirà il sacchetto. A essere garantita è anche la compattezza degli alimenti. Il mantenimento dei succhi del pesce sorprende il palato e, tra i plus, c’è la possibilità di cotture confit o in liquidi di governo. Nel caso delle verdure si può andare a migliorare la texture, oltre al taglio e al colore; è particolarmente interessante anche l’aromatizzazione con l’osmosi».  I vantaggi sono considerevoli sul fronte della sicurezza alimentare:«Viene totalmente inibita la proliferazione batterica aerobica e si azzerano anche i rischi di contaminazione incrociata». Per arrivare a ottenere il meglio da questa tecnica di cottura serve però investire tempo e risorse in sperimentazioni: «Il superamento del punto di cottura è difficile con questa tecnica, ma non impossibile- spiega il docente-. Può capitare più frequentemente con le carni bianche o grigie che in overcooking subiscono in modo deciso la denaturazione delle proteine, risultando spappolate al palato. La conoscenza della materia prima è fondamentale, penso all’età dell’animale, al tipo di allevamento e alla frollatura nel caso delle carni. Ad essere insostituibile è però la bilancia oltre al metro: va sempre valutata con cura la pezzatura che si va a cuocere, non solo in termini di peso, ma, ovviamente di spessore. Una volta messi a punto tempi e modalità non resta che vivere in un certo senso di rendita, perché si possono avviare con successo diverse preparazioni incrementando in modo considerevole l’efficienza in cucina». Molta attenzione va prestata nella preparazione che precede il tuffo in vasca in sottovuoto: via libera quindi a marinature, affumicature e all’utilizzo di grassi neutri o aromatizzati:«Un limite, se così lo si può definire, della cottura a bassa temperatura è che le spezie per esprimersi al meglio vanno tostate: un escamotage di successo può essere il ricorso  a oli speziati- precisa Rota-. Anche vini e altri alcol vanno de-alcolati preventivamente tramite bollitura, per scongiurare il rischio di trasmettere aromi amari o sgradevoli. Vanno usati con cura anche succhi ricchi di enzimi, in particolare zenzero, kiwi e ananas, che possono andare ad alterare o scomporre le fibre proteiche». La stessa cura della preparazione va posta nella conservazione: «Una volta che il nostro alimento è stato cotto se non viene consumato immediatamente si può scegliere se cuocere e abbattere a temperature positive (comprese tra 0 e 2 gradi), abbattere e freezare a 18 o 20 gradi sottozero oppure decidere dopo opportuna abbattitura di lavorare l’alimento a freddo e successivamente congelare (cook,chill and freeze)». Nonostante i benefit superino di gran lunga le difficoltà, non manca ancora una certa resistenza da parte della ristorazione: «Persuadere gli chef a volte non è semplice- allarga le braccia Rota-. Sono comunque sempre più i cuochi ad annoverare la tecnica tra quelle insostituibili. Fatta eccezione per i cereali e i suoi derivati che non risultano così gradevoli cotti a bassa temperatura e tagli di carne che richiedono cotture rapide e ad elevate temperature, i plus sono davvero tanti. E non solo per il gusto, ma per la resa, l’azzeramento degli sprechi, il miglioramento di spesa e dispensa e un notevole risparmio sul combustibile».