Dal 26 aprile tornano le zone gialle: via libera ai dehors anche a cena. Ecco la roadmap delle riaperture

Pranzo e cena solo nei locali che hanno tavoli all’aperto e dal primo giugno anche al chiuso ma solo a pranzo. Piscine aperte dal 15 maggio, palestre dal 1 giugno. E dal 15 giugno ripartono le fiere

Tornano le zone gialle dal 26 aprile, dove i dati lo consentono, ma a riaprire saranno solo le attività all’aperto. Gli esercizi di ristorazione, quindi, potranno lavorare sia a pranzo che a cena, a patto di avere uno spazio esterno. Il Consiglio dei ministri ha varato mercoledì 21 aprile il nuovo decreto anti coronavirus le cui bozza era stata licenziata venerdì scorso. Nessuna novità di rilievo, a parte l’astensione politicamente pesante della Lega, che contesta la conferma del coprifuoco alle 22.

Il calendario delle riaperture (Scarica il Decreto Riaperture).

Da lunedì 26, dunque, si comincia a riaprire e tra i primi ci saranno i ristoratori: in zona gialla, fino a tutto il mese di maggio, sarà possibile pranzare o cenare solo nei locali che hanno tavoli all’aperto, mentre dal primo giugno si potrà mangiare anche al chiuso, ma solo a pranzo. Sempre in area gialla riapriranno con specifici protocolli teatri, cinema, spettacoli e musei. Dal 15 maggio sarà consentita l’attività nelle piscine scoperte e dal primo giugno nelle palestre al chiuso, data in cui saranno aperti al pubblico anche manifestazioni ed eventi sportivi di interesse nazionale.
Il 15 giugno ripartono le fiere e dal primo luglio sarà la volta di congressi e parchi tematici. Per quanto riguarda gli spostamenti tra le Regioni resta necessaria l’autocertificazione, dove è già prevista, ma da subito si potrà girare più liberamente con in tasca il “certificato verde”, che attesti la vaccinazione, l’esecuzione di un tampone negativo o l’avvenuta guarigione dal Covid. Chi avrà il pass potrà anche accedere a determinati eventi, culturali e sportivi.

“Le aperture per le sole attività all’aperto rischiano di penalizzare almeno la metà delle imprese che non possono usufruire di questa possibilità. Per i pubblici esercizi della montagna, poi, è una doppia penalizzazione considerate le condizioni climatiche -a ricordato il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, nel suo intervento alla giornata “Legalità, ci piace!”  Chiediamo due ulteriori accorgimenti: favorire una sensibilizzazione nei confronti delle amministrazioni locali nel permettere di utilizzare nuovi spazi pubblici, così da  maggiore vivibilità delle nostre città e territori; anticipare prima possibile le aperture anche all’interno, con distanziamento e protocolli di sicurezza”.

Zambonelli, presidente Ascom: “Così non va: ci sono ancora troppi nodi da sciogliere e regole da definire con più chiarezza”

Avere una data per poter ripartire sono segnali che vanno nella giusta direzione ma “ci aspettavamo maggiore coraggio e soprattutto maggiore chiarezza – sottolinea Giovanni Zambonelli, presidente di Ascom Confcommercio Bergamo, in merito al Decreto Riaperture approvato ieri sera dal Consiglio dei Ministri -. C’è infatti di fondo un errore di metodo. Il calendario delle riaperture è sulla bocca di tutti e sulle pagine dei giornali ma non basta presentare delle slide in pdf. Per chi lavora, in primis le associazioni di categoria, servono provvedimenti veri e non comunicati stampa. I nostri associati sono confusi e ci stanno contattando per capire come gestire i clienti e le prenotazioni in vista di eventi e cerimonie all’aperto, considerando anche l’incognita del maltempo. A oggi, infatti, non c’è nessun decreto messo nero su bianco che definisce regole precise e tutti questi bei proclami cadono nel vuoto se poi mancano protocolli di sicurezza e un metodo comune a tutti da seguire”.

Niente passi falsi, dunque, anche perché l’obiettivo comune al mondo del commercio e del turismo è quello di tornare a lavorare a pieno ritmo: “La data del 26 aprile da sola non basta – prosegue Zambonelli -. Dobbiamo dare una prospettiva a tutti gli imprenditori e bisogna lavorare da subito a un protocollo di sicurezza sanitaria stringente che consenta la riapertura anche dei locali al chiuso: finché la ristorazione non potrà ripartire in toto, infatti, anche tutta la filiera connessa continuerà a subire danni economici gravissimi”.

C’è poi il nodo delle date scelte: “Per alcuni settori non si tratta di una ripartenza vera e propria – conclude Zambonelli -. Penso in primis ad alberghi e ristoranti ma anche alle piscine, chiamate a riaprire troppo presto, così come è assurdo invece pensare di aspettare luglio per i parchi tematici. E poi ci sono i centri commerciali che sarebbero dovuti ripartire prima: la chiusura nel weekend, operativa da più di sei mesi, ha tagliato il giro d’affari del 40% rispetto al 2019 e il fatturato annuo di 56 miliardi di euro. Sono numeri che mettono a repentaglio la tenuta delle aziende, con il rischio di forti ricadute occupazionali”.

Fipe: “Un primo passo, ma serviva più coraggio”

Anche per la Fip-Confcommercio “si tratta solo di un primo punto di partenza, perché troppe imprese restano tagliate fuori dalla limitazione del servizio ai soli spazi esterni, subendo così una discriminazione. Per queste realtà il lockdown non finirà il 26 aprile. È fondamentale avere già nei prossimi giorni una road map molto precisa che indichi come e quando le riaperture potranno coinvolgere, nel pieno rispetto dei protocolli di sicurezza, anche tutti quei locali che hanno a disposizione solo spazi interni. Parallelamente sarà importante invitare i Comuni a fare tutto quanto in loro potere per favorire la concessione di suolo pubblico agli operatori sfavoriti da questa riapertura parziale”. Fipe sottolinea infine che “sarà essenziale che tutti quanti, imprenditori e avventori, dimostrino il massimo senso di responsabilità, rispettando pedissequamente le norme di sicurezza sanitaria stabilite dal Comitato tecnico scientifico. Non possiamo permetterci passi falsi. L’obiettivo comune deve essere quello di tornare a lavorare, e dunque a vivere, a pieno ritmo”.

Sono 116mila i locali senza spazio esterno

Fipe fai inoltre notare che riaprire solo le attività che hanno i tavolini all’esterno “significa prolungare il lockdown per oltre 116mila pubblici esercizi”. Il 46,6% dei bar e dei ristoranti italiani non ha infatti spazi all’aperto, una percentuale peraltro che nei centri storici, soggetti  a regole molto più stringenti, aumenta considerevolmente. “Se questo è il momento del coraggio dice Fipe – che lo sia davvero. I sindaci mettano a disposizione spazi extra per le attività economiche che devono poter apparecchiare in strada ed evitare così di subire, oltre al danno del lockdown, la beffa di vedere i clienti seduti nei locali vicini”. Per la federazione la data del 26 aprile da sola “non basta. Dobbiamo dare una prospettiva a tutti gli imprenditori. Bisogna lavorare da subito a un protocollo di sicurezza sanitaria stringente, che consenta la riapertura anche dei locali al chiuso e bisogna darci un cronoprogramma preciso, a partire dal 26 aprile. Non c’è più tempo da perdere. Nelle prossime ore chiederemo all’Associazione nazionale dei Comuni italiani di collaborare con noi per spingere i sindaci a concedere il maggior numero di spazi esterni extra, in via del tutto eccezionale e provvisoria, agli esercizi che in questo momento ne sono sprovvisti. Sarebbe un bel segnale di unità e di voglia di uscire dal pantano tutti insieme”.

 

Federalberghi: “Le terme sono già aperte e potranno offrire maggiori servizi”

Bene gli indirizzi formulati dalle Regioni, che “confermano gli alti standard di sicurezza garantiti dalle aziende termali”, ma non è chiaro “a quali ipotesi di termalismo si faccia riferimento quando si parla di riaperture al primo luglio. Ci auguriamo solo che eventuali profili di limitazioni alle attività termali presenti ad oggi nei testi normativi vengano aboliti al più presto”. Lo sottolinea Emanuele Boaretto, presidente di Federalberghi Terme, per il quale comunque “un ulteriore segnale positivo verrà dalle decisioni che il Governo si appresterebbe ad assumere e che consentirebbero di riprendere a breve i flussi turistici e sanitari idonei a far ripartire il settore dopo un anno di grosse difficoltà”. In ogni caso, conclude la Federazione, è bene ricordare che “gli stabilimenti termali italiani sono aperti già oggi per le prestazioni incluse nei livelli essenziali di assistenza (fangobalneoterapia e inalazioni, ad esempio) e per attività riabilitative e terapeutiche”.

 

Vacanze, gli stabilimenti balneari sono pronti ad accogliere i turisti stranieri dal 15 maggio

Gli stabilimenti balneari “sono pronti ad accogliere i turisti anche stranieri, in particolare i tedeschi, che con la Pentecoste dal 13 maggio hanno un periodo di vacanze di 15 giorni. La nostra richiesta è stata accolta, siamo soddisfatti: l’apertura a giugno ci avrebbe penalizzato rispetto ad altri mercati concorrenti come la Grecia e la Spagna. L’importante è che l’Italia c’è, è pronta”.  Così Antonio Capacchione, presidente del Sib Fipe- Confcommercio, soddisfatto per l’accoglimento della richiesta fatta nei giorni scorsi al ministro del Turismo, Massimo Garavaglia. I balneari hanno iniziato già da qualche settimana a fare lavori di manutenzione sulle spiagge perché “non è che alziamo una saracinesca e apriamo – spiega Capacchione – alle volte c’è bisogno di un mese, di due mesi, dipende dalle dimensioni degli stabilimenti e quindi confido che dal 15 maggio si possa iniziare davvero a lavorare”


Wedding planner: un corso (doppio) per accedere all’iter della certificazione della professione

In 10 lezioni per un totale di 30 ore tutto quello che c’è da sapere per organizzare un matrimonio a regola d’arte. Seconda edizione a ottobre

La selezione dei fornitori, elementi di project management, l’allestimento della location, lo styling del matrimonio, il galateo e il bon ton ma anche la gestione degli imprevisti e degli accordi contrattuali: sono alcuni degli argomenti al centro del corso per wedding planner promosso e organizzato da Confcommercio Professioni e Aiom Bergamo, l’Associazione Italiana Organizzatori Matrimoni, aderenti ad Ascom Confcommercio Bergamo.

Erogato da Ascom Formazione con l’obiettivo di accompagnare wedding planner a maturare crediti obbligatori per poter accedere all’iter della certificazione della professione, il corso si concluderà a maggio ma verrà replicato a ottobre: “Grazie agli Enti bilaterali che hanno finanziato un biennio formativo offriamo un’opportunità di crescita professionale a tutta la categoria – sottolinea Matteo Mongelli, presidente Confcommercio Professioni Ascom Bergamo -. Il corso è infatti gratuito e consente di maturare ore convertibili in crediti formativi per permettere alle wedding planner con i requisiti l’accesso all’esame di certificazione professionale”.

Con 10 lezioni di tre ore ciascuna per una durata complessiva di 30 ore, il corso (in streaming) propone focus sulle tecniche di organizzazione di un matrimonio, sulle materie legate alla responsabilità e tutela, sulla gestione economico-finanziaria e sulla specializzazione delle conoscenze su tutti i servizi di terzi che il wedding planner deve essere in grado di selezionare e offrire: “Il sistema di certificazione professionale è un riconoscimento importante che premia la nostra competenza – afferma Paola Rovelli, presidente Aiom Bergamo . Mai come in questo momento è necessario affidarsi a professionisti certificati e il corso di preparazione sarà gestito da figure altamente competenti, associate Aiom, con un’esperienza pluriennale nel mondo del wedding”.

A maggio (seconda edizione a novembre) partirà anche il corso “Destination Wedding Planner”, dedicato al fenomeno del turismo nuziale delle coppie straniere, che fornirà diverse nozioni per gestire l’organizzazione dell’evento, dal primo contatto fino a cerimonia conclusa.

Per informazioni Ascom Formazione: tel. 035 4185706 – info@ascomformazione.it.


I rischi dell’usura ai tempi del Covid al centro dell’8ª Giornata della legalità di Confcommercio

Presentata l’analisi sul fenomeno e gli effetti per il terziario: oltre 40 mila le imprese a rischio di un reato che fatica ad essere denunciato

Anche Ascom Confcommercio Bergamo aderisce alla Giornata nazionale di Confcommercio “Legalità, ci piace!” in programma oggi – martedì 20 aprile – e promossa in sinergia con le associazioni territoriali per promuovere e rafforzare la cultura della legalità come prerequisito fondamentale per la crescita e lo sviluppo delle imprese. Giunta all’ottava edizione, la Giornata nazionale della legalità sarà l’occasione per presentare in diretta streaming (ore 11 sul sito di Confcommercio) un’analisi sull’usura al tempo del Covid e sugli effetti per le imprese, a cui seguiranno gli interventi del presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, e del ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese.
Quello dell’usura è infatti un tema molto attuale: perdita di fatturato e mancanza di liquidità incombono sugli imprenditori e secondo l’ultima analisi dell’Ufficio Studi Confcommercio di ottobre sono circa 40mila le imprese minacciate dall’usura, fenomeno in crescita soprattutto nel Mezzogiorno e nel comparto turistico-ricettivo.

“I fatti accaduti rendono ancora più attuale la manifestazione promossa da Confcommercio a livello nazionale e posta, quest’anno, ad aprile – afferma Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo -.  Il nostro sistema non è mai stato interessato così tanto da questi fenomeni come in questo periodo di difficoltà e porre l’attenzione sul tema è di grande importanza per il benessere delle singole aziende”.

Quarantamila imprese a rischio usura

Nella prima parte dell’evento, il direttore dell’Ufficio Studi Confcommercio, Mariano Bella, ha presentato un’analisi sugli effetti dell’usura al tempo del Covid per le imprese e la percezione che le stesse imprese hanno del fenomeno. “Rispetto al 2019 – ha detto Bella – è più che raddoppiata la quota di imprenditori che ritiene aumentato il problema (27% contro il 12,7%), e sono a immediato e grave rischio usura circa quarantamila imprese del commercio, della ristorazione e dell’alloggio”. Secondo Bella poi, ci sono le “solite” differenze territoriali: “Il Mezzogiorno purtroppo- ha osservato il direttore dell’Ufficio Studi – paga un prezzo più alto e il rischio di chiusura definitiva per le imprese è maggiore. Per fare un esempio, tra nove grandi città italiane colpite dall’usura, Napoli, Bari e Palermo sono tra quelle più a rischio”.

“Per diverse ragioni – ha detto Bella – le imprese del Nord hanno patito di più la pandemia, eppure sia per una condizione strutturale di esposizione alla criminalità sia per una maggiore fragilità intrinseca dell’impresa, è il tessuto produttivo del Sud ad apparire più soggetto a shock negativi”. Bella ha poi osservato che “l’usura rimane una tipologia di reato che fatica ad essere denunciato. A frenare la propensione a denunciare – ha precisato – non è tanto la speranza di poter restituire il prestito, quanto piuttosto la paura di subire ritorsioni, la percezione di essere soli, la poca fiducia nella giustizia e la vergogna che caratterizza coloro che, in ultima istanza, si vedono costretti a rivolgersi agli usurai”. Bella ha concluso la sua presentazione ricordando che le ricette essenziali per debellare la piaga dell’usura restano quelle già suggerite da tempo: “Senza misure di contrasto più incisive e una cultura della legalità più diffusa sarà davvero complicato estirpare il fenomeno dell’usura”.

La paura di denunciare e la fiducia verso le Forze dell’Ordine e le associazioni

Dall’indagine, inoltre, emerge che l’usura rimane una tipologia di reato che fatica ad essere denunciato. A frenare la propensione a denunciare non è tanto la speranza di poter restituire il prestito, quanto piuttosto – per citare le principali motivazioni – la paura di subire ritorsioni, la percezione di essere soli, la poca fiducia nella giustizia e la vergogna che caratterizza coloro che, in ultima istanza, si vedono costretti a rivolgersi agli usurai.

Sui livelli di fiducia le forze dell’ordine sono al primo posto, migliora un po’ negli ultimi sei mesi il senso di sfiducia e solitudine anche se, comunque, un quarto delle imprese è totalmente e preventivamente sfiduciato. E questo rimane un fattore di criticità, con implicazioni rilevanti anche in termini di più generale diffidenza rispetto al funzionamento delle istituzioni e sul senso della partecipazione politica. Infine migliora un po’ anche il ruolo delle organizzazioni anti-usura e quello delle organizzazioni di categoria. Nel complesso, quello che emerge è che ci sia ancora molto da fare a sostegno delle imprese più colpite dai fenomeni criminali. Per questo Confcommercio chiede di contrastare con più forza la criminalità e lavorare insieme alle istituzioni e alle forze dell’ordine per una maggiore promozione e diffusione della cultura della legalità

Nel suo intervento, il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, ha ribadito che “nel 2020, le imprese del commercio, alloggio e ristorazione hanno subito una drammatica riduzione del volume di affari e oltre un terzo si è trovato stretto in un combinato disposto pericolosissimo, cioè la mancanza di liquidità combinata con una difficoltà sostanziale di accesso al credito. Ed è per questo che, senza sosta, in questi mesi abbiamo chiesto non solo indennizzi adeguati e tempestivi, ma anche moratorie fiscali e creditizie ampie ed inclusive, la sospensione e la rateizzazione degli impegni fiscali e possibilità più ampie di accesso al credito”. “Senza fatturato, senza liquidità, senza credito, e con i costi da pagare – ha osservato Sangalli – è facile capire quanti imprenditori rischiano, infatti, di essere facili prede per la criminalità organizzata e le pratiche di usura. Come emerge dai nostri dati, infatti, dal 2019 ad oggi la quota degli imprenditori che ritiene aggravato il fenomeno è aumentata di 14 punti percentuali. E sono ad immediato e grave rischio di usura circa 40mila imprese del commercio, della ristorazione e dell’alloggio”.

Nel suo intervento alla giornata della legalità di Confcommercio, il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, ha ringraziato il presidente Sangalli per l’impegno a favore della diffusione della cultura della legalità ricordando anche la sinergia con Confcommercio nella lottà alla criminalità. “Questa – ha detto Lamorgese – è un occasione importante di riflessione su temi essenziali per rilanciare il tessuto produttivo. E anche le aperture dei prossimi giorni possono rappresentare un volano per il rilancio delle imprese”. Lamorgese ha confermato che il coronavirus ha inciso sulla crescita di fenomeni come l’usura. “E’ necessario da parte di tutti – ha detto il ministro – impegnarsi per combattere questo fenomeno. La denuncia è un elemento molto importante”.

 

 


Prosecco? Chiamatelo Glera

Il vitigno autoctono a bacca bianca è la cultivar perfetta per diversi vini frizzanti e spumanti

 

Glera è un vitigno autoctono per uno dei vini spumanti italiani più conosciuti ma la sua origine non è ancora chiara e, infatti, sono molti quelli che sostengono provenga da un piccolo paese del Carso triestino ubicato al confine con la Slovenia, Prosecco, dove il vitigno veniva chiamato appunto Glera. Da lì si sarebbe poi diffuso nella provincia di Treviso, fino poi ai Colli Euganei. Un’altra tesi vede invece il suo percorso all’esatto inverso. Di certo, questo vitigno trova la sua principale diffusione e fortuna sulle colline della provincia di Treviso, tra Conegliano e Valdobbiadene. Proprio qui vengono coltivati i circa 6500 ettari dei 7000 totali di impianto censiti in Italia.

È un vitigno molto rustico e di gran vigore, è considerato un vitigno semi-aromatico. Si coltiva bene sia in collina che in pianura, ma proprio sulle ripe scoscese delle zone limitrofe a Valdobbiadene, per la difficoltà di lavorazione dei terreni, è possibile trovare anche piante molto vecchie. Per la sua trasformazione in vino, si presta molto bene alla spumantizzazione, ma anche alla produzione di vini frizzanti e fermi. Il Veneto e la zona del Carso Triestino (Friuli-Venezia Giulia) sono dunque le zone in cui è diffusa la coltivazione di questi vitigno e viene impiegato in diverse quantità per la produzione di vini che appartengono a diverse Denominazioni d’Origine. Non di solo Prosecco si tratta. È un vitigno che regala al vino tenui aromi fruttati e floreali, con un corpo leggero e un’acidità interessante. 

I Prosecchi, non il Prosecco

Spesso si parla di Prosecco in senso generico (a volte con riferimento perfino alla categoria del vino spumante, e questo è un grave errore) senza considerare che esistono diverse tipologie di vino spumante commercializzato con un nome simile, ma non identico. Esiste il Prosecco DOC, che deve contenere una percentuale di Glera non inferiore all’85% del totale e viene prodotto in un territorio molto vasto: in tutte le provincie del Veneto, con esclusione di Rovigo e Verona, e in parte del Friuli-Venezia Giulia.

All’interno della zona ove è possibile produrre il vino DOC, sono presenti ristrette aree dove si produce l’Asolo Prosecco DOCG e il Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene Superiore DOCG. Quest’ultima denominazione comprende anche due “cru”: Rive, che si riferisce a 43 micro aree presenti in diversi comuni o frazioni della zona, e Cartizze, che comprende il vino prodotto con le uve coltivate in soli 106 ettari ubicati attorno alla località Cartizze. Questo è il “prosecco” più pregiato, con caratteristiche aromatiche più complesse rispetto al vino spumante prodotto nella restante zona. L’errore più ricorrente è la dicitura “Conegliano superiore di Cartizze”: non esiste il Cartizze di Conegliano e non solo per toponomastica, ma soprattutto per legge (il disciplinare della DOCG). Il Cartizze prende il nome da una ristrettissima zona del Comune di Valdobbiadene (circa 106 ettari, con circa 140 piccoli proprietari). 

Gli altri vini con denominazione prodotti con la Glera

La Glera è utilizzata comunemente anche per produrre altre tipologie di vino e non solo il famoso vino spumante. Sempre nella zona collinare della provincia di Treviso, tra Valdobbiadene e Conegliano, sono prodotti i vini appartenenti alla DOCG Colli di Conegliano e, nel passito bianco Torchiato di Fregona, è possibile utilizzare una percentuale di uva proveniente dalla cultivar Glera. Nelle provincie di Gorizia e Trieste, esiste la denominazione Carso DOC, che comprende anche il vino Carso Glera DOC: un vino fermo prodotto con almeno l’85% di Glera.
Infine, la zona dei Colli Euganei, che si trova in provincia di Padova, ospita l’omonima DOC, che comprende il Serprino DOC, un biotipo del vitigno Glera con cui si producono un vino spumante e uno frizzante.

 

 


Imprese, dalla Regione Lombardia 7,5 milioni di euro per favorire l’internazionalizzazione

In arrivo risorse per sviluppare e consolidare la capacità di azione del bando “Linea Internazionalizzazione Plus” con contributi a fondo perduto. Domande dal 20 aprile

Aprirà il prossimo 20 aprile il bando “Linea Internazionalizzazione Plus – Supporto alla realizzazione di progetti di internazionalizzazione” di Regione Lombardia. La misura, con uno stanziamento di 7,5 milioni di euro, rispetto alle precedenti edizioni prevede ora una quota di finanziamento a fondo perduto e un ampliamento delle spese ammissibili.

Il bando promuove l’internazionalizzazione del tessuto imprenditoriale lombardo, supportando la realizzazione di progetti di internazionalizzazione complessi da parte delle PMI. Tramite programmi integrati di sviluppo, le PMI lombarde potranno dotarsi di un portafoglio articolato di servizi e attività per la partecipazione ad iniziative finalizzate ad avviare in maniera strutturata e/o consolidare il proprio business nei mercati esteri.

Per la Linea Plus sono ammissibili i progetti che prevedano l’affitto spazi e locali, noleggio di stand e materiali ai fini dell’allestimento dei locali. Sono quindi compresi arredi, attrezzature e strumentazioni tecniche. È inoltre contemplata la quota di partecipazione e iscrizione alle fiere, incluse quelle virtuali. Ammesse anche le spese per l’utilizzo di piattaforme di matching/agendamento di incontri collegati alle fiere. Sono inclusi anche i servizi di trasporto e similari connessi al trasporto di campionari utilizzati, servizi di interpretariato e traduzione. Inoltre sono consentiti i servizi erogati da società intermediarie per la messa a disposizione di personale dedicato, servizi di catering, servizi assicurativi collegati.

Sono infine autorizzati i progetti per la realizzazione di materiale informativo. Tra questi la realizzazione, redazione e traduzione testi, grafica e stampa, di cataloghi/brochure/cartelle stampa in lingua straniera. Concessi inoltre lo sviluppo e l’adeguamento di siti web per i mercati esteri e le azioni di web marketing. Sono ammissibili anche i progetti che prevedono spese totali per un importo non inferiore a 40.000 euro.

L’agevolazione è concessa fino al 100% delle spese ammissibili di cui l’80% sotto forma di finanziamento agevolato ed il restante 20% sotto forma di contributo a fondo perduto ed è compreso tra un minimo di 40.000 euro e un massimo di 500.000,00 euro.

Per tutte le informazioni: https://www.fesr.regione.lombardia.it/wps/portal/PROUE/FESR/Bandi/DettaglioBando/Agevolazioni/linea-internaliz-plus.


Aprire. Ma quando? E come? Siamo stufi dell’approccio superficiale di chi non sa cosa vuol dire avere un locale

Aprire. Da quando? Come? Nel leggere giornali e social non si capisce quando i bar e ristoranti potranno riaprire. E nemmeno come lo potranno fare. C’è chi sostiene che l’orario massimo sarà quello delle delle 15, solo se seduti, solo se in tavoli all’aperto. Fossimo a primavera di un anno fa, forse, potremmo capirlo, ma oggi non è assolutamente giustificabile. Politici e membri del CTS che rilasciano queste dichiarazioni dovrebbero vergognarsi, quanto meno perché non è pensabile governare o imporre restrizioni senza conoscere i punti di sostenibilità del lavoro.

Ma come si può pensare di far partire solo chi ha tavoli all’aperto lasciando morire di fame gli altri, senza pensare che la rabbia sociale sarebbe incontrollabili? Oppure che non è lo Spritz che trasmette il contagio e nemmeno l’ora del consumo? È ora di far ripartire questo Paese. Non sopportiamo più chi rilascia queste dichiarazioni perché anziché cercare di individuare, per rimuoverle, le cause dei ritardi nelle campagne vaccinali – che dovrebbe essere il loro lavoro – pensano che sia possibile giustificare i ritardi nell’imporre sacrifici sempre agli stessi.

Con l’approccio superficiale che meno si apre e comunque meglio è. Meglio per chi? Forse per loro. Non certo per chi deve riprendere a lavorare per pagare i debiti, che è quella parte dell’Italia che paga il loro lauto stipendio a scarico delle responsabilità.

Un barista incazzato

 


#Vogliamo una data: Ascom in piazza insieme a Fipe per dare voce alla galassia del terziario

 

La delegazione bergamasca di Ascom presente all’assemblea Fipe a Roma per chiedere al Governo una data della ripartenza per i pubblici esercizi

Titolari di bar e ristoranti, ovviamente, ma anche il mondo del catering e del banqueting, la ristorazione commerciale e collettiva, le discoteche, le imprese balneari e gli imprenditori del gioco legale e dell’intrattenimento: tutti insieme per chiedere al governo un programma per la riapertura definitiva delle loro attività, alcune delle quali chiuse da 14 mesi, e una data certa per avviarlo.

Sei mesi dopo “#SiamoATerra”, la manifestazione organizzata in 24 città con la partecipazione di migliaia di imprenditori, la Federazione italiana dei Pubblici Esercizi, torna oggi in piazza a Roma per dare volto e voce all’esasperazione di un settore in ginocchio e alla galassia dei pubblici esercizi. Una manifestazione legale, corretta ed espressione di una categoria che soffre ma che ha diritto di riaprire per una forma di protesta ordinata e costruttiva, coerente con lo stile della Fipe che ha sempre cercato un confronto con le istituzioni, rifuggendo populismi, polemiche e strumentalizzazioni e che oggi vuole dare un altro segnale forte.

fipe assemblea roma

Presente anche una delegazione bergamasca

A partecipare al sit-in organizzato in piazza (La diretta dell’Assemblea Fipe a Roma) c’è anche la delegazione bergamasca di Ascom Confcommercio Bergamo formata dal direttore Oscar Fusini e Giorgio Beltrami, presidente del Gruppo Bar Caffè di Ascom e vicepresidente regionale del coordinamento di Fipe Lombardia: “Scendiamo in piazza con un solo obiettivo: una data certa per riaprire – commenta Beltrami -. Bar, ristoranti e locali serali sono fermi da troppo tempo senza possibilità di lavorare a pieno regime e poi c’è la stagione turistica alle porte. Paesi come Spagna e Grecia sono già in pista per le prenotazioni mentre da noi non c’è ancora nessun orizzonte temporale certo e il rischio è di far saltare un’intera stagione”.

Se, infatti, nella manifestazione di ottobre il disagio era stato espresso apparecchiando simbolicamente tavole vuote nelle piazze d’Italia, stavolta si è scelto di convocare direttamente in piazza San Silvestro l’Assemblea Straordinaria della Federazione per chiedere direttamente al governo, e alla politica in generale, un impegno preciso: una data della ripartenza e un piano per farlo in sicurezza.

Gli interventi in piazza: da Sangalli a Stoppani

Durante la mattinata si sono susseguiti i collegamenti live con le piazze di tutta Italia, intervallati agli interventi di tanti piccoli imprenditori che racconteranno le loro storie di quotidiana disperazione. Sono inoltre previsti gli interventi del presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, e del presidente di Fipe, Lino Enrico Stoppani.
Intanto, nel giorno dell’audizione davanti alle Commissioni congiunte V e VI del Senato sul Dl Sostegni, il direttore generale Fipe, Roberto Calugi, ha lanciato un nuovo appello alla politica sottolineando che “attorno alla riapertura dei pubblici esercizi si combatte una battaglia politica che non fa bene a nessuno. Qui è in gioco il futuro di migliaia di imprenditori e di oltre un milione di lavoratori. Ci aspettiamo che il governo affronti il tema della ripartenza dei nostri locali così come ha fatto in passato per altre categorie, prevedendo un piano preciso, misure stringenti e controlli a tappeto per punire chi non le rispetta”.

 

 

 

 


“L’e-commerce per vendere all’estero”: nuovo ciclo di incontri promosso da Edi-Confcommercio

Formazione webinair insieme agli esperti del Digital Innovation Hub. Si comincia il 14 aprile con gli strumenti di web marketing e le migliori strategie digitali per vendere oltre confine

Con il primo webinar “L’e-commerce per vendere all’estero” il 14 aprile prende il via il nuovo ciclo di incontri di Edi, il Digital Innovation Hub di Confcommercio Imprese per l’Italia, dedicato al mondo del commercio online. Nel corso dei lavori (inizio ore 14.30) verranno illustrati gli strumenti di web marketing e le migliori strategie digitali di e-commerce per vendere all’estero, con un focus sull’utilizzo dello strumento Shopify.
L’e-commerce è infatti un’opportunità per tutte le imprese che vogliono estendere il proprio business oltre i confini nazionali. Il punto di partenza è la progettazione efficace di e-commerce abbinata ad una piattaforma di vendita on line efficiente e ad una strategia di web marketing internazionale possono essere gli strumenti vincenti per farsi trovare e vendere on line.

Durante il  webinar gratuito saranno trattati temi quali l’e-commerce per vendere all’estero; gli strumenti di web marketing più utili al proprio scopo, la definizione della miglior strategia digitale e l’utilizzo dello strumento Shopify per cominciare da subito a vendere all’estero.

Informazioni in dettaglio: link

Iscrizione al webinar: link

 

Il calendario dei corsi in programma

Il Food Delivery: un’opportunità nel post Covid – 12 maggio 

Smart working: minacce ed opportunità per il settore dei pubblici esercizi – 25 maggio

Strumenti e strategie di e-commerce per le imprese – 16 giugno

Google Ads e Analytics – 7 luglio

Linkedln per le Pmi – 21 luglio

Smart working: il futuro del lavoro – 29 settembre

Whatsapp for business – 13 ottobre

Facebook e Instagram Ads – 27 ottobre

I dati come fattore competitivo – 24 novembre


Settimana chiave per le riaperture anticipate. Terziario, ristorazione e turismo incrociano le dita

Da Palazzo Chigi filtra la disponibilità ad anticipare a fine mese qualche riapertura. Il presidente di Federalberghi, Bocca: “Il nostro settore ha bisogno di programmazione”

La situazione epidemiologica migliora, anche se molto lentamente. E se la tendenza verrà confermata nei prossimi giorni il governo è pronto ad autorizzare qualche riapertura prima della data canonica del 30 aprile (la scadenza del decreto anticoronavirus attualmente in vigore, ndr). A fine mese, insomma, potrebbero essere di ritorno le zone gialle (Lazio, Veneto, Marche e Molise hanno già dati compatibili), con la conseguente apertura dei ristoranti, almeno a pranzo, ma anche di musei, cinema e teatri, con ingressi contingentati. Per ora, è bene specificarlo, nessuna decisione è stata presa né è stata convocata la cabina di regia per discutere le scelte da fare.

In attesa che venga decisa la data del confronto tra le forze politiche, un elemento è comunque chiaro: se si deciderà di riaprire, saranno fatte scelte “selettive e ponderate”, come ha ribadito il presidente del Consiglio superiore di Sanità, Franco Locatelli. Tradotto in parole povere, la maggior parte delle attività che sono chiuse dovrà attendere comunque maggio. “Guai se pensassimo di essere fuori dal problema. Ci ritroveremmo nella situazione di metà marzo avendo vanificato settimane di sacrifici”, ha ammonito Locatelli. Per il prossimo mese, come sostenuto dal sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri, è poi ipotizzabile l’apertura dei ristoranti anche la sera: “torneremo con i colori nelle regioni, compreso il giallo. I ristoranti possono aprire da maggio e a metà del mese anche a cena”, ha detto.

Draghi: “Nessuna data certa per le riaperture”

Per le riaperture una data non c’è, dipenderà dall’andamento della campagna di vaccinazione. In conferenza stampa a Palazzo Chigi il premier, Mario Draghi, lo ha detto chiaro e tondo confermando quanto da giorni filtrava dalla sede dell’esecutivo. L’ex presidente della Bce lo aveva appena ribadito al leader della Lega, Matteo Salvini, al termine del quale quest’ultimo aveva comunque aperto uno spiraglio (“non si può vivere in rosso a vita. In base ai dati ci sono almeno sei regioni italiane in cui si potrebbe riaprire. Conto che si possa fare in aprile”).

Draghi, in ogni modo, trova “normale chiedere le riaperture, sono la miglior forme di sostegno”, ma appunto per valutarne la possibilità “inseriremo il parametro delle vaccinazioni per le categorie a rischio”. E si guarderà anche all’andamento nelle singole regioni per valutare un allentamento della stretta: “è chiaro che nelle regioni che sono più avanti nelle vaccinazioni ai più fragili  e vulnerabili sarà più facile riaprire”.

Per quanto riguarda il turismo, il presidente del Consiglio ha di fatto avallato l’auspicio del ministro Garavaglia per la riapertura al 2 giugno (vedi più in basso, ndr): “È la nostra festa nazionale e potrebbe essere una data delle riaperture per noi”. “Garavaglia dice a giugno. Speriamo, magari anche prima, chi lo sa. Non diamo per abbandonata la stagione turistica, tutt’altro”, ha aggiunto. Intanto, in vista della stagione turistica estiva, prende piede la proposta di rendere le isole “covid free”, come sta facendo la Grecia. Garavaglia è d’accordo (“possiamo farlo”) e con lui i presidenti di Sardegna e Sicilia, Christian Solinas e Nello Musumeci, che chiedono a Draghi di “avere il coraggio” di andare oltre la proposta di vaccinazione delle sole isole minori e puntare a immunizzare con il vaccino l’intera popolazione delle due isole più grandi isole del Mediterraneo e “a spiccata vocazione turistica”, che “possono garantire numeri importanti per la ripresa dell’economia nazionale”.

Il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, ha parlato invece del passaporto vaccinale, una possibilità allo studio del governo, come hanno fatto altri Paesi, per attrarre i turisti. “Lavoriamo – ha detto – a un ‘green pass’ con tre condizioni, il vaccino, avere avuto il Covid e il tampone negativo. Non è discriminatorio e da noi esiste già in Sardegna”.

Il “balletto” delle date: 20 e 30 aprile

Gli scontri di piazza avvenuti qualche giorno fa a Roma non cambiano sostanzialmente il quadro d’insieme: nonostante il pressing delle forze politiche di centrodestra, che chiedono legittimamente un calendario delle riaperture con date certe sicure e per dare certezze ai settori e agli operatori economici più in crisi, bisognerà attendere comunque il 30 aprile. Ovvero, la data prevista dal decreto con le misure anti Covid attualmente in vigore. Questo perché i dati non consentono ancora allentamenti, come dimostra ad esempio la situazione di Palermo dove il sindaco ho dovuto chiedere alla Regione di instaurare la zona rossa (fino al 14 aprile) dopo aver superato un’incidenza di 275 casi ogni 100mila abitanti.

In ogni caso, se ne è parlato anche al “tavolo” tra Governo e Regioni. “È il momento di riprogrammare le riaperture dei prossimi mesi, solo così il Paese sarà pronto a ripartire dove il virus lo consentirà”, ha detto il presidente della Liguria, Giovanni Toti, appoggiato dal “collega” dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, per il quale “se dopo il 20 aprile i numeri saranno migliori perché non aprire qualche attività?”. Data ribadita dalla ministra per gli Affari regionali Mariastella Gelmini: “delle riapertura da maggio ci saranno, forse qualcosa anche dal 20 aprile”.

Per il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, comunque, “dal 20 aprile potremmo porci la domanda se anticipare le riaperture o far scivolare tutto ai primi di maggio. Se i numeri miglioreranno, e penso di sì, potremmo fare una scaletta partendo da quelle attività che possono farlo in sicurezza”.

turismo turista

Garavaglia: “Presto date certe per la ripartenza del turismo”

“È fondamentale dare date certe, perché ogni giorno che passa perdiamo potenziali clienti. Penso che nel giro di qualche giorno saremo in grado di dare date certe”. Così il ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, che nel corso di un incontro alla Stampa estera, alla domanda “Quando riapriranno gli alberghi?” ha risposto che “l’anno scorso abbiamo aperto a metà maggio, non vedo perché non possa essere così anche quest’anno”. Mentre per la ripresa del turismo estero, “non sono in grado di dare una risposta certa sulle date – ha ammesso – però in Francia Macron dice che il 14 luglio apriranno tutto, noi abbiamo il 2 giugno come festa nazionale e speriamo che sia la data giusta”.

Parole, queste, apprezzate dal presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, per il quale “le parole del ministro sono sacrosante. Un albergo non è come un negozio o un bar che da un giorno all’altro riapre, un albergo ha bisogno di programmazione: deve accettare le prenotazioni, fare campagne sui Paesi italiani e stranieri, inserire le date sui portali. Non esiste settore come il nostro che abbia bisogno di programmazione”.

Confturismo: “Il 2 giugno è troppo tardi”

“Dateci una data, ma non il 2 giugno: sarebbe troppo tardi”. È la posizione di Confturismo, il cui vicepresidente Marco Michielli spiega che la data giusta, già indicata dal ministro Garavaglia, sarebbe quella del 15 maggio, “la stessa della Grecia, in coincidenza con la Pentecoste, che rappresenta il primo grande afflusso di turisti del Nord Europa nel nostro Paese. Spostare tutto al 2 giugno ci farebbe andare oltre la Pentecoste, che è da sempre il viatico di una buona stagione ovunque”. Per questo Confturismo chiede al responsabile del Turismo, “comprendendo le sue difficoltà”, di “dialogare con il collega alla Sanità per poter uscire ufficialmente con la data del 15 maggio: a quel punto la clientela tedesca potrà prenotare e arrivare nelle nostre località, considerato che le ferie non si possono fissare all’ultimo momento”.

 


Turismo e commercio: il 13 aprile al via il biennio formativo finanziato dagli Enti bilaterali del territorio

Seicento mila euro per la formazione gratuita rivolta a una platea di 23 mila lavoratori: in programma 39 corsi (che verranno integrati) per 658 ore

Con «tutte le sfumature del recruitment» il 13 aprile prende il via il nuovo biennio formativo 2021-2022 dedicato al mondo del commercio e del turismo promosso dall’Ente bilaterale territoriale del Terziario e dall’Ente Bilaterale per il settore Alberghiero e Pubblici Esercizi, entrambi costituiti da Ascom Confcommercio Bergamo e dalle organizzazioni sindacali di categoria (Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl, Uiltucs-Uil).
Interamente finanziata dai due enti bilaterali con oltre 600 mila euro, l’offerta formativa è articolata in diversi corsi di managment aziendale, comunicazione, informatica e web, oltre a quelli specifici per l’Horeca tra cui caffetteria, cucina, mixology: in totale sono 39 corsi per 658 ore di formazione gratuita rivolta ai lavoratori del settore del commercio e del turismo delle oltre 6 mila imprese iscritte ai due Enti (circa 4.400 quelle dell’Ente bilaterale territoriale del Terziario, quasi 2.000 quelle dell’Ente Bilaterale per il settore Alberghiero e Pubblici Esercizi). I corsi, in programma fino a novembre, saranno quasi tutti in Fad tranne quelli per il settore della ristorazione che si terranno presso i laboratori della sede di Ascom Formazione a Osio Sotto.

Il nuovo catalogo formativo è legato da un doppio filo di intenti come spiega Enrico Betti, presidente dell’Ente bilaterale territoriale del Terziario: “È il primo catalogo formativo così strutturato e interamente finanziato dai due enti. Attraverso percorsi di specializzazione, aggiornamento e perfezionamento abbiamo infatti voluto investire sulla formazione professionale con l’obiettivo di migliorare le skills richieste dal mercato e dalle mutate condizioni dovute all’emergenza sanitaria ed economica. Abbiamo predisposto un’offerta formativa molto articolata e stiamo già programmando i nuovi corsi che porteranno a oltre mille ore totali di formazione in tutto il 2021 e che solo per il settore del terziario potrebbero coinvolgere oltre 15 mila lavoratori”.

“Nel 2020 il nostro Ente ha sostenuto le imprese, le lavoratrici e i lavoratori dei settori alberghiero e dei pubblici esercizi ed erogato circa 2800 sussidi emergenziali per oltre 750 mila euro: uno sforzo straordinario data la necessità impellente del momento – sottolinea Alberto Citerio, presidente dell’Ente bilaterale per il settore Alberghiero e Pubblici Esercizi -. Quest’anno è il momento di pensare al rilancio e la formazione e la qualificazione professionale degli addetti e delle imprese del turismo saranno la chiave per guardare al futuro. Siamo certi che le 2.000 imprese della bilateralità di settore e i loro circa 8.000 addetti sapranno cogliere questa opportunità offerta gratuitamente.”

Per informazioni, iscrizioni e per consultare l’elenco completo dei corsi: www.entebilcombg.itwww.entebilturbg.it