Ristorazione, imprese in calo nel terzo trimestre

Il terzo trimestre 2020 si chiude con 94.166 imprese registrate in provincia di Bergamo. Lo stock delle imprese attive (83.978)è in calo tendenziale (-553 posizioni pari al -0,7% su base annua) dalla metà del 2012. Nel periodo considerato si sono avute 1.002 nuove iscrizioni (+4% su base annua) e 840 cessazioni (-30,1%), con un saldo positivo di +162 unità (-240 nel corrispondente periodo del 2019).

Le imprese attive aumentano su base tendenziale tra le società di capitale (+1,3%). Diminuiscono le società di persone (-2,8%), le imprese individuali (-1,0%) e le altre forme giuridiche (-1,8%), in prevalenza cooperative.

Tra i settori produttivi, la contrazione delle imprese attive rispetto a un anno fa riguarda prevalentemente il commercio all’ingrosso e al dettaglio (-389 pari al -2,0%), le attività manifatturiere (-173 pari al -1,6%, di cui 151 artigiane), i servizi di alloggio e ristorazione (-100 pari a -1,7%), agricoltura, silvicoltura e pesca (-48 pari al -1,0%), costruzioni (-36 pari al -0.2%), trasporto e magazzinaggio (-28 pari a 1,3%) e le attività di intrattenimento (+4 pari a +0,4%).

Si registrano aumenti prevalentemente tra i servizi di supporto alle imprese (+103 pari a +3,5%), le attività professionali (+77, pari al +2,0%), le attività finanziarie e assicurative (28, paria a +1,2%), le attività immobiliari (+26 pari a +0,4%), la sanità e l’assistenza sociale (+12, pari a +1,9%) e l’istruzione (+10 pari al +2,3%).

Il settore artigiano, con 30.152 imprese a fine settembre 2020, registra una riduzione del -0,9% delle unità registrate su base annua. Lo stock delle posizioni attive registra una riduzione di 265 unità rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Le iscrizioni (+335) diminuiscono del 2,6% su base annua mentre aumentano leggermente le cessazioni (+331, ovvero +0,3%). Per questo trimestre si registra comunque un saldo positivo tra iscritte e cessate: +4 unità, contro quello del secondo trimestre dell’anno precedente, +14 unità.

Lo spaccato per genere, età e nazionalità delle posizioni attive evidenzia su base annua una flessione (-2,3%) delle imprese giovanili, un leggero aumento delle imprese straniere (+1,7%). In leggera diminuzione le imprese femminili (-0,5%).

Diminuite le procedure concorsuali di fallimento, scioglimento e messa in liquidazione: 250 nel terzo trimestre del 2020, in confronto alle 309 del corrispondente trimestre del 2019.

L’importazione periodica nel Registro imprese dei dati occupazionali comunicati a INPS in base alla localizzazionedell’impresa consente di stimare, con la cautela necessaria di fronte a dati di origine amministrativa, gli addetti, cioè le posizioni lavorative presenti nel territorio, al netto del settore pubblico e delle attività dei liberi professionisti.

Le 107 mila unità locali delle imprese attive, diminuite rispetto a un anno fa, impiegano 398.630 addetti. Rispetto allo stesso periodo del 2019 si registrerebbe pertanto una riduzione di -2.955 addetti, con una variazione del -0,7%.

Incrementi si riscontrano nei servizi di sanità e assistenza sociale (+1.283), nelle costruzioni (+1.249) e nelle attività manifatturiere (+245).

Rilevanti perdite di addetti su base annua si rileva nei servizi di noleggio, agenzie di viaggio e supporto alle imprese (-2.164), nel commercio all’ingrosso e al dettaglio (-1.264), nelle attività dei servizi di alloggio e ristorazione (-1.191), nelle attività di intrattenimento e divertimento (-529) e nelle attività finanziarie e assicurative.

Commenta il presidente Mazzoleni: “Nel periodo considerato resta positivo il saldo tra aperture e chiusure, ma negli ultimi due trimestri disponibili l’anagrafe camerale sembra evidenziarel’inizio di un’inversione di tendenza nella consistenza delle imprese attive per i servizi di alloggio e ristorazione. Purtroppo è altamente probabile che sul settore, già duramente colpito dalla crisi del turismo conseguente alla pandemia, peseranno anche le recenti misure di contenimento del Covid-19.”


Siamo scesi in piazza per ribadire le ragioni di una categoria calpestata dalle nuove restrizioni

Bergamo ha partecipato con grande orgoglio al flash mob “Siamo a terra”, la manifestazione organizzata da Fipe Confcommercio in 24 città italiane e nella quale Bergamo è stata invitata come luogo simbolo della lotta al Covid. La partecipazione sul Sentierone di numerosi ristoratori, baristi e gestori di pubblici esercizi nella mattinata del 28 ottobre ha rappresentato l’occasione per ribadire le ragioni della categoria nuovamente colpita dalle restrizioni del Governo.

Il motivo che ci ha mosso alla partecipazione non è economico.

Siamo scesi in piazza, pur consapevoli che la partita della chiusura serale era già persa con l’entrata in vigore del DPCM, mentre quella economica aveva già avuto risposta la sera precedente con la pubblicazione del nuovo Decreto Legge.

Ci preme invece il riconoscimento del ruolo delle nostre piccole e medie aziende del settore, calpestate da questa chiusura. Abbiamo portato avanti la nostra iniziativa come battaglia di civiltà. Crea amarezza aver ascoltato che la ristorazione, il commercio nei centri commerciali, la cultura, lo sport e il turismo siano sacrificabili per la “non essenzialità dei servizi”. Peraltro a fronte del riconoscimento che il mondo intero attribuisce alla cucina e all’ospitalità italiana. Cinema e teatro sono insorti quanto noi contro il decreto di chiusura ed hanno alzato il livello di sensibilità dell’opinione pubblica.

Ora i sostenitori delle chiusure spostano l’enfasi sull’obiettivo di limitare le occasioni di contagio. Anche in questo caso con argomentazione opinabili.

Purtroppo le misure stabilite non funzioneranno. Non si fermeranno la socialità e la relazione chiudendo le attività serali senza bloccare a casa le persone. I giovani possono non andare al centro commerciale ma si frequenteranno altrove. Appare strano che i locali chiudano alle 18 e le persone possano circolare (in Lombardia), anche in gruppo, fino alle 23.

Proprio perché siamo convinti che non siano  i locali i vettori del contagio temiamo che la loro chiusura serale non fermerà la curva del contagio. Per quanto detto, si tratta per noi di palliativi. Al Governo non resterà che chiudere il commercio e la ristorazione anche in orario diurno, mandando la gente ad affollare i supermercati e a mangiare insieme negli uffici e nelle aziende prima di pensare a nuove e maggiori restrizioni. Quando l’elenco dei capri espiatori terminerà, occorrerà che la politica faccia nuove scelte.

Prima del nuovo e non auspicabile lockdown che rappresenterebbe il fallimento della politica, dovranno essere affrontati i nodi lasciati irrisolti per mesi: trasporti, scuola e sanità. Su questi punti nevralgici gli imprenditori non c’entrano, mentre sono mancati i decisori politici. Vedremo se qualcuno se ne assumerà le relative responsabilità o se, come sempre in Italia, nessun farà un passo indietro.

Noi nel frattempo abbiamo deciso di protestare nel rispetto dell’ordine pubblico e delle istituzioni. Alcuni ci hanno criticato sostenendo che avremmo dovuto essere più duri e coraggiosi oppure dovremmo fare di più e meglio. Siamo consapevoli dei nostri limiti e cercheremo di essere più efficaci. Attendiamo anche di condividere le proposte di altri. Siamo disponibili a collaborare per altre iniziative che senza strumentalizzazioni politiche aiutino la causa di coloro che stanno subendo i danni della chiusura.

Ringraziamo per ogni contributo economico perché quando si ha “sete”, ogni goccia è preziosa. Il lockdown di marzo ha spinto i piccoli imprenditori ad attingere ai propri risparmi e all’indebitamento bancario. Ora lo spazio sul ricorso alle loro tasche è terminato.

Il Governo ha emanato il Decreto Legge 137 con il tempismo richiesto. Ne prendiamo atto, con l’auspicio che i soldi siano versati sui conti correnti al più presto.

Per la maggioranza degli operatori d’impresa bar e ristoranti sarà tra i 2.000 e i 5.000 euro. Per dignità, non chiamiamolo ristoro. Il contributo, sommato a quello della primavera raggiungerà il 4/5% del volume d’affari annuale e il15/17% del volume dei tre mesi di chiusura totale e parziale dall’impresa.

Pur sgravata dal costo del personale (ammortizzatori sociali per i dipendenti) e dai canoni di locazione (che comunque è in credito di imposta) l’impresa sarà sgravata solo da una parte dei suoi costi fissi e non ci sarà spazio ad alcuna remunerazione del titolare e dei suoi familiari.

Come sopravvivranno durante questo periodo? Sono sempre di più i titolari di impresa che si vorrebbero essere ammessi alla Cassa integrazione riservata ai loro dipendenti.


Ztl, accesso per delivery e consegne in città per i pubblici esercizi

Per venire incontro alle esigenze di bar e ristoranti, il Comune di Bergamo agevola i servizi di consegna a domicilio nelle zone a traffico limitato della città.

Le telecamere delle ZTL rimangono accese: riattivate lo scorso 22 giugno, gli occhi elettronici furono spenti nella fase di quarantena e di lockdown completo della città, nella scorsa primavera.

Gli esercizi commerciali che consegnano prodotti alimentari destinati al consumo immediato potranno comunque accedere alle aree “protette” di Bergamo: da tempo è possibile l’accesso senza vincoli orari per i veicoli utilizzati dalle aziende che preparano e consegnano a domicilio prodotti destinati al consumo immediato (pony pizza, catering, ecc.). È necessaria la registrazione e le società interessate devono formalizzare una richiesta, corredata da: copia della visura camerale che comprovi il tipo di attività, copia dei libretti di circolazione dei veicoli (con peso non superiore a 3,5 ton). È sufficiente inviare il tutto all’ufficio rilascio permessi di ATB all’indirizzo mail: accessi.ztl@atb.bergamo.it.


#siamoaterra, il flash-mob Fipe-Confcommercio apparecchia il Sentierone in segno di protesta

529 milioni di euro: è questa la perdita attesa per il mondo della ristorazione (bar, ristoranti, gelaterie e pasticcerie) della provincia di Bergamo sommando il primo periodo di lockdown con le chiusure imposte dal DPCM del 24 ottobre scorso. Secondo i dati forniti da Fipe le imprese costrette a chiudere alle ore 18 sulla nostra provincia sono 5.336 per un totale di 13.562 dipendenti (il 41% dei quali donne). La spesa sostenuta dalle famiglie bergamasche nel settore è stata nel 2019 di 1,6 miliardi di euro e la perdita stimata per il 2020 va dai 430 milioni di euro e i 529 milioni (da – 26,5% al – 32,6% in meno rispetto al 2019).

Il settore ha fatto sentire la sua voce, ma anche il suo silenzio, oggi, mercoledì 28 ottobre dalle 11,30 alle 12,30 sul Sentierone, partecipando alla manifestazione promossa da Fipe #siamoaterra

La situazione è gravissima per il settore dei pubblici esercizi e della ristorazioneafferma il direttore di Ascom Confcommercio Bergamo, Oscar Fusini-. Con questo flash-mob abbiamo voluto ricordare il valore economico e sociale del settore e chiedere alla politica un aiuto per non morire. Una protesta silenziosa, ma a volte il silenzio e la dignità che traspare dai volti e dai comportamenti delle persone fa più rumore di qualsiasi protesta violenta”.

Bergamo è una delle piazze scelte da Fipe – Federazione Pubblici esercizi Confcommercio – insieme ad altre città: Alessandria, Ancona, Aosta, Bari, Bologna, Cagliari, Catanzaro, Firenze, Geneva, Mantova, Milano, Napoli, Perugia, Roma, Siracusa, Torino, Trento, Trieste, Venezia, Vercelli, Verona.

Obiettivo della manifestazione è stato quello di ricordare i valori economici e sociali della categoria, che occupa oltre un milione e duecentomila addetti e chiedere alla politica di intervenire in maniera decisa e concreta per salvaguardare un tessuto di 340mila imprese che prima del Covid19, nel nostro paese generava un fatturato di oltre 90 miliardi di euro ogni anno.

Sul Sentierone, 50 imprenditori, vestiti di nero, sono stati seduti per terra incrociando le gambe distanziati l’uno dall’altro di 1 metro. Per terra sono state apparecchiate delle tovaglie con piatti, posate e cristallerie messe a testa in giù. Niente slogan, urla, canti o bandiere, così come è nello stile di Ascom e di Fipe, ma si è intonato insieme solo l’inno nazionale di Mameli. 

“A Bergamo siamo abituati ad abbassare la testa e a rimboccarci le maniche- ha sottolineato l’assessore regionale al Turismo Lara Magoni, che ha tenuto a prendere parte all’iniziativa Confcommercio-Fipe- . Sono a fianco di questi imprenditori, a terra, che con grande dignità chiedono solo di poter continuare il loro lavoro per il futuro delle loro imprese, dei loro dipendenti e delle loro famiglie”. 

“Il silenzio con cui hanno manifestato contro le misure introdotte dall’ultimo Dpcm è stato, in mezzo a tante manifestazioni violente a cui abbiamo assistito in questi giorni, il linguaggio più eloquente- ha commentato il Consigliere regionale Giovanni Malanchini- . Sono vicino a tutti loro: le misure anti contagio previste dal Governo Conte, senza un immediato e serio intervento economico da parte del Governo, apriranno una crisi che per queste categorie potrebbe essere irreversibile. Questi lavoratori, che tanto avevano fatto per adeguarsi alle nuove norme, non lo meritano”.


Il manifesto Fipe della ristorazione

Oggi siamo qui, siamo a terra, siamo qui come in altre 23 altre piazze italiane. Numerosi, coraggiosi, pacifici si, ma determinati, noi siamo quelli che ogni giorno si rimboccano le maniche. Ma di fronte a questa tragedia, purtroppo, non basta.

“Siamo a terra” economicamente. Il settore dei pubblici esercizi perderà quest’anno almeno 27 miliardi di euro su 96 di fatturato complessivo. 300mila posti di lavoro nel nostro settore rischiano di scomparire definitivamente. L’ulteriore imposizione della chiusura alle 18 ci costerà da sola 2,1 miliardi di euro, impedendo a 600 mila persone di lavorare. 

Tutto questo oggi costa caro a noi, ma il conto lo pagherà tutto il Paese. Se è vero, come è vero, che bar, ristoranti, pizzerie, catering, discoteche e sale da ballo popolano paesi, città, metropoli, vie e piazze del nostro Paese, dando a questi luoghi, vita, luce, socialità. Prima di questa tragedia, ogni giorno davamo da mangiare a oltre 11 milioni di persone, siamo il luogo del primo caffè e sorriso al mattino, del pranzo d’affari, della cena fra amici, spesso rappresentiamo i luoghi dove la memoria ha fissato i ricordi più intimi e belli della nostra e vostra vita. 

Ma siamo imprese anche noi, con i nostri bilanci e i conti da far tornare a fine serata. Siamo più di 300mila e diamo lavoro a più di 1milione e duecentomila persone in tutta Italia, e sulle nostre imprese vive un indotto importante. Siamo infatti la parte terminale della lunga filiera del cibo, la filiera agroalimentare, a cui ogni anno garantiamo acquisti per 20 miliardi di euro. Siamo parte fondamentale dell’identità italiana, ragione primaria per il turismo e componente del vantaggio competitivo del Made in Italy, il primo motivo per cui i turisti stranieri scelgono di tornare nel nostro Paese. 

Eppure, “Siamo a terra”. Comprendiamo e siamo responsabili di fronte ad una tragica emergenza sanitaria, subiamo però da mesi la sconfortante definizione di attività “non essenziali” ogni volta in cui la situazione si complica. Eppure, tutte le attività economiche sono essenziali quando producono reddito, occupazione, servizi. E tutte le attività sono sicure se garantiscono le giuste regole e attuano i protocolli sanitari assegnati. E noi li abbiamo applicati, accollandoci spesso costi importanti e responsabilità spinose. 

Per questo, infine, “Siamo a terra” moralmente. Perché -dopo tutto questo, a quasi otto mesi dal primo lockdown- non veniamo considerati alleati dell’ordine pubblico e non vediamo riconosciuto il nostro valore sociale, ma ci sentiamo usati ancora una volta come capro espiatorio di socialità per controlli che mancano e misure di organizzazione che fanno difetto. Ci sfibra l’incertezza e ci demotiva l’instabilità, in un’insensata gara all’untore, e allora lo vogliamo dire con forza. Non siamo noi i responsabili della curva dei contagi. Noi non siamo il problema. Possiamo e vogliamo essere parte della soluzione.

“Siamo a terra”, ma non ci arrendiamo ne abbiamo intenzione di farlo. Lo diciamo con il pensiero che va agli amici e colleghi hanno chiuso definitivamente e a quelli che si sono tolti la vita o hanno perso la voglia di viverla. Oggi siamo in 24 piazze anche per loro, per dire a tutti voi e a tutti noi che un’altra strada è possibile.

Anche per loro, noi ci vogliamo rialzare. 

Insieme, per quel senso di solidarietà che da sempre appartiene al nostro settore e che oggi attraversa le piazze di tutta Italia.

Insieme, perché solo così si può sentire la voce di un piccolo bar, di un ristorante di provincia, di un locale amato dal quartiere nel vociare indistinto della pena e del panico.

Insieme, con dignità, anche seduti per terra. Con la mascherina e il distanziamento. Con il silenzio assordante di un settore che non ha più fiato ma ha ancora una voce: quella di FIPE. 

Il Governo, ancora nella giornata di ieri, ha preso provvedimenti per garantire ristori ad indennizzo delle perdite di fatturato. Non vogliamo essere disfattisti, apprezziamo gli impegni espressi, ma dopo mesi di burocrazia esigiamo che arrivino non presto, ma subito. E speriamo che arrivino accompagnati da interventi di mitigazione dei costi a partire da interventi sulle locazioni, dal prolungamento degli ammortizzatori sociali e dalla cancellazione di impegni fiscali e sulle moratorie dei pagamenti. 

Gli indennizzi al settore sono un atto dovuto, non una misura compensativa: nulla può compensare la negazione del diritto al lavoro.

Queste misure sono necessarie per rimetterci in piedi. Chiediamo con forza che si renda giustizia ad un settore che oggi è sì a terra, ma che vuole tornare a correre sulle sue gambe. 

Lo chiediamo per la storia delle nostre imprese, per il presente delle nostre famiglie, ma soprattutto per il futuro dei nostri figli, delle nostre città e del nostro Paese.


Giorgio Beltrami: “Siamo a terra ma non ci arrendiamo e chiediamo il rispetto per il nostro lavoro, per rialzarci in piedi”

“Siamo a terra, come in molte altre piazze italiane-  ha sostenuto a gran voce il presidente del Gruppo Bar, Caffetterie, Pasticcerie Ascom Confcommercio Bergamo, Giorgio Beltrami- . Siamo a terra fisicamente, ma soprattutto economicamente. Quest’anno i pubblici esercizi lasceranno a terra 27 miliardi di fatturato e 300 mila posti di lavoro rischiano di scomparire definitivamente. 300mila posti e 300mila famiglie sono in bilico. Nella sola nostra provincia 5336 imprese sono obbligate ad abbassare le serrande alle 18. 13562 dipendenti , a seguito di queste restrizioni, rischiano il posto di lavoro. Tutto ciò è per noi inaccettabile. E’ un prezzo troppo alto e il conto rischia di pagarlo tutto il Paese. Un Paese che purtroppo si è drammaticamente dimenticato del valore del nostro lavoro, del ruolo fondamentale che ricopre nella costruzione dell’identità italiana, del valore simbolico, immateriale e non quantificabile che la nostra cucina, la nostra ospitalità, i nostri prodotti rivestono. E che continuano ad essere al primo posto tra le dieci caratteristiche che i turisti apprezzano nel nostro Paese. Tutto il mondo apprezza e invidia questo, ma il potere se ne dimentica troppo spesso. E così oggi ci ritroviamo qui a terra. Noi comprendiamo la tragica situazione di emergenza sanitaria, ma siamo stanchi di essere sempre considerati dal Governo come superflui, ogni volta che la situazione si complica. Ci sono stati giustamente imposti rigidi protocolli da osservare all’interno delle nostre attività, che noi abbiamo accuratamente rispettato. Per farlo ci siamo anche accollati costi gravosi e responsabilità spesso spinose, ma il risultato è stata l’ulteriore applicazione di restrizioni nei confronti del nostro lavoro. Ecco perché oggi siamo a terra, soprattutto moralmente. Perché non ci consideriamo come alleati dell’ordine pubblico e non vediamo riconosciuto il nostro valore sociale. Non ho letto una sola parola che mettesse in evidenza il fatto che noi, malgrado la pandemia, incuranti del rischio, siamo stati sul nostro posto di lavoro a dispensare i nostri servizi. Per di più veniamo indicati come capro espiatorio, come untori, e non lo siamo. Vengono addebitate a noi responsabilità per fatti che avvengono all’esterno dei nostri locali e che dovrebbero essere gestiti da altri. E allora vogliamo ribadirlo con forza: non siamo noi i responsabili della curva dei contagi, non siamo noi il problema, noi vogliamo e possiamo essere parte attiva nella soluzione del problema. E siamo qui, insieme seduti a terra, ma con dignità, in silenzio, con la mascherina e la stretta osservanza del distanziamento. E’ questo il silenzio assordante di un settore, che non ha più fiato economico, ma ha ancora una voce dignitosa e potente, quelle della Fipe, che mi onoro di rappresentare. Il Governo ha preso provvedimenti per garantire ristori che promettono essere rapidi e noi li accettiamo. Ma non dimentichiamo che il darci poche migliaia di euro non cambia la situazione finanziaria di un’impresa. Questi indennizzi sono un atto dovuto. L’unico aiuto decisivo che ci aspettiamo sta nel permetterci rapidamente la riapertura delle nostre attività. Non vogliamo elemosine, vogliamo il rispetto del diritto al lavoro. Si, oggi siamo qui a terra, ma non ci arrendiamo. Non ci arrendiamo, pensando con dolore a tutti gli amici che hanno già chiuso le loro attività definitivamente. A coloro che si sono tolti la vita o hanno perso la voglia di viverla. A loro rivolgiamo il nostro silenzio, il nostro abbraccio e il nostro pensiero. Ora, vi prego, rialzatevi in piedi. In piedi, chiedendo con grande dignità, il rispetto dovuto per il nostro lavoro, per la storia delle nostre imprese, per il presente delle nostre famiglie, ma soprattutto per il futuro dei nostri figli, delle nostre città e del nostro amato Paese”. 


S.o.s Lavoro: Supporto, Organizzazione e Sostenibilità, Ascom lancia il nuovo servizio

Il progetto “S.o.s Lavoro -Supporto, Organizzazione e Sostenibilità” di Ascom Confcommercio Bergamo prevede l’intervento di un team di professionisti qualificati ed esperti dell’area Lavoro e Welfare per assistere le imprese nella definizione e attuazione delle misure necessarie nel breve periodo, oltre a mettere in atto una revisione strategica nel lungo periodo. Attraverso una consulenza personalizzata saranno valutati i punti critici e le priorità operative, definiti gli interventi di ottimizzazione, riorganizzazione, cambiamento organizzativo. Il ricorso agli ammortizzatori “emergenziali” ha sicuramente contribuito a sostenere imprese e lavoratori nella fase più critica, ma per affrontare al meglio l’immediato futuro in condizioni di sostenibilità, è prioritario che le imprese adottino dei piani e interventi anche operativi, da eventuali procedure sindacali, vertenziali e amministrative al ricorso a piattaforme dedicate per favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Il servizio risponde alla crescente richiesta da parte degli imprenditori, alle prese con una crisi economica senza precedenti, di adottare piani e interventi sul fronte strategico e organizzativo. “Le imprese vanno aiutate non solo a gestire gli ammortizzatori sociali e le pratiche conseguenti ma a riposizionarsi come business – sottolinea Oscar Fusini, direttore Ascom Confcommercio Bergamo-. Significa cercare di anticipare come ripartirà il mercato dopo le nuove restrizioni, disegnare le esigenze in termini di risorse umane, ripensare alle figure che potranno essere di aiuto non tanto in termini quantitativi ma soprattutto qualitativi”.

“E’ necessario coniugare la gestione emergenziale con quella di riposizionamento strategico sul mercato o di miglioramento della situazione organizzativa – sottolinea Enrico Betti, responsabile Area Lavoro, Welfare e Relazioni sindacali-. Bisogna prepararsi a sostenere l’auspicabile ripresa senza farsi trovare impreparati”.

I dati dell’Osservatorio congiunturale del terziario su occupazione Format Research

Il Rapporto di Ricerca, condotto da Format Research, evidenzia l’andamento occupazionale nelle imprese del terziario e il sentiment degli imprenditori da qui a fine anno. L’emergenza sanitaria ha contribuito alla forte decelerazione dell’apertura di nuove attività: a Bergamo hanno aperto nei primi sei mesi dell’anno il 59% delle imprese in meno dello scorso anno, contro una media nazionale che si attesta a – 41%. Il dato è ancora più negativo se si considera il solo turismo (bar, ristoranti, alberghi). Il decremento delle nuove imprese del turismo nate a Bergamo nel secondo trimestre 2020 è nettamente peggiore (-80%) rispetto al dato nazionale (-59%).

In peggioramento l’indicatore relativo all’occupazione relativo al terziario bergamasco. Le misure adottate dalla politica fino a oggi non sembrerebbero in grado di mitigare l’andamento occupazionale. La proiezione dell’occupazione da qui a fine anno rileva un indicatore inferiore rispetto alla media del resto del Paese: 31, contro 34. L’indicatore è migliore per le imprese del commercio, a quota 44 (contro una media nazionale a 41), e dei servizi, a quota 42 (contro 41). Per le imprese del turismo l’indicatore è al di sotto della media nazionale, a quota 30, contro 33. Il giudizio varia molto in base alla dimensione dell’impresa: l’indicatore è più alto per le imprese di dimensione più grande, da 6 a 49 addetti.

Gli occupati della nostra provincia sono circa 375.874 dei quali 197.417 del terziario (53%)

Di questi il 37% ha subito la chiusura durante il lockdown. Ad aprile il 70% delle imprese dichiarò che aveva già diminuito il personale (20%) o lo avrebbe fatto nei mesi a venire (50%).

Il 63% dichiarò che aveva già fatto uso degli ammortizzatori sociali (26%) o l’avrebbe fatto nei mesi a venire (37%).


Gli ambulanti chiedono il rimborso o ricalcolo dell’occupazione suolo pubblico

I venditori ambulanti e su aree pubbliche – Fiva Ascom Confcommercio Bergamo chiedono ai sindaci il rimborso del pagamento delle tasse di occupazione del suolo pubblico e di aree pubbliche (Cosap e Tosap) e il ricalcolo della tassazione, alla luce dell’ultima proroga dell’esenzione del Governo. È questa la principale richiesta avanzata dai rappresentanti di un settore, fortemente provato dalla pandemia, inoltrata ai sindaci dei comuni della provincia, attraverso una lettera a firma del presidente Mauro Dolci. Si precisa che il Governo, dopo un iniziale esonero dal 1° Marzo al 30 Aprile 2020 del pagamento del cosiddetto plateatico per gli operatori del commercio su aree pubbliche, preso atto della reale situazione del comparto con la Legge del 13 Ottobre 2020 di conversione del decreto legge 104/2020, ha prorogato l’esenzione dal 1° Marzo al 15 Ottobre 2020 (salvo ulteriori proroghe che, al momento, non sono tuttavia contemplate nell’ultimo DPCM). All’articolo 109 del testo legislativo viene previsto un ristoro delle minori entrate provenienti dalla riscossione di Cosap o Tosap. “Chiediamo che vengano applicati i provvedimenti legislativi attuando interventi di rimborso qualora siano già stati riscossi i plateatici per l’anno in corso, o adeguando l’adempimento alle disposizioni legislative” sottolinea il presidente provinciale Mauro Dolci, che aggiunge: “I comuni avranno lo storno da parte del Governo, noi attendiamo il rimborso di quanto versato, in un momento di grande difficoltà per le imprese”. Non mancano esempi virtuosi: “ Il Comune di Bergamo ha annullato i pagamenti delle tasse di occupazione di suolo pubblico fino alla fine dell’anno, venendo incontro alle esigenze delle imprese- commenta con favore Dolci-. Il comune di Serina ha già annullato i pagamenti per i mercati per tutta estate”.


Flash mob dei pubblici esercizi mercoledì 28 ottobre

La situazione è gravissima per il settore dei pubblici esercizi e della ristorazione, tale da richiedere un’iniziativa forte.
Ascom in collaborazione con Fipe organizza la manifestazione di protesta #siamoaterra per mercoledì 28 ottobre alle 11.30 per ricordare il valore economico e sociale del settore e chiedere alla politica un aiuto per non morire.
L’iniziativa coinvolge oltre alla nostra provincia (epicentro iniziale della pandemia) altre  10 città italiane capoluoghi di regione: Firenze, Milano, Roma, Verona, Trento, Torino, Bologna, Napoli, Cagliari, Catanzaro.
Obiettivo: ricordare i valori economici e sociali della categoria, che occupa oltre un milione e duecentomila addetti e chiedere alla politica di intervenire in maniera decisa e concreta per salvaguardare un tessuto di 340mila imprese che prima del Covid19, nel nostro paese generava un fatturato di oltre 90 miliardi di euro ogni anno.
 
A Bergamo si svolgerà sul Sentierone, partirà dalle 11,30 e terminerà alle 12,30 e sarà riservata ad un numero massimo di 50 imprenditori, che vestiti di nero, staranno seduti per terra incrociando le gambe distanziati l’uno dall’altro di 1 metro. Per terra verranno posizionate delle tovaglie, ciascuna con piatto, posate, cristallerie messe a testa in giù. Il materiale verrà offerto dalle imprese di catering associate a ANBC– Fipe.
Non ci saranno slogan, urla, canti o bandiere, così come è nello stile di Ascom e di Fipe, ma si canterà insieme solo l’inno d’Italia.

L’iniziativa si svolgerà nel totale rispetto delle norme dettate dalle ordinanze regionali e dai DPCM.

 


Troppo tempo perso inutilmente e ora a pagare è solo il terziario

Premesso che al primo posto viene la salute e quindi tutte le azioni poste in essere per combattere la pandemia devono avere la precedenza, è doveroso, come presidente di una delle Associazioni di categoria più rappresentative del nostro territorio, stigmatizzare parte di quanto sta accadendo. 

C’è tanta amarezza e rabbia. 

Molti, tra imprenditori e cittadini, temono che questo sia l’inizio di un percorso già visto nel mese di marzo e psicologicamente quello che abbiamo vissuto sta incidendo su quello che stiamo vivendo. 

Se l’amarezza è umana e comprensibile, la rabbia in molti è legata all’idea che non sia stato fatto tutto quanto necessario per impedire questa drammatica fase. E tra i nostri imprenditori c’è la certezza che ora siano solo il commercio e il turismo a pagare il prezzo più alto. 

Sappiamo che una pandemia non è governabile, né dalle forze di Governo, né dal sistema sanitario, ma riteniamo che siano stati spesi mesi interi senza trovare soluzioni che avrebbero potuto attutire il problema odierno. 

Oggi abbiamo la percezione che le istituzioni facciano nuove leggi o emanino nuovi provvedimenti, sempre più restrittivi, solo perché non siano in grado di far rispettare le leggi esistenti. Inoltre scaricano sul cittadino e sugli imprenditori le loro inefficienze. E qui voglio citare esempi che sono eclatanti.

Il nodo trasporti. Per tutta l’estate non si è parlato d’altro che dei banchi di scuola con le rotelle, senza affrontare il vero problema: la mobilità alla ripresa delle attività produttive e scolastica di settembre. Ed ecco il risultato: mezzi di trasporto occupati come prima della pandemia. Era già noto in primavera che l’autunno avrebbe portato a un sovraccarico dei mezzi senza il distanziamento necessario a prevenire il contagio, ma non ci si è concentrati su quella che sarebbe stata la probabile soluzione: potenziare le linee negli orari di punta con i mezzi privati fermi perché non utilizzati per altri scopi. 

Il nodo scuola. Sulla scuola sono stati sprecati mesi, in cui si sarebbero dovuti elaborare nuovi modelli di formazione Sono stati forse fatti percorsi di formazione per gli insegnati per rendere efficace la formazione a distanza o ciascuno ha dovuto arrangiarsi? Inoltre sono stati compiuti grandi sforzi da parte delle singole scuole per scaglionare gli ingressi e le uscite, poi di colpo la Regione ha imposto la didattica a distanza, mortificando lo sforzo di molti. Perché, per scaglionare le entrate, non si sono imposti ingressi pomeridiani? Solo cosi avremmo avuto un reale minor affollamento sui mezzi di trasporto. E’ per caso il solito problema di gestione del personale dipendente pubblico? La nostra giornata è di solito di 12 ore lavorative e non di mezza giornata.

Il nodo sanità. Non compete a noi, e non ne abbiamo neppure le competenze, valutare l’operato di questi mesi, ma rileviamo con stupore che la maggior parte delle regioni sia in ritardo sui programmi di potenziamento dei posti letto e della terapia intensiva. 

Così, passo dopo passo, Dpcm dopo Dpcm e ordinanza dopo ordinanza, siamo arrivati alla chiusura dei centri commerciali al sabato e alla domenica, alla chiusura dei bar e dei ristoranti  alle 18, con un danno enorme per i nostri settori e la nostra economia. 

Io per primo asserisco che il cittadino debba fare la sua parte, così come gli imprenditori si debbano attivare a rispettare le ordinanze. Ma gli assembramenti sono legati solo ai nostri settori? 

Le restrizioni introdotte potrebbero produrre assembramenti in altri orari, probabilmente ancora più marcati perché possibili solo in un lasso di tempo ancora più ristretto. E saremo punto e a capo.

Gli assembramenti dipendono da un bisogno di socialità espresso dai nostri giovani. Potremmo chiudere tutti i bar, ma non risolveremo il bisogno di vedersi, di frequentarsi. E su questo non ci risulta siano stati fatti o siano in atto campagne di sensibilizzazione specifiche verso i più giovani. 

E così, di questo passo, il futuro lockdown è alle porte con buona pace del cittadino, dell’economia e della salute.

Siamo stanchi, a volte sfiduciati, ma non vogliamo arrenderci. Non possiamo, però, più permetterci decisori politici non in grado di svolgere il loro ruolo e capaci di scaricare sul cittadino la loro inefficienza. Ne va del futuro della nostra nazione e soprattutto delle nuove generazioni.