Ascom, i vertici incontrano la delegazione di Zogno

(da sinistra: Margherita Gotti, Oscar Fusini, Paolo Malvestiti, Nadia Sonzogni, Orietta Gritti, Maura Gritti)

Trasferta a Zogno per i vertici dell’Ascom che hanno fatto visita alla delegazione locale nell’ambito di un programma di incontri negli uffici periferici volto a rafforzare l’integrazione e il raccordo tra le componenti territoriali dell’Associazione e la sede centrale.

Il presidente Paolo Malvestiti, il direttore Oscar Fusini e Giorgio Lazzari, responsabile delle relazioni esterne, si sono confrontati con la responsabile della delegazione Nadia Sonzogni e le collaboratrici per fare il punto sulle strategie interne ma soprattutto raccogliere problematiche, istanze e proposte del mondo delle imprese commerciali, del turismo e dei servizi del territorio.

La delegazione di Zogno dell’Ascom si trova in via degli Alpini 11. È il punto di riferimento per le attività delle Valli Brembana, Serina e Taleggio, per un totale di oltre trenta Comuni.


Start Up, in primavera i bandi della Regione. Stanziati 80 milioni

regione_lombard.jpg“Ottanta milioni di euro per sostenere le migliori idee, accompagnare i nuovi imprenditori e valorizzare la creatività dei giovani, ma anche dei soggetti più maturi usciti dal mercato del lavoro”. È quanto hanno annunciato ieri gli assessori regionali Mauro Parolini (Sviluppo economico) e Luca Del Gobbo (Università, Ricerca e Open innovation), anticipando i contenuti del piano di intervento a favore dello start up di impresa che Regione Lombardia sta mettendo a punto. “Negli ultimi anni – ha sottolineato Parolini – abbiamo assistito al proliferare di iniziative a sostegno delle start up e alla nascita di molte attività. Una buona parte di esse si è tuttavia spenta nel giro di poco per svariati motivi, dalla mancanza di fiducia e formazione, all’assenza di capitali di rischio esterni. Il nostro obiettivo è di accrescere l’efficacia delle misure di sostegno a questo tipo di business, favorendo la creazione di una vera e propria catena della nuova impresa, che leghi tutti gli elementi che definiscono un vero e proprio ecosistema di sviluppo duraturo: incubatori e spin-off, università, business angels, crowdfunder e fondi di venture capital”.

“I primi bandi – ha annunciato Parolini – usciranno già entro la prossima primavera, avranno procedure di accesso facilitato e saranno caratterizzati da un mix di fondo perduto e finanziamento a tasso agevolato aperto a tutte le tipologie di Start up. Abbiamo previsto inoltre azioni di accompagnamento anche tramite voucher per l’acquisizione di servizi per l’innovazione tecnologica, strategica, organizzativa e commerciale, nonché per la promozione, la comunicazione, la gestione e l’amministrazione”.

“Le start up sono e saranno le imprese protagoniste capaci di modificare i modelli di business – ha affermato Del Gobbo -. In costante confronto con il sistema universitario, le imprese e i Fondi di investimento in capitale di rischio, stiamo sviluppando strumenti innovativi per coinvolgere il mercato dei capitali privati che investono in Start up ad alto tasso di innovazione e stiamo progettando alcuni strumenti a questo finalizzati”. “Abbiamo previsto – ha continuato Del Gobbo – l’attivazione di un Fondo dei Fondi per investimenti in venture capital, in collaborazione con il Fondo europeo degli investimenti (Fei), in grado di moltiplicare le risorse di private equity in start up. Regione Lombardia contribuirà con un apporto, nel 2016, di 10 milioni di euro, che produrrà un importante effetto moltiplicatore grazie alle risorse del Fei e di altri investitori pubblici e privati. L’obiettivo è di costituire un Fondo con una dotazione complessiva di circa 100 milioni di euro”. “Abbiamo inoltre previsto – ha aggiunto l’assessore – il sostegno al trasferimento della conoscenza dal mondo della ricerca a quello di start up, industrie e Istituzioni, in un’ottica integrata – che, dal mondo universitario, arrivi fino al supporto della prima fase di sviluppo di un business (fase seed) e degli spin off tramite Centri di trasferimento tecnologico, che verranno accreditati e fungeranno da veri e propri centri strategici a supporto e in affiancamento delle imprese, con la strutturazione di team altamente competenti e con remunerazione result based”.


Internazionalizzazione delle piccole imprese, Go In’ lancia l’alta formazione

internzz2345234.jpgBergamo Sviluppo, azienda speciale della Camera di commercio, ha aperto le iscrizioni per l’ammissione al corso di alta formazione Go.In’ Go International Be Innovative, “Imprenditorialità e innovazione per l’internazionalizzazione delle MPMI”. Il corso è rivolto a imprenditori, manager e lavoratori/occupati di micro, piccole e medie imprese bergamasche. Obiettivo del corso è fornire ai partecipanti strumenti efficaci per affrontare al meglio le decisioni strategiche e organizzative necessarie, per esempio, ad operare in ambito internazionale, rafforzando al contempo le competenze imprenditoriali e la capacità innovativa dell’impresa. Il corso si svolgerà a Dalmine (sedi di Bergamo Sviluppo al POINT-Polo per l’Innovazione Tecnologica e della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Bergamo), con lezioni in programma al venerdì pomeriggio e al sabato mattina nel periodo marzo–ottobre 2016 (120 ore in totale).

Questi alcuni dei temi delle lezioni previste: internazionalizzazione, imprenditorialità e cambiamento; comunicazione interculturale in ambito imprenditoriale; strategie imprenditoriali e globalizzazione; comunicazione interculturale e linguaggi; mercati internazionali e strategie d’ingresso; disruptive innovation; obiettivi economici e non economici; marketing strategico; marketing imprenditoriale; il business model canvas e il business plan; strategie di export; marketing operativo. La metodologia didattica del percorso Go.In’ prevede l’alternanza tra momenti di docenza frontale, seminari tematici, testimonianze imprenditoriali e lavori interattivi di gruppo, per stimolare nei partecipanti un atteggiamento aperto all’innovazione e la disponibilità a mettersi in gioco.

Le imprese interessate devono presentare domanda di ammissione entro sabato 13 febbraio. La domanda è disponibile sul sito di Bergamo Sviluppo www.bergamosviluppo.it. Va compilata, firmata e rinviata ad adobati@bg.camcom.it e campana@bg.camcom.it. Le imprese verranno selezionate e ammesse a seguito di colloquio conoscitivo. È previsto il versamento di una quota di partecipazione di 300 euro (+ Iva al 22%). Per i requisiti di ammissione e per le modalità di selezione consultare  www.bergamosviluppo.it. Il corso, cofinanziato dalla Camera di commercio, è realizzato in partenariato con il sistema associativo territoriale e con il supporto tecnico dell’Università degli Studi di Bergamo,in particolare dei centri di ateneo CYFE Center for Young and Family Enterprise ed SdM School of Management.


Banche, l’onda ribassista e le possibili sorprese in assemblea

a-ubi.jpgIn sei mesi Ubi ha praticamente dimezzato il suo valore in Borsa e da inizio anno la quotazione è scesa di circa un terzo, tornando ai livelli (3,808 euro) dell’aumento di capitale di cinque anni fa e a un valore che è quasi la metà del valore del diritto di recesso stabilito in occasione della trasformazione in Spa. Non è nemmeno la performance peggiore di un settore bancario in generale caduta, all’interno di una Borsa comunque in calo anche per fattori internazionali, dalla discesa del prezzo del petrolio al rallentamento economico non solo in Cina. Non ci sono motivi concreti che indichino un peggioramento della salute delle banche tale da portare a un crollo così repentino. La Borsa però vive anche, e a volte soprattutto, di aspettative e di sensazioni che portano a rialzi immotivati come a ribassi irrazionali. Questo non vuol dire che sia in atto un complotto contro le banche italiane o contro l’Italia in generale. Preoccupazioni reali di fondo esistono e caso mai si tratta di riuscire a capire quanto siano state amplificate.

Il motivo principale è quello delle sofferenze bancarie, le perdite legate ai prestiti che non vengono restituiti, oltre 200 miliardi di euro nell’intero sistema bancario, mediamente già svalutate in bilancio per il 60%, ma con 80 miliardi di euro ancora da gestire. Si è aggiunto il timore che dopo i quattro istituti commissariati (Etruria, Marche, Carife e Carichieti) che con il loro salvataggio a novembre hanno scatenato i dubbi sul settore, altri si possano aggiungere, portando a cascata ulteriori costi alle altre banche. E più recentemente è esplosa anche l’insofferenza del mercato sulla incertezza delle aggregazioni, una questione che interessa in particolare le Popolari e quindi Ubi, per il suo ruolo riconosciuto di potenziale aggregatore. Non si vedono infatti all’orizzonte fusioni dalle prospettive chiare e lineari che diano certezza di successo. Tutte sono operazioni problematiche con diversa gradualità e per vari motivi, tanto che l’impressione è che alla fine piuttosto che procedere a un cattivo matrimonio, almeno per chi non è obbligato dai conti, sia meglio restare single. Il mercato vede con preoccupazione, ad esempio, che la solidità patrimoniale di alcuni istituti, e tra questi c’è Ubi a tutto diritto, possa diluirsi o addirittura scomparire dall’unione con istituti più deboli. Ma resta anche perplesso sulla possibilità che possa derivare un istituto più solido dall’unione di due debolezze ed è altrettanto preoccupato che non si trovi soluzione per le banche dall’equilibrio fragile. Il consolidamento degli istituti è infatti visto come una necessità e i ritardi nella sua realizzazione li paga l’intero sistema bancario, che ha già sborsato più di 3 miliardi per tenere in piedi i quattro istituti

La tempesta borsistica, inoltre, si è scatenata nel periodo di limbo che precede la comunicazione dei dati societari, attesi nei prossimi giorni, che dovrebbero dare un aggiornamento, e auspicabilmente tranquillizzare, sulla solidità degli istituti, riguardo a struttura patrimoniale, salute dei prestiti, loro copertura, accantonamenti e, non ultimo, redditività e prospettive di dividendo, elementi che in Borsa hanno sempre la loro importanza.  L’incertezza accentua tutte le tendenze e anche la scarsa trasparenza sull’effettivo andamento dei famosi “colloqui di tutti con tutti” contribuisce a rendere poco chiara la situazione, alimentando la volatilità. Per le Popolari c’è poi l’ulteriore incertezza legata alla riforma, che dal punto di vista temporale, si sta rivelando improvvida. La trasformazione in Spa non ha al momento portato ad alcuna aggregazione come era negli auspici dei promotori della normativa, ma ha anzi aperto altri fronti di instabilità, con la possibilità di cambiamenti delle maggioranze e quindi della gestione.

Tutte queste tensioni si scaricano sulle quotazioni di Borsa, con prospettive tra l’altro di grande complessità per quegli istituti, Veneto Banca e Popolare di Vicenza, che in Piazza Affari stanno per sbarcare, non per obbligo della riforma, ma come logica conseguenza. E non è totalmente vero che una banca sia totalmente indifferente dalle quotazioni di Borsa. Facendo il caso eclatante del Monte dei Paschi, che proprio nei giorni scorsi ha presentato il suo primo bilancio in utile dopo cinque anni, quello che conta per la sua solidità è la patrimonializzazione netta concreta di quasi 10 miliardi, non che il mercato gli riconosca un valore, in termini di capitalizzazione di Borsa, di appena uno e mezzo. La bassa capitalizzazione non incide sulla gestione ordinaria, ma può avere però implicazioni importanti in operazioni straordinarie, dall’equilibrio tra le parti nelle aggregazioni di cui tanto si parla, al successo di eventuali aumenti di capitale che potrebbero essere necessari per la questione delle sofferenze, fino allo stesso assetto interno, perché con un investimento non astronomico neanche per la finanza nazionale, dove molti imprenditori si trovano con grande liquidità dopo avere ceduto le loro azienda, si possono creare pacchetti in grado di determinare il controllo di un istituto. Tanto per fare dei numeri, il 5% di Ubi adesso lo si compra con 170 milioni, il 5% del Banco o della Popolare di Milano con 150,il 5% della Bper per 110: il 5% di Montepaschi per 80 milioni (quando un anno fa ce ne volevano 400). Il 5% di Carige poco più di 20. Non si può escludere che ci sia chi è interessato al ribassismo per poter comprare domani a un prezzo inferiore a quello di ieri e magari presentarsi con posizioni forti al cambio dei vertici in assemblee demoralizzate per il calo delle quotazioni.


Restyle, il folklore siculo sbarca in via Borfuro

C’è un’altra Santa Lucia nel cuore di Bergamo. Non si trova nella chiesa di via XX Settembre, ma molto più prosaicamente in un negozio di via Borfuro. Al civico numero 5, infatti, da qualche mese ha aperto Restyle, uno spazio che potrebbe essere sottotitolato “Un pezzo della (bella) Sicilia nel Nord cittadino”. Santa Lucia, qui, si trova dipinta su una coffa. Per chi non lo sapesse, la cesta intrecciata che un tempo veniva utilizzata per dare da mangiare agli asini e ai cavalli, fatta di palma nana, con lo scorrere del tempo (modaiolo) è diventata una borsa. Intrecciata e ornata di specchietti e stoffe è uno di quegli accessori che non passa inosservato: “Vede, è tutta realizzata a mano, con materiale di primissima qualità, che non scurirà con il tempo”, la magnifica Lucia La Macchia, che con Stefano Ghilardi condivide un’avventura imprenditoriale, che per Bergamo e il suo pubblico, rappresenta qualcosa di singolare.

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Farci una visita, in uno spazio che prima ospitava un outlet di abbigliamento, significa trovarsi catapultati di colpo in una realtà territoriale e folkloristica sicula che riecheggia nelle sfilate di moda, e da cui Dolce & Gabbana hanno attinto a piene mani nella loro creatività. Certo, non sono accessori con cui andare in ufficio o fare la spesa al supermercato, ma capaci di fare la differenza su chi li indossa. Orecchini, e soprattutto collane, mixano sapientemente elementi di ceramica, che sono piccole sculture, con pietre di vario tipo. I colori e l’imponenza intrinseca dei soggetti raffigurati – dall’Orlando Furioso in poi – fanno il resto; insomma basta un tubino nero e una collana di Restyle per fare la differenza. Se poi siete in vena di esagerare, non avrete che l’imbarazzo della scelta, dal momento che Restyle propone oltre alla già decantata coffa, le scarpe (dipinte sui tacchi e sulle zeppe) e perfino le coppole originali.

Restyle Borsa

Alla base di questo incredibile negozio, la passione di Lucia che, siciliana doc, ha deciso di tentare questa avventura commerciale con il giusto spirito: “Ci ho creduto, i bergamaschi sono curiosi…gli affari? Beh quelli…”. Certo, i prezzi non sono per tutte le tasche: le collane hanno un costo medio di 300 euro, per un paio di sandali dipinti occorre sborsarne 600 e per portarsi a spasso una coffa, tutta passamanerie e gingilli assortiti, ne servono 1.500. Come, se non più, di una Louis Vuitton, ma con uno spirito shoppingaro completamente diverso. Sempre in chiave siciliana e dedicate ai patiti dell’arredamento si possono acquistare le “teste di moro”, creazioni di ceramica che campeggiano sui balconi dei siciliani. Sono il retaggio manifatturiero della leggenda secondo cui una  fanciulla siciliana, ricambiando  l’amore di un giovane moro, saputo che  l’avrebbe lasciata per tornare nelle sue terre in Oriente, dove l’attendeva una moglie con un paio di marmocchi, attese le tenebre, gli tagliò la testa. Ne fece un vaso dove vi piantò del basilico e lo mise in bella mostra sul balcone. Anche in questo caso vale su tutto l’originalità oltre che il gusto dell’oggetto (dai 200 euro in su) che però pare incontri parecchio i gusti delle sciure orobiche..

Resyle 1Accanto a questo stratosferico Sicily Style, c’è molto più prosaicamente e verrebbe da dire abbordabilmente quello di Stefano che realizza e personalizza oggetti di arredamento; sedie, lampade, tavoli pannelli, insomma tutti quei complementi d’arredo che, anche in questo caso, fanno la differenza. La gigantografia di Frida Khalo che campeggia su un’intera parete del negozio, con la scritta “live with passion”, è la testimonianza di come un ambiente possa completamente cambiare aspetto con la riproduzione creativa di un’immagine. A questo ci pensa, appunto, Stefano, l’altra metà di Restyle, titolare della “Stefano Ghilardi comunicazione” che realizza una serie di magliette serigrafate in edizione limitata. Si trovano in bella mostra su uno stendino: prezzi concorrenziali e serigrafie carinissime.


Sistemi museali e piani antismog, Bergamo incontra i sindaci della Lombardia orientale

sindaci Bergamo lombardia orientaleQuarta giornata di incontro e di lavoro per i sindaci della Lombardia orientale: Mattia Palazzi (Mantova), Gianluca Galimberti (Cremona), Emilio Del Bono (Brescia) e Giorgio Gori (Bergamo) si sono incontrati ieri a Mantova per proseguire la collaborazione e delineare un programma di iniziative che vedrà le quattro città unite nel perseguire obiettivi strategici comuni. Un impegno che si fonda su aspetti diversi: oltre a un aspetto politico, che si traduce in un peso maggiore dell’area della Lombardia orientale nell’interlocuzione sia nei confronti della Regione che del Governo, vi è un aspetto decisamente più concreto, con l’avvio di gruppi di lavoro su diverse tematiche. Dopo l’incontro di Bergamo sulla sicurezza, a cui hanno partecipato i rispettivi assessori e comandanti della polizia locale, le quattro città hanno annunciato un confronto sui temi dell’innovazione nella pubblica amministrazione (in calendario domani a Cremona e al quale parteciperanno segretari e direttori generali), sulla progettazione europea (a Brescia) e infine sulle questioni ambientali, con una particolare attenzione a misure antismog condivise (incontro previsto per il 15 febbraio a Mantova), di fondamentale importanza soprattutto considerando la mancanza di una presa di posizione forte da parte della Regione Lombardia.

Durante l’incontro di ieri i Sindaci hanno deciso di aprire nuovi filoni di confronto e di lavoro comune: oltre a iniziative comuni sul tema delle smart cities, Bergamo, Brescia, Cremona e Mantova lavoreranno anche per scambiarsi buone pratiche per innovare i sistemi di fruizione del patrimonio artistico e museale e, infine, per costituire una vera integrazione tra i rispettivi musei (una prima iniziativa è avvenuta, in questo senso, con il biglietto unico in occasione delle mostre di Malevic a Bergamo e Chagall a Brescia). Prosegue inoltre il lavoro e l’impegno in vista dell’importante appuntamento del 2017 con la Regione Gastronomica Europea, che vede protagoniste le quattro città della Lombardia Orientale e i loro territori. Il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, ha sottolineato come la crescita del territorio debba passare attraverso la necessaria costituzione di una rete tra capoluoghi: “La nascita dell’area metropolitana di Milano ci costringe e ci stimola ad acquistare peso politico collettivo, non per contrastarla, ma per interagire anche in forma cooperativa con un’area metropolitana che conta più di tre milioni di abitanti. Avere obiettivi condivisi può agevolare i nostri territori non solo sul tavolo regionale e su quello nazionale, ma anche in un’ottica europea, per superare i limiti di progetti troppo piccoli e poco interconnessi”.

Proprio sul tema delle Aree Vaste e Zone omogenee (argomento di importanza strategica soprattutto per territorio come Bergamo e Brescia che contano, insieme, oltre 500 comuni) i sindaci hanno avviato un confronto per individuare una posizione comune. Gli incontri tra i rappresentanti delle quattro città proseguiranno con incontri a cadenza regolare (i primi di marzo si torna a Brescia) che offriranno anche l’opportunità di scambi di visite culturali, per conoscere meglio il patrimonio dei rispettivi territori e poterlo valorizzare in termini di promozione in vista dell’appuntamento comune di European Region of Gastronomy 2017.

 

 

 


La cabinovia Orio-Bergamo? Un’idea semplicemente ridicola

cabinovia OrioEra ora. Finalmente Giuseppe Anghileri, dopo quasi trent’anni, può cedere il testimone del titolo di autore della proposta più balzana per la città. Il già consigliere comunale democristiano (e poi indipendente) soprannominato “sindaco di Borgo Santa Caterina” era convinto che uno dei modi migliori per superare il problema del traffico in ingresso-uscita da Bergamo fosse la realizzazione di un mega tunnel sotto Città Alta. Un traforo del Monte Bianco in sedicesimo, insomma, in barba alla delicatezza del borgo soprastante. La proposta era talmente ardita, per tacer dei costi, che, giustamente, fu lasciata in bacheca. Qualche anno dopo ci pensò l’allora sindaco Cesare Veneziani a lanciarsi in qualcosa di meno fantasioso ma non meno discutibile: il minimetrò dalla stazione ferroviaria alla funicolare. Ci volle poco a capire che per poche centinaia di metri investire decine di milioni di euro sarebbe stato un azzardo imperdonabile.
Ora, nell’anno domini 2016, riesumando e aggiornando un’idea lanciata dall’ex deputato di Forza Italia Gianantonio Arnoldi, ecco che due giovani virgulti azzurri, il consigliere comunale Stefano Benigni e il consigliere provinciale Jonathan Lobati, mettono sul tavolo nientepopodimenoche la cabinovia che dovrebbe collegare l’aeroporto con il centro di Bergamo. Con ampio spiegamento di mezzi, fra rendering, foto e video, l’ardimentosa coppia ha spiegato al colto e all’inclita le straordinarie mirabilie dell’impianto a fune. Non un semplice mezzo di trasporto, hanno tenuto a spiegare ai più superficiali, ma addirittura una attrazione turistica. A riprova, caso mai ce ne fosse bisogno, che a volte il confine tra il dramma e la farsa è davvero sottile.

Perché se anziché giocare al Lego chi fa politica, o almeno presume di farlo, resta ancorato alla concretezza, e soprattutto al buon senso, non può che rendersi conto che quell’idea è semplicemente ridicola. Per più ragioni, alcune talmente elementari che possono essere comprese anche dai più faciloni. Anzitutto, c’è un problema di sicurezza visto che le cabine dovrebbero sorvolare i parcheggi dell’aeroporto, l’asse interurbano e le cliniche Gavazzeni. “Ma si può sempre mettere un ponte di protezione” ha obiettato Lobati. Che, da buon sindaco di Lenna, forse non ha del tutto chiara la distinzione tra un paesello di montagna e una città. Soprattutto, e qui veniamo al secondo aspetto, dal punto di vista dell’impatto ambientale. Bisogna avere gran poco rispetto della storia di Bergamo per immaginare di impiantare piloni e cabine con sullo sfondo le Mura venete e tutte le bellezze del territorio. Altro che, come sostiene la coppia Benigni&Lobati, “attrazione turistica”. La cabinovia sarebbe un pugno nello stomaco, una macchia nera al centro di un quadro di struggente bellezza. Ma come si fa a non capirlo? Possibile che oggi i canoni estetici siano mutuati dal modello Disneyland?

Ma i giovanotti di Forza Italia mostrano di non conoscere (la gavetta in politica non esiste più, si nasce già imparati) le dinamiche del trasporto. Dicono che la cabinovia rispetto al treno avrebbe il vantaggio di poter rappresentare un motivo in più per convincere chi sbarca a Bergamo a fare tappa in città. Ma benedetti figlioli, chi arriva allo scalo ha già deciso prima di partire cosa intende fare e dove vuole andare. Nessuno arriva in aeroporto e sol perché c’è una cabinovia butta all’aria i suoi programmi. I viaggi sono organizzati nel dettaglio. E non è il mezzo di trasporto che orienta la scelta. Semmai, proprio contrariamente a quel che sostengono Benigni&Lobati (con il sostegno alle loro spalle dell’assessore regionale ai Trasporti che, in barba all’incarico ricoperto, dice di ragionare “da bergamasco”…), l’utilizzo del treno, o di un tram, consente al viaggiatore di muoversi in tempi ristretti anche su distanze medio-lunghe, senza faticosi e dispendiosi interscambi, ottimizzando la visita. E magari guadagnando anche il tempo per un fuori programma, altrimenti impossibile.

Stupisce che due politici così giovani ragionino ancora con logiche da piccolo borgo antico, che non colgano come Bergamo debba smetterla di considerarsi un brutto anatroccolo abbandonato a se stesso per inserirsi invece a pieno titolo in un sistema (culturale, economico e quindi anche strutturale) più ampio. Quantomeno, se non oltre, di scala regionale. L’aeroporto è di questo livello. E come succede in tutta Europa, ha bisogno di essere servito da una infrastruttura moderna: quasi sempre una metropolitana, talvolta dal treno. Chi pensa di collegare Orio al resto del mondo con una cabinovia forse è bene che si prenda un periodo di vacanza per un viaggio di studio. Non sarebbe tempo sprecato.


La Fimaa:” No alle banche agenti immobiliari”

Condominio-Settore-immobiliare-Appartamenti-ImcLa Federazione Italiana degli Agenti Immobiliari Professionali e Fimaa (Federazione Italiana Mediatori Agenti d’Affari) aderente a Confcommercio Imprese per l’Italia denunciano il rischio di oligopolio per gli istituti di credito che hanno fatto ingresso nell’immobiliare per condizionare il mercato. In un incontro svoltosi ieri a Roma, il presidente nazionale Fiaip Paolo Righi e quello di Fimaa, Santino Taverna hanno ribadito il loro netto no all’ingresso di alcuni istituti di credito nel settore immobiliare. “Riteniamo – sottolineano in una dichiarazione congiunta – come sia necessario evitare l’insorgere di nuovi conflitti di interessi e concentrazioni da parte delle banche nell’ immobiliare. Appoggiamo gli emendamenti presentati in questi giorni dai parlamentari della maggioranza Linda Lanzillotta (Pd), Camilla Fabbri (Pd) Giuseppe Marinello (Ap-Ncd), Aldo Di Biagio (Ap-Ncd) e dell’opposizione Andrea Mandelli e Paola Pelino (FI), che intendono impedire l’insorgere di forme di conflitto di interessi e concentrazione nel settore delle compravendite immobiliari da parte degli istituti di credito”.

“Entrambe le organizzazioni ritengono che l’approvazione del disegno di legge concorrenza fornisca oggi un’importante occasione per tutelare il consumatore e disciplinare questo nuovo settore di attività, dove gli istituti di credito stanno operando da alcuni mesi effettuando un’attività di concorrenza sleale e di scarsa tutela nei confronti della stessa clientela per l’attività di mediazione immobiliare. Secondo le due organizzazioni l’attività svolta da alcuni istituti di credito lede la libera concorrenza nel settore e rischia di danneggiare in primis i consumatori. Le due associazioni sottolineano come quest’iniziativa non si configura come un attacco al sistema bancario, fondamentale per la crescita economica del sistema Paese, ma solamente nei confronti di alcuni istituti di credito, che, invece di finanziare le piccole e medie imprese e i professionisti, pensano ormai di prendere il loro posto nel settore immobiliare”.


Progetti Territoriali, 130 aziende al lavoro per “superare i propri limiti”

progettiterrito.jpgLe aziende bergamasche si mettono in gioco e cercano di superare i propri limiti. Anche nel 2015 hanno fatto il pieno i Progetti Territoriali, finanziati dalla Camera di Commercio e realizzati, a partire dal 2006, dall’azienda speciale Bergamo Sviluppo in collaborazione con le associazioni di categoria, che mettono a disposizione formazione e consulenza personalizzate andando ad incontrare le imprese nelle aree stesse in cui lavorano.

L’edizione appena conclusa ha coinvolto la pianura, le Valli Seriana, Brembana e Imagna e per il primo anno i laghi bergamaschi. Attraverso sette focus territoriali di presentazione sono state raccolte 138 domande di adesione e selezionate 130 aziende, che hanno potuto usufruire di un check up e di consulenza specialistica per 3.125 ore complessive. Sono stati inoltre proposti 11 seminari tematici e 5 corsi di orientamento per aspiranti imprenditori per un totale di 73 ore di formazione e 262 partecipanti.

«In un contesto caratterizzato da instabilità, a livello di concorrenza, di mercati e di scenari economici, ma anche da scarse risorse disponibili, la via del sostegno attraverso progetti che erogano consulenze “su misura” può davvero aiutare le imprese, soprattutto quelle più piccole, a colmare eventuali gap di competenze e ad accelerare i processi di cambiamento», ha affermato il direttore di Bergamo Sviluppo Cristiano Arrigoni durante l’incontro per la consegna delle menzioni di merito alle aziende partecipanti.

Il 2015, intanto, è stato caratterizzato da una maggiore incidenza rispetto al passato dei settori commercio e servizi e da una riduzione del manifatturiero artigiano e industriale. Sempre molto presente e dinamico il settore delle lavorazioni meccaniche, mentre tra gli altri comparti si segnalano alimentare, chimica, grafica pubblicitaria, autotrasporti, gomma e logistica.

progetti territoriali Bergamo Sviluppo 2Conoscere meglio il cliente, organizzare e gestire le risorse umane, i processi e le attività, creare o rinnovare la propria immagine, ma anche fotografare con più esattezza il passato e il presente della propria azienda per decidere e programmare meglio sono i bisogni più frequenti manifestati dalle aziende. Le consulenze hanno riguardato in più larga misura il marketing, le vendite e la comunicazione (54%), seguiti dagli interventi di riorganizzazione dell’amministrazione, della finanza, del controllo di gestione (21%).«In alcune imprese – ha illustrato Sergio Panseri, esperto nell’ambito del progetto – cresce la consapevolezza del bisogno di intervenire sul clima e sull’organizzazione, importanti soprattutto per chi offre servizi, perché più impattanti su costi e qualità dell’offerta. Permangono poi le tensioni finanziarie, le difficoltà negli incassi e nei rapporti con il sistema bancario e la solidità di molte aziende che hanno fronteggiato la crisi si è ridotta». Tra le opportunità indicate, quella dell’innovazione, anche attraverso i brevetti, l’export, la certificazione e l’assistenza nel passaggio generazionale.

E dal 18 febbraio il percorso si rimette in moto, con gli incontri di presentazione nei diversi territori.

Ecco il calendario

  • giovedì 18 febbraio a Leffe
  • lunedì 22 febbraio a Romano di Lombardia
  • venerdì 26 febbraio Sant’Omobono Terme
  • lunedì 29 febbraio a Lovere
  • giovedì 3 marzo a Treviglio
  • lunedì 7 marzo a Zogno
  • mercoledì 9 marzo a Sarnico


Tari, l’Ascom al Comune di Bergamo: “Cambiamo metodo”

palazzo FrizzoniLa fiscalità locale continua a rappresentare un peso crescente per le imprese. Un carico di tributi divenuto oramai, troppo oneroso e ingiustificato se si considerano le iniquità che lo caratterizzano. Tra le varie tasse, quella relativa ai rifiuti, la Tari, è emblematica. Su questo tema Confcommercio Imprese per L’Italia ha presentato oggi un’analisi dettagliata provincia per provincia, dal quale è emerso che nonostante una significativa riduzione nella produzione dei rifiuti, in soli 5 anni il tributo ha subito un incremento percentuale del 55%. Un importo che, ad oggi, si attesta intorno ai 3 miliardi di euro. La tassazione crescente ha inciso su tutte le principali categorie economiche del terziario, con distorsioni eclatanti per alcune attività. Enormi, inoltre, sono i divari di costo tra territori. E numerosi i casi ove la spesa per la gestione dei rifiuti, a parità di livelli qualitativi di servizio, manifesta scostamenti significativi anche tra Comuni limitrofi, con picchi che sfiorano il 900 %. Ancora più anomali i divari di costo tra medesime categorie economiche, sempre a parità di condizioni. «La Tari riflette quasi pedissequamente la precedente formulazione della Tares e, quindi, della vecchia Tia – afferma Oscar Fusini, direttore di Ascom Bergamo -. Permangono quindi, ancora oggi, tutte le criticità e i limiti che i precedenti regimi di prelievo hanno mostrato e che più volte abbiamo denunciato. Anche la nuova Tari mira ad assicurare la piena copertura dei costi di gestione e di investimento del servizio. Manca, però, ancora una volta, la volontà di instaurare un legame diretto tra produzione di rifiuto e spesa, in aderenza al principio comunitario secondo cui “chi inquina paga”».

L’analisi condotta da Confcommercio evidenzia per il comune di Bergamo elementi da considerarsi “virtuosi” ed altri che invece costituiscono delle criticità. «Tra gli elementi virtuosi risulta che il livello della spesa per la gestione del servizio è inferiore dell’8% rispetto alla media nazionale  – spiega Fusini -.  Il costo totale specifico della spesa per Bergamo è di 0,27 euro al Kg, contro una media nazionale dello 0,42 euro al Kg; mentre il costo totale pro capite è di 151 euro, contro una media nazionale di 208 euro. La raccolta differenziata è del 60%, contro il 39% rispetto alla media nazionale». In linea generale, la spesa sostenuta dalle imprese del commercio è inferiore a quella registrata negli altri comuni presi in considerazione dalla ricerca. A Bergamo, per esempio, i distributori di carburanti, negozi, ristoranti, ortofrutta e bar pagano meno rispetto ai vicini Como, Monza e Brescia. Dall’analisi risultano anche alcune criticità, che si riferiscono alla strutturazione dell’imposta che impedisce l’applicazione di un sistema di agevolazioni per il contribuente. Inoltre, secondo Fusini «è importante abbandonare, la logica del “gettito storico”, introducendo quella dell’effettiva produzione di rifiuti, sulla base del “metodo misto”, che, secondo le simulazioni effettuate risulta preferibile in quanto consente di mitigare situazioni estreme rispetto al metodo cosiddetto residuale». Il problema della tariffa rifiuti non è però legata al piano economico del Comune, ma all’impianto normativo nazionale che si riferisce alle categorie stabilite dal DPR 158/99 che, in assenza di un metodo di pesatura, non rispecchia l’effettiva produzione di rifiuti.

«Manca quindi un legame diretto tra produzione di rifiuti e spesa – spiega Fusini -. Vediamo categorie come i fioristi chiamati a pagare cifre molto alte rispetto ai pochi scarti organici di fiori recisi prodotti; o autosalonisti, concessionari d’auto e mobilieri che pagano per l’ampia metratura senza produrre alcun rifiuto; oppure alberghi in cui la limitata quantità di carta e piccola immondizia lasciata dal cliente corrisponde ad una tariffa spropositata. Al contrario piccole gelaterie e pizzerie al taglio, poste in aree centralissime, producono quantità enormi di rifiuti a cui corrisponde una Tari di basso importo». Da qui nasce una proposta avanzata all’Amministrazione comunale: promuovere la realizzazione di campagne di pesatura periodica dei rifiuti prodotti da ciascuna categoria di utenza per superare le logiche presuntive, adottando una tariffa puntuale, commisurata alla effettiva quantità di rifiuto conferito, e articolata in base alla qualità dello stesso. «Abbiamo comunicato all’Amministrazione comunale i risultati della ricerca chiedendo un confronto in vista della discussione per il regolamento relativo al bilancio preventivo» conclude Fusini