Cibo e turismo slow, in Fiera arrivano anche delegazioni dall’Expo

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La presentazione dei due eventi. Da sinistra: Alessandro Pagnoni, responsabile per Promoberg di Alta Quota; il segretario generale Luigi Trigona; Mons. Giulio Dellavite, segretario generale della Curia di Bergamo; Stefania Pendezza, responsabile per Promoberg di Agri Travel & Slow Travel Expo; Giancarlo Brivio, presidente provinciale della Coldiretti e Pietro Segalini, presidente Unpli Lombardia (Unione Nazionale Pro Loco d’Italia) 

Sia la montagna che il viaggio contengono una chiave di lettura del senso della vita. Non è un caso, quindi, che anche quest’anno la Fiera di Bergamo abbia deciso di ospitare in contemporanea due eventi internazionali che hanno un unico comune denominatore: il turismo.

“Alta Quota” e “Agri Travel & Slow travel expo” andranno infatti in scena insieme dal 9 all’11 ottobre, offrendo un itinerario variegato che va dall’universo delle risorse montane e sciistiche ai percorsi sostenibili in mezzo alla natura e alle tradizioni. «Se la nostra esistenza si svolge all’insegna della ricerca della felicità, forse poche cose meglio delle montagne e dei viaggi riescono a svelarci le dinamiche di questa impresa – ha detto il segretario generale dell’Ente Fiera Promoberg Luigi Trigona presentando gli appuntamenti–. Sia l’arte del viaggiare che dell’affrontare una scalata o una gita impegnativa pongono una serie di interrogativi nient’affatto semplici o banali. Alta Quota e Agri Travel insieme hanno un’alta valenza e consegnano ai loro visitatori le molteplici opportunità della risorsa montana e dell’apprezzamento del nostro territorio. Importante è la sinergia creata tra le istituzioni e gli operatori dell’industria turistica che, insieme, possono concentrare piani di sviluppo a sostegno dell’imprenditoria di questo comparto».

agri travel & slow travelAgricoltura, cultura, turismo, sostenibilità saranno le parole chiave di questa seconda edizione di Agri Travel che ben si concilia con le tematiche dell’Expo. Puntando sul concetto di turismo lento e spirituale, in contrapposizione con la frenesia del viaggiatore contemporaneo, l’evento focalizzerà l’attenzione sul mondo rurale, sulle tradizioni e sul cibo come bussola delle culture. «Il viaggio ideale – prosegue Trigona – è stato costituito quest’anno da Expo e dal suo clamoroso successo di cui Agri Travel ospiterà una significativa rappresentanza. Nei padiglioni della Fiera giungeranno infatti diverse delegazioni provenienti da Expo 2015, ovvero Cina, Colombia, Kazakistan, Israele, Marocco e Zimbabwe, per un confronto internazionale tra le diverse realtà. Il tutto in un’ottica di turismo slow che leghi virtuosamente il cibo ai luoghi di produzioni, per raccontare e mettere in dialogo tra loro arte, cultura, scienza, salute, paesaggio, storia e tradizioni».

Agri Travel & Slow travel expo verrà affiancata ad Alta quota, la fiera della montagna giunta ormai alla sua 12esima edizione. L’area esterna si confermerà regno indiscusso per chi ama escursionismo, arrampicata, trekking, alpinismo, nordic-walking e mountain bike, con circa 45 appuntamenti tra eventi, gare e incontri.

Tra le novità dell’edizione 2015 ci sarà la snowbike, la nuova disciplina austriaca per vivere la neve in modo divertente, aggregativo e sicuro. Saranno inoltre presenti 127 imprese tra grandi distributori, negozi specializzati,  operatori del settore e hotel benessere che forniranno informazioni utili sul pianeta della montagna. Per i più golosi ci sarà il villaggio della polenta taragna per degustare prodotti tipici del territorio lombardo accompagnati da birre artigianali e vini locali. Il 2015 è anche l’anno della conquista del Cervino. Per l’occasione verranno proiettati due filmati d’eccezione: “La grande conquista” di Luis Trenker e “Bonatti sulla Nord del Cervino” per celebrare l’alpinista bergamasco nella prima sua ascesa.

Per ulteriori informazioni sul programma dei due eventi: www.bergamofiera.it

Orari: venerdì 9 ottobre dalle 15  alle 20; sabato 10 e domenica 11 ottobre dalle 10  alle 20. Ingresso gratuito.


I ristoratori portano in tavola l’arte di Malevič

Kazimir Malevič stimola la creatività dei ristoratori bergamaschi. Sono infatti otto i locali – cinque in città e tre in provincia – che da oggi fino a gennaio propongono nei loro menù piatti  ispirati alla tradizione russa, in omaggio alla retrospettiva sul grande artista che la GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo ospita fino al 17 gennaio.

Le proposte comprendono piatti della tradizione russa rivisitati, menù ispirati alle opere dell’artista e impiattamenti originali.

L’iniziativa rientra nel progetto Tutti Pazzi Per Malevič, promosso dai Servizi Educativi della GAMeC con l’obiettivo di costruire una rete di collaborazioni tra istituzioni, associazioni, enti della Città e della provincia di Bergamo, a cui partecipano Ascom e Confesercenti.

La retrospettiva dedicata al pittore russo è curata da Evgenija Petrova, vice direttore del Museo Russo di Stato di San Pietroburgo, e da Giacinto Di Pietrantonio, direttore della GAMeC. È coprodotta dalla GAMeC e da GAmm – Giunti Arte mostre musei, in collaborazione con il Museo Russo di Stato di San Pietroburgo.

Il percorso espositivo copre 30 anni della produzione artistica di Malevič, dalle prime opere simboliste ai capolavori del periodo suprematista; dalla produzione legata al design e all’architettura ai bozzetti per costumi teatrali, fino ai lavori realizzati negli ultimi anni di vita. A queste si aggiungono lavori di importanti artisti russi di inizio Novecento, documenti e filmati relativi al periodo storico di riferimento.

Questi i ristoranti aderenti

In città
  • Enoteca Zanini Osteria – via Borgo Santa Caterina, 90/A
  • Gennaro e Pia – via Borgo Palazzo, 419
  • I sapori… di terra e mare – via Pitentino, 16
  • Da Mimmo – via Colleoni, 14
  • Mimì, la casa dei sapori – via Colleoni, 26
E in provincia
  • La corte del Noce – via Biffi, 8 – Villa d’Adda
  • Sorriso – via Enea Talpino, 79 – Selvino
  • Da Nano – via Pietro Cagnoni, 45 – Foresto Sparso

Per informazioni sulla mostra e sulle proposte dei ristoratori: www.mostramalevic.it


Galizzi: “Il Modello Bergamo va rivisitato e potenziato”

ercole_galizzi.jpg“I segnali positivi a Bergamo prevalgono. Tuttavia, la più lunga crisi degli ultimi 70 anni non è ancora definitivamente alle spalle. Per questo Confindustria Bergamo si concentrerà sempre di più sull’utilità che riesce a trasferire alle industrie associate e, di conseguenza, al sistema produttivo locale attraverso gli incrementi della produttività totale dei fattori aziendali e del miglioramento della competitività del territorio”. A sottolinearlo è stato Ercole Galizzi, presidente di Confindustria Bergamo, nel corso dell’assemblea generale che si è tenuta nell’aula magna dell’Università di Bergamo, in Sant’Agostino. “Lo sforzo – ha aggiunto Galizzi – andrà in questa direzione e chiediamo a tutti i protagonisti del Sistema Bergamo di procedere con noi: alle banche e ai servizi; all’Università e alla scuola; alla pubblica amministrazione e ai sindaci; agli ordini professionali e alle altre associazioni datoriali; e, soprattutto, ai sindacati”.

Fare industria nei Paesi sviluppati oggi non significa altro che stare sulla frontiera tecnologica, innovare. In questo processo prevalgono sugli altri due fenomeni strettamente legati fra di loro: il primo la rivoluzione digitale e il secondo una vera rivoluzione delle macchine. “La nostra Associazione – ha continuato Galizzi – si sta preparando per sostenere al meglio le imprese in questa trasformazione epocale. Questa è la ragione prima della riforma organizzativa del Sistema Confindustria. In queste settimane è stato approvato il nuovo Statuto di Confindustria Bergamo che semplifica e rende più autorevole la rappresentanza e ci consentirà una maggiore e più tempestiva efficacia nelle decisioni e nella loro attuazione, concentrandoci su alcuni obiettivi strategici su cui investire tempo, capacità e risorse”.

Galizzi nella sua relazione ha ricordato i vari ambiti che vedono impegnata Confindustria sul territorio, e i relativi risultati conseguiti, e ha ribadito l’importanza dell’Università di Bergamo “il cui ruolo per il nostro territorio è essenziale”. “Siete un partner privilegiato e obbligato – ha detto il presidente rivolgendosi al nuovo rettore Remo Morzenti Pellegrini – . I vostri successi nella formazione e nel campo della ricerca, la vostra apertura internazionale e il network di Università con cui collaborate, il Laboratorio Luberg, sono una grande prospettiva per le imprese bergamasche e una necessità per Confindustria Bergamo per raggiungere la nostra missione di finalizzare tutte le attività di servizio e di consulenza al target delle innovazioni. Insieme a voi puntiamo all’eccellenza”.

“Il marketing territoriale e il rilancio dell’imprenditorialità – ha poi sottolineato il presidente di Confindustria Bergamo – sono due temi strategici per il dopo crisi che desideriamo consegnare, insieme ad altri, al Modello Bergamo, un’iniziativa in cui Confindustria Bergamo crede, ma i bergamaschi assai meno. Soprattutto gli si rimprovera poca efficacia. Certamente non abbiamo saputo comunicare bene i risultati; certamente le azioni per lo sviluppo hanno ricadute a medio termine e se ne dimenticano i padri. Però non può essere negato da nessuno che l’obiettivo della coesione sociale sia stato raggiunto in anni così difficili e pieni di tensione per tutti. È tutt’altro che poca cosa. Confindustria Bergamo è consapevole che il Modello Bergamo vada rivisitato per potenziarlo. Nelle prossime settimane si discuterà dell’allargamento dei soggetti coinvolti che implica una formalizzazione della sua governance con una ristretta “cabina di regia” che si interfaccia con i gruppi di lavoro cui saranno affidati i progetti territoriali. In questa fase in cui le riforme istituzionali hanno svuotato alcuni poteri e redistribuito, non sempre appropriatamente, le funzioni, il Modello Bergamo, senza diventare un soggetto politico, deve rafforzare la sua capacità di proposta e la sua operatività”.

 


Al via il premio di laurea “Giuseppe Colleoni”

Riparte il premio “Giuseppe Colleoni” dedicato all’ex presidente di Ance Bergamo. Giunto alla sua quinta edizione, premierà anche quest’anno il laureato che avrà trattato in modo innovativo ed originale il tema della “Sicurezza sul lavoro” nell’ambito della sua tesi. Per partecipare al bando, che mette in palio 1.500 euro per il vincitore, c’è tempo fino al 23 ottobre prossimo. Nato dalla collaborazione tra la famiglia Colleoni e Ance Bergamo, il premio è entrato a far parte degli appuntamenti annuali patrimonio dell’Associazione: la cerimonia di consegna avviene infatti nella cornice delle premiazioni delle Borse di Studio che si tiene ogni anno presso la Scuola Edile a novembre. “Per chi non ha conosciuto Giuseppe Colleoni è giusto ricordare che egli è stato un esempio di correttezza e integrità morale, oltre che un apprezzato imprenditore – ha dichiarato Ottorino Bettineschi, presidente di Ance Bergamo. L’affetto che ci lega a lui in quanto collega e amico si rinnova di anno in anno con questa iniziativa che siamo sicuri lui avrebbe apprezzato in quanto estimatore delle nuove generazioni: tra i tanti impegni di cui siamo testimoni, Colleoni va altresì ricordato che ha avuto un ruolo decisivo nella fondazione del Gruppo Giovani Imprenditori. Ringraziamo pertanto la sua famiglia per aver promosso e ideato questo premio che ci stimola a mantenere costante il rapporto con le Università e con i professionisti di domani”. Al premio possono partecipare tutti i laureati che abbiano conseguito la laurea o terminato un Master nel periodo 1° agosto 2014 – 31 luglio 2015 in qualsiasi disciplina presso l’Università di Bergamo o presso altri atenei, in questo caso purché nati o residenti in Provincia di Bergamo.


Cari imbrattatori di fontane, la guerra è finita da 70 anni

Fontana LocatelliQuanto vale un eroe: quanto vale un vigliacco? Difficile dire: si tratta di due concetti plastici, per nulla identificabili con uno stato esistenziale, quanto, piuttosto, con uno stato dell’animo, che, come è noto, è ondivago nei sensi e nei sentimenti. Insomma, per farla corta, eroi o vigliacchi non si nasce e, forse, neppure si diventa: dipende dalle circostanze, dall’epoca in cui vivi, dall’educazione che ti impartiscono, dalle prove cui vieni sottoposto, dall’età, dal momento, da come ti sei alzato al mattino. Questo, in genere. Esistono, poi, persone o, meglio, personaggi, dotati di una maggior vocazione, eroica o vigliacca, degli altri: sono, in un certo senso, dei predestinati, per indole e per genetica. Antonio Locatelli era uno che, ad un certo punto della sua esistenza, dopo una vita tutto sommato comune, fatta di studio, di lavoro e di camminate in montagna, si è messo a fare l’eroe, e l’ha fatto per tutta la vita: fino a morirne, di eroismo. Cosa lo mosse non so dire: partito da via Paglia, che allora non si chiamava ancora così, approdò alla ricognizione aerea, e divenne il più bravo di tutti. Fece il podestà di Bergamo, ma lo silurarono, perché, già allora, se pestavi qualche callo importante, duravi pochino su quella cadrega.

Trasvolò le Ande, fece il deputato. Poi, venne la guerra d’Abissinia e il nostro, ormai in età da mettere la testa a posto, andò volontario: bombardò gli Abissini, cercando di accopparne il più possibile, come fa un qualunque soldato in qualunque guerra e, negli ultimi scampoli di una ribellione fuori tempo massimo, atterrò in territorio ostile e ci lasciò le penne. Detto così, sembrerebbe l’apoteosi dell’andarsela a cercare. Ma cosa ne sappiamo di come funziona un eroe? Cosa possiamo dire di uno che, dopo aver perso il carissimo fratello sulle groppe del Presena ed aver svolazzato per mezzo mondo, aveva ancora voglia di mettersi in gioco, a quarant’anni suonati, ed è andato a farsi ammazzare in Africa orientale? Magari, da bravi borghesi, potremmo anche fare spallucce e chiuderla lì: ma il Locatelli è anche il militare italiano più decorato d’oro che ci sia. Tre medaglie d’oro: Luigi Rizzo, l’affondatore della Vienna e della Santo Stefano, se n’ebbe due, si fa per dire, soltanto. E, allora, hai poco da fare spallucce, caro borghese: giù il cappello e alè!

Oggi, c’è il suo busto nella torre dei caduti, c’è una strada intitolata al suo nome, c’è una fontana che sembra un po’ un cifone di marmo, ci sono parchi, lapidi: c’è perfino il suo aeroplano, restaurato così e così, e conservato ad Almenno, mercè la sensibilità del museo del falegname “Tino Sana” (si vede che a Bergamo di gente sensibile ce n’era troppo poca!). Locatelli, da un po’ di tempo in qua, ossia da quando il solito organetto di Barberìa dell’antifascismo e della Resistenza si è un tantino sfiatato, un po’ per l’oggettiva senescenza dei suoi suonatori, un po’ per l’altrettanto oggettiva indigestione collettiva, che ha reso un filo inappetente il pubblico, è diventato il nuovo oggetto di culto delle vestali antifasciste. Va detto che queste vestali sono sempre alla cerca di qualche vulnere alla democrazia e che, come cani da trifola, si gettano con rara bramosia su qualunque soggetto possa prestarsi alle loro geremiadi o alla loro indignazione. In fondo vanno capite: leva loro l’indignazione e cosa ti resta? Qualche camicia dal colletto un po’ al limite, dei pantaloni di velluto a coste, due o tre libri che nessuno mai leggerà e un’autentica miniera di materiale d’archivio, composta, perloppiù, da indignazioni precedenti. Roba buona da conservare ad una posterità che, con perfetta nonchalance, al momento opportuno, adibirà alla ruera tutto il malloppo indignativo, unitamente alle camicie lise e a tutti i maledetti velluti. Eppure, nonostante l’incombere del bargnìf ed il mutar dei tempi, questi malmostosi professionali trovano sempre qualche battaglia da combattere, qualche trincea da difendere: in senso figurato, ovvìa, giacchè sono tutti rigorosamente antimilitaristi, obiettori o riformati alla leva. E si sono inventati l’antilocatellismo, nella parata di antiquesto ed antiquello su cui hanno costruito le proprie fortune: Locatelli era un fascista, la sua memoria è indegna di un paese civile! Eggià che era fascista: come lo erano quasi tutti gli Italiani di allora. Come lo era Eugenio Scalfari, che si pavoneggiava in divisa della GUF, come lo era Dario Fo, volontario della Rsi, come lo erano Bobbio, Bocca, il recentemente defunto Ingrao e via discorrendo. E così, care le mie vestali?

L’Italia era fascista, durante il fascismo: fatevene una ragione. Così come è diventata antifascista subito dopo. Volete sradicare le memorie del fascismo? Benissimo: faremo a meno delle Poste, del Lussana, della Borsa: cosa volete che sia? E andiamo, care le mie vestali: fatela finita! Pensate al futuro, anziché crogiolarvi in una guerra che è terminata da settant’anni: voi e i ragazzini che ascoltano le vostre bambocciate come fossero vangelo, e poi imbrattano fontane e monumenti. Tra non molto, sarete di fronte al Padreterno: e lì non sarà questione di fascismo o antifascismo, ma di umanità ed inumanità. Pensateci.


eBay e Confcommercio, patto per lanciare l’e-commerce tra le pmi

e-commerce.jpgConfcommercio, la più grande rappresentanza d’impresa in Italia, ed eBay, uno dei marketplace più dinamici al mondo, hanno annunciato una partnership per dare sostegno alle pmi che vogliono sbarcare sul mercato del commercio elettronico. Un’opportunità che molte aziende italiane non hanno ancora colto, a causa di alcune barriere, reali o percepite, che devono necessariamente essere superate per recuperare o accrescere la propria competitività in un mercato sempre più globale e dinamico. Una ricerca TNS sulle pmi che non vendono online mostra infatti come le piccole e medie imprese italiane siano state finora bloccate nella ricerca di nuovi canali di commercio da retaggio culturale, diffidenza e paura. Addirittura il 92% ha dichiarato di non aver mai preso in considerazione di utilizzare l’e-commerce nonostante più della metà (52%) dichiari di avere un sito internet. Questa chiusura, però, rischia di tenerle lontane da una domanda che invece è in forte aumento: le stime di mercato relative all’acquisto online di prodotti in Italia rivelano una crescita pari al 24% in termini di volumi e al 15% in termini di valori per il 20152. Ancora più evidente è la diffidenza e mancanza di lungimiranza di quelle pmi, l’88% delle intervistate, che ritengono l’e-Commerce poco o per nulla utile o di quelle, il 69%, che sono convinte non porti a un aumento di fatturato. Mentre invece solo su eBay.it nell’ultimo anno è stato registrato un aumento del 20% dei venditori italiani che ha realizzato un fatturato pari o superiore a 1 milione di dollari.

Dalla ricerca promossa da Confcommercio con eBay, emerge infine un’ingiustificata paura delle pmi di non essere adeguate alla vendita online: ecco quindi che il 72% pensa che l’e-commerce sia un canale complesso, il 56% ritiene che necessiti di investimenti considerevoli e il 43% è convinto che l’eCommerce sia adatto solo alle grandi aziende. L’esperienza degli oltre 26mila venditori professionali su eBay, la grande maggioranza dei quali pmi, dimostra invece che è possibile vendere online con successo, in Italia e all’estero (il 63% di loro fa export), indipendentemente dalle dimensioni dell’azienda e con un investimento iniziale più che contenuto. La partnership tra eBay e Confcommercio ha già portato alla pubblicazione di una guida, “Vendere su eBay”, un focus che rientra nella catena “Le Bussole” di Confcommercio, nata quasi due anni fa per aiutare gli imprenditori a orientarsi all’interno delle diverse categorie del mondo del commercio. Il volume su eBay rappresenta un utile vademecum per tutti gli imprenditori e i venditori che vogliono aprire un negozio sul famoso sito di eCommerce. Inoltre, per gli associati Confcommercio che fino al 30 settembre 2016 apriranno un negozio su eBay è stata pensata una convenzione speciale che prevede 6 mesi gratuiti (prezzo normale: 33.91 euro al mese) di negozio premium, che consente anche di creare inserzioni per l’estero.

 


Chef sugli yacht: «Una carriera, mille emozioni»

Nel mondo della ristorazione c’e una realtà che in pochi conoscono. Parliamo della cucina private extralusso, ovvero la professione di chef per il jet set. Se ne parla poco: i committenti, ricchi magnati e armatori, esigono la massima riservatezza e d’altro canto gli chef eletti sono pochi. Eppure è un mestiere affascinante, avventuroso e molto ben remunerato, che può dare grandi soddisfazioni. Gli stipendi vanno dai 2mila fino ai 10-12mila euro per i cuochi più prestigiosi. E si è spesati di tutto, dai trasferimenti agli abiti fino alle necessità personali. Ad esempio, se lo yacht è attraccato a Miami e si viene chiamati, l’aereo è a carico del committente.

Dario Tagliasacchi, 42 anni, cuoco di Credaro cresciuto nella brigata di Gualtiero Marchesi, ha alle spalle anni di esperienza alla corte del jet set internazionale. Ci racconta aneddoti e curiosità oltre agli aspetti positivi e negativi di questo mestiere che – dice – «fa aprire la mente, conoscere tanti modi di cucinare e vivere vere e proprie avventure». Come, ad esempio, inseguire uno yacht con la borsa della spesa a bordo di un tender per cucinare una cena speciale in una caletta in mezzo all’atlantico, oppure essere mandati a fare un corso a Merano da Henri Chenot per lavorare a una dieta speciale. Cucinare il risotto lombardo per le Eurotoque a Bruxelles, imbandire un buffet di gala sotto le stelle di New York, improvvisare una cena alle cinque di notte a bordo di uno yacht MY Montrevel di 37 metri.

Come si e avvicinato a questo mondo?

«È iniziato tutto per merito di Gualtiero Marchesi. Un giorno sono tornato a Erbusco a trovare lo staff per un saluto. Parlando con il patron mi disse “vuoi partire in barca?”. In quegli anni Marchesi aveva in gestione un Club sulla Costa Atlantica. Dall’oggi al domani si è deciso che sarei andato io. Ho fatto otto mesi tra i Caraibi e il Mediterraneo. Poi qualche crociera tra Venezia, Bari, Istanbul e Pireos. Finita l’esperienza ho lavorato per tre anni e mezzo come secondo di Marchesi a Parigi, al Lotti della catena Jolly Hotel che in quegli anni ottenne una stella Michelin. Qui ho avuto il mio primo incontro con il mondo private extralusso».

Cosa è accaduto?

«Il passaparola è stato importante. Tramite degli amici conosciuti a Parigi ho fatto dei colloqui a Cannes e in un’agenzia di Nizza. Come prova, mi hanno mandato in due abitazioni di lusso a Montecarlo. La prima era uno stabile di 14 piani che ospitava due famiglie e l’azienda. La seconda una villa bellissima abitata da una famiglia e da 12 dipendenti fissi: eravamo due cuochi, uno cucinava per i proprietari, l’altro per i dipendenti».

Come si svolgono il colloquio e la selezione?

«Le selezioni vengono fatte da agenzie specializzate, si chiamano Crew Agency. Ad Antibes ce ne sono molte, valutano le caratteristiche del candidato e cercano di abbinarle a quelle degli armatori. Il colloquio è in due lingue, inglese e francese: ti viene richiesta una breve presentazione, poi ti fanno fare la spesa e cucinare».

Dario TagliasacchiQuali sono le doti necessarie per fare gli chef privati di lusso?

«Innanzitutto e richiesta preparazione sui piatti, sui prodotti e sulla cucina classica. Essere un cuoco italiano è un’eccellenza che da il 30% di punti in più rispetto agli altri candidati. E poi occorre avere una buona esperienza ed essere curiosi, avere una mente aperta. Si tenga conto che quando si lavora sugli yacht, si gestiscono situazioni impreviste, a volte estreme, e si lavora con persone di lingue e culture molto diverse. Servono voglia di sperimentare e capacità di mettere insieme anche culture alimentari diverse, tenendo conto dei gusti e delle tradizioni degli ospiti».

Lei ha lavorato per anni sullo yacht di un armatore. Che tipo di impegno viene richiesto?

«La giornata non finisce mai. È un impegno costante. Gli armatori chiedono di essere disponibili 23 ore su 24, in ogni momento bisogna essere pronti a soddisfare qualunque richiesta, anche stravagante. È un mondo extralusso dove si ottiene sempre quello che si vuole. Poi ci sono mille imprevisti».

Ad esempio?

«Può capitare di cucinare per gli ospiti negli orari più impensati, all’una di notte come alle quattro del mattino e poi alle cinque tornare in cucina per preparare la colazione al personale di bordo. Una sera l’armatore per cui lavoravo mi ha chiesto una cena a base di astice. Non l’avevo, cosi quando è sceso sull’isola sono sceso anch’io e ho girato tra i ristoranti per trovarlo. È costato una fortuna».

Quali sono invece gli aspetti positivi?

«Il mestiere ti porta a conoscere tanta gente e a buttarti senza paura in situazioni nuove. Si impara qualcosa ogni giorno e si allacciano rapporti con altri chef e colleghi. Inoltre nei momenti liberi si può godere al meglio la vita in mare e i posti che si incontrano».

Cosa si mangia sugli yacht? Chi decide il menù?

«Il cuoco è una figura speciale, si deve interfacciare con gli ospiti, si presenta a loro, raccogliere le loro richieste, i loro desideri e in base a quelli formula il menù per il giorno dopo o la sera stessa. La cucina mediterranea e la più apprezzata, poi dipende dall’origine e dalle tradizioni culinarie dell’armatore e degli ospiti e dai loro gusti. Ci sono anche ospiti che mangiano panini e insalate da mattina a sera. In questo caso a bordo non chiedono cuochi professionisti ma stewart tuttofare».

Le esperienze più belle che ricorda?

«Sono davvero tante. Ho comprato pesce al mercato di Saint Tropez per una cena in barca, scelto una miscela di the ad Oxford Circus per uno stuzzichino serale, imparato a fare il Gazpacho da un fruttivendolo di Valencia, comprato pesce fresco sottobordo a Lipari. Ma forse le emozioni più grandi sono state le regate. Per due anni sullo yacht abbiamo seguito l’American’s Cup e ho conosciuto politici e personaggi del mondo della vela e pubblici, come D’Alema e Bertarelli. Un altro anno partecipammo al Classic Week presso lo Yacht Club Montecarlo: è una manifestazione dove sfilano le più belle imbarcazioni del mondo e i loro cuochi si sfidano. In quell’edizione vincemmo noi».

Può essere un’opportunità di lavoro per i giovani cuochi?

«Può essere un’aspirazione. Prima bisogna imparare a cucinare. A un giovane che vuole fare questa avventura il mio consiglio è di insistere, di buttarsi, di non fermarsi al primo no. Anche a me obiettavano che non avevo esperienza in questo settore, ho insistito finché non mi hanno preso. Consiglio anche di fare il libretto di navigazione, il documento marittimo che si ottiene dopo avere superato degli esami, perché chi lo possiede ha tutte le carte in regola per navigare ovunque».

Ha dei rimpianti per quella vita?

«Ora sto focalizzando le mie energie su due ambiti diversi, la consulenza professionale alle attività enogastronomiche che vogliono migliorarsi e la realizzazione di eventi domestici personalizzati ed esclusivi come “Chef a domicilio”. E un’ulteriore evoluzione del mio cammino che non manca di stimoli e che mi fa svegliare ogni mattina pensando: amo il mio lavoro».


Ristorazione e abbigliamento spingono il franchising

abbigliamento uomoLe difficoltà e l’evoluzione dell’economia italiana stanno favorendo sempre più forme di lavoro in proprio e di auto-imprenditorialità. Di questa tendenza beneficia, nel settore del commercio, la formula del franchising. Aumentano gli italiani che aprono punti vendita in affiliazione e tra i settori preferiti, nei primi mesi del 2015, figurano quelli della ristorazione e dell’abbigliamento. “Il concetto vincente è quello della specializzazione – spiega Antonio Fossati, organizzatore il Salone del Franchising insieme a Fiera Milano – dunque funzionano le catene di ristorazione vegane, per celiaci, a chilometro zero, dedicate ai soli prodotti fritti o i ristoranti a tema come American Dinner. Oppure i negozi di abbigliamento specializzati come quelli per bambini, le camicerie, l’intimo e via dicendo”. Il Salone Franchising di Milano – in programma dal 23 al 26 ottobre – oltre ad essere luogo di incontri B2B tra franchisor e potenziali franchisee rappresenta anche un momento di formazione sul come entrare nel mondo del franchising, con Franchising Factory e Franchising School. La nuova edizione si presenta con un incremento del 15% degli espositori, 200 marchi – da Autogrill a Brico, e poi Camomilla, Carpisa, Divani& Divani, Celio, Rosso Pomodoro, Natura Si, Illy, Feltrinelli, Original marines, Piazza Italia, Tata Yamamay Yogorino – e 15 mila visitatori previsti e si terrà in concomitanza e in collaborazione con Host – Salone Internazionale dell’Ospitalità Professionale ed Expo2015 – Esposizione Universale Milano 2015. Nelle giornate del Salone, saranno presentate le statistiche di un settore che nel 2015 fa registrare un andamento positivo, in linea con i segnali di ripresa dell’economia, e che con un giro d’affari di 23 miliardi rappresenta già il 1,3% del Pil (950 franchisor, 51 mila franchisee, 180 mila addetti, secondo i dati 2014 del Centro Studi Rds & Company). Tra le novità, “Future retail space”, uno spazio che propone domande, stimoli e provocazioni sul come sarà il retail del futuro e il lancio di un nuovo strumento, ‘R+++’, primo sistema di rating dei format Retail e Franchising. Ma anche il “Franchising nei centri commerciali” con il supporto di Cncc, l’Associazione nazionale dei centri commerciali, offre un contatto diretto tra i retailer e i più famosi centri commerciali d’Italia, anche con workshop tecnici sulle richieste del centro commerciale al retailer. Nell’ambito della fiera sarà presentato, inoltre, un progetto pilota della Regione Lombardia finalizzato a favorire le aperture di negozi in franchising nei centri storici delle città lombarde.

 

 

 


La lettera / Era necessario quel telone giallo sul Palazzo della Ragione?

palazzo della RagioneSpettabile redazione

sabato sono arrivata in Città alta per seguire un evento inserito nel cartellone di BergamoScienza. Abitando in provincia, era da tanto che mancavo all’appuntamento col Borgo antico. Ebbene, quando sono arrivata in Piazza Vecchia, piena di gente, tanti stranieri, ho visto il Palazzo della Ragione “sfregiato” da un grande telo giallo che pubblicizza “Donizetti Alive” (allego una foto). Ora, sarò antiquata, sarò una purista fuori tempo, ma in una piazza così bella è proprio il caso di “macchiare” un monumento di tale pregio con un telone giallo, che peraltro, mi hanno confermato, è li da parecchio tempo? Io che abito nella Bergamasca posso tornare e godermi lo spettacolo di Piazza Vecchia al naturale quando voglio, ma un turista, un visitatore occasionale perché deve portare a casa il ricordo di una bellissimo palazzo con un telone che nulla a che fare con la sua storia? Proprio non c’era un altro punto in Città Alta per apporre la promozione donizettiana?

lettera firmata


Astino, i formaggi bergamaschi diventano opere d’arte

I formaggi bergamaschi esposti come opere d’arte. È la spiazzante prospettiva offerta dalla mostra “Formae – Bonum, pulchrum, verum”, allestita all’ex Monastero di Astino a Bergamo dal 2 al 31 ottobre.

Protagonisti sono i nove gioielli caseari Dop che fanno di Bergamo la “Capitale europea dei formaggi” (Taleggio, Salva Cremasco, Quartirolo, Grana Padano, Gorgonzola, Bitto, Provolone Valpadana, Formai de mut e Strachitunt), a cui si aggiungono altre eccellenze, ovvero i “Principi delle Orobie” Bitto Storico, Branzi Ftb, Agrì di Valtorta, Stracchino, formaggi di Capra orobica.

Un evento fuori Expo voluto dall’associazione “San Matteo – Le Tre Signorie” di Branzi, dalla Camera di Commercio di Bergamo e da Regione Lombardia e a cui hanno collaborato decine di partner pubblici e privati. «Un lavoro intenso durato sei mesi – ha detto il capo progetto Francesco Maroni – per far conoscere le nostre eccellenze casearie, per alzarne di valore».

Nelle sale di Astino sono state allestite le teche climatizzate che ospitano i nove formaggi Dop, accanto a 14 capolavori internazionali dell’arte contemporanea, già esposti nei principali musei del mondo, da New York a Venezia (opere di Rodolfo Aricò, Carlo Ciussi, Dadamaino, Riccardo De Marchi, Ron Gorchov, Francois Morellet, Mario Nigro, Pino Pinelli, Bruno Querci, Angelo Savelli, Nelio Sonego, Rudi Wach e fotografie di Raffaella Toffolo). «L’invito – ha detto il filosofo musicista Massimo Donà all’inaugurazione – è quello di abbandonarsi per fare un’esperienza diversa. Così che da ultimo non si capisca più quale sia l’opera d’arte. Dobbiamo muovere le nostre rigide contrapposizioni, i nostri schemi fissi».

La rassegna prosegue con il percorso sensoriale dove il visitatore è portato a conoscere il mondo dei formaggi partendo dagli elementi fondamentali della natura, la terra, il fieno, il latte. Un’esperienza multisensoriale che coinvolge vista, tatto, olfatto, udito (i rumori dell’alpeggio che dialogano con la musica) e solo alla fine il sapore con la degustazione dei formaggi orobici.

Per Astino, con il progetto Forme, inizia così un mese intenso di iniziative gastronomiche (la mostra, le cene, tra cui quella con ospite Gualtiero Marchesi) ma anche artistiche, musicali, poetiche, filosofiche, con incontri, corsi per assaggiatori ed educational per le scuole.

Tra i prossimi appuntamenti la conferenza di filosofia “Il colore del fantasma e della fantasia”, relatori Giulio Giorello e Luca Guzzardi, in programma alle 19 di martedì 6 ottobre, alla chiesa di Astino. Il 13 ottobre interverrà invece il filosofo Carlo Sini sul tema “Il fondo oscuro del sapere, lo sfondo chiaro della vita”. Grande musica il 22 ottobre, con la performance “Di formaggi e altri biancori”, che vedrà protagonisti Massimo Donà-trio e David Riondino.

Il calendario degli eventi sul sito web www.progettoforme.eu.