Ortaggi fai da te, i segreti in un corso

In vista della primavera, sempre più italiani si organizzano per allestire orti, giardini e terrazzi, preparandosi per la tradizionale cura dei vasi di fiori, ma anche per la coltivazione “fai da te” di lattughe, pomodori, piante aromatiche, peperoncini, zucchine, melanzane. Per realizzare orti e giardini però non basta solo scegliere cosa piantare o seminare, occorre anche tener presente l’esposizione del balcone o del terreno, perché le piantine necessitano di una buona dose di luce e calore per crescere bene, ma anche il tipo di terreno da utilizzare. Per chi non vuole affidarsi solo al proprio “pollice verde” ma vuole appropriarsi di questi “piccoli segreti”, Coldiretti Bergamo ha organizzato un corso per appassionati che affronterà le seguenti tematiche:

  • orto – tecniche di coltivazione dei principali ortaggi, erbe infestanti e diserbi biologici. Principali malattie ed interventi antiparassitari
  • giardini – coltivazione cespugli sempreverdi e da fiore, alberi da giardino, potature di mantenimento e ringiovanimento
  • terrazzi e balconi – piante perenni e da fiore: come impiegarle, comporle e fare manutenzione.

Gli incontri, tenuti dal “personal trainer della zappa” Gino Calliari, si svolgeranno nelle giornate di martedì 10, 17 e 24 marzo, dalle ore 10 alle 12 nella Sala Avorio di Coldiretti Bergamo in via Mangili 21.

Il corso verrà attivato al raggiungimento del numero minimo di 15 partecipanti e con un massimo di 25. Ai partecipanti verrà fornito il materiale divulgativo ed informativo sulle tematiche presentate. Per ulteriori informazioni sul programma e sulla quota di adesione contattare Rossana Brembilla. Tel. 035 4524145 Email rossana.brembilla@coldiretti.it


Vini rosati, doppia anteprima sul Garda

Per gli appassionati dei grandi vini rosati italiani l’appuntamento dell’8 marzo, a Lazise, sulla sponda veronese del lago di Garda, è imperdibile: è infatti di scena una doppia, inedita, Anteprima in rosa. Nello storico salone della Dogana Veneta, il Consorzio di tutela del Bardolino presenta al pubblico il Chiaretto dell’annata 2014, figlio di quella “Rivoluzione Rosé” che ha condotto i produttori del classico vino rosato gardesano a scegliere un colore molto più tenue rispetto al passato e una gamma di profumi e di aromi che spaziano dai fiori bianchi agli agrumi alle erbe officinali.

Nella vicina sala civica del municipio è in Anteprima (con apertura già sabato 7 marzo) anche un’altra tipica interpretazione in rosa del vino italiano: il Rosato del Salento dell’annata 2014 e accanto alle due espressioni della grande tradizione del rosato italiano figlio di uve autoctone (la Corvina Veronese per il Chiaretto e il Negroamaro per il Salento) viene proposta in Anteprima anche l’annata 2014 del Bardolino, il vino rosso delle colline del Garda orientale.
L’iniziativa nasce dalla collaborazione fra il Consorzio di tutela del Bardolino, che nel 2015 è alla sua settima Anteprima annuale, e l’associazione DeGusto Salento, che riunisce alcune tra le più prestigiose firme enologiche della Puglia, col contributo del Comune di Lazise.
Saranno presenti circa ottanta aziende (una settantina quelle del Bardolino e una quindicina quelle del Salento) per un totale di duecento vini presentati direttamente dai produttori ai loro stand, con libera degustazione dalle ore 10 alle 18.


SlowCooking Tour, cena finale in omaggio per chi completa le 13 tappe

mappa locali SlowCooking Tour 2015Ha preso il via il primo marzo e si concluderà il 3 novembre lo SlowCooking Tour 2015, tour enogastronomico in tredici tappe organizzato dai ristoranti della Lombardia aderenti all’associazione SlowCooking. Nella provincia di Bergamo la manifestazione coinvolge l’osteria al Gigianca di Bergamo, il ristorante Collina di Almenno San Bartolomeo e la trattoria Visconti di Ambivere. Valorizzazione della la cucina e della cultura del territorio con piatti della tradizione o rivisitati dagli chef, rispetto della stagionalità, accurata selezione dei prodotti, valorizzazione della filiera corta, ma anche ricerca, creatività e soprattutto passione per il buon cibo e il buon bere sono gli ingredienti primari delle proposte dello SlowCooking Tour.

Ad ogni tappa ogni locale si racconterà con i propri saperi e sapori. Sei le provincie coinvolte: da Bergamo a Sondrio, da Brescia a Como, passando per Lecco e la provincia MonzaBrianza, ognuna con le proprie peculiarità culinarie e le bellezze del territorio. Ecco come funziona lo SlowCooking Tour: i partecipanti riceveranno dal primo ristorante visitato una scheda che attesta la partecipazione al tour e, tramite l’apposizione del timbro, la conferma delle tappa effettuata.

Ad ogni sosta gastronomica il commensale, al termine del pasto, riceverà un omaggio gastronomico del territorio e la possibilità di partecipare alla grande cena finale in programma il 4 novembre al ristorante San Gerolamo di Vercurago. La cena finale, preparata dai cuochi dei locali aderenti all’iniziativa, sarà gratuita per chi avrà visitato tutti i tredici ristoranti aderenti al tour, o scontata in proporzione variabile in base al numero di quelli visitati. Tra le numerose e varie proposte culinarie, lo SlowCooking Tour dà, per esempio, la possibilità di gustare i Casoncelli fatti in casa, i Nusecc, la Pecora Gigante Bergamasca ed i Formaggi delle Valli Orobiche per la provincia di Bergamo, il Missoltino del Lario essiccato al Sole, la Pecora Brianzola, il Risotto al Pesce Persico, la Luganega Monzese e gli Asparagi di Mezzago per la Brianza ed il Lago di Como, i Pizzoccheri della Val Chiavenna, la Brisaola artigianale, il Bitto Storico per la provincia di Sondrio, il Manzo all’Olio e lo Spiedo di Pollo per la provincia di Brescia.

I tredici ristoranti aderenti allo SlowCooking Tour 2015 sono, oltre ai tre bergamaschi già citati: Osteria Sali e Tabacchi di Mandello del Lario (Lc), agriturismo La Costa di Perego (Lc), San Gerolamo di Vercurago (Lc), Osteria del Crotto di Morbegno (So), Cantinone a Madesimo (So), Osteria al Dosso di Aprica (So), Trattoria Uomo Selvatico di Chiavenna (So), Crotto del Sergente di Como, La Madia di Brione (Bs) e la Piana da Gilberto di Carate Brianza (Mb).


Il franchising batte la crisi, in Ascom uno sportello dedicato

Dalla partnership tra Assofranchising e Confcommercio è nato anche a Bergamo, in Ascom, il nuovo servizio di consulenza gratuita dedicato agli imprenditori per l’apertura di un punto vendita in franchising, inaugurato assieme ad altri 41 sportelli sul territorio nazionale.

A dispetto del quadro economico negativo, la formula distributiva dell’affiliazione, approdata in Italia nel 1970, continua ad affermarsi, soprattutto in Lombardia. La nostra regione conta ben 8.509 punti vendita in franchising (+118 unità rispetto al 2012) e ha consolidato nel 2013 ulteriormente il primato nazionale grazie anche alla presenza di 244 reti (+11 rispetto al 2012). «Malgrado la profonda crisi che ha colpito i consumi, negli ultimi cinque anni il giro d’affari del franchising in Italia è cresciuto dal 2009 al 2013 del 5,5%, come il numero degli addetti (+ 4,6%) – commenta Graziano Fiorelli, presidente di Assofranchising e di Mail Boxes Etc., oltre che vicepresidente di Confcommercio -. Il numero di franchisor cresce inoltre di un significativo 14,2%, a testimonianza della vitalità del settore».

Ad attrarre imprenditori e aspiranti è la riduzione del rischio rispetto all’avvio di un’insegna indipendente, unita alla chiarezza circa l’investimento iniziale e l’incasso minimo realizzabile, oltre all’esclusiva territoriale e ai servizi di assistenza e formazione. Lo sportello Ascom rappresenta un vero punto di contatto tra aziende affilianti dalla formula commerciale consolidata (franchisor) e una società o singolo imprenditore che vi aderisce (franchisee). «Il servizio dedicato al franchising garantisce una consulenza su misura delle esigenze di ogni imprenditore, dall’analisi del contratto, con obblighi e diritti di affilianti e affiliati, alla valutazione di ogni aspetto burocratico – spiega Pietro Bresciani, referente del nuovo servizio -. Grazie all’accordo con Assofranchising, alla consulenza si affianca lo studio aggiornato sui diversi settori retail, con dati e trend, oltre alla possibilità di accedere alle agevolazioni previste per l’affiliazione ai marchi soci Assofranchising. Il tutto in tempi ridotti e con la garanzia di poter disporre di una valutazione accurata delle aziende franchisor. Il servizio si rivolge oltre che ai franchisee anche a quelle imprese che intendono fare il salto di qualità e replicare il loro modello di business diventando franchisor».

Per accedere al servizio è necessario prenotare un appuntamento telefonicamente (035.4120320) o via mail: pietro.bresciani@ascombg.it


Gritti: «Troppi chef in tv. E intanto le massaie scompaiono»

Ezio Gritti, cuoco e sommelier bergamasco, che ha costruito il suo successo in Città Alta all’“Osteria di via Solata”, da quasi 2 anni si è trasferito nella paradisiaca Bali, dove ha aperto il “Solata Restaurant”, a Seminyak. Con lui se n’è andata anche la stella Michelin che brillava in Città Alta da quasi dieci anni, dal 2005. Ora si divide tra il suo ristorante a Bali e la capitale indonesiana Giacarta, dove è impegnato nella consulenza di ristoranti importanti nei grandi mall, piccole città del commercio incastonate in grattacieli vertiginosi, dal “Le mieux” nel Pacific Place al “Prime Cut” nel Wisma Mulla. Ha inoltre rappresentato la cucina tricolore per due eventi dell’Ambasciata Italiana a Giacarta, uno al Kempinsky Hotel presso il ristorante “Casa d’Oro” e a Bali al “Gyanyar”.

Dall’Oriente dinamico e ruspante di Giava al paradiso per turisti di Bali, Ezio Gritti guarda con nostalgia alla sua Bergamo e non manca di lanciare uno sguardo appassionato ma al tempo stesso critico alla ristorazione di casa nostra, facendo il punto sulla cucina bergamasca e italiana perennemente sotto i riflettori dei media.

Come va a Bali?

“Benone. Mi mancano però sempre tanto Bergamo, le montagne, le valli, ma soprattutto le persone che amo e gli amici. E’ quasi un anno e mezzo che non abbraccio mio figlio e da più di un anno che non vedo mia madre. Li vedo sempre su Skype ma il poterli abbracciare fisicamente è cosa ben diversa. Mi mancano davvero molto, come tutti gli amici”.

Bali è un paradiso o c’è qualcosa che non sopporta o a cui fa fatica ad abituarsi?

“Il traffico è micidiale e la corruzione non manca, anzi è istituzionalizzata. Quanto alla ristorazione, fatico ad abituarmi a vedere gente mangiare a tutte le ore del giorno: ad esempio ora che non sono ancora le 17 al tavolo a fianco hanno ordinato costolette d’agnello con funghi… Qui mangiano dalle 10 del mattino alle 22 e credo sia impossibile educarli ad una suddivisione più razionale dei pasti. Le cucine non si fermano mai”

Quali materie prime trova più interessanti?

“Qui si trovano materie prime straordinarie come la carne di wagyu, un manzo dal manto nero che arriva dall’Australia. Segue lo stesso trattamento del più famoso bovino Kobe giapponese, nutrito a birra e grano e massaggiato costantemente. Il taglio risulta marmorizzata da un reticolo di venature di grasso che si sciolgono in cottura, regalando una morbidezza straordinaria alla carne. La frutta tropicale eccezionale ha dei sapori unici, oltre ad avere costi irrisori. C’è solo l’imbarazzo della scelta tra otto tipi diversi di mango, papaya gigantesche, lime. Un frutto veramente incredibile è il durian dal gusto molto dolce con consistenza ed intensità paragonabili al burroso foie gras. E’ perfetto per i soufflè e i gelati, bisogna solo avere il coraggio di provarlo dimenticando l’odore forte, acre e pungente che emana, che ricorda il formaggio iper maturo. Il gusto è straordinario come la consistenza della polpa, un mix perfetto di morbidezza e grassezza. Anche il jackfruit è eccezionale per un soufflè glacé alla vaniglia che a queste latitudini, nel regno delle spezie, è tutta un’altra cosa”.

Ezio Gritti - Baramundi rolled with potato  puree, fresh exotic fruits, liquorice and frangipani flower    Ezio Gritti - VIP sala climatizzata

Meglio il pesce indonesiano o quello del Mare nostrum?

“Il nostro ha sapori unici, non c’è gara. Ma qui si pescano ugualmente tra le 13 mila isole e atolli indonesiani pesci eccezionali: il barramundi ricorda il nostro branzino, poi c’è il red snapper che somiglia al nostro pagello, il coral trout che si avvicina alla triglia. Lo squalo ha carni pregiate e anche il fish butter, che ricorda davvero il burro. Si trovano gamberi di ogni sorta, granchi e granciporri, aragoste, ma mancano gli scampi e gli astici”.

Come vede la ristorazione bergamasca dall’altra parte del mondo?

“Mi spiace vedere guerre per accaparrarsi i clienti a suon di campagne e iniziative pubblicitarie. Allo stesso modo percepisco un certo fermento, oltre a grandi aspettative, legati ad Expo. Mi auguro che questo grande evento possa dare una marcia in più al settore agroalimentare e della ristorazione. A patto che la città migliori: si parla da anni del collegamento ferroviario tra Bergamo e l’aeroporto di Orio ma non se ne è fatto nulla. I servizi pubblici sono insufficienti e nelle festività è impossibile raggiungere Città Alta. Del resto i parcheggi scarseggiano e i taxi hanno costi proibitivi…”

Con lei se ne è andata anche l’ultima stella Michelin cittadina….

“E’ stato un colpo al cuore vedere la mia città senza stelle Michelin: anche se non è stata una sorpresa, come del resto stabilisce chiaro il regolamento della guida, è stata comunque una brutta notizia”.

Quale augurio per il 2015 per la ristorazione italiana?

“Spero che non restino sulla carta i buoni propositi di abbassare i prezzi e di cambiare la concezione di cucina. La vera rivoluzione è, come ripeto da anni, “il ritorno al passato”, ad una cucina di qualità, alla concretezza, alla corretta esecuzione e interpretazione. La creatività e fantasia oltre certi limiti diventa stravaganza e da troppi anni l’estro non ha un freno né un limite”.

Da quali valori ripartire?

“Dalla conoscenza e dal rispetto della materia prima, dal giusto rapporto qualità/prezzo e dalla sintonia tra cucina e sala. Si possono fare piatti incredibili ma se in sala vengono serviti con sufficienza tornano indietro come frisbee. Purtroppo tutti i ristoratori pensano sempre alla brigata di cucina ma non ad un ottimo sommelier o a un maitre. Basti la prova: tutti sanno nomi e ruoli della brigata in cucina, solo in pochi conoscono quelli della sala, che vengono definiti “camerieri” e basta…..mentre invece ci vorrebbero molti piu’ “maggiordomi” con l’eleganza e padronanza del conoscere”.

Tutti vogliono fare lo chef. Colpa della tv?

“Non ho mai amato il termine chef, gli ho sempre preferito e mi sono sempre definito un cuoco. I cuochi hanno le padelle in mano, trasformano le materie prime e le mettono nel piatto. Questo è il mondo della cucina vera, che non è certo quello delle tv. In cucina si lavora fianco a fianco, si crea un legame di familiarità unico. Tutti vogliono cavalcare tendenze, ma la gente è stanca dei fiorellini e ghirigori nei piatti. Bisogna tornare a valutare i piatti in base al gusto: nella ristorazione a tutti i livelli mi sembra che ci sia molto fumo e poco arrosto”.

I media danno un’immagine distorta della cucina?

“Per mia scelta ho lasciato la tv dopo diverse trasmissioni. Troppo urlata e fanfarona. Per andare in televisione e non mancare al ristorante ho sempre scelto di andarci nel giorno di chiusura, rinunciando al mio giorno libero. L’ho fatto con serietà, ma quando mi è stato chiesto di fare dello show che oltre a non appartenere alla mia indole si scontra con il mio ideale di professionalità, ho lasciato lo studio sbattendo quasi la porta”.

Passiamo più ore a guardare cucinare in tv che a farlo davvero. Un vero paradosso?

“Le massaie sono una specie in estinzione. Eppure la cucina è diventata grande e soprattutto anche grazie a loro, a donne, madri, nonne che hanno nutrito generazioni con manicaretti più o meno elaborati. Quante giovani donne preparano ancora il ragù o anche solo un minestrone di verdura come Dio comanda?”

Ezio_Gritti

L’Indonesia ha cambiato la sua cucina?

“L’ha contaminata. Sono nati così piatti come gli spaghetti ghiacciati conditi con olio extra vergine, mango fresco, menta e polvere di caffè, una ricetta di confine che unisce come in un ponte Indonesia e Europa. Uso latte di cocco, cocco dry, platano e banana, ma non rinuncio a piatti che mi ricordano la mia Bergamo. La ricetta dei casoncelli è immutata, dal ripieno alla pasta fresca, non c’è alcuna differenza tra la mia Osteria di via Solata in Città Alta e il Solata Restaurant a Seminyak. Pasta fresca e paste ripiene non mancano mai anche se certo, per i ravioli ai funghi, uso champignon e porcini secchi. Non ho rinunciato alla polenta all’inizio, ma con una temperatura media che oscilla sempre tra i 28 e i 32 gradi ho finito con l’arrendermi, anche perché forse io stesso avrei difficoltà a mangiarla. Tra i piatti classici, in carta non mancano la guancia di manzo brasata, il risotto allo zafferano con l’ossobuco e la cotoletta alla milanese. E faccio il pesto rigorosamente a mano col mortaio”.

Quali piatti vanno per la maggiore?

“Adorano gli spaghetti al pomodoro e basilico, del resto uno dei piatti che io stesso preferisco per la loro semplice e perfetta eleganza al gusto. Vanno alla grande anche i piatti a base di funghi e anche la mia versione del pollo Ayam (bellissimo esemplare nero dalla testa alle zampe, ndr) farcito con ciliegie, formaggio cheddar e salsa di foie-gras. Il risotto poi conquista l’Indonesia: il nostro vialone nano veronese viene apprezzato moltissimo qui dove si usa esclusivamente basmati, quasi sempre stracotto”.

I prodotti italiani conquistano anche l’Oriente?

“Assolutamente sì, tanto che se non si sta attenti alle etichette si rischia di acquistare dei veri tarocchi. Perfino a me che ho l’occhio allenato è capitato di acquistare dei biscotti secchi che avevano la stessa grafica di uno dei nostri marchi più famosi, con cui però non avevano nulla a che fare. Ci sono invece casi eclatanti come il “parmiggiano”o “parmegiano”, la “mozzarilla” che arriva dal Canada ed altri orrori”.

Quali sono i prossimi obiettivi? Far brillare la stella anche a Bali?

“Qui, nella parte bassa dell’Asia, la guida Michelin non si è ancora spinta. Se Giappone ed Hong Kong rappresentano delle eccezioni, Filippine, Malesia, Indonesia e Singapore sono ancora escluse dalla più prestigiosa guida gastronomica. Sono orgoglioso pero’ di ricordare di essere l’unico chef italiano stellato ad essersi trasferito in Indonesia. Speriamo che prima o poi la Michelin arrivi anche qui”.


Ai Burattini – La nostra prova

aiburattini-01Ai Burattini di Adrara San Martino il “prezzo fisso” diventa menù degustazione nel senso che l’all inclusive viene proposto sia a mezzogiorno sia alla sera da lunedì a venerdì. Ci sono due varianti: 11 euro per un piatto a scelta dalla lista del giorno, 18 euro per due piatti. Sono sempre compresi l’acqua e un calice di vino di buona qualità, il dolce (tutti fatti in casa tranne il gelato) ed il caffè.

Noi manteniamo fede alla nostra linea che per questi servizi (pranzi per necessità appunto) ci impone di tener d’occhio anche il portafoglio. Ecco quindi che scegliamo il menù da 11 euro. Sulla lavagnetta sono elencati: crudo di Parma con carciofi, antipasto tipico (salame e pancetta nostrani), casoncelli alla bergamasca, ravioli alla zucca con burro e pinoli, straccetti di manzo all’aceto, scaloppine al vino bianco, baccalà in umido e formaggi misti con mostarda.

Ci attirano i casoncelli alla bergamasca e ci viene offerta la possibilità di un bis sullo stesso piatto con i ravioli alla zucca. Tra i dolci sfilano salame al cioccolato, torta di pere e cioccolato, tiramisù e cantucci. Ci propongono cantucci e cioccolatini, di cui il locale offre un’ampia scelta. Il vino era un Valcalepio riserva con la bottiglia che è rimasta sul tavolo e probabilmente il solo bicchiere non è poi così tassativo.

Ottimo servizio, ottima la cucina ed in questo caso la qualità supera senz’altro la quantità. Lasciamo il locale pienamente appagati.

Ai Burattini – ristorante enoteca

via Madaschi 45

Adrara San Martino

tel. 035 933433

chiuso martedì sera e mercoledì tutto il giorno

www.aiburattini.it


Ai Burattini, la tradizione nelle mani dei giovani

Bisogna andare a cercarlo, ma ne vale la pena. Il ristorante enoteca Ai Burattini di Adrara San Martino non è collocato infatti né in un grosso centro né su una via di grande traffico ma nel tempo è riuscito a ritagliarsi spazio e visibilità nel panorama della ristorazione bergamasca. Tanto da essere inserito quest’anno nella guida Osterie d’Italia di Slow Food Editore, “sussidiario del mangiarbere all’italiana” a prezzi che per antipasto, primo, secondo e coperto non devono superare 35 euro.

Un riconoscimento che arriva gradito, anche se la storia del locale è molto lunga e va avanti da quattro generazioni. Sono stati i bisnonni – Giacomo Plebani con la moglie Maria – dell’attuale patron Gianmarco Bellini, 36 anni, a dare inizio all’attività. La coppia ha avuto quindici figli ed è stato il nonno di Gianmarco, Nino Plebani con la moglie Agnese Tiraboschi, che ha portato avanti l’attività. Poi il locale è passato di mano per un breve periodo, nel 2001 è stato ristrutturato e dal 2009 è gestito da Gianmarco che si avvale anche della collaborazione in sala della moglie Annamaria Zambelli.

«Siamo cresciuti qua – racconta Gianmarco Bellini, che per inciso è fratello di Gianpaolo, calciatore e bandiera dell’Atalanta –, asciugando sin da piccoli i piatti in cucina, si dava una mano tutti. C’è tanta passione in questi anni di storia e penso che il riconoscimento ottenuto da Slow Food vada in parte anche a quanti ci hanno preceduto. Non abbiamo vanificato i loro sacrifici. Certo, nella povertà si cucinava alla buona, ora bisogna seguire altri canali».

“La tradizione e la qualità” è lo slogan di Ai Burattini (nome non casuale in quanto nel cortile in passato si tenevano, appunto, gli spettacoli di burattini) che Gianmarco interpreta così: «Ricerchiamo i prodotti Slow Food, abbiamo quindi la scottona piemontese, lo Stracchino all’antica delle Valli Orobiche, l’Agrì di Valtorta, il mais di Rovetta rostrato rosso, tanto per fare degli esempi, e adesso aspettiamo la sardina essiccata del lago d’Iseo».

In cucina ci sono due baldi giovanotti: Luca Costa di 20 anni e Michael Capoferri che ha qualche anno in più ed è nel locale da sei anni, quindi da quando è passato in gestione a Gianmarco. Così come il menù ha la sua particolarità, essendo scritto sulla lavagna, anche la carta dei vini (con buona rappresentanza di bergamaschi, franciacorta e piemontesi) è originale: le bottiglie sono collocate in vista sui ripiani di uno scaffale con tanto di cartellino del prezzo: si passa e si sceglie. Il locale è intimo con due salette da 20 – 25 posti ciascuna per una capienza quindi di 45 coperti. Per la bella stagione c’è un dehors delle stesse dimensioni ma i due ambiti vengono usati in alternativa.

Per un menù da 35 euro, come richiede la guida, cosa consiglierebbe, dunque il padrone di casa? «Premesso che tutta la pasta è fatta in casa, anche i grissini e i dolci – sottolinea Bellini –, suggerirei un antipasto tipico, poi i casoncelli alla bergamasca o il risotto con i funghi quindi tra i secondi il filetto allo Strachitunt, il coniglio con la polenta, lo stracotto di asino o cinghiale oppure il baccalà in umido o in insalata».


«Tanta umiltà. Così si può capire il mondo del vino»

A sentirlo parlare sembrerebbe quasi che Fabrizio Sartorato, chef sommelier del tristellato Da Vittorio, a Brusaporto, abbia vissuto più di una vita. Non sono molti, infatti, i professionisti della sommellerie che possono vantare la sua esperienza e una tale miriade di aneddoti, alcuni dei quali incredibili, che potrebbero riempire più di un’esistenza, come il Gin tonic della Regina Elisabetta o quel favoloso Cognac del 1802, aperto nottetempo per dei clienti speciali. C’è chi, per molto meno, si sarebbe già montato la testa, ma non lui che, piedi ben piantati a terra, continua a lavorare sentendosi un vero “sommelier al servizio del vino”.

È una definizione che campeggia anche sul suo biglietto da visita. Cosa significa essere un “sommelier al servizio del vino”?

“Il vino è un alimento vivo per il quale ho grande rispetto, per questo mi metto al suo servizio. Per rendergli giusto merito, infatti, occorre scegliere il momento di massima espressione in cui aprirlo, la giusta temperatura di servizio e utilizzare tutta la ritualità del caso. Ogni vino è come un’opera unica, che merita attenzione e rispetto”.

Come riesce a intuire quando un vino è pronto, prima che intraprenda la sua fase discendente?

“L’esperienza maturata in vent’anni di lavoro è stata determinante per affinare questa sensibilità. E’ chiaro che, pragmaticamente, è necessario tenere monitorata la cantina in modo che le bottiglie di pregio non rischino di andare sprecate. E’ perfettamente inutile ed economicamente folle, infatti, avere una “cantina-museo” con centinaia di bottiglie storiche, che hanno sorpassato la curva del loro massimo. Il vino, non a caso, è un alimento vivo che come l’uomo invecchia. Quando questo accade, senza che sia stato aperto, l’errore è del sommelier che non ha saputo anticipare e capire i tempi di evoluzione di quella bottiglia”.

Come nasce la sua passione per il vino?

“Grazie a una bellissima esperienza fatta in Austria, presso il ristorante Altwienerhof di Vienna. Allora ero Chef de Rang e per gioco il sommelier del ristorante iniziò a farmi assaggiare dei vini. Ricordo che il mio primo bicchiere importante fu un Chateau La Tour, del quale non seppi dire altro se non “buono”. Durante quell’esperienza lavorativa ebbi modo di girare, per oltre due anni, le più importanti cantine dell’Austria, dove ho potuto conoscere i grandi Riesling, i Grüner Veltliner e i maglifici vini dolci. In seguito, nel 1999, tornato in Italia feci il primo corso da sommelier con l’AIS”.

Dunque una passione nata quasi per gioco che l’ha portata a lavorare in ristoranti di altissimo livello.

“E’ andata proprio così. Sono stato all’Hospiz Alm a Arlberg in Tirolo, uno tra i pochi Hotel Restaurant al mondo ad avere quasi esclusivamente una selezione di grandissimi formati, circa 900 pezzi, dai cinque litri in su. D’altra parte quel Restaurant, posto proprio sui campi da sci, era frequentato dal gotha di politici, potenti e grandi ricchi, tra cui – ricordo – anche la Principessa Diana e la Regina Elisabetta. Dopo meno di due anni mi sono trasferito in Francia, a Vonnas, per imparare la lingua, lavorando nel ristorante Georges Blanc, 3 stelle Michelin. E’ di quel periodo il mio diploma di Sommelier Conseil conseguito all’Università del Vino di Suze La Rousse, tra le più importanti al mondo. Successivamente mi sono trasferito a Londra con la mia compagna per continuare la mia formazione linguistica. Conoscevo bene, infatti, sia il tedesco che il francese, ma mi mancava l’inglese, quindi accettai di lavorare in un altro 3 Stelle Michelin, il The Waterside Inn a Bray”.

Qual è il ricordo più emozionante del periodo passato all’estero?

“Ce ne sono tanti, che è difficile sceglierne uno. Direi che tra i pranzi più importanti che ho seguito, c’è sicuramente quello per gli ottant’anni della Regina Elisabetta, al quale ha partecipato tutta la Royal Family. Ricordo che qualche mese prima il General Manager del Waterside Inn mi informò che, di lì a qualche mese, avremmo avuto un pranzo molto importante per il quale avremmo dovuto scegliere i migliori vini della cantina, senza alcun limite di spesa. Come aperitivo, per esempio, servimmo uno Champagne Pommery Louise 1989”.

Ricorda cos’ha bevuto la Regina?

“Ha pasteggiato a Gin tonic, come il Principe consorte, Filippo, che ha chiesto una caraffa di tonica a parte. Il pranzo fu servito in una saletta privata, collocata in un’ala distaccata del ristorante, con un vasto e rigoglioso giardino tutt’intorno”.

Dopo 12 anni passati all’estero, nel 2006, torna in Italia per diventare Chef Sommelier del tristellato Da Vittorio. Cos’ha imparato dalla famiglia Cerea?

“Molte cose, ma quello che li contraddistingue è l’estrema flessibilità, difficilmente trovata in egual misura all’estero. Se c’è un cliente che chiede una variazione sul menù o se fa ritardo, per esempio, si cerca in tutti i modi di accontentarlo. So per certo che se il cliente di un qualsiasi altro ristorante stellato francese, dovesse chiamare per chiedere di tenere aperta la cucina oltre l’ora prevista, si sentirebbe dire un deciso “mi dispiace, ma non è possibile”. Da Vittorio, al contrario, il cliente è considerato il padrone di casa”.

Qual è il vino del cuore della famiglia Cerea?

“Forse è il Rosso Faber, un vino fortemente voluto e pensato per radicare ancora di più i sentimenti e il lavoro della famiglia Cerea. Si tratta di un taglio bordolese ottenuto da Cabernet Sauvignon e Merlot coltivati nel vigneto che circonda il Relais, memoria di una tradizione agricola rivitalizzata grazie ai reimpianti realizzati con le tecniche più moderne”.

Quando gli Chef creano dei nuovi piatti, tutta la brigata viene coinvolta?

“Certamente, perché quando cambia il menù in base alla stagione tutto il gruppo di lavoro deve essere formato. Nella settimana del cambio menù, quindi, vengono fatti assaggiare tutti i piatti. Nel mio caso posso anche chiedere di fare degli assaggi durante le serate, per capire meglio un ingrediente o una cottura per abbinare il miglior vino possibile”.

Rispetto all’assegnazione delle Stelle Michelin, venite avvertiti dell’arrivo o dell’identità degli ispettori?

“No. Sappiamo che possono arrivare in qualunque momento, in genere due o tre volte all’anno, ma non sappiamo chi siano. In realtà Da Vittorio ogni cliente viene trattato con la stessa attenzione e cura, senza alcuna differenza di sorta. L’obiettivo è quello di far passare un bel momento al nostro ospite, chiunque egli sia”.

Dal momento che anche il servizio concorre all’attribuzione delle Stelle, le sente un po’ sue?

“No, non mi permetterei mai di dirlo. E’ chiaro che per l’attribuzione delle Stelle Michelin vi dev’essere alta uniformità qualitativa tra la location, la cucina e la sala. Ognuno fa la sua parte”.

La mettiamo alla prova. Ci propone tre piatti degli Chef Cerea in abbinamento a tre vini della vostra selezione?

“Certamente. Inizierei con un Cappuccino di spuma di patate con funghi porcini cacao e tartufo bianco, abbinato a un Terre di Franciacorta Chardonnay 2010 Az. Ag. Cà del Bosco. A seguire delle Linguine all’amatriciana di pesce con un Colli Tortonesi Timorasso “Fausto” 2011 Vigne Marina Coppi e come secondo di carne un Filetto di vitello piemontese alla Rossini con un Barolo Brunate 2006 Az. Vit. Ceretto”.

In vent’anni di carriera, di cui 12 anni passati all’estero, quali sono state le tre grandi emozioni enologiche?

“Ricordo che quando lavoravo da Georges Blanc ho aperto uno Chateau d’Yquem del 1937, considerato dalle guide di settore il vino “perfetto” da 20 punti su 20. Un noto giornalista svizzero di settore ebbe modo di dichiarare che, unica eccezione al mondo, avrebbe dato a quel vino 21 punti su 20, se avesse potuto. Ricordo che il profumo di bergamotto troneggiava elegantemente su tutti gli altri: quello Chateau d’Yquem era ancora un fanciullo dopo settant’anni! Un’altra esperienza rara l’ho vissuta al Waterside Inn di Londra, quando ho servito a tre arabi il vino più importante della mia vita, un La Tâche Grand Cru Romanée-Conti del 1978, l’annata più vecchia in carta. Ricordo che quando ho versato il primo sorso nel bicchiere, i profumi del vino si sono diffusi in tutta la sala. Non avevo mai sentito un vino con aromi terziari evoluti tanto intesi di tartufo, goudron, pelle e rum, da coprire una distanza di almeno quattro metri quadrati, tutt’intorno alla bottiglia. Non ultimo, Da Vittorio abbiamo, ancora per poco, un Cognac L’Heraud Grand Champagne 1802 a dir poco favoloso. Si tratta di una bottiglia di sei pezzi, forse rimasta l’unica al mondo. Il prezzo stimato per un bicchiere è di circa 1.000 euro”.

In quale occasione è stata aperta la bottiglia?

“Pochi anni fa, per un grandissimo estimatore di vini e distillati canadese. Già da tempo, infatti, stavamo aspettando la persona giusta a cui proporlo, perché sia io che la famiglia Cerea desideravamo che il primo assaggiatore fosse un vero esperto. L’occasione giusta è arrivata a fine cena, quando fui lui stesso a chiederci se era possibile aprire quella rarità. Erano le 2.30 del mattino quando scesi a prendere la bottiglia in cantina. Chiamai a raccolta tutta la famiglia Cerea per quell’evento, che fu straordinariamente emozionante per tutti noi. Quel Cognac era favoloso, con una persistenza di qualche ora in bocca, che tornava a più riprese con straordinaria eleganza. Ricordo perfettamente gli aromi della nocciola, che viravano verso la torrefazione e il pellame, per poi chiudersi in bocca con una potente speziatura che non finiva mai. Oggi di quel Cognac rimangono, forse, ancora un paio di bicchieri”.

Da ultimo, che consigli darebbe a un giovane sommelier?

“Di essere umile e di continuare a studiare. Mai sentirsi arrivati e cercare di trarre i migliori insegnamenti da tutti. Solo così si può iniziare a capire il mondo del vino”.

 


InGruppo torna solidale con lo Show-cooking in fiera

ingruppoPer rendere omaggio alla grande mostra di Palma il Vecchio e cogliere tutte le opportunità legate all’Expo, InGruppo torna a promuovere i propri menù a un prezzo speciale. Lo farà dal prossimo 10 marzo fino al 31 ottobre. La formula è immutata, a parte il prezzo che ha subito un leggero rialzo. Sarà pertanto possibile consumare menù completi (antipasto, primo, secondo e dolce) comprensivi di vino, bevande e caffè, al prezzo prestabilito che quest’anno passa da 99 a 110 euro a coppia. Cifra che sale a 220 euro, sempre per due persone, sia Da Vittorio (3 stelle Michelin) sia dal bistellato “Devero” di Cavenago, nuovo “acquisto” di InGruppo.

La promozione è valida a pranzo e cena e in tutti i giorni di apertura dei locali, esclusi San Valentino, Pasqua e lunedì Dell’Angelo. Si può prenotare via telefono o e-mail, ma specificando che si intende prenotare il menù “InGruppo”. Le proposte dei ristoranti verranno aggiornate periodicamente sul sito www.ingruppo.bg.it.

Il via alla nuova stagione sarà concomitante col grande evento solidale che InGruppo ha programmato per il 10 marzo alla Fiera di Bergamo. Nell’enorme corridoio centrale, i 16 ristoratori aderenti al sodalizio allestiranno altrettante postazioni per dar vita ad un suggestivo show-cooking. Ogni chef proporrà un piatto che sarà abbinato ai vini dei produttori bergamaschi del gruppo “Sette terre”.

Un format già sperimentato con successo nel dicembre 2013, quando la fiera fu raggiunta da oltre 500 persone. Ma quest’anno gli organizzatori sperano di poter superare quel traguardo per dare maggiore forza alla raccolta fondi da destinare al progetto promosso dal Rotary Club Bergamo per la realizzazione della “Casa del Bambino” all’interno della “Nuova Casa del Sole” che l’Associazione Paolo Belli sta costruendo nei pressi dell’ospedale di Bergamo. Sempre nell’ambito della serata, InGruppo lancerà una lotteria a sostegno del “Premio Francesco Arrigoni”, assegnato annualmente a una figura meritevole nel campo enogastronomico.

Il costo per l’ingresso all’evento fieristico è di 55 euro a persona.

Questi i ristoranti di InGruppo e i patti che proporranno:

A’ Anteprima (Maccheroncini alla carbonara, verza e tartufo nero), Al Vigneto (Cannolo siciliano 2015), Antica Osteria dei Camelì (Ravioli di polenta e cotechino, spinaci e grana), Colleoni & Dell’Angelo (Insalata di rombo ai semi di senape e limone candito), Collina (Lachburger), Da Vittorio (Spinato di Gandino con baccalà mantecato, meringa al lime e ajo bianco), Devero Ristorante (Patata soffice uovo e uova), Frosio (crocchette di lingue di merluzzo), Il Saraceno (Ricci-ola), La Caprese (Catalana di pesce azzurro), Lio Pellegrini (Lasagne), LoRo (Manzo nel giardino), Osteria della Brughiera (Sacher-torte 2015), Posta (Spuma di zabaione al Marsala, briciole di torta sbrisolona e gelato al marzapane), Roof Garden Restaurant (Bavarese al cioccolato bianco ivoire e cocco, cuore di lamponi, cialda croccante all’arancia), Villa Patrizia Ristorante (Calamaretti su spuma verde e pane nero tostato).

Per prenotazioni www.ingruppo_casadelbambino.it


Ranzanico, pranzo del benessere per la Festa delle donne

Un modo diverso di trascorrere la Festa delle Donne? Il ristorante Abacanto di Ranzanico va in scena una proposta all’insegna del benessere e del mangiare sano ma con gusto. L’evento si chiama BenEssere Donna e prevede il pranzo a partire dalle 12.30 seguito, alle 16, da una sessione di Biodanza al costo di 29 euro.

Questo il menù:
APERITIVO
Spremuta di Arance donna-vestito-verde
Succo di mela
Leggerezze di accompagnamento

ANTIPASTO
Cannoncini di zucchinette con tofu condito con pomodori secchi, capperi ed erbe aromatiche

PRIMO PIATTO
Risotto Carnaroli mantecato all’olio extravergine con crema di zucca e pesto di frutta secca e basilico

SECONDO PIATTO
Vegana di melanzane con scaglie di lievito ,semi di girasole e mandorle accompagnata da cous cous al curry

DESSERT
Ananas marinato allo zenzero e zucchero di canna integrale biologico

Tisana del benessere

Acque minerali

L’organizzazione ci tiene a precisare che anche gli uomini sono i benvenuti!

Solo su prenotazione (info@officinadellevento.it – Carlo Bugada 3355745229 – Veronica Ghisleni 3475328579)

L’Abacanto è in via Nazionale 2741 – Ranzanico al lago