Sbaracco, i saldi dei saldi esistono e vanno in scena a Lovere

sbarazzo lovereA Lovere è sbarcato lo “sbaracco”. Per tutta la giornata di oggi la capitale dell’Alto Sebino sarà aperta alle offerte dei commercianti per il fuori tutto di fine stagione. I commercianti della piazza, del lungolago e del centro storico allestiranno all’esterno dei proprio negozi bancarelle con proposte scontate a prezzi vantaggiosissimi.

L’iniziativa è organizzata dall’associazione commercianti Asarco e propone la formula “Saldi dei saldi”, da qualche anno proposta con successo in tanti comuni. Per i turisti è l’occasione di svuotare magazzini e vetrine senza dover passare dagli stockisti per fare spazio alle proposte per la primavera, per i turisti e gli appassionati di shopping di portare a casa qualche buon affare.

All’iniziativa, apertasi ieri, aderiscono diciotto esercizi, la maggior parte sono boutique storiche di abbigliamento e calzature, punto di riferimento per lo shopping griffato dell’Alto Sebino e della Bassa Valle Camonica.

 


“Bergamo segua Nizza per rilanciare il centro”

SentieroneNon c’è un appunto da fare all’intervista di Fontana, ha raccontato e spiegato senza indugi cosa è il centro città di oggi. Tra le righe ha definito, a mio avviso, “bigotta” le mentalità di Bergamo. Come dargli torto? Io viaggio meno di lui per il mondo ma mi basta pensare cosa è diventata la citta di Nizza, Francia, oggi. E’ diventata una città che si è trasformata, vestita, truccata e ringiovanita dopo un percorso di una decina d’anni a questa parte. Verde Verde e ancora Verde, a portata di famiglia, vivibile e bella. Hanno costruito una metropolitana leggera a raso strada senza un becco di un semaforo, quando passa suona la campana che ti avverte di toglierti dai binari, per noi fantascienza! Hanno raso al suolo metri cubi di cemento e fatto un parco metropolitano pazzesco, verde, giochi, fontane ecc…. Questa trasformazione è avvenuta, per chi volesse informarsi, in place Massena, place du paillon e place Garibaldi. Noi abbiamo un centro grigio, spoglio e confuso. Pensiamo se avessimo un Sentierone verde, un parco cittadino per le famiglie, invece di un parchetto spelacchiato dentro palazzo Frizzoni. Senza pensare a quanti bistrot o caffè o ristoranti potrebbero completare l’offerta dei posti a sedere fuori, anche d’inverno, a fare da aggregatori a genitori e nonni che vedrebbero dietro un spuntino i bambini giocare in tutta sicurezza. Magari un centro ben illuminato, non con una decina di sistemi di illuminazione diversa, che sembra di stare alla fiera del lampione. Sicuramente un centro a misura d’uomo gioverebbe al commercio, unirebbe via XX settembre a via Tasso, gioverebbe al turismo, e perché no, gioverebbe alle insegne commerciali che oggi sono veramente orientate verso il basso. Per sfizio personale mi permetto di fare due proposte extra: siccome via XX Settembre, via S.Alessandro e via S.Orsola sono strette e male esposte al sole, perché non installare degli specchi sui tetti che portino luce nelle suddette via soprattutto d’inverno? D’estate, siccome via XX settembre è torrida e ha spesso il sole basso che camminare controluce acceca chi cammina, non installare, diciamo, dei mega “ombrelloni” per creare un po’ di sollievo? Io non sono architetto o designer ma mi risulta che di tali figure in Italia ce ne siano, anche se spesso la loro firma la troviamo, come spesso capita, all’estero. Se Il Sindaco e i loro assessori dicono che Bergamo è una città europea, cosa che a me non risulta, osservo che per essere città europee bisogna fare cose europee, passando anche da queste osservazioni.

                                                                                                                                                                                                                                                                 Michele Garufi – Ottica Garufi (Bergamo)

 

 

 

Più servizi e apertura mentale per rilanciare la città

Complimenti a Tino Fontana, che con grande eleganza e tanta sincerità, è riuscito a raccontare con parole chiare, la vera realtà che in questo momento vive la nostra città di Bergamo. Sono una commerciante del centro città, precisamente di via S.Alessandro; per quanto mi riguarda, è da tempo che con Giuseppe Zilli (mio carissimo amico) lamento il degrado costante che ogni giorno, miei cari, si sente ma ancora di più si vede. Io ho avuto la fortuna di viaggiare e girare il mondo, vi posso assicurare che Bergamo ha tanto da lavorare. Cultura, apertura mentale, meno tasse e affitti più bassi, più servizi e voglia di amare la vita; solo con questi elementi si può migliorare una città meravigliosa che è Bergamo e secondo il mio punto di vista, è proprio da qui che si deve partire.

                                                                                                                                                                                                                                                                                           Loredana Odillà Andreani

 

 

 

 

Serve una migliore cultura dell’accoglienza

Tino Fontana, nell’intervista pubblicata su La Rassegna del 12 febbraio scorso dal titolo “Bergamo è ancora chiusa. Ma il centro si può rilanciare” , ha detto tutto quello che doveva dire circa un atteggiamento generalizzato (cittadini e istituzioni) che di fatto impediscono alla città di Bergamo, così come quelle località bergamasche che di turismo dovrebbero vivere, di sviluppare un potenziale che, però, è salito a bordo dell’aereo sbagliato, quello ancora fermo nell’hangar per il motivo sopra accennato.

La sensazione, per chi guarda con un certo interesse lo sviluppo turistico del territorio, è quella che le cose importanti, che il più delle volte sono anche quelle meno onerose, per dare fiato allo sviluppo, sono quelle che non vengono prese nella giusta considerazione.

Tino Fontana ne ha fatto un lungo elenco per poi concludere amaramente: “Bergamo non è mai stata una città aperta, ma credo che il centro si sia ulteriormente appiattito. Tutti i centri del mondo vivono laddove c’è una certa cultura dell’accoglienza e solo se si sa ricevere ed attrarre gente. Credo che a Bergamo la tanto ricercata “valorizzazione del centro” resti un bello slogan”.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Giuseppe Zilli

 

 

 

Affitti, i proprietari dei locali facciano la loro parte

Come tutti quelli che viaggiano e lavorano al’estero, il buon Fontana ha la visione ampia, tutt’altro che provinciale. Fa benissimo a mettere il dito nel problema dei problemi: la sostenibilità degli affitti. In effetti, si possono programmare le migliori politiche urbanistiche, mettere in calendario eventi su eventi, ma se c’è la crisi e i portafogli restano vuoti i consumi non cambieranno mai marcia. E pagare i canoni elevati resta impossibile. Per questo credo che anche i proprietari degli immobili debbano fare la loro parte, abbassare le pretese in attesa di tempi migliori.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                         Un commerciante

 


L’Ascom: “Speriamo nel senso unico sulla circonvallazione interna”

Soffre il settore dell’abbigliamento e quello degli alimentari, vince chi si specializza o punta a prodotti innovativi. Ma sono ancora pochi. Questa la situazione del commercio a Treviglio fotografata dalla delegazione Ascom, presente con i propri uffici in via Madreperla. Nonostante l’organizzazione di eventi e l’avvio di nuove iniziative per ridare slancio alle attività, anche con il contributo del distretto del commercio, nella cittadina non sembra attecchire il motto l’unione fa la forza. Va però rilevato che le azioni spesso vengono criticate in quanto sembrano tutelare solo gli interessi di chi opera nel centro storico (260 attività) emarginando le periferie (270 attività). «È sempre stata una caratteristica del commercio trevigliese – rileva Beppe Quirico, responsabile della delegazione Ascom –, prevale la chiusura ed è difficile raccogliere la piena adesione: un vero peccato perché più coesione e fiducia nella rappresentanza darebbero forza alle idee e ai progetti che pure vengono messi in campo». Negli ultimi mesi però qualcosa si è mosso e si è creato un gruppo di commercianti su Facebook.

Il tema al centro della discussione negli ultimi tempi è il progetto dell’amministrazione comunale di interrare il parcheggio di piazza Setti. «Per un anno i negozianti del centro resteranno senza parcheggio. Già lamentano poche vie d’accesso, è come se la cittadina fosse fatta apposta per passarci e uscirci – spiega Carlo Garzetta, che segue la parte delle pratiche amministrative per l’Ascom -. Una buona novità potrebbe, invece, essere l’introduzione del senso unico nella circonvallazione interna, che renderebbe il traffico più lineare».

Alcune attività, comunque, reggono: i tabaccai, i bar, seppur agevolati dalla presenza delle slot machine, ma funziona anche chi investe in prodotti non facili da trovare, come gli alimenti per celiaci. Aprire un negozio o un esercizio non è però così semplice come potrebbe sembrare. «Mi è capitato di ricevere ragazzi che, intenzionati ad avviare un bar e supportati dal finanziamento dei genitori, mi dicessero: “In fondo che ci vuole per fare un caffè?” A loro cerco di far capire che, invece, “ce ne vuole”– sintetizza Garzetta -, e che è necessario avere una buona formazione per affermarsi». Il commercio inoltre, è sempre più visto come un’alternativa alla disoccupazione dopo che si è perso un lavoro da dipendente, a patto che si abbia qualche risparmio alle spalle. «Si cerca una nuova chance, ma credo che venditori un po’ si nasce e di certo ci si afferma solo se ci sono passione, voglia di confrontarsi e stare al passo con i tempi – aggiunge Quirico -. L’improvvisazione è pericolosa, soprattutto in una situazione difficile quale questa e dai margini di guadagno ridotti, ma va anche sottolineato che gli obblighi amministrativi e fiscali, con i relativi costi, non fanno che aumentare e questo, unitamente alla difficoltà nell’ottenere finanziamenti, rappresenta un forte deterrente alle nuove aperture».

Tra i settori in sofferenza resta l’abbigliamento. I tempi non sono rosei a Treviglio e nei paesi circostanti nemmeno per gli ambulanti e per chi vende alimentari. Difficile pure vedere nuove cartolerie. Molti locali aprono facilmente e altrettanto chiudono. «Magari si vede un locale affollato, ma occorre tener presente che il proprietario deve fare i conti con spese, soprattutto l’affitto dei locali e costo dei dipendenti», specificano dall’Ascom. Chi incontra ogni giorno gli imprenditori è anche certo però che «chi ha il commercio nel sangue potrebbe vendere qualsiasi cosa». Ed è un bell’invito a crederci.


L’indagine / A Treviglio parcheggi nel mirino dei commercianti

Marta MessaCartoleria Rossetti / Marta Messa, 29 anni

  • Qual è la situazione delle vendite?

“Il negozio è frequentato, ma la gente è attenta ai prezzi, acquista molto meno e anche se il numero degli scontrini è invariato, il valore è inferiore. Noi cerchiamo di tagliare le spese, ma è difficile”.

  • Cosa influisce nel calo?

“Nel nostro caso i centri commerciali, sono troppi e vicini. Così, se abbiamo cento clienti, dobbiamo dividerci la torta e misurarci con gli shopping center dalla concorrenza spietata”.

  • Quali sono le altre criticità che potrebbero pesare?

“La costruzione del parcheggio interrato in piazza Setti creerà un grande disagio. E’ un’ulteriore legnata per chi è già in sofferenza da anni. Noi stringiamo i denti, ci impegniamo a tenere aperto, ma vorremmo che l’amministrazione comunale ci venisse incontro”.

  • In che modo?

“Dovrebbe esserci il dimezzamento delle tariffe orarie nelle strisce blu. Io posso farmi la strada a piedi, ma i clienti no. E chi viene da fuori, come Brignano o Caravaggio, ci penserà due volte prima di fare acquisti a Treviglio”.

 

Limited edition / Dario Lonatidario Lonati

  • I negozi di streetwear sono in controtendenza, segnano un incremento positivo notevole negli ultimi sei mesi, perché?

“Proponiamo prodotti di nicchia, destinati a una fascia di giovani dai 13 ai 20 anni. Ricerchiamo capi anche sui mercati di Stati Uniti, Inghilterra e Germania, questa è la nostra forza”.

  • Quali sono le criticità di Treviglio?

“Do il mio supporto ai commercianti che si oppongono al parcheggio interrato di piazza Setti. Spostare i posti auto da sopra a sotto è inutile, tanto più che si crea un disagio a ridosso dell’Expo, quando sarà necessario accogliere e agevolare il flusso di visitatori”.

  • Non ci saranno benefici?

“Potrà essere la circonvallazione a senso unico, sono curioso di vedere cosa accadrà nelle ore cruciali, la mattina e dopo le 17, quando i cittadini escono dagli uffici. Aspetto di vedere prima di giudicare”.

 

Paola SteffanoniStefanoni 1907 / Paola Steffanoni

  •  Qual è la ricetta per sopravvivere alla crisi?

“Proporre una montagna di offerte e articoli nuovi e originali, che ricerco nelle fiere” risponde Paola Steffanoni, titolare dell’omonimo negozio di Casalinghi in via Roma 3, aperta dal bisnonno nel 1907.

  • Come sono cambiati gli acquisti?

“Si percepisce una mancanza di liquidità in generale. La gente si è abituata ai prodotti che costano meno. Il 2014 in questo caso è stato il peggiore”.

  • Cosa chiederebbe al sindaco?

“Il motivo della costruzione del parcheggio interrato. Stringiamo i denti, speriamo ci sia un beneficio futuro. Ma dopo l’Upim, con piazza Garibaldi ristrutturata e l’anfiteatro davanti alla biblioteca, usato dai ragazzi con lo stereo come ritrovo, mi domando se siano soldi ben spesi.”

  • Ha un sassolino da togliersi dalla scarpa?

“Sì. Vengono organizzate sempre più attività per attrarre clienti e animare il centro storico, ma spesso sono proposte la domenica. Non ha senso. Tenere aperto in un giorno festivo per noi comporta un costo notevole e poi significa spalmare i già pochi clienti su sette giorni. Vanno bene le iniziative, ma che siano in settimana”.

Bomboclat / Loredana AbramiLoredana Abrami

  • Cosa potrebbe incentivare gli acquisti?

“Un uso più razionale dei parcheggi già esistenti, come quello interrato di fronte alla succursale della posta o in zona mercato, il pomeriggio deserti. Bisogna far capire ai clienti che ci sono alternative per parcheggiare l’auto”.

  • All’amministrazione comunale cosa chiederebbe?

“Il sabato pomeriggio è il giorno deputato allo shopping, incentiviamolo”.

  • E cosa pensa delle aperture domenicali o serali?

“Non tutti aprono in orari inconsueti, a mio parere spalmano le affluenze, e non agevolano il commercio”.

 

Paolo RivaPasticceria Riva / Paolo Riva

  •  Le pasticcerie che fanno anche da ritrovo sono in aumento. Ci sono buoni margini nel settore?

“E’ vero, i locali spesso sono affollati, ma il potere d’acquisto è diminuito. Bisogna metterci il cuore, creare l’atmosfera giusta, offrire un ottimo rapporto qualità-prezzo, proporre una pubblicità mirata così che il cliente sa perché deve venire a passarci qualche ora o acquistare un prodotto”.

  •  Un mito da sfatare?

“Si dice che oggi è impossibile assumere, è falso. E se l’azienda funziona dipende solo da noi”.

  •  Cosa pesa nel vostro settore?

“La vicinanza con altre cittadine, come Crema. Dobbiamo collaborare per rendere Treviglio sempre più appetibile”.

  • Cosa chiederebbe al sindaco?

“Per me vale il motto no parking, no business. Sono favorevole alla costruzione del parcheggio interrato in piazza Setti: con il senso unico diminuirà il tempo di percorrenza e saranno creati altri posti auto lungo la circonvallazione. Ma ci vorrebbero più parcheggi anche in tante altre piccole zone”.

  •  Intende più strisce bianche?

“Ormai quelle sono una chimera, iniziamo a agevolare chi entra in città la domenica”.

 

Federico SelvaggioProfumeria Controcorrente / Federico Selvaggio

  • Cosa non funziona a Treviglio?

“Le aperture collegate a eventi la sera e la domenica sono un flop commerciale. Al giorno d’oggi con la concorrenza dei centri commerciali sono dei palliativi, la gente si abitua e le attività non ne traggono nessun vantaggio economico. I commercianti, al contrario, vanno incontro a spese e perdono tempo da dedicare alle famiglie o al volontariato”.

  • Cosa proporrebbe?

“Fondi, sforzi e risorse devono essere mirati. Vorrei venisse programmato un grande evento al mese, in modo che catalizzi davvero l’attenzione dei cittadini, magari in concomitanza con il mercatino. E che le attrazioni si estendano a chi ha un negozio sulla prima fascia esterna. Paghiamo le tasse come centro storico, non vedo perché essere esclusi. Mi chiedono i contributi, ma io voglio ricevere servizi come gli altri”.

Annalisa RonchiLe delizie del palato / Annalisa Ronchi

  •  Come sono cambiate le abitudini dei trevigliesi?

“Il 2012 è stato l’anno dell’impennata. Oggi non badano più alla qualità. Risparmiano anche sul cibo: se prima acquistavano un chilo di pane e quattro focacce, ora puntano a mezzo chilo e una focaccia”.

  •  Voi come reagite?

“Cerchiamo di non aumentare i prezzi, anche se per noi il costo di farine e farciture è lievitato”.

  • Cosa vi penalizza?

“C’è gente che apre dal nulla e propone prezzi stracciati, sono gli improvvisati, ci vorrebbe un controllo maggiore sulle licenze. La gente va da loro perché risparmia anche se la baguette non è fresca, ma quella precotta dell’Esselunga”.

  •  Oltre alla qualità cosa fa la differenza?

“La cortesia, la pazienza e la capacità di assecondare il cliente”.

  • Lei viene dall’hinterland di Milano, cosa l’ha spinta ad aprire un’attività a Treviglio?

“Mi piaceva il posto, ho imparato a conoscere la gente e ad adeguarmi alle sue esigenze. Si credono milanesi, per la vicinanza con la metropoli, ma sono molto provinciali”.

 

 Liberty / Elena Nissoli

  • Il suo negozio (vendita prodotti per celiaci e intolleranti al lattosio ) è in zona Nord, decentrato rispetto al centro. Quali sono le difficoltà?

“I commercianti organizzano iniziative, ma sono relegate a piazza Garibaldi. E poi il paese manca di vitalità, che dipende dalla qualità dei locali. A Treviglio ci sono pochi bar. La periferia, poi, è un po’ sottotono. I paesini più piccoli offrono di più”.

  • Cosa potrebbe fare l’amministrazione comunale?

“Occorre avere un occhio di riguardo nei confronti di chi apre un’attività di intrattenimento. Spesso sono penalizzati dall’isola pedonale in centro e dai limiti orari imposti per non disturbare chi, giustamente, vuole dormire”.


I distillati di cereali: il whisky

WhiskyIl mondo nel bicchiere in sei serate per offrire una panoramica dedicata a distillati e liquori celebri composti con ricette tradizionali di ogni luogo della terra, eredità di antiche pozioni curative e dell’uso della fermentazione per conservare materie prime nutrienti. Li organizza la condotta Slow Food Valli Orobiche. Si inizia il 3 marzo, alle 20,30, con il Whisky con la conduzione di Claudio Riva, uno dei più grandi esperti eDocente Master of Food di Slow Food che parlerà dei “Distillati di cereali: il Whisky”, inventato in Irlanda distillando mosto di cereali, probabilmente lo stesso da cui si ricavava la birra. Scotch, Irish, Bourbon, Rye, Sour Mash, Canadian, sono i nomi per indicare i differenti distillati di orzo, avena, frumento, segale e granoturco discendenti dall’antica uisge beatha, l’acquavite gaelica. Sono prodotti oggi in gran parte del mondo.

Costo: Soci Slow Food e Under 31 € 20,00; non ancora Soci € 35,00 compreso tessera Slow Food (da confermare)

Info e prenotazioni: condotta@slowfoodvalliorobiche.it – 335 336 334


Ad Alzano debutta una struttura per i giovani: ricambieranno fornendo i propri servizi

Il protocollo P@sswork che legge il coworking in chiave solidale e sociale è stato una sorta di illuminazione per il Comune di Alzano. «Avevamo avviato una ricognizione degli spazi dismessi presenti in paese – racconta Maurizio Panseri, assessore alle Politiche sociali, giovani e sport – ed era in atto una riflessione su come renderli di nuovo vivi. Tra questi spazi, c’era anche la sede nel centro del paese della cooperativa sociale San Martino, rimasta libera dopo il trasferimento delle loro attività. La collaborazione già in atto tra Comune e cooperativa, che si occupa di disabilità, su alcuni progetti e la richiesta da parte di un gruppo di giovani di trovare delle opportunità ha fatto scattare l’idea di realizzare uno spazio di lavoro condiviso e il protocollo P@sswork ha fornito le modalità per farlo». Coinvolti sono sette ragazzi, tra i 21 e 30 anni, di Alzano e dei comuni vicini, che operano nei settori web, design e video. A loro viene concessa la struttura in comodato gratuito dalla cooperativa, mentre il Comune si farà carico delle utenze. In cambio i ragazzi forniranno gratuitamente i propri servizi, ad esempio brochure, video e campagne promozionali, a Comune e cooperativa. «Non è nemmeno un incubatore – evidenzia l’assessore -, ci piace considerarlo un “nido”, un luogo dove i ragazzi potranno avere le proprie postazioni e cominciare a lavorare. La scelta dei settori di attività è legata al fatto che si tratta di servizi sui quali l’ente e la cooperativa sono sguarniti, ma è soprattutto un modo per responsabilizzare i componenti del coworking, far capire che anche loro devono dare il proprio contributo al progetto».
Trattandosi di una modalità inedita, ha richiesto un certo impegno la ricerca degli strumenti più adatti per formalizzare l’accordo. E non sono mancati autentici loop burocratici, come il fatto che per dare vita all’associazione dei coworker servisse indicare una sede, che però non c’era finché la stessa associazione non firmava il contratto di comodato con la cooperativa. «Alla fine però ce l’abbiamo fatta e l’associazione dovrebbe nascere a breve – annuncia Panseri -. Era importante definire alcune precise regole d’ingaggio, come il fatto che i ragazzi devono essere presenti per almeno un anno ma non possono restare più di due, mentre sul ritorno in termini di servizi al Comune l’idea è di dare vita ad un rapporto semplice di scambio. In fondo l’impegno economico dell’Amministrazione è modesto, ma il valore dell’iniziativa è grande. È senz’altro un modo per dare un segnale positivo ai giovani, che magari realizzano i propri progetti in casa e tirano avanti con i classici lavoretti. Compito dell’Ente pubblico non è fare impresa ma dare opportunità e supporto. Toccherà ai giovani sviluppare la propria attività facendola diventare una professione a tutti gli effetti, ma se al termine della permanenza nello spazio di co-working vedremo nascere qualche attività potremo dire di aver centrato l’obiettivo e di aver stimolato quell’imprenditorialità diffusa che, con la crisi delle grandi fabbriche, è una delle principali risposte ai problemi occupazionali».


Coworking, anche a Bergamo cresce la voglia di lavorare insieme

La crisi occupazionale ha probabilmente accelerato un processo la cui direzione è comunque chiara. Lo sviluppo rapido e l’altrettanto rapida obsolescenza di prodotti e servizi “mette a rischio” pressoché ogni lavoratore e professionista, chiamato perciò a rimettete in discussione continuamente la propria attività. Non è un caso, allora, che stiano nascendo nuove forme di collaborazione capaci non solo di creare opportunità di lavoro, ma soprattutto di rispondere al bisogno di fare innovazione e stare sul mercato. Una di queste è il coworking, la condivisione di spazi tra professionisti, artigiani, partite Iva, che diventa contemporaneamente contaminazione di idee e progetti. A Seriate ha cominciato a pensare a questa modalità un gruppo di lavoro formato da Acli, Anpi, Cgil, Cisl, Pd, Rifondazione comunista e la nuova associazione Statale 42, promotori di un ciclo di tre incontri per comprendere meglio il tema e di un sondaggio per raccogliere l’interesse e le esigenze del territorio sul quale costruire un proprio piano locale di coworking.
Gli incontri hanno permesso di conoscere alcune esperienze già avviate o in fase più avanzata di realizzazione, facendo scoprire un certo fermento anche in Bergamasca. A cominciare dal protocollo d’intesa P@asswork, siglato da Acli, Cgil, Patronato San Vincenzo, cooperativa Aeper e Imprese & Territorio, che hanno deciso di costruire azioni integrate sui temi del lavoro, in particolare progetti innovativi di coworking solidale e incubatori. L’accento solidale è legato ai valori e alla vocazione delle realtà coinvolte, prevede perciò «la costruzione di uno schema del lavoro equo e inclusivo, attento alla tutela dei diritti delle parti più deboli».
«Con questo tipo di collaborazione – afferma Corrado Maffioletti per l’Acli – si condivide la necessità di confrontarsi con amministrazioni comunali, enti locali, università per favorire l’incrocio tra i bisogni del territorio e le progettualità e quella di fare rete, in modo che ogni esperienza possa entrare in sistema con le altre».
Nel Toolbox di via Pignolo, lo spazio che la Cgil di Bergamo dedica alle politiche giovanili e che è diventato un punto di incontro e progettazione comune per alcune associazioni giovanili, è stato ad esempio messa a punto un’idea particolare di coworking, «nel quale è possibile mettere a disposizione delle persone interessate a lavorare insieme degli spazi pubblici – spiega Marco Toscano – e che queste possano ricambiare fornendo servizi alla collettività, come potrebbe essere, restando nel campo delle professioni giovani e innovative, lo sviluppo di una app per un Comune o altri servizi per la popolazione».

Credono nella condivisione di spazi e competenze anche i ragazzi di Fablab Bergamo, associazione che gestisce un laboratorio dedicato alla stampa 3D, ospitato da un anno all’interno del Patronato San Vincenzo con il progetto “Fablab Bergamo in Patronato Hub”. «I Fablab sono presenti in tutto il mondo – ricorda Simona Faccioni, studentessa di Ingegneria e socia attiva del Fablab bergamasco – e vogliono offrire l’opportunità agli studenti, ma non solo, di fare pratica dopo aver appreso la teoria. In questo spazio sono infatti a disposizione di tutti macchinari e programmi che realizzano la nuova figura del maker, l’artigiano digitale. Teniamo inoltre corsi che insegnano a disegnare e stampare in 3D». Ma nel Fablab si condividono anche le conoscenze ed i risultati. «Il mondo della stampa 3D è open source – ricorda -, non ci sono perciò “gelosie” nel mettere a parte gli altri dei propri risultati, anzi, la regola è esattamente il contrario, la convinzione è che più ci si confronta più si cresce tutti e più in fretta». Non a caso da Fablab Bergamo sono già nati tre spin off, uno dedicato all’ecodesign, uno alla stampa 3D e uno ai droni.
Seriate invece ha scelto di partire dal basso. «Oggi è chiaro che il problema del lavoro non può avere risposte univoche, ma va affrontato in modo multiforme – evidenzia Renato Sarli, presidente dell’associazione Statale 42 –. Il coworking non è una soluzione ai problemi dell’occupazione ma è un modo diverso di pensare al lavoro. Noi abbiamo scelto di partire dal dubbio, di sondare quindi l’orientamento delle persone su questo tema e, al tempo stesso, l’interesse della aziende ad avvalersi di lavoro dall’esterno. Ne è nato un questionario, compilabile anche on line, e nell’ultimo dei tre incontri che abbiamo organizzato (in programma giovedì 26 febbraio alla biblioteca di Seriate alle 20.45 ndr.) ci confronteremo sui risultati con amministratori, imprenditori, politica e sindacati per vedere se si può realizzare uno spazio che possa diventare un motore per chi sta cercando lavoro, e non sono soltanto i giovani».


La lettera del commerciante: “Io sempre più in trincea”

Spettabile redazione, sono un piccolo commerciante della provincia di Bergamo che a fatica, come tantissimi altri, cerca di sopravvivere a questa crisi economica, alla mal gestione del commercio ed agli impegni economici che lo Stato ci impone. Arrabbiato con i vari rappresentanti dei politici che continuamente sbraitano in TV e sui giornali il problema del piccolo commercio, senza però nulla risolvere.

Nei paesi le serrande continuano ad abbassarsi ma nessuno si impegna seriamente a risolvere il problema, solo parole e parole.

Ho una cartoleria che da solo mi devo e cerco di gestire nel miglior modo possibile, ho 62 anni, e se con me ci fosse uno dei tanti ragazzi disoccupati di cui tanto si parla, la gestirei anche meglio, ma non posso permettermi tale lusso.

Sono una di quelle piccole attività che facendo anche un servizio alla comunità come fotocopie, fax, mail, stampe, cose che ancora i supermercati non fanno, oltre al materiale scolastico, riesce a stento a sopravvivere.

Il problema secondo il mio modesto parere non si risolve con l’aiuto della Regione Lombardia che tramite i Comuni stanzia ogni 4 anni dei fondi per il piccolo commercio e nemmeno con la nascita dei vari distretti che a nulla portano se non ad illudere il piccolo commerciante di risolvere il problema.

Il problema è molto più profondo, e sta semplicemente nella serietà sulla gestione del commercio, senza più regole, partendo dai grossisti che fanno ciò che vogliono e chi è del settore sa bene a cosa mi riferisco.

Alla vendita online, e poi si parla di kilometro zero, di inquinamento atmosferico ed acustico, con miglia di furgoncini che scorazzano per consegnare un piccolo pacchetto, ma la soddisfazione di uscire di casa, girando per le vie guardando le vetrine ( ormai rare ) non c’è più, non si ha più tempo per queste cose, meglio restare a casa davanti al computer (altro grande problema soprattutto giovanile ) ad ordinare e chattare.

Si esce solo il sabato con tutta la famiglia per la spesa settimanale, destinazione il centro commerciale, che più grande è meglio è cosi magari ci porto anche i figli la domenica.

Ma ci rendiamo conto che per comprare una lampadina ormai dobbiamo prendere la macchina?

E’ anche vero che un po’ di colpa è anche del piccolo commerciante che manca di professionalità, il negozio ereditato dal papà continua cosi senza nessun rinnovamento e senza una specializzazione oggi indispensabile, continua a rimanere un piccolo bazar, forse è qui che il commerciante va stuzzicato, forse è qui che dovrebbe intervenire l’esperto del commercio e non in iniziative mal pubblicizzate e copiate dai supermercati.

Si potrebbe continuare ma non finiremmo più, spero solo che questo mio piccolo sfogo, questa lamentela di un piccolo commerciante che sicuramente non è solo mia ma anche di molti altri, possa riuscire a mettere delle regole serie al commercio.

Ringrazio per l’attenzione e porgo distinti saluti.
A.A


Arte, cibo e sfilate: così decolla un museo

L'Accademia Carrara di BergamoLa rimessa a nuovo del Colosseo e della Fontana di Trevi hanno finalmente portato l’attenzione sul fenomeno globale delle sponsorizzazioni culturali. Nel Paese che vanta il maggior numero di siti protetti dall’Unesco, il connubio tra industria e mondo della cultura si è risvegliato po’ in ritardo rispetto ad altri luoghi, con i soliti snob e accademici a storcere il naso e mostrare grande perplessità davanti al mecenatismo del 21esimo secolo.

A Londra, dove l’industria culturale è sempre in fermento e le gallerie vengono frequentate quasi più dei cinema, l’alleanza tra arte e business è ormai consolidata e ha consentito la rinascita di musei e istituzioni, che da edifici polverosi ed elitari, sono divenuti luoghi dove è normale incontrarsi il venerdì sera.

Il ruolo dei sostenitori privati è divenuto essenziale dopo i significativi tagli governativi del 2010 alla cultura. Banche, aziende di consulenza, studi di avvocati internazionali sono divenuti la versione contemporanea di Lorenzo de’ Medici, con i loro loghi posizionati strategicamente sui manifesti e i materiali promozionali. Lo scenario tra cui scegliere è vasto e vi è grande flessibilità: si può sponsorizzare una mostra delle durata di tre mesi o diventare un “patron” per diversi anni. I benefici sono molteplici, per tutte le parti. Qualche esempio: i grandi musei possono permettersi di pagare curatori e prestiti di opere importanti, allestendo le cosiddette grandi mostre, che attraggono le masse e rimpinguano le casse dei musei e dei loro bookshop.

Le aziende hanno altri vantaggi. In primo luogo le tasse, perché, con un approccio pratico e conveniente, sponsorizzare o fare una donazione a scopo artistico è detassato. In secondo luogo ci sono dei vantaggi quali accesso in orari riservati, visite guidate per membri del consiglio di amministrazione e i clienti, ingressi scontati e molto spesso gratuiti per i propri dipendenti, possibilità di tenere cene e feste in luoghi storici e prestigiosi.

I musei si sono organizzati a dovere, diventando macchine commerciali organizzatissime, che vanno ben oltre il bookshop con tutti i gadget della mostra. E’ una vera e propria industria dell’intrattenimento che ha creato nuovi posti di lavori e reso comune un uso dei musei che non si ferma alle ore tradizionali di apertura al pubblico, ma va avanti fino a notte fonda. Un bellissimo connubio è nato – negli ultimi anni – tra questi spazi e le grandi case di moda. Si è perso ormai il conto del numero di stilisti che utilizzano luoghi come il V&A o il British Museum per il lancio della propria collezione. Somerset House, che ospita una delle collezioni di impressionisti più belle al mondo al di fuori del Museo D’Orsay di Parigi, è divenuta da qualche anno a questa parte, la sede ufficiale della London Fashion Week, ospitando decine di sfilate tra le sue mura e i suoi lunghi corridoi. Un altro punto forza su cui i musei hanno puntato è il cibo, perché hanno capito in fretta che le più belle opere d’arte o i reperti storici più unici al mondo non bastano a creare un’esperienza memorabile. Un buon caffè e una fetta di torta possono fare la differenza quando si è colti da “museum fatigue”.

Queste caffetterie diventano – specialmente durante la settimana – luoghi che giovani mamme e pensionati usano per incontrarsi, gomito a gomito con chi vi fa un formale incontro di lavoro.

Il museo veste diversi abiti a seconda del momento della giornata, divenendo luogo di scambio di idee, business e aggregazione, senza tradire le sue origini.


I sapori della caccia in tavola in 34 ristoranti bergamaschi

caccia in cucina - logo“Caccia in cucina” fa tredici. Tante sono infatti le edizioni della rassegna regionale che valorizza la tradizione venatoria promossa da Anuu Migratoristi, con la collaborazione delle associazioni dei ristoratori. In Bergamasca l’iniziativa è coordinata dall’Ascom ed anche quest’anno (da lunedì 23 febbraio a domenica primo marzo, ma non mancano insegne che hanno scelto di prorogare l’iniziativa di una settimana) offre la possibilità di spaziare sul territorio e tra le proposte. I ristoranti che partecipano sono 34 e assicurano nel periodo della manifestazione la presenza in carta di un piatto o di un menù completo a base di selvaggina, che potrà essere abbinato ai vini più adatti e accompagnato ad altri prodotti locali e della tradizione rurale. Cervi, caprioli, camosci, cinghiali e ancora lepri e uccelli, preparati nelle ricette più classiche accanto all’immancabile polenta oppure in piatti rinnovati dalla personale interpretazione degli chef: non resta che assaggiare.

Ecco chi partecipa

  • A Bergamo: Al Vecchio Tagliere, Il Circolino, I Sapori di Terra e Mare, Ol Giopì e la Margì.
  • In provincia: Isola Zio Bruno (Albino), Locanda della Corte (Alzano Lombardo), Trattoria Visconti (Ambivere), Villa Cavour (Bottanuco), Corona (Branzi), Osteria Da Mualdo (Capriate San Gervasio – Frazione Crespi), La Teglia (Castione della Presolana), Vecchi Ricordi da Gimbo (Cene), Hotel Ambra (Clusone), Garden Hotel (Fino del Monte), Il Platano da Gira (Foresto Sparso), K2 (Gaverina), Hotel Ristorante Gromo (Gromo), Le Ciel (Madone), Trattoria Bolognini (Mapello), Coq d’Or (Nembro), Albergo Ristorante Piazzatorre (Piazzatorre), Trattoria Del Moro (Ponteranica), Bellavista (Riva di Solto), Poggio d’Oro (Riva di Solto), Al Vecchio Tagliere (Scanzorosciate), Hotel Ristorante San Marco (Schilpario), Da Pacio (Spinone al Lago), Don Luis (Torre Boldone), Della Torre (Trescore Balneario), Quadrifoglio (Urgnano – fraz. Basella), Trattoria Ca’ dell’Orto (Villa d’Almé – Bruntino), Ristorante Cadei (Villongo), Al Vecchio Tagliere (Zanica), Da Gianni (Zogno).