Role playing, così l’azienda
fa decollare la formazione

Dottor Bergamaschi
l’azienda per la quale lavoro mi ha comunicato che prossimamente sarò impegnato insieme ad altri colleghi in sessioni di role playing. Lo scopo è formativo. Ora, non so bene cosa aspettarmi e soprattutto non sono così sicuro che possano essere funzionali a migliorare la mia performance lavorativa e quella dei miei colleghi. Lei che ne pensa di questo percorso?

e-mail, Calvenzano

È vero che non tutti lo conoscono ed è vero che chi lo conosce, spesso cerca di evitarlo per la “messa in gioco” che sottende, ma il role playing è un efficace strumento di formazione aziendale che rappresenta una reale risorsa per il miglioramento delle performance a 360 gradi; basato sulla simulazione di una situazione specifica o di un evento, presuppone il coinvolgimento di un gruppo di persone, che sono chiamate ad immedesimarsi e a vestire “un ruolo” e ad ipotizzare soluzioni. È quindi universalmente considerato un metodo attivo nell’ambito dei processi formativi dell’adulto, per la duplice possibilità di coinvolgere un gruppo attorno ad un tema centrale (molto caro all’azienda che lo utilizza) e di permettere al tempo stesso un apprendimento emotivo individualizzato per ogni partecipante.
Nello specifico durante una sessione di role-playing si richiede ai partecipanti di svolgere, per un tempo limitato, il ruolo di “attori”, di rappresentare cioè alcuni ruoli in interazione tra loro, mentre altri sono invitati ad osservare con attenzione e ad esaminare i processi che scaturiscono dalla rappresentazione manifestata, talvolta supportati da schemi o griglie che ne facilitano il compito. Ai partecipanti vengono assegnate delle “parti” che definiscono il loro ruolo nella situazione aziendale o extra-aziendale che si vuole ricreare e che contengono anche alcune indicazioni su come condurre alcuni aspetti e sulle caratteristiche e le modalità comportamentali del ruolo da assumere. Gli “attori” devono comunicare ed agire seguendo le indicazioni che sono state loro consegnate, stando attenti a non assecondare troppo le personali inclinazioni; questo non perché si vogliono dei robot o individui omologati negli atteggiamenti, ma perché il rischio è quello di cadere nello psicodramma invece che fare affidamento sulla personale creatività, che è sempre ben accetta. Al tempo stesso chi osserva, non deve cadere nell’errore di giudicare o esprimere pareri sulle performance in corso, almeno fino a che la sessione non sia terminata; una volta conclusa, il gruppo, aiutato da un conduttore, riporta le osservazione ed impressioni e formula ipotesi di miglioramento per la situazione appena vista. Oltre ai partecipanti, vi è infatti un conduttore, che funge da supervisor e maestro d’orchestra e che può essere accompagnato da un assistente, che oltre essere in grado di impersonare ruoli particolari, se necessario, lo aiuta nell’osservazione e nella registrazione di quanto avviene.
Quindi il role playing offre reali opportunità di apprendimento perché permette a colui che vi partecipa di agire come se si trovasse in una situazione professionale reale, per poi vagliare le sue performance insieme al trainer e al gruppo; inoltre un altro dei vantaggi della sua applicazione sta nel fatto che, a differenza della situazione reale, il processo che si sviluppa nel gioco di ruolo, non avrà conseguenze nella vita professionale del lavoratore e dell’azienda. Se le sessioni sono ben organizzate e condotte efficacemente, i partecipanti sviluppano nuove capacità comunicative e relazionali, migliorano la capacità di ascolto e di comprensione dei diversi punti di vista, imparano ad osservare e ad analizzare i comportamenti altrui, sviluppano capacità di mediazione ed elaborano strategie per affrontare situazioni reali complesse.
Oggi lo strumento del role playing può essere utilizzato per diversi obiettivi e nelle organizzazioni aziendali è usato principalmente per: addestrare il personale, attraverso l’assegnazione di precise istruzioni per lo svolgimento di una certa mansione, per selezionare i nuovi lavoratori, valutandoli in base al comportamento agito all’interno dei vari scenari della vita organizzativa e per formare i lavoratori, soprattutto in tema di acquisizione di capacità legate al “saper essere” e di quegli aspetti meno prescrittivi e più personali, che lasciano emergere l’individuo con le sue caratteristiche e la sua creatività. Certo è che il role playing può essere fonte di cambiamento, solo se si riconosce l’esistenza di una disfunzionalità o di una possibile migliorabilità dei processi aziendali e solo se si possiede la consapevolezza dei benefici che la promozione al cambiamento, può comportare; in caso contrario non servirà a nulla.
Personalmente sono un fan del role playing e all’inizio della mia carriera ne ho frequentati parecchi, per poi con il tempo vestire i panni del conduttore; sono trascorsi un po’ di anni, ma continuo a ritenerla un’esperienza formativa utilissima, che dovrebbe rientrare negli strumenti formativi di ogni azienda. Da conduttore, ero solito cominciare le mie sessioni con una delle frasi più note di Italo Calvino, che non è stato solo uno dei narratori italiani più importanti del Novecento, ma anche un intellettuale di grande impegno politico, civile e culturale: “La vita è un insieme di avvenimenti, di cui l'ultimo potrebbe anche cambiare il senso di tutto l'insieme”. Il senso del role playing dovrebbe essere questo.


Alzano, nuovo sprint per le Botteghe.
Arrivano quattro notti bianche  

Le notti bianche di Alzano, Alzano Sopra e Nese hanno quest’anno un unico sottofondo musicale, la “Alzano Blues Street Competition”, un concorso per gruppi e solisti emergenti che si esibiranno con brani di propria produzione nelle strade dei tre centri, collegati per l’occasione da una navetta. La manifestazione – organizzata dalla Comunità delle Botteghe in collaborazione con il distretto del commercio Insieme sul Serio e l’associazione Kilometro della Cultura – si articola in quattro serate, una al mese da maggio a settembre, tranne ad agosto, ed è legata ogni volta ad un tema diverso, sviluppato dai commercianti con proprie iniziative. Si comincia giovedì 8 maggio con “Fiori & Colori”, che prevede decorazioni a tema, esposizioni di opere di giovani artisti, giochi e laboratori per bambini, flash mob, quadri e pannelli realizzati dai bimbi delle scuole materne, e ancora sfilate di moda, visite guidate, l’apertura straordinaria del Museo d’Arte Sacra di San Martino, un incontro sui fiori nell’Ayurveda. I negozi saranno aperti fino alle 23, otto i musicisti in gara.
«La buona riuscita della notte bianca lo scorso anno, che per la prima volta ha riunito nelle iniziative Alzano, Alzano Sopra e Nese ed ha visto il graditissimo debutto della navetta – racconta la presidente della Comunità delle Botteghe Silvia Monzio Compagnoni -, ha dato una nuova carica all’associazione, spingendoci a pensare qualcosa di più strutturato per quest’anno. Si è capito che uniti si è più forti e c’è la volontà di mettere insieme risorse ed energie per cercare di ravvivare i centri storici delle tre zone. Hanno aderito più di 50 attività, un segnale importante di svolta, di un rinnovato entusiasmo e impegno». Da fare, in effetti, ce n’è. Per indicare la complessità della “missione” la presidente usa l’espressione «far rinascere la fenice», sottolineando come la chiusura delle attività commerciali in ognuna delle tre realtà, abbia portato «a situazioni talvolta desolanti, rendendo i centri sempre più simili a dei dormitori». «Noi invece crediamo nel piccolo commercio – ribadisce -, nella qualità che possiamo offrire, nelle relazioni e vogliamo far tornare a vivere il paese», un’affermazione che lei stessa conferma tutti i giorni nel negozio di abbigliamento ecologico per bambini che nel 2012 ha aperto nel piccolo centro di Nese, decisa a conservare un’attività nel luogo dove è nata e cresciuta.
Dopo il debutto dell’8 maggio, le altre date della Alzano Blues Street Competition sono giovedì 5 giugno, con tema “Profumi & Sapori”, sabato 5 luglio, con “Sole & Mare” e giovedì 4 settembre con “Sport & Natura”. La formula della concorso musicale prevede dal lunedì precedente l’evento la distribuzione nei negozi che espongono la vetrofania dei gettoni con cui il pubblico potrà votare i musicisti o i gruppi preferiti. Il numero dei gettoni raccolti si sommerà alla valutazione di una giuria di qualità per decretare al termine di ogni appuntamento la promozione di due gruppi o solisti all’evento finale. Il vincitore si aggiudicherà un premio di 300 euro. «Nelle iniziative che realizzeremo – conclude Silvia Monzio Compagnoni – abbiamo cercato unire all’intrattenimento qualche stimolo e messaggio positivo, piccoli spunti per riflettere o allargare gli orizzonti, ad esempio parlando di arte, proponendo visite culturali, laboratori. Nell’ultimo appuntamento, “Sport & Natura”, abbiamo anche intenzione di promuovere una minimarcia con i cani, sensibilizzando sulla raccolta delle deiezioni. Più in generale puntiamo a coinvolgere tutte le persone che hanno a cuore il paese e vogliono mettersi in gioco per animarlo».
Per rimanere aggiornati: www.facebook.com/comunitabotteghe 


«All’ex Upim per dare
una svolta alle nostre attività»

Avrà un ruolo sociale, destinato soprattutto allo svago, il nuovo complesso che nasce dalle ceneri dell'ex Upim. Servirà a rendere vivo il centro storico, meta di giovani, soprattutto nelle ore serali. Seguendo questo spirito Fiammetta Facchetti, 30 anni, da due  titolare del “Bar Da Mamy” nel vicolo del Municipio si è aggiudicata uno degli spazi più suggestivi, 324 metri quadri al primo piano che si affacciano sulla piazza all'aperto con panorama sulla chiesa e le abitazioni del centro storico. “Volevamo spostarci in un luogo  di aggregazione – spiega Facchetti -. Oggi siamo limitati, non c'è consentito fare rumore oltre un certo orario e il locale è in una via secondaria, poco frequentata”. L'affitto per la nuova locazione si aggira sui 25mila euro l'anno. L'attività sarà accanto al ristorante e punterà a happy hour e aperitivi con ricchi buffet. “Ci sarà un tavolone stracolmo di assaggi e vorremmo riservare una parte all'hamburgeria, inclusa quella vegetariana”, annuncia la giovane imprenditrice. Il bar avrà, come da tradizione, una conduzione tutta al femminile. Ad affiancare Fiammetta ci sarà la sorella Fabrizia, 45 anni, la nipote Carolina, 20, e mamma Eugenia, per tanti anni voce di Radio Zeta, un vulcano di idee e progetti. “Nella mia carriera ho intervistato tante star della musica, il nuovo corso avrà un'inaugurazione con ospiti famosi – anticipa -. Mi piacerebbe che venisse  Roby Facchinetti”. L'arredamento manterrà lo stile provenzale, la veranda esterna sarà fruibile con i tavolini.
Primi a richiedere uno spazio nel nuovo centro sono stati invece Claudio Rossi, 42 anni, di Pandino, e Michele Ranzenigo, 38, di Arzago d'Adda. Da dieci anni i due soci sono titolari della gelateria “Ippococcolo” in via Verga. Passeranno dagli 80 metri quadri attuali a un esercizio di 150, al pian terreno, con ampie vetrate su piazza Garibaldi. “Volevamo dare un'offerta più consistente, aggiungere torte, semifreddi e monoporzioni – spiega Rossi -. Ora siamo aperti da marzo a ottobre, l'obiettivo è un'attività che continui tutto l'anno, dare lavoro fisso e non stagionale, facendo crescere noi e al contempo l'occupazione nel paese”. L'affitto è 13mila 800 euro l'anno. Il settore non ha risentito della crisi. Un gelato qui costa 1,60 euro, un chilo 13. “E' necessario mantenere un buon rapporto qualità prezzo – spiega l'esperto, che ha cominciato il mestiere a 15 anni -. Il gelato è un prodotto per tutte le tasche, a patto che non si faccia pagare un cono 2 euro e che sia genuino perché i nostri primi clienti sono i bambini”. La disdetta in via Verga è già stata data e la nuova gelateria potrà aprire i battenti già a ottobre. L'entusiasmo è tanto. “E' un bel progetto,  Treviglio aspetta da quindici anni la  riqualificazione della struttura, andrà senz'altro bene”.
Si spostano per questioni economiche e una maggiore visibilità i titolari di “Gioielli & co.” in via fratelli Galliari. Sono Davide Traversa e Nadia Brentana, entrambi 48 anni, ex coniugi, soci in affari. “Il momento non è facile,  abbiamo analizzato le spese al microscopio per abbassare le voci più onerose – afferma Nadia -. Siamo qui da 6 anni, se non ci fosse stata convenienza non avremmo affrontato l'esborso per un nuovo allestimento. Invece, lo consideriamo un segno positivo”. I due commercianti hanno partecipato al bando a dicembre. Per l'affitto di 56 metri quadri pagheranno 6mila euro l'anno.  Ad attrarli, il progetto, al passo con i tempi e dal basso impatto ambientale. “E' una struttura moderna, circondata da edifici storici – le loro parole -. Ci sono i pannelli fotovoltaici, il riscaldamento nel pavimento e  un moderno auditorium che farà da volano. Noi ci crediamo, per questo, dopo 22 anni di lavoro,  abbiamo accettato la nuova sfida”. Il settore dell'oreficeria è tra quelli che più hanno sofferto la crisi, con un calo negli ultimi quattro anni tra il 20 e il 30 per cento. “Noi non vendiamo investimenti, ma emozioni, il ricordo di una persona cara che dura per l'eternità rimane attraverso un gioiello, non una borsa griffata che poi dimentichi nell'armadio – spiega Traversa -. Se il sentimento dovesse cambiare, puoi sempre fondere il gioiello e guadagnarci”.  La nuova gioielleria conta di aprire a settembre, dopo una promozione di articoli fashion nell'attuale negozio.


Imprenditori lungimiranti
e aziende storiche, cinque i premi

L’Ascom assegnerà un riconoscimento a tre personalità benemerite per la fedeltà associativa e il contributo allo sviluppo economico e alle due “Storiche attività” di recente entrate nell’elenco regionale    

BENEMERITI

Betti e C. srl di Cividate al Piano / Andrea Betti
Vino e bevande, «capaci di seguire l’evoluzione dei consumi»

La storia che sta dietro alla bottiglia con il papillon giallo, celebre marchio bergamasco di distribuzione di bevande, inizia alla fine degli anni Venti con l’apertura del primo impianto a Cividate da parte dei fondatori e gassosai Giovanna Bellometti e Battista Betti. La trasformazione in una moderna azienda di importazione e distribuzione di bevande si deve ad Andrea Betti, tra i primi soci Ascom con l’iscrizione nel 1950, che entra giovanissimo in azienda nel secondo dopoguerra. Alla produzione di gassosa, spume e bitter Andrea Betti affianca infatti la vendita di acque minerali e di birra finché nel 1986 l’attività di distribuzione soppianta la produzione, anche a seguito del dominio dei colossi di bevande mondiali. Andrea Betti, ancora oggi a 86 anni un punto di riferimento per tutti in azienda, ha costruito a suon di consegne effettuate da ragazzino ancora con il carretto, una rete di distribuzione che i figli Giuseppe, Gian Battista e Stefano hanno consolidato concentrandosi sugli aspetti organizzativi, sulla componente dei servizi per il canale Horeca oltre che su marketing e logistica per competere con le realtà distributive multinazionali. L’azienda è sempre stata in grado di anticipare e stare al passo con le grandi evoluzioni dei consumi e dei pubblici esercizi, cogliendo la tendenza dell’acquisto da parte delle famiglie delle prime bottiglie di acqua minerale, istruendo i baristi nella spillatura di birre alla spina con l’importazione in esclusiva di marchi tedeschi negli anni Ottanta, valorizzando i vini del territorio e le migliori etichette dopo lo choc della vicenda metanolo. Oggi l’impresa, tra le prime ad ottenere il marchio di certificazione di qualità Iso 9001:2008, importa e distribuisce birre tedesche, inglesi, belghe, giamaicane e statunitensi ed ha a catalogo i migliori vini italiani e francesi, grandi distillati e una lunga lista di bevande ed acque minerali.

Dif Spa di Azzano San Paolo / Ugo Corno
Passi da gigante nella distribuzione della stampa

Da più di 20mila notti la Dif, associata Ascom sin dalla sua fondazione, distribuisce giornali in 650 punti vendita ed edicole lombarde. L’azienda nasce nel 1957, quando grazie alla fiducia di un importante editore di quotidiani, a Ugo Corno viene affidata la distribuzione del giornale in tutto il territorio bergamasco, cento punti vendita tra città e provincia. La Dif muove così i primi passi nella distribuzione fino a diventare una moderna azienda di servizi che alla storica attività affianca anche la rivendita e il merchandising. Dalla fine degli anni Ottanta il fondatore può contare sul prezioso aiuto del figlio Giorgio, attualmente vicepresidente della società. Il primo impulso alla modernizzazione aziendale avviene nel 1992 con l’integrazione della logistica che prima era affidata ad esterni, ma la vera svolta si ha con l’apertura al mondo del retail con l’inaugurazione nel 1998 del primo punto vendita ad Orio al Serio in aeroporto. Gli anni Novanta si chiudono con l’acquisizione della distribuzione della provincia di Sondrio, mentre il nuovo millennio si apre con l’inaugurazione dei punti vendita all’aeroporto Catullo di Verona e D’Annunzio di Montichiari oltre alla gestione degli spazi di vendita di giornali e riviste all’interno di punti vendita a libero servizio presso ipermercati e centri commerciali. Nel 2009 Dif diventa distributore unico per Bergamo e Sondrio e parte della provincia di Lecco e nel 2013 si dota di un nuovo e moderno sorter industriale per migliorare ulteriormente lo smistamento dei giornali. L’azienda ha inoltre progettato negli ultimi anni un sistema di promozione e merchandising a sostegno dei marchi editoriali e dello sviluppo delle vendite attraverso azioni commerciali, comunicazione non convenzionale, affissioni elettroniche e il presidio di hostess e degli intramontabili strilloni attraverso iniziative speciali.

Garletti Snc di Bergamo / Giovanni Garletti
Pionieri nell’import di frutta esotica 

Negli anni Venti il Cavalier Felice Gandolini iniziò ad importare in Italia la frutta esotica dalle Colonie d'Africa, spinto da un naturale spirito d'avventura. Dopo un’esperienza a Imperia e poi a Genova, nel 1927 avviò all’Ortomercato di Bergamo, allora con sede in via Baschenis, la prima impresa del territorio specializzata nella commercializzazione di banane. Il genero Giovanni Garletti affianca il fondatore dal 1962 e subentra nella gestione nel 1970. Garletti allarga la rete di fornitori, intessendo relazioni commerciali con i produttori in tutta Italia – dalla Sicilia per gli agrumi alla Romagna per le pere fino all’Alto Adige per le mele – oltre a importare direttamente frutta dall’“altro mondo”. In questi anni, con la soppressione nel1965 dell’Azienda Monopolio Banane, Garletti crea con altri imprenditori una rete per l’acquisto di banane e altra frutta esotica dal Centro America, oltre che da Somalia, Eritrea e Costa d’Avorio, per assicurarsi un posto in un mercato dominato dalle multinazionali. Negli anni Novanta i figli Luca e Carlo entrano in azienda e danno, a fianco del padre, ulteriore impulso all’impresa che si conquista spazio anche sugli scaffali della grande distribuzione. Oggi l’azienda, che trova sempre in Giovanni Garletti un punto di riferimento imprescindibile, si è fatta in due: la Mc Garlet, gestita da Luca, dal 2007 è specializzata nella frutta esotica e nell’alimentazione etnica, mentre la Garletti rinnova con Carlo la tradizione dei migliori frutti della terra selezionati da una rete di eccellenti produttori. La clientela spazia dalla Lombardia all’estremo oriente per la frutta esotica. La banane restano il prodotto più richiesto in tutta Italia, oggi portato a maturazione in celle speciali che sfruttano i raggi del sole attraverso pannelli fotovoltaici nel magazzino recentemente ristrutturato di Seriate.

STORICHE ATTIVITA'

Albergo ristorante Alpino / Passo della Presolana
Dal 1925 l’ospitalità è una dote di famiglia

A quota 1.300 metri al Passo della Presolana, la struttura che ospita dal 1925 l’Hotel e Ristorante Alpino risale al 1840. Costruita dagli austriaci e utilizzata come caserma, divenne in seguito stazione di posta e punto di ristoro per le diligenze che percorrevano la strada tra Clusone e Schilpario e poi ancora locanda e infine albergo. Dal 1925 la gestione è sempre stata portata avanti dalla famiglia Vecchio. Il fondatore fu nonno Camillo, originario di Albuzzano in provincia di Pavia, che dopo essersi fatto le ossa come maitre a Manchester e a Londra (e dopo la batosta di un investimento in rubli finito in fumo a causa della rivoluzione russa) ricominciò da zero in patria. Da Sanremo, salì man mano di quota, passando a gestire l’albergo Sant’Antonio a Lovere, paese della moglie, e approdando infine al Passo della Presolana. Il testimone passò al figlio Aldo, scomparso nel 1981, e da lui a quattro dei sei figli, Cristina, Daniele, Elena e Stefania, ancora oggi supportati dall’attivissima mamma Germana, 82 anni, milanese che in vacanza a Bratto ha conosciuto il marito e non ha più lasciato l’alta valle. Nel tempo la struttura ha subito diverse trasformazioni, si possono però ancora apprezzare le vetrate ad arco, gli archi interni e il soffitto in travi di larice ben valorizzato dall’ultima ristrutturazione. L’albergo ha 18 camere, un ristorante, “La Vecchia cantoniera”, un bar e una tabaccheria, anch’essa storica, visto che la licenza è del 1947. Il successo dell’Alpino sta nella famiglia e nella sua tradizione oltre che nell’integrazione tra le attività. Il ristorante, con Elena ai fornelli, propone la cucina di montagna tipica, piatti semplici e genuini, come casoncelli, polenta, funghi e selvaggina, ma anche il bar regala sempre golose sorprese: è infatti rinomato per le merende a base di torte, secondo le ricette di mamma Germana. 

Calzature Mager / Sant’Omobono
Da tre generazioni “ai piedi” della Valle Imagna

Da una vita il negozio di Calzature Mager è “ai piedi” della Valle Imagna. La bottega fu inaugurata a Sant’Omobono Terme nel 1953 da Amelia Micheletti, che ancora oggi, a 85 anni, distribuisce i suoi preziosi consigli agli affezionati clienti. A darle man forte ci sono la figlia Luigina Mager e, dal 2000, il nipote Giordano Facchinetti. Tre generazioni che fianco a fianco hanno saputo tenere il passo e rispondere alle mutate esigenze della clientela, soffiando con orgoglio insieme sulle 60 candeline nell’anniversario che ha portato anche il prestigioso riconoscimento di Storica attività da parte della Regione. Il negozio è stato il primo specializzato in calzature del paese, un punto di riferimento per gli abitanti ma anche per i primi villeggianti e oggi i sempre crescenti turisti internazionali. Nato come piccola bottega, è cresciuto fino a trasferirsi dall’altro lato della strada nella sede attuale e per fare spazio a nuove idee e nuovi modelli, in piena crisi economica, nel 2008 ha fatto un altro salto di qualità, ampliando la superficie di vendita da 35 a 100 metri quadri. Il rinnovo del locale ha modernizzato l’esposizione ma anche lo stile della vendita e ha permesso di inserire marchi prestigiosi, sempre più ricercati da una clientela esigente. L’offerta spazia dalle scarpe per i bimbi all’offerta uomo e donna oltre ad accontentare anche gli sportivi. Per contrastare la crisi oltre a marchi di prestigio è stato introdotto il servizio di riparazione, in collaborazione con un calzolaio. Il negozio sta ora rafforzando la sua presenza sul web e il legame con la clientela attraverso la presenza sui social network. 


Legge sul pane,
scontro tra Ue e Lombardia

La nuova legge regionale sulla tutela e la promozione dell’attività di panificazione, varata lo scorso novembre dopo un’attesa da sei anni, riconosce precise prerogative dei fornai artigianali e al contempo indica alcune linee di azione e di sviluppo per la categoria. Deve però fare i conti con un imprevisto ostacolo che viene dall’Europa. Si snoderà perciò tra i dovuti aggiornamenti di cronaca e le prospettive più a lungo respiro aperte dal nuovo testo il dibattito l’assemblea dell’Aspan, l’associazione provinciale dei panificatori che si riunirà per l’appuntamento statutario annuale domenica 18 maggio.

«La Regione sosterrà la nostra eccellenza nel confronto con Bruxelles»

Come se non bastassero intoppi e lungaggini nostrane, i panificatori lombardi (e con loro quelli veneti che hanno mutuato la regolamentazione dalla Lombardia) non hanno avuto nemmeno il tempo per “gioire” per il nuovo provvedimento che definisce e distingue il pane fresco ed il panificio artigianale in mezzo al moltiplicarsi di prodotti e modalità di vendita, che si sono travati a fare i conti con le obiezioni sollevate dalla Commissione europea. Sotto osservazione, in particolare, è l’obbligo per il venditore di pane precotto o congelato di esporre l’etichetta con l’indicazione del luogo di produzione e del produttore, previsto all’articolo 5, norma che, poiché potrebbe creare disparità nei mercati o porre barriere agli scambi interni, doveva essere sottoposta in via preventiva a Bruxelles. «La buona notizia è che la Regione ci ha assicurato che sosterrà con determinazione la propria posizione, che è anche quella dei panificatori – afferma il presidente dell’Aspan Roberto Capello –. Del resto, l’obbligo di indicare la provenienza non è nient’altro che un’operazione di giustizia tra competitor e chiarezza nei confronti dei consumatori. Come noi fornai mettiamo tutti i giorni la nostra faccia sui prodotti che facciamo e vendiamo, è giusto infatti che anche chi produce pane crudo surgelato, congelato o precotto debba essere poter essere individuato, permettendo ai clienti di fare scelte consapevoli. E dato che è risaputo che molti di questi prodotti, cotti o ultimati nel punto vendita, arrivano dall’estero, in special modo dall’Est Europa, perché il consumatore non dovrebbe conoscere con certezza l’origine?».
Sulla questione la Lombardia ha deciso di tirare dritto. «Come ci ha illustrato  in un recente incontro il presidente della commissione Attività produttive Angelo Ciocca – riferisce Capello –, la Regione non intende cedere ed è pronta a controbatte in caso arrivino sanzioni, la legge perciò resta in vigore con tutti suoi contenuti. In gioco c’è un valore che altri Paesi non hanno, quella “panediversità” che non vogliamo sia l’ennesima eccellenza italiana sacrificata sull’altare dell’uniformazione comunitaria».

«Troppi si improvvisano panificatori, bene l’accento sulla formazione»

Accanto alla “grana” europea, la nuova legge sulla panificazione porta con sé principi ritenuti cardine per il futuro dell’attività. «Centrale è il peso dato alla figura del panificatore e alla formazione – sottolinea il presidente dell’Aspan –, soprattutto di questi tempi in cui, per via della crisi del lavoro, molti si improvvisano fornai “perché tanto il pane lo si mangia sempre e comunque”. In realtà sono in grande errore perché di pane se ne mangia poco ma di qualità e solo chi è preparato, chi ha acquisito una sensibilità nell’“allevare” la pasta, ma anche nel cogliere l’evoluzione del gusto e delle esigenze dei consumatori, può farcela». A chi obietta che la formazione è una perdita di tempo e denaro risponde semplicemente: «Allora proviamo con l’ignoranza e vediamo se dà risultati!». «Con la preparazione professionale – fa notare Capello – si scoprirà che alla fine si risparmia, se non altro perché si è in grado di gestire meglio il processo e il prodotto». Che l’Aspan creda nel valore della formazione è dimostrato dalla presenza di propri docenti nei diversi percorsi professionali attivi sul territorio, ultimo in ordine di tempo quello partito quest’anno al collegio Celana. «Ci teniamo a trasmettere conoscenze e passione già ai ragazzi che si avvicinano a questo mestiere – ricorda – e la Regione, prevedendo l’obbligo della formazione, ha scelto di valorizzare la ricca esperienza scolastica della Lombardia nel settore».

«Pane di filiera, riconosciuto il valore dell’esperienza bergamasca»

Anche la previsione nella legge della valorizzazione della filiera lombarda del pane è in perfetta linea con la visione dell’associazione bergamasca che, anzi, si è assunta l’arduo compito di dimostrare «che realizzare pane con frumento locale non era solo una trovata bucolica o sentimentale, ma un’operazione di intelligenza economica, ecologica e sindacale». «Abbiamo mostrato che era possibile rompere la quasi assoluta dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento di grano e sfatato anche il mito della maggiore qualità dei prodotti canadesi o americani». Un percorso che prosegue all’insegna della concretezza. «Quest’anno arriveranno i primi raccolti nelle province di Milano, Brescia e Cremona, visto l’interesse anche di questi territori ad avere prodotti locali – annuncia Capello -, e le condizioni climatiche lasciano prevedere un aumento dei quantitativi, rispetto all’anno scorso in cui la stagione non era stata favorevole: saremo attorno a 35mila quintali contro i 24mila del 2013. Sono anche saliti a cinque i mulini che partecipano al progetto, tra cui uno con macina a pietra». I risultati non mancano, con 17 posti di lavoro in agricoltura creati e i panificatori che segnalano un maggiore apprezzamento da parte della clientela per i prodotti con la farina bergamasca (compresi panettoni e colombe!), oltre ai benefici per l’ambiente per l’abbattimento delle distanze e il permanere delle risorse economiche sul territorio. Ciò che manca perché diventi un’azione sistemica è un coinvolgimento più ampio dei fornai, «spesso frenati dal pregiudizio che il pane di filiera sia un prodotto di élite – dice il presidente – e magari dalla leggera differenza di prezzo della farina».

«I tempi sono difficili, resiste meglio chi ha idee ed è flessibile»

Il pane di frumento bergamasco è invece, secondo il presidente, un chiaro esempio di come vada intesa l’attività oggi, anche alla luce di una crisi che giorno dopo giorno mina convinzioni e consuetudini consolidate. «La contrazione dei consumi si sente e le difficoltà le vediamo anche dal numero delle famiglie coinvolte nell’operazione di recupero del pane invenduto – precisa Capello -. Eppure non è il prezzo a fare oggi la differenza. I consumi di pane sono talmente contenuti, circa 120 grammi pro capite al giorno, che la spesa resta comunque contenuta, 60 centesimi al giorno per un pane da 5 euro al chilo. La gente non ha bisogno di riempirsi la pancia, ma si vuole nutrire di valori, come il territorio e l’etica, ed essere sempre sollecitata, incuriosita, come dimostra l’attenzione ai grani antichi o al grano saraceno. Ad una categoria sta vivendo un momento di forte smarrimento ciò che mi sento di dire è che è necessario uscire dagli schemi, dimenticare ciò che valeva fino a ieri e trovare una strada propria puntando sull’intelligenza, l’innovazione». Il campo è aperto. «Tra il fare solo pane e allestire un vero e proprio locale con somministrazione, c’è una gamma di possibilità infinite – dice il presidente -. Se è vero che lo scontrino medio si è abbassato, alcuni prodotti sono in crescita, come i dolci, meno costosi di quelli delle pasticcerie, oppure si può reinventare il servizio a domicilio, magari consegnando ogni giorno una tipologia di pane diversa. Ogni panificatore è chiamato a valutare il contesto in cui opera e a proporre idee capaci di creare interesse e rispondere alle aspettative dei clienti. È una questione di software, ossia di pensiero e programmi, più che di hardware, cioè di strutture e macchinari. Il contesto è talmente dinamico e mutevole che bisogna essere continuamente pronti ad adeguarsi, essere snelli, flessibili, affinare la sensibilità per cogliere ogni occasione. I tempi sono duri, non possiamo negarlo, ma così facendo si può se non altro avere qualche problema in meno».

L'APPUNTAMENTO

L’assemblea dell’Aspan è in programma domenica 18 maggio alla scuola di formazione dell’Istituto Sordomuti di Torre Boldone, in via Reich 49. Si aprirà alle 10.30 con la parte riservata ai soci che prevede l’esame e l’approvazione del bilancio consuntivo e preventivo e la nomina dei revisori dei conti. Alle 11 prenderà il via la parte pubblica con la relazione del presidente Roberto Capello e lo spazio agli interventi e al dibattito. Seguirà il pranzo sociale.