Shopping e turismo, «la città
valorizzi questa alleanza» 

nella foto: Rodolfo Baggio, docente del Master in Economia del Turismo dell’Università Bocconi di Milano e presidente di IfittItaly

Di fronte alla trasformazione di shopping center e factory outlet in mete e destinazioni, i negozi e le botteghe storiche non possono stare a guardare. Lo shopping rappresenta un’esperienza memorabile che accompagna ogni viaggio ed un’occasione unica per rivitalizzare i centri storici, eppure in pochi ne hanno colto le potenzialità fornendo tour e pacchetti turistici dedicati. Rodolfo Baggio, docente del Master in Economia del Turismo dell’Università Bocconi di Milano e presidente di IfittItaly – la principale comunità globale per lo scambio e lo sviluppo di conoscenze sull’uso e l'impatto delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione nel settore dei viaggi e del turismo – ha presentato con Magda Antonioli Corigliano e Cristina Mottironi un progetto europeo di valorizzazione dello shopping come fattore strategico per il turismo urbano. La piattaforma TOURISMlink (www.tourismlink.eu) mette per la prima volta a disposizione delle pmi un’offerta integrata – dai ristoranti ai cinema, dai musei ai negozi – che consente di creare pacchetti su misura di ogni esigenza di turista. Non manca una riflessione, a margine del convegno “Il turismo culturale europeo verso il 2020”, sull’importanza della valorizzazione dello shopping come motivo di viaggio o visita e sui limiti della nostra presenza sul web, con uno dei più grandi esperti al mondo di Ict a servizio del turismo.

Quanto vale lo shopping dei turisti?
«Difficile dare una stima degli acquisti perché non esiste, purtroppo, un dato che restituisca in modo fedele il quadro. La Banca d’Italia ogni anno fornisce l’indotto legato al turismo, ma nessuno è entrato nell’ordine di idee di valorizzare una componente in grado di creare un importante valore aggiunto e di rivitalizzare i centri storici che fanno i conti con consumi interni in picchiata. Esistono le gite organizzate negli outlet, ma la rete del piccolo commercio, depositaria della tradizione e della tipicità non rientra nei tour».
Quali sono le opportunità offerte dagli shopping tour?
«Lo shopping è un forte strumento di destagionalizzazione e ad avere grandi potenzialità inespresse sono soprattutto le città di media grandezza. Il problema è che manca una vera e propria offerta dedicata per non parlare dei servizi annessi e connessi, dai personal shopper ad itinerari guidati ad hoc. A Torino, ad esempio, è stato lanciato un itinerario per boutique alla scoperta di indirizzi storici, atelier di stilisti emergenti, grandi firme ma anche indirizzi per chi cerca pezzi vintage e di antiquariato».
Lo shopping è un’esperienza irrinunciabile che accompagna ogni viaggio?
«Qualcosa si acquista sempre, souvenir e “tourist junk” inclusi, e se non si compra si fa window-shopping, perché i “leccavetrine” esistono da sempre. Lo shopping è un’esperienza memorabile non solo per i viaggi di piacere ma anche per quelli business».
Quali sono le premesse per diventare una meta per i turisti amanti dello shopping?
«Bisogna anzitutto cambiare mentalità, ritoccando gli orari di apertura, specialmente nei fine settimana. La forza di outlet e centri commerciali è sempre stata quella delle aperture in pausa pranzo, serali e nel fine settimana. Abbassare la saracinesca alle 19.30 limita le occasioni d’acquisto specialmente per il turista d’affari per cui la sera e la pausa-pranzo rappresentano i momenti da dedicare allo shopping. Serve poco o nulla aprire bottega di prima mattina».
Crede che Bergamo possa attrarre i turisti dello shopping?
«Non conosco la città, ma sono certo che le insegne delle vie del centro e di Bergamo Alta non siano state abbastanza valorizzate in chiave turistica, né più né meno di altre città italiane. Le strade dello shopping delle città europee sono invece ben attrezzate…».
Le vie dello shopping d’Europa e del mondo si assomigliano sempre di più, con una proposta omologata di insegne, non crede? Come far emergere la tipicità nell’omologazione?
«Le botteghe storiche non possono essere sostituite da grandi gruppi e negozi in franchising. Urge ora come non mai una pianificazione territoriale ed iniziative per rendere più sostenibili i canoni di locazione. Non è affatto vero che il mercato si regola da solo e tutta questa smania di liberismo si è rivelata deleteria».
In alcuni centri storici, tra cui Bergamo ed alcuni comuni della provincia, sono state prese misure restrittive per le licenze di kebab e phone center. Cosa ne pensa?
«Le restrizioni ci vogliono e le istituzioni pubbliche devono intervenire per salvaguardare la tipicità di ogni luogo. I negozi sono espressione e parte integrante del territorio. Continuano tutti a parlare di valorizzazione del turismo culturale, ma il turista non vive rinchiuso nei musei. Bisogna indirizzarlo con suggerimenti ed informazioni sugli indirizzi, le vie , le botteghe, i ristoranti che valgono una sosta».
Bergamo è la capitale, via Orio al Serio, dei turisti low cost. Quale può essere la proposta più interessante per questa tipologia di turisti?
«Bisogna ribadire che non è affatto vero che il turista low cost cerchi sempre il risparmio a tutti i costi. A conti fatti la spesa per un viaggio è più o meno sempre la stessa, anzi chi risparmia su volo e alloggio spesso destina maggiori risorse agli acquisti».
Per diventare a tutti gli effetti una città a prova di turista qualcuno dice che si debba puntare su grandi marchi e firme della moda. È d’accordo?
«Tutti si concentrano sul target del lusso quando in realtà sono i consumi meno vistosi a dare i maggiori risultati. Nei concept store della moda la maggior parte della gente si limita ad acquistare l’articolo meno costoso pur di uscire con il pacchetto griffato. Il vero obiettivo è fornire al turista un’esperienza unica. Spesso la boutique di iper-lusso di una grande maison di moda non lascia gli stessi ricordi di una trattoriaccia o di una vecchia salumeria, con un mix unico di profumi e colori. Le grandi boutique come le grandi catene alberghiere invece si assomigliano tutte. Il turista cerca un’esperienza di viaggio unica e autentica, che gli consenta di entrare in contatto profondo con il luogo visitato».
Expo porterà milioni di turisti e visitatori in Lombardia. Siamo pronti ad accoglierli?
«Mi sembra che, anche in questo, siamo in clamoroso ritardo, specialmente sul fronte dell’organizzazione dei grandi flussi di traffico dai Paesi più lontani, che si affidano da sempre ai tour operator. Creare itinerari di shopping su misura di turista in concomitanza con l’Esposizione Universale rappresenta una scommessa interessante per attrarre un turista diverso dal cliente di tutti i giorni o dal turista italiano. Per organizzare proposte di appeal non ci si può aggrappare all’arte dell’improvvisazione, né si può pensare che il singolo commerciante che si muove da solo possa avere dei grandi risultati».
Quali sono i vantaggi della piattaforma TOURISMlink che avete ideato?
«La piattaforma favorisce l’adozione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione da parte delle pmi per il business to business. Il progetto integra l’offerta turistica con i servizi complementari, dai negozi ai ristoranti, ai musei. Si offre la possibilità di creare con immediatezza pacchetti su misura delle molteplici esigenze del turista moderno. A Valencia, ad esempio, è stata creata un’offerta complementare nuova integrando servizi come le piccole attività del commercio che non avevano ancora trovato una rappresentanza. Così si dà una chance in più alla destinazione turistica e si offre un’opportunità alle agenzie di viaggio, massacrate dal fai da te, che possono proporre senza grandi investimenti dei pacchetti interessanti».
Il turismo non rientra tra le priorità dei governi italiani e compare solo di sfuggita nell’agenda del governo Renzi. È la nostra grande occasione persa?
«Di turismo si parla molto ma si fa davvero poco. C’è stato uno sprazzo di attenzione con il Piano strategico per lo sviluppo del turismo l’anno scorso, che però si è rivelato un po’ inconsistente nella pratica. La pianificazione deve essere unitaria e il Governo deve dare indirizzi precisi. Le nostre risorse, ancora più di quelle degli altri Paesi, non sono illimitate e bisogna scegliere gli asset strategici per lo sviluppo. Gli altri Paesi hanno piani dettagliati, noi invece vogliamo sempre fare di tutto un po’. Non possiamo fare ricerca in qualunque disciplina, nessun Paese se lo può permettere. È ora di finirla con gli investimenti a pioggia che rendono poco o nulla e sono estremamente dispersivi. Una pioggerellina non risolve niente, serve un bell’acquazzone».
Lei è un esperto di informatica e tecnologie della comunicazione. Come valuta la nostra promozione mediante il web?
«I siti si moltiplicano e si copiano a vicenda e il portale unitario (il controverso www.italia.it, ndr.) è figlio di errori clamorosi. Gli altri Paesi hanno realizzato grandi portali turistici venti anni fa ed oggi sono al passo coi tempi nel fornire esperienze uniche al visitatore. Penso al sito della Svizzera, dell’Islanda, della Norvegia, dell’Australia e del Canada, per citare i migliori. Noi invece siamo decisamente indietro. In collaborazione con l’Università di Catania stiamo cercando di ricostruire con sforzi titanici la rete web italiana che presenta una struttura davvero anomala con siti legati a senso unico».
Quali sono i principali limiti?
«L’unica cosa sensata del web è il collegamento e invece in Italia si entra in un sito e si ha la sensazione di essere chiusi a chiave a doppia mandata in una stanza. Internet dà l’opportunità unica di realizzare idealmente il mercato medievale che riuniva nella stessa piazza tutte le attività. Poi è chiaro, una volta aperto il mercato, si affilano i coltelli e ognuno bada al suo cassetto. Intanto però si è raggiunto lo scopo principale di farsi trovare, che è la molla di ogni investimento effettuato nel web».
Quali sono gli investimenti peggiori effettuati nel web?
«Il web è splendido perché dà spazio alla creatività e alla fantasia ma non perdona di avere l’idea per secondi. Ora c’è una vera e propria rincorsa nella creazione di sistemi di prenotazione on-line che è di per sé perdente, a meno che non si vogliano investire più risorse di Booking.com che investe 1 miliardo e 200 milioni l’anno in pubblicità online. Non credo che le Regioni e tanto meno i Comuni e le Province abbiano queste somme da investire». 


Borgo Palazzo, le “Botteghe” rilanciano e puntano al distretto 

Ha obiettivi ambiziosi il nuovo Direttivo delle “Botteghe di Borgo Palazzo”, compreso quello di dare vita ad un distretto del commercio, ma ha anche cominciato a lavorare da subito sulle questioni di più stretta attualità e sulle iniziative di animazione. È un gruppo giovane, a cominciare dal presidente, Roberto Marchesi, dell’omonimo panificio al civico 106. Ha 34 anni, una laurea in Scienze politiche ed ha deciso di dedicarsi all’attività di famiglia (che oggi conta quattro punti vendita) solo da un paio d’anni, dopo essersi fatto le ossa nella gestione di fiere. È anche nel Consiglio direttivo del gruppo Giovani dell’Ascom.

Il vertice dell’Associazione è stato ampiamente rinnovato, una sorta di rifondazione? 
«Ci siamo fatti avanti perché non volevamo andasse disperso quanto di positivo è stato fatto sino ad ora. Negli ultimi tempi, occorre ammetterlo, le attività dell’Associazione avevano cominciato a trascinarsi un po’ per inerzia, come la festa di settembre, sottotono rispetto agli esordi. Aleggiava anche l’idea di una divisione tra la parte alta della via, da piazza Sant’Anna verso via Camozzi, e quella bassa, per differenza di caratteristiche. Abbiamo deciso di metterci in gioco per salvaguardare l’unità, primo requisito se si vuole essere ascoltati e cercare di portare avanti progetti di un certo respiro. Il Consiglio è ben assortito tra nuovi ingressi e conferme, forze giovani ed esperienza».

Vi siete insediati a novembre, su cosa avete cominciato a lavorare?
«Innanzitutto sulle luminarie di Natale. Siamo riusciti a coinvolgere tutto il tratto che va dal cavalcavia a via Camozzi. Non succedeva da quattro anni, può essere considerato un buon inizio… Abbiamo anche organizzato una festa di Carnevale, che un po’ di bambini li ha portati nonostante il maltempo, e recentemente abbiamo incontrato l’assessore alla Mobilità Gianfranco Ceci per sottoporgli il problema della sosta nella zona dal cavalcavia all’incrocio con viale Pirovano. Mentre più avanti è regolata dal disco orario, qui non solo è libera ma non ci sono nemmeno le strisce a delimitare gli spazi. La conseguenza sono auto che stazionano per tutto il giorno – e più -, in una disposizione caotica, anche sui marciapiedi. La soluzione non dovrebbe essere difficile, si tratta di introdurre una regolamentazione anche qui».

Viabilità e parcheggi sono una criticità costante per il commercio in città…
«Penso che l’accessibilità di Borgo Palazzo dovrebbe essere completamente rivista e con questo intendo viabilità, parcheggi e trasporto pubblico. Oggi la via sopporta un grande traffico, che crea disagio ai residenti ma non dà molto nemmeno alle attività commerciali. Se si è in colonna o non si trova parcheggio non si è di certo invogliati a fermarsi per fare acquisti. È un sistema da ripensare tenendo conto delle esigenze sia di chi abita sia di chi lavora nella via».

A quale bacino di clientela si rivolge prima di tutto via Borgo Palazzo, ai residenti o a chi viene da fuori?
«Per prima cosa occorre rinsaldare il legame con chi vive qui. Si tratta più che altro di far capire che il commercio ha un ruolo centrale nel determinare la qualità della vita e degli spazi urbani, che la presenza delle attività è importante anche per chi possiede casa. Una via senza negozi e servizi fa presto spazio al degrado e i valori degli immobili scendono. Rendersene conto potrebbe portare anche a fare scelte diverse per i propri acquisti, decidendo di privilegiare i negozi sotto casa anche per questo motivo».

Sembra una specie “beneficenza” ai negozi di vicinato…
«Affatto, significa capire che far vivere una zona è responsabilità di tutti. Comporta andare un po’ più in là con la visione, non fermarsi al prezzo dei prodotti. Naturalmente anche i commercianti devono dare il proprio meglio nella proposta».

Come è caratterizzata l’offerta commerciale della via?
«Ci sono circa 200 negozi. L’offerta dei beni alimentari e di prima necessità è completa e permette di trovare tutto senza dover prendere l’auto. Non mancano nemmeno produzioni di qualità, dal pastificio alla pasticceria. La seconda anima è quella dell’artigianato, delle decorazioni, dell’arte. È un mix interessante».

In questi giorni state ultimando il tesseramento. La particolarità è che con chiedete alcuna quota di iscrizione…    
«Chiediamo solamente di riconsegnarci un modulo con un indirizzo di posta elettronica, di essere connessi con la nostra pagina Facebook e di collaborare nella promozione di ogni evento. Il contributo viene richiesto sulla singola iniziativa alla quale si decide di aderire. Non vogliamo che il solo fatto di aver versato l’iscrizione induca in qualche modo a pretendere un pacchetto completo di idee e soluzioni. Con questo metodo, invece, crediamo che si possano rinnovare su ogni progetto la condivisione e la partecipazione. Che significa anche, semplicemente, adeguarsi nel seguire un tema per l’allestimento delle vetrine, così da rafforzare tutti assieme l’immagine della via».

In apertura ha raccontato dell’ipotesi che circolava di una diversa rappresentanza per le botteghe della parte più antica di Borgo Palazzo. In effetti, la via presenta volti differenti tra loro…
«Non è un buon motivo per rinunciare all’unità, che è la vera forza di un’associazione. Ciò che vogliamo fare è valorizzare ogni zona a seconda delle sue caratteristiche. Per la parte definita borgo storico, in particolare, stiamo valutando la possibilità di dare vita ad un distretto del commercio. Stiamo cercando di capire come realizzarlo, in base anche alle indicazioni della Regione. Potrebbe essere un’aggregazione con altri borghi storici della città».

Distretto, allora puntate in alto…
«Vogliamo percorrere tutte le strade che permettano di portare risorse sul territorio e il distretto può essere uno strumento, soprattutto per realizzare una politica integrata di comunicazione».

La sua tesi di laurea era dedicata al marketing urbano e prendeva via XX settembre come caso di studio. Oggi quei concetti sono ampiamente acquisiti, ma è arrivato anche qualche risultato?
«Piazza Pontida, per esempio, è sicuramente più bella di dieci anni fa. Noi ci abbiamo aperto un nuovo punto vendita del nostro panificio e sta vivendo un più generale ritorno alle funzioni di vicinato che aveva perso».

Nel Direttivo delle Botteghe siete in maggioranza giovani, anche le nuove generazioni di commercianti, dunque, hanno voglia di impegnarsi…
«Fino a qualche anno fa avere trent’anni era considerato un limite, oggi è un merito. In realtà non è né l’uno né l’altro, Renzi ha però sdoganato il fattore età e si sta facendo largo l’idea che i giovani possano dare un proprio contributo. Per quanto riguarda la mia scelta, ho cominciato ad occuparmi dell’attività di famiglia da due anni ed ho pensato che la mia esperienza di studio e professionale potesse essere messa al servizio anche dell’Associazione. Il nostro approccio è realistico, ci siamo messi al lavoro da subito, con proposte concrete. Se ci saranno risultati andremo avanti e accelereremo pure, altrimenti passeremo il testimone a qualcun altro».

Le prossime iniziative?
«Probabilmente una festa a primavera inoltrata e una “bomba” per la festa di settembre, una manifestazione che aveva già un format interessante perché portava in primo piano le attività della via e che vogliamo rilanciare in grande stile».


I ristoranti bergamaschi
e la sfida
della cucina vegana
sul nuovo numero
di Affari di Gola

Il confronto tra pizzaioli e vip sui modi di mangiare la pizza di cui parliamo nella notizia dedicata https://www.larassegna.it/notizie_la_rassegna.php?nid=562&ref=home viene sviluppato sul numero di marzo di Affari di Gola, il mensile dell'enogastronomia bergamasca edito da La Rassegna. La rivista, in edicola in questi giorni, porta in copertina alla cucina vegana, nuova sfida dalla ristorazione orobica. Proprio in questi giorni, infatti, 16 locali partecipano ad un corso promosso dall'Ascom e dalla Lav sui fondamenti di questa filosofia, che non prevede l'utilizzo di alcun alimento di origine animale e che sta guadagnando sempre maggiori consensi.
Ma si parla anche di piatti tutt'altro che light, come la cassoeula, scoprendo che ha origini napoletane, e di un nuovo salume – Mosaico – creato dal macellaio Elio Cazzaniga di Canonica d'Adda. Ci sono anche l'intervista con la nuova delegata provinciale dell'Onaf, l'Organizzazione nazionale degli assaggiatori di formaggi, Grazia Marcalli, e con il campione del mondo di cioccolateria Davide Comaschi, che svela i trucchi per riconoscere la qualità dei prodotti. Sul versante del vino si scoprono la produzione di bollicine della Val Camonica e le chicche scovate dal sommelier Luca Castelletti in Crimea, Israele e Azerbaigian.


Candidati sindaco
a confronto sulla pizza.
Ecco come
la mangiano
Tentorio e Gori

La pizza. Piace a tutti, ma ognuno ha una propria personale visione di come gustarla al meglio. Le scuole di pensiero sono tante, tra chi la preferisce sottile e chi più morbida, chi con farciture semplici, chi ricchissima. Le correnti si dividono anche sul come mangiarla. Con coltello e forchetta o addentando direttamente le fette prese con le mani? A New York il sindaco Bill De Blasio è stato pubblicamente ripreso per l’utilizzo delle posate, mentre sulla costa opposta le celebrity della notte degli Oscar non ci hanno pensato su due volte a servirsi dal cartone. E a Bergamo? La rivista Affari di Gola (http://www.affaridigola.it) ha girato il “dilemma” ai pizzaioli e ad una serie di personaggi pubblici, a cominciare da Franco Tentorio e Giorgio Gori, candidati alle poltrona di sindaco della città. Anche in questo campo li si scopre su posizioni diverse, con il primo cittadino in carica che solo in pochissimi casi rinuncia alle posate e lo sfidante che opta per le mani. A raccontare la loro pizza sono anche l’allenatore dell’Atalanta Stefano Colantuono, l’ex sciatrice e consigliere regionale Lara Magoni, il campione di motociclismo Giacomo Agostini, il cantante dialettale Il Bepi, lo chef Chicco Cerea e il critico Edoardo Raspelli.
E voi come la mangiate? Dite la vostra sulla nostra pagina Facebook    


Proprietà industriale, quattro incontri
per una gestione stategica

Per chi vuole approfondire le opportunità della proprietà industriale, marzo è il mese giusto. Bergamo Sviluppo propone infatti un ciclo di quattro incontri dedicati a favorire una corretta ed efficace gestione degli strumenti di tutela.
I seminari, per un totale di 16 ore, sono rivolti alle micro, piccole e medie imprese locali, ma aperte anche a tutti gli interessati e permetteranno di comprendere come tutelare le proprie innovazioni in funzione della crescita su mercati internazionali, come proteggersi dal fenomeno della contraffazione, come accedere più facilmente al credito attraverso lo strumento della Propprietà Industriale e come valorizzarla commercialmente.
Queste le date e i temi
Giovedì 13 marzo: “La tutela dell’innovazione nei processi di internazionalizzazione”
Martedì 18 marzo: “Lotta alla contraffazione: analisi del fenomeno e strategie di difesa”
Giovedì 20 marzo: “Proprietà Industriale: strumento di facilitazione per l’accesso al credito”
Martedì 25 marzo: “La valorizzazione commerciale della Proprietà Industriale”

Tutti gli incontri si terranno a Bergamo nelle sale del Palazzo dei Contratti e delle Manifestazioni, in via Petrarca 10, dalle 14 alle 18.
La partecipazione, previa iscrizione online sul sito http://www.bergamosviluppo.it, è libera e gratuita.
Il ciclo di incontri è promosso nell’ambito del progetto “Tutela e valorizzazione della Proprietà Industriale a supporto dell’innovazione e della competitività delle MPMI bergamasche”. L’iniziativa è finanziata da Ministero dello Sviluppo Economico e Camera di Commercio di Bergamo, coordinata da Unioncamere e vede il contributo tecnico-scientifico dell’Ufficio Brevetti e Marchi della Camera di Commercio e dell’Università di Bergamo – Dipartimento di Ingegneria.


Diego Pedrali
entra
nella Giunta
di Federazione
Moda Italia

Diego Pedrali (nella foto), presidente del Gruppo Abbigliamento dell'Ascom Bergamo, è entrato a far parte della Giunta di Federazione Moda Italia, la più importante organizzazione aderente a Confcommercio – Imprese per l’Italia che rappresentanza il dettaglio e l’ingrosso dei settori abbigliamento, tessile per arredamento, tessuti per abbigliamento, pelletterie, accessori, articoli sportivi, con oltre 35.000 imprese commerciali piccole e medie associate.
La nomina è avvenuta nel corso del Consiglio Nazionale che si è riunito per la prima volta a Bergamo e che ha preceduto l’importante convegno organizzato da Ascom in collaborazione con la Federazione dal titolo “È possibile la ripresa del settore Terziario in Italia? L'analisi e le proposte della Modern Money Theory”, a cui ha preso parte Warren Mosler, economista statunitense, autore di spicco della Teoria Monetaria Moderna e fondatore del Centro per la Piena Occupazione e la Stabilità dei Prezzi che ha sede all'Università del Missouri a Kansas City.
Pedrali, classe 1950, titolare del negozio di abbigliamento "L’uomo Più" a Torre Boldone, è presidente del Gruppo abbigliamento e calzature dell’Ascom di Bergamo dal 1996; fa parte del consiglio della Camera di Commercio di Bergamo ed è consigliere del Direttivo dell'Ascom Bergamo.
«La nomina – ha dichiarato – permetterà di far valere ancora di più le istanze dei piccoli operatori commerciali».
Nel corso del Consiglio, Carlo Saponaro, già membro della giunta federale e presidente di FederModa Bari, è stato eletto vicepresidente di Federazione Moda Italia, mentre Federica Grassini, presidente Confcommercio Pisa oltre che di Federmoda Pisa e Toscana, è stata cooptata in Giunta, come Pedrali.


Obiettivo occupazione, intesa
fra sindacati e Confindustria Bergamo 

nella foto: Ercole Galizzi

Fare in modo che la mini-ripresa si traduca anche in un recupero di posti di lavoro nel nostro territorio. Si pone questo obiettivo l’accordo siglato da Confindustria Bergamo con Cgil, Cisl  Uil che si focalizza su cinque punti: la promozione della nuova occupazione giovanile, la valorizzazione delle competenze del personale anziano, la formazione continua dei cassintegrati, il lancio di un welfare territoriale, la verifica della regolarità contributiva e retributiva del personale impiegato tramite appalti, per scoraggiare abusi. Dopo l’annuncio fatto all’assemblea di ottobre da parte del presidente di Confindustria Bergamo Ercole Galizzi, arriva dunque questa intesa che si spera potrà produrre risultati concreti. Il protocollo, immediatamente operativo, è stato presentato durante un incontro stampa nella sede di Confindustria Bergamo con il presidente dell'associazione imprenditoriale Ercole Galizzi e il vice presidente Matteo Zanetti e i segretari provinciali di Cgil, Cisl e Uil Luigi Bresciani, Ferdinando Piccinini e Marco Cicerone ed è la conclusione di un confronto fra le parti svoltosi in questi mesi sulle dinamiche concernenti le flessibilità organizzative e gestionali, la professionalizzazione dei lavoratori, la tutela e la stabilità occupazionale.
La prima iniziativa riguarda la programmazione di interventi a supporto della nuova occupazione giovanile in incremento occupazionale e con prospettiva di stabilizzazione dei rapporti di lavoro, in modo da consentire la tutela dei lavoratori e contemporaneamente le esigenze dei datori di lavoro di flessibilità nei tempi e nei modi di esecuzione delle prestazioni. Le soluzioni verranno declinate nelle singole unità produttive con specifiche modalità e nell’immediato comporteranno una proposta di Confindustria Bergamo sui rapporti di lavoro a tempo determinato. Segue la richiesta di orientare il Piano d’azione provinciale per le politiche attive anche alla valorizzazione del reinserimento al lavoro di personale a fine ciclo lavorativo che, per esperienza o competenza, sia in grado di trasmettere professionalità al personale di nuova assunzione. C’è, inoltre, l’attivazione di una iniziativa di welfare territoriale, realizzata con il supporto dei Centri per l’Impiego della Provincia di Bergamo e finalizzata ad attenuare le situazioni di particolare disagio derivanti da prolungate applicazioni delle integrazioni salariali (è prevista una dote di 500 euro da assegnare secondo particolari criteri). Si aggiunge la programmazione di interventi di formazione continua adeguati alle specifiche esigenze delle imprese e dei lavoratori coinvolti dal ricorso ad ammortizzatori sociali, interessando i principali centri formativi attivi nel territorio che siano disponibili ad implementare la propria offerta di servizi. Infine, la sensibilizzazione delle imprese sui rischi correlati al ricorso a procedure di appalto che dovessero coinvolgere appaltatori/subappaltatori inadeguati, promuovendo la diffusione di specifiche clausole contrattuali di garanzia, per prevenire eventuali irregolarità retributive e contributive ed evitare sia carenze di tutela per i lavoratori sia  responsabilità a carico delle imprese committenti.
L’intesa avrà carattere sperimentale fino alla fine del 2015 e sarà poi riproposta di anno in anno, salvo disdetta, diventando quindi, di fatto, permanente.
Tutti gli interventi saranno oggetto di rendicontazione e monitoraggio periodico, per consentire eventuali adattamenti e comunque verificare il conseguimento di concreti risultati.


Sagre, la scelta di Pedrengo:
acquisti nelle aziende del paese

Nella battaglia, spesso accesa, tra promotori e sostenitori delle sagre e chi, invece, ne denuncia gli effetti negativi (su tutti i gestori di bar, ristoranti e pizzerie, ma anche i residenti nelle zone interessate dalle manifestazioni per via del disturbo), si fa largo una terza via, che passa anche da un “accordo morale” per cercare di salvaguardare i diversi interessi in campo.
È quanto sta accadendo a Pedrengo, dove tutti gli organizzatori delle prossime feste estive nell’area attrezzata di via Piave hanno sottoscritto un impegno comune – nel corso della recente riunione fissata dall’Amministrazione per la definizione del calendario – a rivolgersi per le forniture ai negozi e alle attività presenti sul territorio. Un modo, quindi, per far girare l’economia locale e far ricadere anche sulle aziende una parte del movimento generato dalle grandi tavolate all’aperto.
Non ci sono obblighi né ci saranno controlli, naturalmente, perché la concorrenza e la libertà di scelta devono prevalere, «abbiamo però voluto dare una sorta di ufficialità – spiega il sindaco Gabriele Gabbiadini – ad un comportamento già in essere, così da rimarcarne il valore, mettere cioè in evidenza l’importanza di fare scelte consapevoli». Pedrengo, tra l’altro, può contare su realtà produttive e di distribuzione capaci di soddisfare le esigenze di questo tipo di eventi e al resto possono pensare i negozi di vicinato, che, stretti tra le difficoltà della piccola impresa e la congiuntura negativa, possono trovare in questo tipo di forniture una salutare boccata di ossigeno. «Appoggiarsi a partner locali – prosegue il sindaco – è anche funzionale ad una migliore gestione degli aspetti legati alla sicurezza e igiene degli alimenti, soprattutto per i prodotti deperibili come carni, verdure e surgelati». E non è che la zona di acquisto sia delimitata sulle mappe, «l’iniziativa – ribadisce – è semplicemente un invito a tenere conto di ciò che offre il territorio». 
Gabbiadini non nasconde che le sagre creano problemi ai gestori dei locali pubblici, «che hanno dipendenti e assicurano un servizio tutto l’anno, ma che nel periodo estivo rischiano di restare sulla soglia ad aspettare i clienti». «Non si può non tenere conto del tessuto produttivo e del lavoro – afferma -, ma è anche vero che le associazioni che chiedono di organizzare le feste lo fanno per raccogliere fondi per il sostentamento delle proprie attività, che quindi ritornano alla comunità come servizio sociale». Entrambe le parti hanno perciò le proprie buone ragioni e quello che il Comune sta cercando di fare è raggiungere un equilibrio. Già con l’amministrazione precedente nel regolamento di polizia urbana sono stati introdotti dei precisi criteri e limiti per l’organizzazione delle feste in via Piave. Il periodo di svolgimento è compreso tra l’ultimo fine settimana di maggio e il primo di settembre, le manifestazioni non possono durare più di cinque giorni (ad eccezione di quella degli Alpini, legata ad una convenzione che prevede da parte del Gruppo la gestione dell’area, il servizio di allestimento e manutenzione della struttura) e un terzo dei weekend deve restare libero da iniziative. Complessivamente non possono essere superati i 45 giorni di festa totali e sono state fissate anche delle priorità nella valutazione delle richieste in caso di disaccordo, con la precedenza che va, nell’ordine, alle associazioni territoriali di volontariato sociale, a quelle sportive, ai partiti politici e alla storicità degli appuntamenti. Il regolamento definisce anche gli orari per l’utilizzo degli altoparlanti e la diffusione della musica.
«Ma accanto alle regole scritte – fa notare il primo cittadino – ciò che stiamo portando avanti è la sensibilizzazione e la responsabilizzazione degli organizzatori, che in fondo sono le chiavi di volta per rendere efficaci gli interventi. Sulla diffusione della musica, ad esempio, il messaggio è stato recepito e oggi riceviamo solo sporadiche lamentele. Tre anni fa abbiamo anche inserito l’obbligo di adesione delle feste al codice etico sulla somministrazione di alcolici promosso dall’Ambito territoriale di Seriate, accolto sulle prime come un’imposizione, ma ora ampiamente condiviso. Non è che sia così gravoso rispettarlo – fa notare -, si tratta di non servire alcolici ai minori e a chi è in uno stato di evidente alterazione, secondo la legge, e di informare sui rischi dell’alcol, soprattutto per chi si mette alla guida. Ciò che abbiamo chiesto è una presa di coscienza del problema e la disponibilità a condividere un percorso». Anche l’invito a fare acquisti in paese ha lo stesso senso, «vuole far riflettere sulle ricadute che le manifestazioni hanno sul territorio e offrire una strada rispettosa del tessuto produttivo locale». 
A chi si interroga sul fatto che possa essere una mossa elettorale, Gabbiadini (eletto nelle file del Pdl, si ripresenterà da indipendente) risponde che sarebbe stato molto più semplice non intervenire sul tema delle sagre. «Quando si cerca di regolamentare dei fenomeni, inevitabilmente si va incontro a delle critiche – rimarca -, tra chi vorrebbe più libertà (di fare tardi, di avere a disposizione più giornate) e chi chiede più restrizioni. Noi stiamo cercando di garantire i diritti di tutti, con modalità che tengono conto della nostra realtà e il più possibile accettate».   
Per l’estate 2014, intanto, i giochi sono fatti. La stagione – nell’area adiacente il bel parco Frizzoni che ospita anche maestosi Cedri dell’Himalya – si aprirà con la festa dell’Oratorio per chiudersi con quella storica dell’Avis Aido. Nel mezzo ci sarà spazio per la Festa dei Pescatori nella quale si inserisce la manifestazione del Comune per i giovani “Pedrengo Music Festival”, quella degli Alpini, le iniziative delle associazioni Croce Bianca, Terra d’Europa e Omero, e la festa del Pd.


Pubblici esercizi e Tripadvisor,
prove tecniche di dialogo

Ci sono dei punti in comune fra TripAdvisor e Fipe-Confcommercio, ma restano però da risolvere i problemi che riguardano l’identificazione del recensore e la sua effettiva presenza nel ristorante. È questo il frutto dell’ultimo incontro in ordine cronologico fra la Federazione italiana dei pubblici esercizi e il gigante dei commenti online generati e gestiti direttamente dai consumatori.
Dopo lo scontro iniziato nell’estate del 2012 fra le due realtà, si è arrivati a riconoscere che esiste effettivamente un mercato delle recensioni false che creano danni ai ristoratori e allo stesso portale. Per questo motivo Fipe e TripAdvisor intendono proseguire il dialogo e cercare di avviare una sinergia proficua e costruttiva.
Il confronto era iniziato a seguito delle lamentele arrivate alla stessa Fipe da parte dei pubblici esercizi che si ritrovavano loro malgrado a leggere commenti alcuni dei quali erano facilmente identificabili come palesemente falsi, perché riferiti magari a un piatto mai esistito nel menu o a una serata in cui il locale era chiuso.
Immediata è scattata la richiesta di Fipe di incontrare TripAdvisor.
Quest’ultimo ha subito riconosciuto in Fipe l’interlocutore ideale e qualificato per instaurare un rapporto di confronto costruttivo e di collaborazione reciproca atto a valorizzare la ristorazione italiana attraverso il web. La società, nell’ammettere l’esistenza di agenzie fittizie di web-reputation, ha rivendicato l’estraneità di rapporti dalle stesse e ha ribadito l’esistenza di filtri con cui individuare situazioni poco attendibili, ma si è mostrata ancora cauta sia sulla possibilità di rinunciare al ricorso all’anonimato da parte degli utenti, sia sulla possibilità di creare un sistema con cui dimostrare che il commento rilasciato sia frutto esclusivamente di un’opinione personale e del servizio effettivamente ricevuto.
«Pur riconoscendo gli enormi sforzi effettuati anche da parte di TripAdvisor – afferma Aldo Cursano, vicepresidente vicario Fipe-Confcommercio – e pur avendo intrapreso un percorso comune, non possiamo ancora dire di aver risolto tutti i problemi delle recensioni.
I ristoratori debbono imparare a non subire il web, come spesso accade, ma a gestirlo meglio. TripAdvisor – prosegue Cursano – garantisce una vetrina globale nel mondo del web, dove la ristorazione può promuoversi e farsi conoscere a un pubblico più vasto di quello che si può raggiungere con i mezzi pubblicitari tradizionali. Anche su questo si fonda la scommessa fra TripAdvisor e Fipe. Nel combattere l’uso distorto della rete, dobbiamo porci assieme l’obiettivo di formare gli utenti e informarli sulle opportunità di creare un dialogo tra ristoratori e clienti e sulla possibilità di gestire la critica, perché, se autentica, diventa una spinta per migliorare l’offerta ed il servizio».


La rabbia dei tabaccai: «Il nostro
aggio è il più basso d’Europa»

nella foto: Il Consiglio Fit di Bergamo 

Lo scorso 25 febbraio si è concluso il rinnovo delle cariche sociali del Sindacato Provinciale Tabaccai, Fit di Bergamo.
Dopo le riunioni zonali, svoltesi nei mesi scorsi, che hanno portato all’elezione di 42 delegati di zona, si è proceduto all’elezione del Consiglio Direttivo e quindi del presidente provinciale e dei vicepresidenti. Nel corso della riunione, alla presenza del presidente nazionale, Giovanni Risso, del componente il comitato esecutivo Giovanni Catelli e del delegato territoriale di Brescia Alessandro Rossini, i consiglieri, all’unanimità e per acclamazione, hanno rieletto quale presidente provinciale, Luca Mangili. Eletti alla carica di vicepresidenti Isidoro Mariani, Roberto Masnada e
Giovanni Cremaschi.
Il Consiglio Direttivo è altresì composto da: Marco Falconi, Gianbattista Gamba, Nunzio Carrara, Angela Ventura, Giuseppe Chiapparini, Pasquale Tanga, Roberto Togni, Giuseppe Finazzi e Umberto Crespolini. In questi giorni, la categoria è in fermento, con scioperi indetti per chiedere l’aumento dell’aggio. Il presidente Risso sottolinea che “la categoria continuerà ad astenersi dalla vendita del tabacco anche lunedì 17 e lunedì 24 e fino a quando sarà necessario. Fino a quando, cioè, il ministro dell’Economia e delle Finanze non ci riceverà per ascoltare le nostre motivazioni e cominciare a ragionare sulle possibili soluzioni. Indifferibili – sottolinea Risso – se si vuole consentire alla rete di vendita dello Stato di poter continuare ad operare con dignità e professionalità”.
“I tabaccai ricchi? Ma ci facciano il piacere!” rimarca Risso, precisando che “l’aggio dei tabaccai italiani è il più basso d’Europa, appena la metà di quello dei colleghi francesi, che già sono penultimi nella classifica. E lo dico dati alla mano, non certo per sensazionalismo mediatico”.
“La battaglia sull’aggio dei tabacchi, la nostra battaglia, non è il capriccio di un momento – continua il presidente -ma è iniziata da tempo, da quando la redditività delle nostre rivendite è calata a picco. Per questo parlare ora di percentuali non ha senso. Il discorso da fare è ben più ampio”. “Siamo la rete più estesa ed efficiente in Italia. Le tabaccherie sono l’ultimo presidio rimasto tra i negozi di prossimità e la cittadinanza si rivolge con fiducia a noi tabaccai. Tutto, sia detto chiaramente, a vantaggio in primis dello Stato, per il quale siamo i primi collettori d’imposte. Perché dunque – incalza ancora Risso – il nostro lavoro non deve essere adeguatamente retribuito? Perché, a quelli che già gravano sulla nostra amministrazione, dobbiamo aggiungere anche il costo di una tale capillarità? Lo Stato ricava gran vantaggio dalla diffusione sul territorio della tabaccherie. Bene, è giunta l’ora che il Governo ne tenga conto, anche perché sui costi in continuo aumento nessuno sconto ci è riconosciuto. Abbiamo iniziato a trattare alcuni mesi fa ma nulla è successo. Vogliamo delle risposte” – conclude Risso.