Inserimento lavorativo e creazione d’impresa,
l’alleato dei giovani si chiama “Job In”

Proseguono le iniziative di Job In, il piano di lavoro territoriale che ha messo in rete ben 24 soggetti del mondo istituzionale, imprenditoriale, sociale e associativo bergamasco per realizzare un’azione coordinata in favore del lavoro giovanile. Una prospettiva sollecitata dall’adesione al bando della Regione Lombardia – Direzione sport e giovani, finalizzato all’attuazione di Piani di lavoro territoriali rivolti ai giovani, che in provincia di Bergamo ha portato all’elaborazione di quattro progetti. Tra questi, Job In ha avuto come rete di riferimento i sei comuni dell’Ambito territoriale n. 1 di Bergamo (Torre Boldone, Ponteranica, Sorisole, Orio al Serio, Gorle e Bergamo, che è anche ente capofila), che hanno scelto di affiancare ai tradizionali servizi e unità di offerta (spazi e centri di aggregazione giovanile, sportelli informagiovani, servizi e progetti in sostegno alla cittadinanza, al volontariato, alle creatività giovanili, interventi di prevenzione del disagio e di promozione dell’agio) un più diretto impegno attorno al tema del lavoro. Da qui la necessità di mettersi in relazione con le proposte e i servizi presenti sul territorio, anche in funzione del ruolo del comune capoluogo, e il coinvolgimento nel Piano di lavoro in qualità di partner di Provincia, Università, Ufficio scolastico, della Diocesi con gli Oratori dell’Ambito n. 1 e la Pastorale sociale, di Bergamo Sviluppo, delle associazioni di categoria, tra cui l’Ascom, del Patronato San Vincenzo e di altre realtà formative e culturali.
Il Piano è organizzato attraverso una cabina di regia (cui prendono parte tutti i partner e che ha compiti di progettazione e di programmazione dell’intera annualità di azioni) e due tavoli tecnico operativi. L’obiettivo è la condivisione informativa delle problematiche e delle soluzioni che il sistema territoriale è in grado di mettere in campo per migliorare le risposte pubbliche e private a fronte dell’emergenza costituta dal tema del lavoro per i giovani.
In questi mesi sono state avviate le sperimentazioni su due fronti: quello dei supporti all’inserimento dei giovani nel tessuto produttivo e quello dei supporti in sostegno all’imprenditoria giovanile, a partire dalla mole di esperienze e competenze che il territorio bergamasco può vantare, superando frammentazione di risorse e servizi. Ulteriore impegno è stato quello di definire azioni comunicative condivise verso i target. È nato così il portale Job in (www.jobin.bg.it) e un profilo Facebook (http://www.facebook.com/jobinbergamo) attraverso i quali, in parallelo con la produzione di materiali cartacei, sono state attivate le due azioni dirette sui giovani.
“Job In – In proprio” ha selezionato 12 progetti di avvio di impresa attivando 10 percorsi di formazione a cura dei diversi partner mentre “Job In – Ingresso lavoro” ha consentito l’implementazione di dispositivi di supporto e accompagnamento alle attività di ricerca attiva del lavoro attivando e gestendo tirocini presso aziende, monitorando congiuntamente 20 esperienze. Dall’autunno 2013 è in corso inoltre un lavoro puntuale di raccolta dati nel settore produttivo territoriale che intende monitorare direttamente almeno 120 aziende sondando la disponibilità ad ospitare esperienze d’inserimento lavorativo.
«Il Piano – afferma il vicedirettore dell’Ascom Oscar Fusini – rappresenta un modello di forte coordinamento tra le iniziative a sostegno dell’occupazione giovanile, una risposta congiunta da parte del territorio ad un tema di emergenza. La nostra organizzazione mette a disposizione i propri strumenti di accompagnamento alla creazione d’impresa e di formazione, oltre che il raccordo con le attività commerciali per stage e tirocini che danno la possibilità di imparare sul campo un mestiere. Grazie alla rete Job In ora può cogliere meglio anche gli input e le istanze che provengono dal mondo giovanile, un’opportunità per migliorare le modalità di inserimento o agire sull’orientamento».
Il Piano prevede anche un’azione di formazione rivolta ad operatori del sistema territoriale per una maggiore consapevolezza delle problematiche dei territori di riferimento e delle potenziali connessioni e relazioni così da migliorare l’approccio di famiglie e giovani. Il percorso, che prende il via il 4 dicembre e si svilupperà sino a febbraio, prevede sei incontri dedicati ad operatori coinvolti direttamente nei processi di inserimento lavorativo e di avvio di impresa. Un secondo livello formativo includerà le realtà territoriali che a diverso titolo entrano in contatto con i giovani e le famiglie: dagli operatori dei consultori adolescenti ai mediatori culturali e operatori/volontari che operano con stranieri e seconde generazioni, dal personale impegnato nei centri diurni per adolescenti agli educatori e animatori delle politiche giovanili, dai docenti delle scuole ai diversi sportelli che operano in agenzie educative e sindacali. Dunque una rete allargata, che include oratori e spazi giovanili, l’associazionismo e i servizi sociali, per rafforzare il comune impegno ad accompagnare al meglio le critiche fasi dell’accesso al mondo del lavoro. Inoltre la proposta d’integrazione informativa riguarderà anche le Agenzie per il lavoro.
Le tematiche affrontate sono quelle relative alle novità normative introdotte in questi settori, le specificità della condizione lavorativa dei giovani in Bergamasca, la lettura delle tendenze territoriali in materia di imprenditorialità giovanile e la condivisione di metodologie e buone prassi di relazione tra i servizi. Dallo scorso 14 novembre ha inoltre preso il via il ciclo d’incontri del Forum giovanile.


Arredamenti, si fa largo
la generazione della svolta

Alessandra Cereda – MobilCereda (Zanica)
«Abbandoniamo l’individualismo,
solo facendo rete possiamo svoltare»

Classe 1976, Alessandra Cereda, della MobilCereda di Zanica, ha seguito le orme di papà Lorenzo, presidente del Gruppo mobili e arredamento dell’Ascom di Bergamo, non solo nel lavoro, ma anche nell’impegno associativo. Fa infatti parte del Consiglio nazionale della Federmobili e del Gruppo Gif che, all’interno della federazione, raccoglie gli imprenditori under 40 con l’obiettivo di migliorare il confronto e valorizzare le loro proposte e richieste. Incarichi non casuali, dato che è convinta che fare rete sia la chiave per imprimere una svolta al settore. «Purtroppo sino ad ora ognuno ha badato solo al proprio “giardino” – afferma -, considerando gli altri come concorrenti e non come colleghi. Ma è una strada che non ha futuro. Prima di tutto occorre far capire tutti insieme che cosa differenzia il nostro modo di vendere da quello della grande distribuzione. Il valore della progettazione, del servizio e della storicità non viene infatti riconosciuto e viene dato per scontato dai consumatori. Una volta affermata questa nostra identità, ognuno può poi mettersi in gioco con la propria proposta».
Rispetto al mondo dei padri lo scarto è netto non solo per l’avvento dei colossi commerciali e per via della crisi, ma anche per un più generale cambiamento culturale che ha visto l’arredamento scendere nella classifica delle priorità di spesa. «Il settore è rimasto fermo per anni nella convinzione il mobili si vendessero da soli – dice chiaramente -, oggi occorre risvegliare l’attenzione con tutto un contorno d’immagine, utilizzare il web, l’e-commerce, fare campagne pubblicitarie mirate, strumenti che sembrano banali, ma sui quali siamo invece attardati e che possono dare risultati più significativi proprio se sviluppati in un’ottica di rete».
Come lei, anche il fratello Pierluigi, di due anni più giovane, ha scelto di proseguire l’attività di famiglia, avviata del padre nel ‘51, quando era giovanissimo. «Per entrambi è stata una scelta autonoma – nota Alessandra -, dopo aver fatto esperienza anche fuori. Inserirsi è stato facile perché papà è sempre aperto alle nostre proposte, non le scarta in partenza, ci lascia sperimentare e semmai le aggiustiamo insieme». Le innovazioni vanno dai programmi gestionali all’utilizzo del web, all’attenzione all’export, con un imperativo di fondo: «essere versatili, pronti al cambiamento». Per quanto riguarda l’esposizione, alla nuova generazione si deve, ad esempio, la creazione accanto al negozio storico di un punto vendita specializzato nei divani e nel riposo e nell’ergonomia.

Beppe Marchetti – MM Mobilificio Marchetti (Cologno al Serio)
«Non basta più trasmettere emozioni al cliente,
la nuova sfida è condividere esperienze»

Al Salone del Mobile, il Mobilificio Marchetti di Cologno al Serio dà una chiara dimostrazione di come sta impostando il proprio modo di presentarsi e coltivare i rapporti con la clientela. Nello stand si succedono infatti corsi di cucina, showcooking, concerti di musica live di band emergenti, la presentazione di un libro, un progetto con la scuola Fantoni e una tavola rotonda con gli architetti. «È prima di tutto una nostra esigenza, sappiamo che possiamo imparare da tutti e quindi cerchiamo di aprirci, coinvolgere realtà a noi vicine con le quali possono nascere sinergie, concetto molto dichiarato ma quasi mai realizzato», racconta Beppe Marchetti, 44 anni, che con il fratello Paolo, 34, è da una decina di anni alla guida dell’attività fondata dal bisnonno.
Le iniziative in fiera sono la prosecuzione naturale di quanto si realizza nell’appartamento in Città alta, arredato dall’azienda e abitato da una coppia, aperto a visite ed eventi. «L’idea è andare oltre i party, spesso ingessati, con cui si presentano gli allestimenti – prosegue –, abbattere il velo tra professionista e cliente per mettersi allo stesso livello, discutere di design e mangiare qualcosa insieme, conoscersi e condividere visioni e competenze». Secondo l’imprenditore non è più sufficiente creare emozioni con disegni e prodotti, occorre condividere esperienze. «Oggi “social” è la parola chiave della comunicazione – spiega – e cosa c’è di più social che incontrarsi davvero? Per noi la persona viene prima del prodotto, è al centro del progetto e deve essere resa protagonista. Le qualità intrinseche del prodotto, che pure devono essere di valore, non bastano più».
La medesima apertura si ritrova all’interno dell’azienda. «Nostro padre, capendo che serviva un cambiamento – rileva –, ci ha lasciato carta bianca e la stessa fiducia ci piace accordarla a chi lavora con noi, persone giovani, dinamiche, di talento, che vogliamo si sentano coinvolte». Logico, in quest’ottica, che si invochi anche un maggiore confronto tra colleghi. «Non è più tempo di guardare con occhio “truce” chi applica qualche punto percentuale di sconto – afferma Marchetti –, il settore si è seduto per troppo tempo sugli allori, non impegnandosi nella ricerca di strade nuove e di strumenti strategici, ed oggi confronto e condivisione sono armi importanti per uscire dai vecchi canoni. In fondo, abbiamo tutti gli stessi problemi, cerchiamo di capire dove siamo carenti, smettiamo di essere gelosi e condividiamo esperienze e capacità».

Gianatonio Salini – Salini Design (Fornovo San Giovanni)
«Creato un nostro stile. Ora si aprono le porte dell’estero»

Il cambio di rotta Gianantonio Salini, 51 anni, e il fratello Massimo, lo hanno impresso una ventina di anni fa, dopo aver rilevato dal padre l’attività, con sede a Fornovo San Giovanni. «A quei tempi nessuno immaginava lontanamente a questa crisi – ricorda Gianantonio -, eppure abbiamo pensato che fosse necessario differenziarsi. Un po’ perché la varietà dei prodotti sembrava appiattirsi, un po’ perché ci sentivamo dentro la vocazione ad occuparci in maniera più ampia degli ambienti». L’azienda si occupa perciò di architettura d’interni a 360 gradi, della progettazione ai lavori necessari per attrezzare o ristrutturare gli spazi, dai pavimenti all’illuminazione, passando naturalmente dai mobili, con un forte accento sulla ricerca, che si tratti di materiali, colori, nuove soluzioni di design. «Insomma, abbiamo dato vita ad un nostro stile – sintetizza -, tanto che accanto alla falegnameria e allo store storico di Fornovo abbiamo aperto “D-LabDesign”, un negozio-laboratorio dove mostriamo quello che facciamo, le nostre sperimentazioni. È a Treviglio, nei pressi della stazione centrale, facilmente accessibile anche grazie all’arrivo della Brebemi. Internet è infatti fondamentale per farsi conoscere, ma vedere di persona e toccare con mano ha sempre la sua importanza».
Di fronte ad un mercato interno depresso, aver puntato già da tempo su un target medio alto sta ripagando («oggi – annota – la richiesta si indirizza su due soli livelli, basso o alto, si è persa la fascia media della clientela che rappresentava i tre quarti del giro d’affari e questo è grave per il settore»). E pure l’internazionalizzazione è un’opportunità da non trascurare: «Il made in Italy è sempre visto con un occhio di riguardo all’estero – evidenzia Salini – e la prospettiva è quella di aprirsi, considerare che il proprio mercato può essere tutto il mondo. Abbiamo fatto lavori a Panama, Dubai, Svizzera e Francia e contiamo di sviluppare contatti e progetti».

Veronica Rota –  Mobili Rota (Almenno San Bartolomeo)
«Anche Internet è un canale che funziona»

L’attività di famiglia ha conquistato ben cinque esponenti – quattro fratelli e una cugina, nella fascia dai 28 ai 38 anni – della seconda generazione della Mobili Rota di Almenno San Bartolomeo. Sanno di offrire qualcosa di diverso rispetto alla grande distribuzione e si danno da fare per farlo capire, mettendoci ognuno il proprio gusto e la propria visione. «L’attività è sempre andata bene – spiega Veronica Rota – ed i nostri genitori ci hanno trasmesso l’orgoglio di portarla avanti. Certo, ci rendiamo conto che oggi occorre impegnarsi su più versanti, cercare sempre nuove idee. Abbiamo puntato sulla pubblicità con pannelli stradali, ma abbiamo anche rifatto completamente il sito web e siamo presenti su Facebook. Internet funziona, i consumatori infatti sono ormai abituati a cercare informazioni e prodotti in rete e non mancano le vendite on line, grazie al portale Webmobili, che è organizzato molto bene. Siamo anche presenti su un sito nazionale specializzato in occasioni, il che ci permette rinnovare costantemente l’esposizione. Abbiamo anche rivisto l’esposizione delle cucine, l’ambiente che continua a riscuotere attenzione, e ci affidiamo ad un’art buyer per l’oggettistica, perché anche il colpo d’occhio, l’atmosfera, il farlo sentire a casa servono per conquistare il cliente». Ma lo snodo fondamentale è la capacità di accompagnarlo nella scelta. «Proprio perché il cliente ha più informazioni ed è abituato a guardarsi attorno – prosegue Veronica Rota – dobbiamo essere più preparati ad illustrare le caratteristiche dei prodotti: far capire, ad esempio, la differenza tra un mobile laminato e uno impiallacciato, quanto contano gli spessori e così via. Non possiamo permettere che si instaurino paragoni sbagliati con la grande distribuzione e dobbiamo fare in modo che venga riconosciuto il valore del nostro servizio, dalla progettazione alla selezione dei prodotti, dal montaggio a regola d’arte all’assistenza post vendita». Non vuol dire per forza spendere di più. «Non è mai stato un negozio di fascia alta – dice – ma puntiamo sul rapporto tra qualità, servizio e prezzo. Sappiamo anche che il momento è difficile e proprio in questo senso abbiamo predisposto due soluzioni di arredamento completo ad un prezzo interessante senza derogare a certi standard di qualità». L’impostazione data all’attività ripaga, se è vero che «il passaparola continua a funzionare e che la soddisfazione maggiore è quando il cliente ritorna e chiede di te».


L’ira dei commercialisti:
«La misura è colma»

Alberto Carrara
«La crisi richiede la nostra consulenza, invece
siamo schiacciati da scadenze e adempimenti»

Il presidente provinciale dell’Ordine, Alberto Carrara non nasconde come malcontento e malessere abbiano ormai oltrepassato la misura: «Le norme di legge sono mal scritte se non addirittura contraddittorie. Gli adempimenti si moltiplicano e le scadenze rimbalzano da una data all’altra con software e modulistica che arrivano sempre in ritardo», afferma. Lo spesometro, in particolare, è uno dei provvedimenti più indigesti: «La proroga dell’invio dello spesometro  – rileva – è irrituale e per di più lontana dall’essere chiara. Lo spesometro così formulato non fa altro che complicare ulteriormente le cose. Come ogni nuovo provvedimento sembra la misura definitiva per contrastare l’evasione, quando in realtà lo spesometro non aggiunge niente in più del vecchio elenco clienti–fornitori, che l’Agenzia delle Entrate riceveva fino a pochi anni fa». Anche i commercialisti con il nuovo obbligo di dotarsi entro il primo gennaio 2014 del Pos sono chiamati all’onere della tracciabilità per gli incassi sotto i 1.000 euro: «È assurdo – commenta Carrara -, anche perché i nostri clienti sono le imprese, che hanno tutto l’interesse a far rientrare il nostro onorario tra le spese, con regolare fattura. L’evasione nel nostro caso è proprio nulla». Difficile da mandar giù anche la responsabilità professionale nell’antiriciclaggio. «La normativa è poco chiara, ma le sanzioni sono rilevanti. Il punto è che si richiedono molti gravosi adempimenti per un numero esiguo di segnalazioni di operazioni sospette. Questo dovrebbe far venire il dubbio che la normativa riguardante i professionisti non sia efficace per ottenere i risultati richiesti e che debba pertanto essere ripensata». Il momento impone una riflessione su aggravi di costi e fardello burocratico per gli studi: «In questo periodo i ritardi nei pagamenti delle nostre consulenze sono oramai cronici e vanno dai sei ai dodici mesi e oltre. La tensione finanziaria è un problema quotidiano per moltissimi studi. La crisi richiede la nostra consulenza professionale in campo amministrativo, finanziario e delle operazioni straordinarie, invece siamo schiacciati da scadenze e adempimenti fiscali. Siamo diventati nostro malgrado dipendenti – non pagati, ovviamente – dell’Agenzia delle Entrate». La categoria non ne può davvero più e non esclude azioni clamorose: «Si parla molto di sciopero, anche se in questo periodo diventa impossibile abbandonare i nostri clienti né mi appare corretto fare azioni le cui conseguenze possono ricadere su tali soggetti. La misura è davvero colma e se non verremo ascoltati non mancheremo di fare sentire come categoria la nostra voce con forza e determinazione».
 

Angelo Pelliccioli
«Anche le norme professionali si complicano.
L’esame per i revisori è un’inutile duplicazione»

Angelo Pelliccioli, membro del neonato Comitato di coordinamento nazionale tra le associazioni di categoria rappresentative di oltre 120mila professionisti del fisco, che da sei mesi a questa parte vede unite sette sigle sindacali (Adc, Aidc, Anc, Ando, Unagraco, Ungdcec, Unico), ha preso parte alla Giornata di Mobilitazione nazionale a Roma, incontro cui hanno partecipato 1.500 commercialisti condividendo problematiche e malumori. Tra le questioni portate sul tavolo, la mancata equipollenza tra Ordine dei Commercialisti e Revisori dei conti: «Si richiede un esame in più per diventare revisore, come se quello per diventare commercialista, che non è certo all'acqua di rose, non bastasse – fa notare -. Il registro dei Revisori era stato assorbito da oltre un anno dal Ministero dell'Economia e della Finanza, nell’ambito del processo di razionalizzazione, ribattezzato anti-casta, avviato da Mario Monti. Ci siamo fortemente opposti al decreto attuativo convalidato dal parere del Consiglio di Stato che vorrebbe istituire un esame a parte per l'accesso alla professione di revisore. Vogliamo che il ruolo rientri nel Consiglio nazionale dei Commercialisti, onde evitare inutili duplicazioni. La burocrazia si morde la coda ed invece di ridurre va così a raddoppiare ordini, consigli e costi annessi e connessi». Su scadenze e nuovi adempimenti, i commercialisti affilano le lame: «Qui si decide una cosa la mattina, una a mezzogiorno ed una la sera. Noi siamo in mezzo a questi continui e repentini cambi di rotta. Ogni cosa si decide all'ultimo secondo in base a chi tira più la giacchetta e, come se non bastasse, il Ministero delle Finanze non si prende manco la briga di pubblicare sul suo sito norme ed altri provvedimenti. Ormai ci basiamo solo su quanto ogni giorno pubblica Il Sole 24 Ore, senza avere accesso ai testi integrali ed ufficiali, senza la mediazione della stampa e del giornalista di turno». Ogni giorno scatta l'inseguimento al Fisco e alle sue progressioni e regressioni: «Invece di dedicare maggiori risorse ai clienti che in questo momento come non mai hanno bisogno della nostra consulenza per gestire gli aspetti problematici che la crisi porta con sé, noi spendiamo preziose energie per inseguire il fisco». Il Coordinamento tra le sette sigle sindacali maggiormente rappresentative dei commercialisti sta lavorando alla creazione di un vero e proprio Osservatorio sulla professione per raccogliere istanze e proposte degli iscritti: «Vogliamo portare sul tavolo le richieste di ogni iscritto – spiega Pelliccioli -, con tanto di nome e cognome. Inoltre non mancheremo di vigilare sul Consiglio Nazionale stesso e sul suo operato, assolvendo anche la funzione di controllo interno». La professione sta vivendo un momento di difficoltà: «Ci sono giovani commercialisti che stanno seriamente valutando l'ipotesi di chiudere gli studi – rileva -. I neolaureati ormai non iniziano nemmeno la professione se non sono “figli o nipoti di” e non possono contare su uno studio storico o su un'attività ben avviata. In generale, la crisi e i ritardi nei pagamenti stanno mettendo alle strette molti colleghi. Si salvano gli studi specialistici perché ormai siamo arrivati a dequalificare la professione». Il momento e le questioni ancora senza risposta sul tavolo del Governo richiedono una risposta forte: «Il prossimo incontro è fissato per il 19 dicembre. È il momento di far valere le nostre ragioni con un'azione forte, dalla minaccia di sospensione dei servizi allo sciopero generale della categoria».

Franco Tentorio
«La burocrazia è devastante e il Governo
non ha fatto nulla per alleggerirla»

Il primo cittadino di Bergamo Franco Tentorio, fondatore dell’omonimo studio di consulenza contabile, fiscale, amministrativa e del lavoro, non digerisce leggi schizofreniche, burocrazia opprimente e nuovi oneri, per molti versi «ingiustificati». «La burocrazia è devastante e le promesse fatte dal Governo di alleggerirla si sono rivelate delle fandonie – dichiara -. Invece di ridurre e semplificare si sono aggiunti nuovi e ulteriori adempimenti a carico delle imprese e dei professionisti chiamati ad assistere gli imprenditori. Lo spesometro, ad esempio, era stato abolito anni fa ed invece è tornato con gli interessi, con nuovi e pesanti oneri. Ora bisogna segnalare anche le prestazioni a favore dei soci, con un aggravio in termini di costi per gli imprenditori». Alle tasse si aggiungono ulteriori costi per assolvere agli obblighi di legge e per l'asseverazione di nuove pratiche: «Ormai vi è una vera e propria delega ai professionisti del controllo che spetta agli Uffici e all'Agenzia delle Entrate. Aumentano così i costi per le imprese, perché come ogni altro professionista il commercialista non lavora gratis». Non agevolano il lavoro norme in continua evoluzione, soggette a cambiamenti repentini: «La legislazione è in continua modificazione – sottolinea Tentorio -. Il diritto fallimentare è cambiato troppe volte e il fiscale non ha fatto che peggiorare negli ultimi anni». Il sindaco-commercialista è alle prese con le quotazioni ballerine dell'Imu: «I comuni renderanno note le aliquote applicate solo pochi giorni prima della prima scadenza. È un vero e proprio disastro. Non ci siamo proprio. Invece di migliorare, la situazione è nettamente peggiorata. Si lavora di più ma male con l'incubo di nuove leggi, interpretazioni e scadenze».

Massimiliano Serra
«Imprese e consulenti travolti
da una schizofrenica alluvione di interventi»

Massimiliano Serra, commercialista dello Studio associato Volpi-Bottega-Michetti, porta sul tavolo il malessere della categoria e dei contribuenti. «Noi commercialisti – e in questo siamo portavoce dei contribuenti – lamentiamo da tempo la schizofrenica alluvione di interventi legislativi in materia tributaria, spesso indecifrabili, che impediscono alle imprese una corretta pianificazione della loro attività e soffocano i loro consulenti di adempimenti. Il nostro Paese sta vivendo una crisi economica senza precedenti, si è consapevoli che le casse dello Stato sono vuote e non ci sono risorse per aiutare lo sviluppo, gli imprenditori si attendono se non un aiuto almeno un allentamento della burocrazia, una riduzione degli adempimenti e una normativa stabile nel tempo». Il paradosso è che non solo siamo uno dei Paesi con la più alta pressione fiscale dell’ambito Ocse, ma che in Italia è anche difficile capire come pagare correttamente le tasse: «Oggi, a pochi giorni dalla scadenza stiamo ancora aspettando che venga fissata l’entità del secondo acconto Ires da versare. Per non parlare poi del secondo acconto dell’Imu, travolto da una giungla di sigle e di ipotesi. A questo si aggiungano la selva di circolari e risoluzioni, spesso contraddittorie, che modificano l’applicazione delle norme, lasciando gli operatori del diritto tributario nell’incertezza e nell’incapacità di applicare univocamente le disposizioni». I giornali hanno parlato di commercialisti pronti allo sciopero e la categoria annuncia se non la sospensione dell’attività una risposta forte: «Di fatto i commercialisti vogliono creare un cortocircuito nelle attività che vengono prestate per la Pubblica amministrazione. È tempo che si capisca che i commercialisti nell’interesse dell’Erario si sobbarcano una immane quantità di adempimenti e controlli che prima erano in capo all’Agenzia delle Entrate». L’ intensificarsi senza fine di adempimenti comporta una ricaduta di costi sugli imprenditori: «Il ruolo dei commercialisti è sempre più svilito – rimarca Serra -. Come professionisti siamo più preparati e motivati a prestare la nostra consulenza allo sviluppo e alla gestione delle aziende piuttosto che attendere le scadenze degli invii telematici augurandosi un rinvio dei termini perché non esiste il programma o non ci sono le istruzioni».


La crisi “rivoluziona”
i Mercatini di Natale

«La crisi ha colpito nel peggiore dei modi: non sono mancati né i finanziamenti né gli sponsor per una manifestazione fin qui fortunatissima, cui la scelta rigorosa e costante di qualità aveva sempre dato ragione. A fare un passo indietro sono stati gli espositori. Tutti troppo tartassati nei guadagni. Consapevoli che oltre il bancone, tra la gente, serpeggia lo stesso malumore e regna la stessa impossibilità a metter mano al portafoglio, hanno deciso di non uscire. Hanno scelto coerentemente di accettare la realtà di un Natale in sordina, di spegnere in tempi bui i riflettori sulla tredicesima edizione de “Il Natale è di Casa”, in attesa che torni a brillare la magia di un tempo e a fioccare l'ottimismo». Così gli organizzatori hanno comunicato l’annullamento dei mercatini di Natale di Castione della Presolana, una delle prime manifestazioni nate in Bergamasca sulla scorta degli esempi trentini, altoatesini e nordici, per ravvivare l’atmosfera nel periodo pre-natalizio. Lo stop non è di poco conto se si considera che nella località montana l’esposizione nelle tipiche casette di legno aveva trovato uno scenario ideale ed era diventata un appuntamento classico anche in chiave di promozione e attrazione turistica, una sorta di apertura simbolica della stagione invernale. È un fatto contingente o il segnale che anche iniziative sino ad ora considerate una buona soluzione per attirare visitatori e vivacizzare i centri storici devono fare i conti con la crisi? O che la concorrenza anche in questo settore è cresciuta, imponendo un ripensamento anche a manifestazioni consolidate? Di certo il panorama delle manifestazioni si è ampliato ed è cresciuta l’attenzione degli espositori ad ottimizzare l’impegno in termini di spesa e presenza. La nuova sfida per chi le promuove è trovare formule che continuino ad attirare l’attenzione del pubblico, anche differenziandosi e caratterizzando l’atmosfera e l’offerta rispetto alla “concorrenza”, con un occhio in più ai costi.

Castione
«Non abbiamo voluto derogare alla qualità della manifestazione»

La 13esima edizione de “Il Natale è di Casa” si sarebbe dovuta svolgere in tre fine settimana consecutivi sul piazzale Donizetti di Bratto, frazione di Castione della Presolana, a partire dal 23-24 novembre fino al weekend da venerdì 6 a domenica 8 dicembre. La macchina organizzativa era già partita, ma la scarsa adesione di espositori ha portato gli organizzatori (Turismo Presolana in collaborazione con il Comune di Castione della Presolana, Presolana Holidays e Promoserio) a decidere di annullare l’appuntamento. «Probabilmente ha inciso più di un fattore – afferma Aronne Masseroli, assessore al Turismo del Comune di Castione -. Di certo la crisi impone agli espositori di valutare con maggiore attenzione il rapporto tra costi e benefici attesi da una manifestazione e credo che quest’anno abbia avuto il suo peso il calendario. Poiché il 7 e l’8 dicembre cadono di sabato e domenica, viene infatti a mancare un importante momento per il turismo come il ponte di Sant’Ambrogio e il timore di minori presenze, insieme al generale clima dimesso, possono aver frenato la partecipazione».
All’appello è mancata più o meno la metà della trentina di operatori previsti. «Sin dagli esordi – prosegue Masseroli – la manifestazione ha scelto di ospitare solo ed esclusivamente articoli legati al Natale, come addobbi e regalistica, originali ed unici perché prodotti in proprio da piccoli artigiani. Avremmo potuto scegliere di ampliare le merceologie o di optare per dei gazebo al posto delle casette in legno ma non abbiamo voluto derogare né sul piano della qualità dell’offerta né su quello dell’atmosfera, cosa che, tra l’altro, sarebbe andata a discapito di chi aveva confermato la partecipazione». L’assessore assicura che si tratta solo di una “pausa” e che i mercatini torneranno il prossimo anno. «Ci siamo già mossi per trovare soluzioni meno costose – annuncia -, cominciando dalle casette, sulle quali incidono anche le spese di trasporto e di montaggio. Anche quest’anno il Comune e l’organizzazione si sono comunque dati da fare – tiene a precisare Masseroli – mettendo a disposizione, tramite risorse proprie e sponsor, i fondi per tutte le attività di supporto che richiede un evento di questo genere, sviluppato su più giornate, come luminarie, animazione, sorveglianza e sgombero della neve. In previsione del minore richiamo del ponte di Sant’Ambrogio avevamo anche potenziato le iniziative, con l’obiettivo di dare vita ad un vero e proprio salotto nella piazzetta». «È possibile anche – conclude  – che abbia influito la nascita di altre manifestazioni, che naturalmente riducono la torta dei potenziali espositori e visitatori. Non è in ogni caso nostra intenzione sederci ad aspettare tempi migliori, ma siamo già al lavoro per trovare nuove soluzioni».   
A dispiacersi per l’annullamento della manifestazione sono anche i negozi ed i pubblici esercizi del paese, che potevano contare su un evento di richiamo. «Tredici anni non sono pochi, ormai era diventata una tradizione – ricorda qualcuno -, la “scusa” per molti villeggianti per salire ed aprire la casa per la stagione invernale e per i clienti di tornare, tanto che spesso ci si salutava al termine dell’estate dandosi appuntamento per i mercatini. È un peccato che quest’anno non si facciano, forse qualcosa si sarebbe potuto organizzare ugualmente, anche con meno espositori e magari dando spazio alle associazioni… ». «Gente ne hanno sempre portata – è un’altra annotazione raccolta – soprattutto nell’ultimo fine settimana, quello di Sant’Ambrogio, e sia le attività commerciali sia bar, ristoranti e alberghi hanno sempre lavorato. In più, la comunicazione legata all’evento faceva girare il nome del paese, era un’occasione di promozione di tutta la località anche oltre l’iniziativa».

Il presidente degli ambulanti Fiva
Dolci: «Il timore che la gente non spenda non deve essere un freno»

Non c’è carenza di richieste di partecipazione, almeno nelle manifestazioni “natalizie” che vedono la partecipazione degli ambulanti bergamaschi. Lo rileva Mauro Dolci, presidente provinciale della Fiva-Ascom, che nota però anche come la realtà delle iniziative sia piuttosto variegata e difficile da inquadrare univocamente, differenziandosi per durata, modalità di esposizione e tipologia di operatori, che possono essere hobbisti, produttori, aziende commerciali e talvolta gli stessi negozianti in sede fissa.
I mercatini natalizi restano un’opportunità o, complice la crisi, non sono più un investimento tanto interessante per gli operatori? 
«Diciamo innanzitutto che solitamente l’ambulante non partecipa alle manifestazioni che richiedono una presenza prolungata, magari anche di 30 o 40 giorni. In genere non è infatti in grado di lasciare l’attività che lo tiene impegnato tutto l’anno o di dividersi su più fronti per un periodo così lungo. La scelta ricade perciò sulle manifestazioni più brevi. Gli operatori in questo caso si dividono in due tipologie. Chi ha già un buon giro settimanale punta su uno o due appuntamenti all’anno come uscita straordinaria, per chi è invece più “provato” dal punto di vista economico perché ha postazioni meno interessanti o precarie, queste iniziative rappresentano un’importante boccata di ossigeno».
In città gli ambulanti sono protagonisti della fiera di Santa Lucia, si prevede  qualche defezione quest’anno?
«Si tratta di un appuntamento istituzionale, come le tante altre fiere legate a ricorrenze speciali che si svolgono durante tutto l’anno in tutta la provincia. È curato direttamente dal Comune e la graduatoria è consolidata. Anche nel caso di qualche rinuncia c’è una lista di attesa di almeno 50 o 60 spuntisti, che assicura una manifestazione al completo. L’appuntamento con oltre 90 bancarelle sarà dal 10 al 12 dicembre sul Sentierone».
Anche a Seriate avete portato una ventina di anni fa le bancarelle di Santa Lucia, un’esperienza che ha in qualche modo anticipato i mercatini. Come sta andando?
«Si è sempre svolta la domenica prima del 13 dicembre, ma quest’anno l’Amministrazione ha scelto di fare spazio in quella data, l’8 dicembre, ad un’esposizione curata dai commercianti del paese e ad altre iniziative. La nostra manifestazione si terrà la domenica successiva, il 15 dicembre, con una sessantina di banchi sempre nella via centrale».
Come l’avete presa?
«Con il Comune di Seriate abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto e ci sarebbe dispiaciuto dover rinunciare ad un appuntamento che ha sempre portato gente e incontrato l’apprezzamento della cittadinanza. Apprezziamo il fatto che ci sia stata messa a disposizione un’altra data e non ci preoccupa il paragone con altre proposte. Certo una considerazione generale è d’obbligo: pur non avvicinandosi ai mercatini di Merano e dintorni, le manifestazioni natalizie creano un certo movimento ed oggi un po’ tutti le stanno rincorrendo. Quello che spesso si dimentica è che sono i venditori ambulanti gli unici soggetti deputati ad operare su area pubblica, né hobbisti né commercianti in sede fissa hanno tale autorizzazione e mi piacerebbe sapere con che modalità si realizza la loro presenza sul suolo pubblico».
Quali caratteristiche deve avere una manifestazione perché abbia successo?
«Innanzitutto occorre dare il senso del gruppo, una presenza compatta di almeno 40 operatori. E poi proporre merceologie diversificate, interessanti e a prezzi competitivi. Il successo o l’insuccesso dipende da questo, il cliente non è stupido e sa bene come spendere i propri soldi».
Ma la propensione alla spesa è sempre meno…
«Di certo non possiamo fermarci solo per il timore che la gente non spenda. Bisogna darsi da fare per essere competitivi, non ci si deve arrendere. Poi il risultato può anche non arrivare, per vari motivi, e questo noi ambulanti, abituati a lavorare tutto l’anno in tante condizioni diverse, lo sappiamo bene». 

Seriate
Santa Lucia, quest’anno scendono in strada i negozi

Quest’anno a Seriate, per la festa in attesa di Santa Lucia, le bancarelle degli ambulanti lasciano il posto ai negozianti del paese. Tra le numerose iniziative promosse dagli assessorati alla Cultura e al Commercio domenica 8 dicembre – giornata clou della manifestazione denominata “Santa Lucia la più bella delle tradizioni”, articolata in più appuntamenti lungo tutto il periodo delle Festività -, ci sarà infatti anche il “Mercatino di Natale con i commercianti di Seriate in piazza”. Una cinquantina di negozi ed esercizi delle centrali via Italia e via Dante si “trasferiranno” in strada sotto gazebo bianchi, uguali per tutti, mettendo in mostra la propria offerta. «L’iniziativa nasce sulla scorta dell’entusiasmo degli operatori riscontrato in occasione della notte bianca organizzata questa estate – spiega l’assessore al Commercio Antonino Casale –. A forza di insistere, i negozianti hanno cominciato a crederci, è maturata la consapevolezza che non ha senso restare con le serrande abbassate quando ci sono iniziative che portano movimento in centro e che è il caso di mettersi in gioco. Dal canto suo, il Comune ha cercato di creare il contesto giusto per favorire la partecipazione e il successo dell’iniziativa, proponendo un contributo spese contenuto e organizzando diverse iniziative di animazione e richiamo». La fiera degli ambulanti, che da una ventina d’anni arrivava in paese la domenica prima della notte di Santa Lucia, è stata spostata alla domenica successiva, 15 dicembre. «Tutti insieme gli espositori non ci sarebbero stati e si sarebbero create troppe sovrapposizioni – rileva Casale –. Gli ambulanti hanno sempre offerto un servizio importante e glielo riconosciamo, ma era importante dare spazio a chi risiede ed ha la propria attività in paese, che può diventare protagonista della rivitalizzazione e dell’attrattività del centro e, al contempo, sfruttare un’opportunità commerciale». L’8 dicembre, gli amanti delle bancarelle potranno sbizzarrirsi anche tra l’esposizione degli hobbisti in piazza Bolognini, il mercatino dell’usato “Me ne libero” nel parco delle scuole in via Dante e quello dell’antiquariato sotto i portici della Galleria Italia. Per i bambini, letture e laboratori in biblioteca, la giostra, giochi, gare, animazione e la premiazione di un concorso di disegno dedicato a Santa Lucia realizzato in collaborazione con il Distretto del Commercio. Senza dimenticare la sfilata della banda, il coro con i canti della tradizione natalizia e le iniziative delle associazioni no-profit.

Mapello
«Il rischio è la sovrapposizione degli appuntamenti»

A Mapello il mercatino di Natale ha incassato anche quest’anno il pieno di espositori, una novantina che andranno ad “invadere” il centro storico domenica primo dicembre dalle 9 alle 19. La manifestazione si chiama “Sotto le torri… torroni”, legando le sette torri presenti sul territori comunale ad uno dei dolci più tipici delle Festività. È promossa dalla Pro Loco, dall’assessorato alla Cultura e dall’associazione dei commercianti “Vetrine Amiche”. «Se si vuole cercare qualche segnale di crisi nella partecipazione – rileva il responsabile dell’associazione Marzio Bonasio – forse è nella rinuncia da parte di alcuni hobbisti, che ci hanno comunicato di aver cessato questo tipo di attività. Non sono però mancate le richieste di altri espositori, che ora stanno arrivando anche da fuori provincia e fuori regione. Proponiamo l’appuntamento ormai da otto e nove anni e possiamo dire che è sempre stato un crescendo». Per i banchetti del settore alimentare gli espositori sono tutti professionisti, mentre sul versante dell’artigianato ci sono anche amatori. «Non credo che la quota di partecipazione rappresenti un grosso problema – prosegue Bonasio -, la manifestazione si svolge in una sola giornata, in gazebo e la tassa per l’occupazione del suolo pubblico non è mai stata eccessiva». E l’afflusso è solitamente buono. «Molto dipende dalle condizioni del tempo – nota -, ma in genere la gente arriva. Siamo stati tra i primi nella zona a vedere in manifestazioni di questo tipo un’occasione per ravvivare il paese e farlo conoscere, con la nascita di altre iniziative ora il rischio è un po’ quello della sovrapposizione. All’interno del Distretto del Commercio Ville e Torri dell’Isola (che comprende i comuni di Ambivere, Brembate Sopra, Mapello, Ponte San Pietro e Treno d’Isola ndr.) ci siamo coordinati per evitare la concomitanza degli eventi, ma al di fuori non è sempre possibile farlo». Accanto all’esposizione, la manifestazione prevede l’esibizione di bande, zampognari, uno spettacolo con il fuoco e uno di danze popolari. Nella piazza del Comune c’è il villaggio di Babbo Natale e un trenino gratuito facilita e rallegra gli spostamenti.