Airoldi: “Tante le buone idee,
ma devono avere gambe per camminare”

Il suo motto è la semplicità, il suo modello di riferimento Steve Jobs. Damiano Airoldi, bergamasco, classe 1966, ne ha fatta di strada da quando 25 anni fa, insieme a un amico, fondò a Bergamo la Magnetic Media Network. Oggi, la sua impresa ha una cinquantina di dipendenti e, ogni anno, grazie ai suoi sistemi informatici, aiuta a gestire le complessità aziendali di circa 1500 clienti che operano nei settori più disparati. “Con grande pragmatismo, senza fare voli pindarici, possiamo ottenere strumenti incredibili per comunicare”, spiega Airoldi, che ha parlato della sua azienda nell’ambito delle “Conversazioni Imprenditoriali” promosse da “BergamoIncontra”.
Come nasce Magnetic Media Network?
“Nel 1989 la Mmn era una piccola azienda composta da me e dal mio socio e amico. Alla base di tutto c’era l’idea di fare informatica che, a quei tempi, era ancora nelle ere geologiche della tecnologia. In questi anni abbiamo sviluppato sistemi e cercato di portare l’informatica nelle aziende, soddisfacendo esigenze molto diverse. Quando queste esigenze diventano quotidianità, significa che sono efficaci”.
Insomma avete tentato di rendere semplici sistemi all’apparenza complessi…
“Abbiamo sempre inseguito la semplicità che è un elemento chiave in questo settore. Semplicità vuol dire anche economicità, efficacia, significa scalare le dimensioni di questi sistemi col crescere delle esigenze. O anche con il diminuire delle esigenze, visti i tempi che corrono, ridimensionando tali sistemi in modo dinamico”.
Qual è stata una delle vostre migliori intuizioni?
“In anticipo sui tempi, abbiamo capito la straordinaria importanza di quello che oggi è comunemente definito Smartphone. Già nel 2006 evidenziavamo la necessità di portarsi appresso posta elettronica e informazioni per una migliore organizzazione del tempo e del lavoro. Questi sono dei pezzi semplici da cui siamo partiti per costruire un’informatica molto complicata. Così abbiamo conquistato la fiducia dei nostri partners e siamo diventati credibili portando nelle aziende il mondo di Apple a cui siamo sempre stati legati, anche in tempi non sospetti”.
Quali sono i settori aziendali che traggono maggior beneficio dalla tecnologia?
“I dispositivi Apple sono molto gettonati nella grafica e nell’editoria. Anche gli studi legali sono un nostro fiore all’occhiello perché fanno comunicazione, si servono dell’informatica ma non hanno bisogno di capirla. E poi le scuole, i centri di ricerca… dopodiché c’è una grande passione nello scoprire le problematiche di tante aziende, piccole e grandi, dal singolo professionista alla multinazionale”.
Come si riesce a resistere nonostante la crisi?
“Nella Magnetic Media Network, dove lavorano una cinquantina di persone, cerchiamo di cogliere le esigenze specifiche di ciascun cliente. Questa è forse l’arma vincente in un settore tanto volubile”. 
Com’è cambiato l’approccio alla tecnologia rispetto a 25 anni fa?
“Mi sento quasi un highlander. Questo mercato è vasto e pieno di cadaveri eccellenti. Non c’è un futuro certo per nessuna azienda, di qualsiasi dimensione, quindi figuriamoci per noi. Ma è una sfida sempre molto stimolante. All’inizio c’era l’innamoramento per l’idea che i personal computer potessero cambiare la vita delle persone, in ufficio e poi a casa. Oggi il concetto di pc è molto più naturale mentre allora era molto più impattante. In quegli anni l’informatica voleva dire grosse aziende dotate di calcolatori creati da grossi nomi come Ibm ma anche da altri scomparsi come Mixware. I piccoli distributori, i piccoli oggetti, i piccoli nomi erano considerati degli ausili. Quando l’informatica dal posto di lavoro è arrivata nelle case, la gente si è resa conto di quanto fosse facile utilizzarla senza complessità tecniche. Questo ci ha dato più margine di azione. Semplificare il lavoro delle persone, ma allo stesso tempo divertire, è stata da sempre la nostra finalità. Gli utenti Mac e Apple sono stati i proseliti degli evangelisti perché avevano capito di avere in mano uno strumento che gli rendeva la vita più facile e avevano il piacere di raccontarlo. Questo è stato per noi uno stimolo per continuare”.
Il periodo più difficile che l’azienda ha dovuto affrontare?
“Nei primi anni 2000, quando abbiamo fatto il passo più lungo della gamba, ma devo dire che ci è servito. Quando le cose vanno troppo bene non capisci gli errori. Aver avuto difficoltà serie ci ha permesso di misurare anche certe scelte successive. Sono stati momenti complicati, ma educativi.
Voi operate soprattutto nel nord Italia?
“Sì, da Torino a Venezia, ma Bergamo e Milano sono diventate il baricentro della nostra attività. Soprattutto il capoluogo lombardo è un eccellente catalizzatore di opportunità. Quando ci siamo allontanati da Bergamo, per trasferire la nostra sede a Trezzo sull’Adda, abbiamo aperto un’attività che continuasse a presenziare in città, ma per il mercato consumer. Si tratta del tipico negozio Apple che vende prodotti al privato o al piccolo professionista”.
Quanto è importante il concetto di innovazione per stare al passo coi tempi?
“In questi mesi di difficoltà la cosa più complessa è guardare avanti e individuare molto velocemente le tendenze. In un mercato e in un’economia che cambiano vorticosamente, anche l’idea di successo invecchia rapidamente. Ogni intuizione richiede grande capacità di adeguamento, solo che ogni idea ha bisogno di un grande lavoro per essere messa a frutto e quando ci arrivi è già da rivedere. Pensiamo al tablet, un’invenzione nata nel maggio del 2010. Sono solo tre anni e sembra già un po’ vecchiotto”.
Che consigli darebbe a coloro che stanno per avviare una start-up?
“Non ho consigli, li invidio soltanto. Scherzi a parte, il consiglio che mi sento di dare è che se hai una buona idea devi preoccuparti di capire se funzionerà dal punto di vista economico. Tanti hanno idee strabilianti per l’impatto sociale o per la loro tecnologia avanzata, ma magari non stanno in piedi. L’informatica la si può imparare da soli, è la ragioneria che è difficile. Bisogna saper guardare oltre. I giovani oggi sono tutti aperti, culturalmente preparati, ma a certe cose noiose, come fare denaro, non pensano. Si lavora, poi si vedrà. Ma a medio termine poi il problema emerge. Io sono ben lungi dall’essere un ragioniere, sia ben chiaro, queste cose le ho capite col tempo”.
Avere una buona base economica di partenza è importante, ma anche l’accesso ai finanziamenti è un altro elemento di cui si deve tener conto…
“Non bisogna mai porsi limiti, non preoccuparsi di chiedere ma essere coscienti di quello che si costruisce dal punto di vista economico, altrimenti il progetto crolla. Ho avuto il piacere di aiutare tante start-up e si nota un grande entusiasmo che spesso si smorza e muore per colpa non solo di idee sbagliate ma perché non si è riflettuto abbastanza sul finanziamento. Poi ci sono quelli che partono con investimenti pazzeschi ma che non riescono ad andare da nessuna parte perché i loro progetti si fondano su progetti utopici.
Quali sono le eccellenze con cui ha collaborato in questi anni?
“Rimango sempre stupito dalle tante realtà eccellenti di cui vengo a conoscenza attraverso il mio lavoro. Ho scoperto anche che in alta Valle seriana ci sono specialisti della tecnologia che fanno cose strabilianti. Ci sono centinaia di realtà interessanti ma con scarsa visibilità. I bergamaschi sono dei grandi lavoratori ma hanno poca voglia di mettersi in mostra. Sono stato di recente in un talent garden a Milano, dove ho conosciuto ragazzi che hanno idee straordinarie. Dovremmo avere maggiore capacità di comunicazione e più attenzione verso queste realtà”.
Con quante aziende state collaborando?
“Abbiamo in media circa 1500 clienti all’anno che provengono dai settori più disparati”.
L’aspetto più affascinante del suo lavoro?
“Il grande piacere di conoscere le singole persone credo sia una delle cose più affascinanti in assoluto del mio lavoro. Sedersi attorno a un tavolo e farmi raccontare da un professionista come funziona il suo mestiere è bellissimo. Così un giorno ho scoperto un’azienda che riesce a tracciare i movimenti dei suoi tessuti in fase di produzione inserendo al suo interno dei piccoli circuiti”.
Un aneddoto a cui è particolarmente legato?
“Io sono un osservatore di Apple da sempre. Ho iniziato la mia attività con l’arrivo di Apple in Italia e ho presenziato a tantissimi eventi. Ricordo in particolare l’incontro che venne organizzato in occasione del famoso ritorno di Steve Jobs in Apple. Aveva già una discreta fama, nulla comunque di comparabile a oggi, ma è stato incredibile quando si è collegato in videoconferenza con Bill Gates: non vi dico i fischi. Gates era considerato il genio del male, alla stregua di Dark Fener. Faccio notare che nel filmato ufficiale non si sentono i fischi che c’erano quel giorno. Comunque, al di là della rivalità tra Apple e Macintosh, trovo che Bill Gates sia una persona straordinaria”. 


Radici: «Aeroporto, Università
e Ospedale: i tre pilastri
per far ripartire Bergamo»

Idee chiare e piedi per terra, mirare alla concretezza senza rinunciare alle ambizioni. Credo che la situazione economica e finanziaria, così come è maturata, ci ponga di fronte alla necessità di rivedere i modelli che hanno contrassegnato la felice avventura imprenditoriale nella terra di Bergamo e disegnato un’identità dai più invidiata. Sono convinto che, in questo particolare momento congiunturale, non possiamo rivelarci impreparati né tentennanti. Come pure che le soluzioni non potranno dipendere solo dalle risorse economiche, che necessitano di essere alimentate da nuove iniziative in grado di valorizzare l’essenza stessa del territorio, senza cadere nell’errore di accantonare quanto di buono è stato fatto negli anni scorsi. Al manifestarsi di una realtà complicata, con la quale nessuno di noi credeva di dover fare i conti, si è aperto un confronto naturale sulle strategie da adottare e gli obiettivi da perseguire, a livello amministrativo, imprenditoriale, formativo. Si deve dialogare nell’esclusivo interesse della città e i piccoli problemi non possono e non devono rappresentare ostacoli insormontabili. Un confronto è utile fino a quando si arriva in tempi rapidi a una condivisione delle cose da fare. Più passa il tempo, più si farà fatica a recuperare terreno.
Per questo motivo ritengo si debba ripartire da quelli che sono diventati pilastri inamovibili e punti di riferimento della nuova Bergamo: Università, Ospedale, Aeroporto. Sono le tre realtà che possono contribuire a cambiare il volto del territorio, promuovendone le componenti migliori e sostenendone la crescita innanzitutto in termini di qualità e prestigio. Nel recente passato, Bergamo e il suo hinterland hanno primeggiato nei settori tessile, meccanico e manifatturiero puro. Il presente e futuro non potranno che essere legati ai servizi e al turismo, ma ci si dovrà adoperare per conservare quote importanti di quei rami manifatturieri che appartengono alle lavorazioni di alto livello e alle filiere tecnologiche e commerciali in grado di primeggiare in termini di competitività su mercati sempre più agguerriti.
Partiamo dai tre pilastri. L’Università dimostra una capacità di attrazione degna delle migliori scuole accademiche e il processo di internazionalizzazione è destinato ad accrescere le relazioni con altri Paesi, anche grazie alla presenza di studenti stranieri. Il nostro ateneo merita di essere sostenuto e la componente studentesca messa in condizione di formarsi in una città di cui devono sentirsi parte attiva.
La trasformazione culturale non può che partire dalla formazione. Solo con l’Università possiamo aiutare le giovani generazioni a diventare risorsa e coltivare idee nuove e vincenti.
L’Ospedale Papa Giovanni XXIII è un’eccellenza. Chi ne dubita, non capisce il valore che i protagonisti della medicina hanno contribuito a costruire negli anni. Mentre si discute di trincee e barriere, ogni giorno i pazienti trovano equipe solerti e preparate a curare malattie e intervenire nei casi urgenti. Le macchine vanno messe a punto e sono certo che si troverà presto una soluzione ai problemi infrastrutturali. Voglio sottolineare come tutto quanto di buono sia dipeso dall’avvento di figure di spessore internazionale, da Lucio Parenzan che fu pioniere della chirurgia pediatrica, a Paolo Ferrazzi, punta di diamante della cardiochirurgia, all’ematologo Tiziano Barbui, a Giuseppe Remuzzi ora ai massimi livelli della ricerca sulle malattie renali, ai tanti nomi passati e presenti capaci di applicare con successo le tecniche più avanzate, nelle sale operatorie come nei reparti, 24 ore su 24. Le medicina ospedaliera dimostra come siano proprio le individualità a innescare l’effetto volano, contribuendo allo sviluppo di settori di livello assoluto. E’ una lezione che vale per tutte le attività e professionalità, dove contano lo studio, la preparazione, l’acume e l’ingegno.
L’Aeroporto di Orio al Serio è un caso di successo unico nel panorama del trasporto aereo, che non si misura solo con i numeri del movimento passeggeri e delle merci ma anche con i livelli di performance e di efficienza legati all’operatività e ai servizi garantiti alle persone  e alla compagnie aeree. Una infrastruttura di volo che ha saputo cogliere l’opportunità del trasporto low cost traducendola in ricadute economiche e occupazionali fino a rappresentare l’8 per cento del Pil provinciale. Oggi, dopo la crescita senza soluzione di continuità registrata nell’arco di un decennio, dobbiamo preoccuparci di consolidare la posizione raggiunta e aumentare il livello di qualità dei servizi offerti. Gli investimenti decisi da SACBO e le opere da realizzarsi in aerostazione e sulla pista rispondono a questa necessità. Così come gli sforzi intrapresi per rendere l’attività aeronautica sempre più compatibile con il territorio circostante, attuando misure adeguate di mitigazione ambientale. E’ indubbio che all’attività dell’aeroporto si accompagnano le prospettive di crescita del turismo. La città assorbe una parte significativa seppure ancora minima dei flussi di viaggiatori in transito nello scalo, ed esiste certamente l’opportunità di richiamarne di più. L’ingente patrimonio artistico e architettonico, le tradizioni musicale ed enogastronomica sono il nostro biglietto da visita, oltre che elementi fondamentali per lo sviluppo di tutto il territorio. Bisogna saper fare la differenza rispetto ad altre città che pure vantano analoghe ricchezze. Un ragionamento che vale anche e soprattutto per la candidatura di Bergamo a Capitale della Cultura 2019. Non ci si illuda che per diventarlo basti dare fondo a ingenti risorse economiche, ormai difficili da reperire. Ritengo ci debba essere un filo conduttore che parte dalle nostre bellezze artistiche e architettoniche e ci porta a espandere le relazioni con il mondo. Il migliore promoter di Bergamo è da considerarsi colui che, arrivando in visita alla città, ne resti abbagliato e soddisfatto dell’accoglienza e dei servizi ricevuti. E’ una strategia fruttuosa sempre che condivisa da tutti gli attori, perché tutto dipende dal salto di qualità e dal cambiamento di mentalità in grado di far preferire una meta come Bergamo. Occorre, ora più di prima, fare leva sull’intelligenza e la creatività, destinati a rappresentare il vero valore aggiunto per affrontare le sfide presenti e future. E infine la capacità e il coraggio di reinventarsi. Non è mai facile, ma sempre possibile, purché ci si creda.

di Miro Radici
presidente della Sacbo


Turismo, la promozione
corre sul web 2.0

Virtualtourist, Tripadvisor, Holidaycheck, IgoUgo, Minube, Sulle Strade del Mondo, Menu Turistico, edreams. Sono alcune delle 50 vetrine web 2.0 in cui Bergamo, grazie a Comune e Turismo Bergamo, sarà presente con recensioni, foto e discussioni dedicate a una città candidata a diventare Capitale Europea della Cultura nel 2019 e porta d’accesso alla Lombardia – via Orio al Serio – di migliaia di visitatori attesi per l’Expo 2015. Per trasformare questi grandi eventi in occasioni irripetibili per scrivere il futuro della città, Bergamo si rifà il trucco on-line e si affida al passa-parola, amplificato dai social network. Non senza prima aver misurato il proprio appeal.
Sono state analizzate le presenze sul web riferite alla nostra città, evidenziando quanto sono attivi i bergamaschi e la web reputation della nostra città, da cui è emerso un sentiment positivo: a gennaio 2012 il 65,9% dei turisti ha espresso un parere positivo sulla città. Parole di elogio sono dedicate soprattutto ai numerosi punti di interesse culturale, ai palazzi storici e, in generale, al territorio. Meno apprezzati i parcheggi, i prezzi dei taxi e l’abitudine alla chiusura di negozi e servizi all’ora di pranzo. Non mancano gli errori, a partire dal turista che indica nella Gamec un luogo straordinario per fare shopping.
Grazie ad un censimento dei principali blog e community dove si scambiano informazioni sul turismo, per determinare dove fosse opportuno essere presente, il Comune di Bergamo ha optato per 9 blog e 23 community di viaggio italiani e 13 tra forum e community straniere dove andare a presentare l’offerta della nostra città. «Il web 2.0 ha portato ad un cambio radicale di prospettiva – sottolinea Roberta Garibaldi, delegata al Turismo per il Comune -. I turisti da passivi diventano attivi in quella che non può essere che definita una vera e propria rivoluzione sociale prima ancora che tecnologica». In questa svolta guidata dagli utenti, il Comune ha assoldato un team di professionisti, dietro la firma del blogger “Bergamo Insider”, chiamati ad intrufolarsi nella folla degli internauti social e nelle community, per diffondere un’immagine positiva della città e conquistare qualche nuovo turista, innescando un processo virtuoso di passa-parola. Non mancano link e presentazioni della pagina Bergamo Insider a Pinterest, Flickr, Google Plus, Instagram, Foursquare e Facebook. «Per portare avanti questo lavoro abbiamo investito su una nuova figura, dedicata a scavare nei meandri delle decine di blog e siti turistici per raccogliere impressioni, valutazioni e giudizi, per poi stilare statistiche, così da programmare un piano di intervento – prosegue Roberta Garibaldi -. Grazie a Bergamo insider da oggi si racconta al popolo del web cosa offre Bergamo, le sue bellezze architettoniche, la possibilità di escursioni nella natura, mostre ed eventi, dando consigli su dove gustare le specialità enogastronomiche, dove praticare sport, fare shopping e far divertire i bambini. Crediamo fortemente in questa attività, cuore del futuro della comunicazione turistica».
Anche Turismo Bergamo da qualche anno sta sviluppando la valorizzazione del territorio attraverso il web, affidandosi a siti, blog e social network. Il primo strumento di comunicazione è il portale unico del turismo – www.turismo.bergamo.it – concepito proprio basandosi sui dettami del web 2.0: condivisione dei contenuti, mappa interattiva e georeferenziazione oltre che utilizzo dei principali social network attraverso un’area dedicata all’interazione con i turisti. Sul portale sono presenti cinque expert (Arianna, Elena, Francesca, Laura e Sara, presenti anche sulla rivista di Turismo Bergamo “The Key to Bergamo” e sulle pagine ufficiali Facebook e Twitter), chiamate ad animare i profili dedicati ai settori di cui sono responsabili – food & wine, eventi, nightlife, sport & wellness e city & shopping – creando così un’occasione di confronto diretto con i turisti, con informazioni su misura e proposte di attività legate alla scoperta del territorio ed eventi. Per quanto riguarda gli altri social network, Turismo Bergamo sta lavorando su alcune realtà come Pinterest, Foursquare e sta gettando le basi per una partnership con TripAdvisor, sito internazionale e fonte del passaparola virtuale tra viaggiatori. «L’attenzione verso questi strumenti è ai massimi livelli perché parlano un linguaggio molto diverso da quello di cui si servono le istituzioni – evidenzia il presidente di Turismo Bergamo Luigi Trigona -. È un fenomeno che deve essere governato per offrire all’utente delle informazioni corrette e per raccogliere critiche e suggerimenti, che possono rivelarsi utili e costruttivi. Il web 2.0 rappresenta un’occasione per la città di guardarsi allo specchio e stabilire un dialogo in tempo reale con i turisti, favorendo il passa-parola. Non abbandoneremo comunque la promozione tradizionale: grazie al progetto “Passaparola” stiamo individuando in Italia e in Europa dei veri e propri ambasciatori che possano promuovere il nostro territorio».
Altra componente importante del mondo web dedicato al turismo è sicuramente quella del Blog. Il blogger turistico è veicolatore di informazioni, suggerimenti e impressioni sui viaggi molto importante. In merito a questo Turismo Bergamo ha già ospitato alcuni quotati blogger internazionali con il risultato positivo di diffondere in maniera “virale” Bergamo come destinazione turistica.

Internet canale privilegiato
Sulla base dell’Osservatorio Nazionale del Turismo Unioncamere, il 39,6% prenota il soggiorno attraverso Internet: il 12,9% dal sito di proprietà, il 10,3% dai grandi portali, il 16,4% tramite mail. Quanto ai voli, le prenotazioni per arrivare a Bergamo in aereo, nel più importante aeroporto low cost, arrivano via web. Internet come canale di comunicazione ed influenza detiene un vero e proprio primato: pilota le scelte del 32,2%, sia attraverso le informazioni (20,7%) che attraverso le offerte promozionali (13,3%). Quanto all’impiego del web nella commercializzazione del prodotto turistico, Internet è scelto come canale diretto dal 64,2% delle strutture ricettive italiane, soprattutto dagli hotel. Il 40,7% delle imprese fa promozione on line diretta alla propria clientela (in particolare il 52,5% degli hotel e il 32,3% delle strutture extralberghiere). I contenuti generati dagli utenti hanno una notevole importanza prima del viaggio, durante il soggiorno, sempre più condiviso in tempo reale attraverso applicazioni mobili, e dopo il viaggio, attraverso commenti, valutazioni ed emozioni. Attraverso i social network i mercati turistici sono diventati vere e proprie conversazioni sul tema del viaggio, da sempre argomento di grande fascino.

La presenza di Bergamo in rete
Su “You Tube” a gennaio si contavano 3.371 video. Su Flickr, luogo di incontro e condivisione per tutti gli appassionati di fotografia, si contano ben 51 gruppi, 19 profili, 9.938 utenti e la bellezza di 119.497 fotografie della città. Nella piazza virtuale di Facebook, Bergamo riscuote in media 1.920 “pollici” di approvazione (Like); la pagina “Città Alta-Bergamo” ha ottenuto circa 52.385 “mi piace”. Anche i cinguettii di Twitter non vanno male: le 26 pagine riscuotono in media 515 tweet per pagina.

I “must” per i visitatori
Per richiamare turisti, Bergamo Insider ha già definito i contenuti. Tra le attrazioni: l’unicità di Bergamo di racchiudere due città in una, Città Alta e Bergamo Bassa; le mura, una delle più importanti testimonianze dell’architettura militare del Cinquecento; le opere di Raffaello, Tiziano, Botticelli, Mantegna, Bellini e Lotto custodite dall’Accademia Carrara; l’opera di Donizetti e il teatro che lo celebra; il Festival Internazionale della Cultura; l’itinerario naturalistico all’Orto Botanico e nel Parco dei Colli; gli scorci segreti e nascosti su e giù per funicolari e scalette; la semplicità e il sapore autentico della cucina bergamasca; le vie dello shopping in centro, la peculiarità di negozi e botteghe, oltre al più grande centro commerciale d’Italia; la Bergamo sotterranea, tutta da scoprire al di sotto delle vie ciottolate di Città Alta.


«La “movida”? Indice di qualità
della vita e motivo di attrazione»

Che ai giovani piaccia la movida è un fatto acclarato, ma che la apprezzi ben il 92,1% è un dato degno di nota. Ancor più eclatante la scoperta che il 46,3% delle persone di una certa età giudichi importante che vi siano luoghi nelle città caratterizzati dalla concentrazione di locali per mangiare, ballare, divertirsi. La movida, insomma, piace alla stragrande maggioranza dei cittadini che associano a questo fenomeno sociale un giudizio positivo. La percentuale di chi vede la movida come un fatto positivo diminuisce con l’aumentare dell’età pur rimanendo il valore più alto rispetto a chi la vede come “negativa”. Ciò vale fino alla fascia di età over 65 dove i due valori si invertono, ma risultano fortemente influenzati da chi (40,1%) non sa neanche che cosa sia la movida. Sono questi gli aspetti principali emersi della ricerca Censis-Fipe, la federazione italiana pubblici esercizi aderente a Confcommercio-Imprese per l’Italia, con la partecipazione del Silb, l’associazione delle imprese di intrattenimento da ballo e di spettacolo.
In buona sostanza, alle persone piace uscire la sera e distrarsi. E per oltre il 63% dei cittadini è molto importante che nelle città ci siano luoghi dove mangiare, ballare e divertirsi. Anche qui le percentuali più alte si registrano nella fascia di età 18-29 anni, ma diminuiscono con l’aumentare dell’età. Nonostante ciò, anche fra gli ultra 65enni c’è un buon 46,3% che ritiene la movida molto importante per la qualità della vita e abbastanza importante per attirare turisti. Tradotto in valori assoluti, sono oltre 29 milioni gli italiani che una volta ogni tanto escono la sera e, di questi, 15,6 milioni escono almeno una volta a settimana, mentre a frequentare il centro storico della propria città sono circa 22 milioni di italiani. «La movida – sostiene Giorgio Beltrami, presidente del Gruppo Bar e Caffetterie Ascom, in linea con il presidente della Fipe, Lino Stoppani – assume sempre più una connotazione turistica, come dimostrano le notti bianche. Spesso però un’offerta fuori controllo da parte di locali diversi dai pubblici esercizi, una vendita di alcol a basso costo e comportamenti spregiudicati da parte di alcuni operatori, se non addirittura una presenza di offerta abusiva che può spingersi fino a limiti deprecabili e riprovevoli, contribuiscono a trasformare i luoghi di ritrovo in arene di conflitto con problemi di gestione dell’ordine pubblico. È necessario trovare un punto di equilibrio per migliorare la qualità della vita di chi si diverte e di chi risiede nelle zone del divertimento».
Se uscire la sera è considerato un comportamento positivo – si esce per passeggiare, incontrare amici (69%), andare a mangiare (59%) o al pub, in discoteche ed enoteche (28%) e anche per fare shopping (2,7%) – il mal governo di un territorio fa percepire la movida come un problema tanto da arrivare all’emanazione di regole ed ordinanze che spesso non reggono di fronte ai giudizi dei Tribunali Amministrativi. In questo contesto trovano spazio le degenerazioni che trasformano un fenomeno da opportunità a problema. E sulla ferrea regola che la buona notizia non è mai una notizia e quella cattiva lo è, la ‘malamovida’ trova un’eco forte sui mass-media, soprattutto se ad essa sono legati fatti di cronaca nera. A far degenerare la situazione sono gli eccessi, sia nel senso del numero delle persone rispetto agli spazi delle zone cruciali, sia nel senso del consumo di alcol soprattutto quando associato ad assunzione di sostanze stupefacenti, sia nel senso della perdita di ogni freno. Secondo il 45% dei giovani ci sono dei momenti di svago in cui è lecito trasgredire e secondo il 26,6% di essi nella sfera privata ogni comportamento è lecito.
È sbagliato pensare, tuttavia, che a creare un rapporto critico con l’alcol sia la movida o la discoteca. Da un’indagine a cui la ricerca fa riferimento, risulta che oltre il 90% dei minori in età compresa tra i 12 e 14 anni ha già provato alcolici e il 59% ha sperimentato l’alcol in presenza dei propri genitori. Ancora più significativo diventa il 73% degli adolescenti che ha bevuto la prima volta in presenza di adulti. E l’iniziazione è avvenuta per il 63% in occasione di un semplice un pasto in casa o fuori casa e in meno del 23% dei casi in un’occasione speciale. «Occorre pertanto –conclude Stoppani – riflettere anche sulla capacità di istituzioni quali la famiglia e la scuola di indirizzare i giovani verso salutari stili di vita».


Castro, quando l’inciviltà
fa male al turismo

Non riusciamo proprio a immaginare quale mente arguta abbia potuto partorire l’idea di piazzare un vecchio frigo davanti all’ingresso della chiesa di Castro. Ma  tant’è. In piena stagione turistica, in una giornata a dir poco splendida (quella di domenica scorsa), con il lago preso d’assalto, il paese impegnato in feste di piazza e attraversato dal passaggio di auto d’epoca, il vecchio frigo ha fatto bella mostra di sé nel piccolo centro storico, offuscando il bel portale della chiesa. Al di là della palese inciviltà dell’autore, l’episodio rappresenta l’ennesima prova che quella del turismo è una battaglia lunga e difficile. Perché si possono realizzare strutture, pianificare raffinate strategie, aprire i migliori collegamenti col mondo, ma se si trova un imbecille che decide di scaricare il vecchio frigo in piazza, deturpando la chiesa e il centro, stiamo tutti…freschi.