Uniacque, da Federconsumatori
duro attacco alla gestione

Federconsumatori ribadisce il giudizio negativo nei confronti della gestione di Uniacque. “Azienda a totale capitale pubblico, cioè pagata da tutti noi – evidenzia Federconsumatori – che non vuol saperne di considerare  gli utenti come i suoi primi azionisti e continua a trattarli con un indisponente atteggiamento di presunta superiorità. Azienda che si nega al confronto con le associazioni di tutela dei consumatori al punto di non concludere la stesura della Carta dei Servizi e del collegato regolamento: strumenti dove si precisano diritti e doveri tra le  parti per la fornitura dell’acqua, il servizio di depurazione e quello di fognatura. Servizi “regolarmente” fatti pagare in bolletta”.
“Azienda – prosegue Federconsumatori – che l’anno scorso ha applicato l’aumento del 70% sul costo dell’acqua distribuita dalla rete di Bergamo  precedentemente gestita da BAS. Azienda che  acquisisce reti di distribuzione idrica dai Comuni (il diritto a farlo deriva dall’essere “Gestore Unico del Servizio Idrico Integrato”) e poi tarda a realizzare  le opere necessarie a garantirne l’efficienza e il rispetto delle norme di tutela dell’ambiente. E’ pubblica l’accusa fatta da Amministratori comunali che contestano l’immobilismo di Uniacque a  fronte di scadenze prossime che, se non rispettate, comporteranno sanzioni da parte dell’Europa”.
“In questo contesto – sottolinea Federconsumatori – la Provincia ci mette del proprio. Non si capisce come possa (la Provincia) essere contemporaneamente socia e promotrice di Uniacque quale Gestore Unico del Servizio Idrico Integrato sull’intero territorio bergamasco, e azionista di Hidrogest e Cogeide. Società che svolgono lo stesso servizio, in contenzioso con  Uniacque su  importanti aree provinciali. Federconsumatori auspica che  Provincia e Sindaci/Azionisti di Uniacque si interessino  anche dei problemi sopra esposti”.


Quel vigile che ha scelto
d’essere uomo prima che automa

La legge altro non è che una somma di regole, che gli uomini creano e si impongono, per vivere meglio: non è un dogma, né una monade astratta ed incontrovertibile, ma un mezzo per moderare l’istinto umano che, altrimenti, sarebbe quello della belva. Per questo, le leggi soggiacciono a due fondamentali criteri: si cambiano, quando non rispondono più alle esigenze della società, e si interpretano, in modo da adattarle alle situazioni, perché non sortiscano l’effetto opposto, rispetto alla volontà del nomoteta. Perché servano all’uomo, insomma, anziché asservirlo. Il modesto caso di cronaca che ha visto protagonista il vigile urbano Francesco Brignone, reo di avere indossato un copricapo fuori ordinanza nell’adempimento dei propri compiti e, per questo, sanzionato dai superiori, mi pare sia assolutamente esemplare. Perché, dal punto di vista strettamente regolamentare, i suddetti superiori hanno ragione, anzi ragionissima: una divisa non può essere vilipesa, adattandola al proprio gusto e alle circostanze quotidiane. Dal punto di vista civile, però, ossia dell’interpretazione della norma, questa censura ci pare algidamente inumana, date le circostanze che hanno condotto il vigile ad indossare il copricapo incriminato. Per capirci, un conto è un tutore dell’ordine che vada a dirigere il traffico in Porta Nuova con in testa un pitale, un cappellino con su scritto “Idraulica Bigliozzi”, un cilindro sfondato a stelle e strisce: altro è, come nella circostanza di cui stiamo parlando, se il vigile indossa un cappello alpino, nel giorno del funerale del più grande alpino che una città profondamente alpina abbia espresso nella propria storia. Perché è di questo che si tratta: Brignone era in servizio in centro, il giorno del funerale di Nardo Caprioli e, evidentemente per dimostrare il proprio cordoglio e la propria partecipazione ad un evento che ha coinvolto l’intera cittadinanza, ha indossato un cappello che è il simbolo e la sintesi di tutto un mondo, di mille storie di valore e di sofferenza, di una comunità umana e spirituale gigantesca e meravigliosa. Comunità di cui Brignone fa parte, essendo un alpino, e che rappresenta una fetta non indifferente e, certamente, socialmente benemerita, della popolazione bergamasca: mica l’associazione amici del vì de pomm, o quella dei giocatori di carambola. Il che, mi darete atto, non è esattamente la stessa cosa: mi pare che vi sia un margine discrezionale, per chi debba applicare la norma, tra un cialtrone che fa una pagliacciata e un gesto pieno di sentimento e di rispetto. Quella norma giuridica che regolamenta la vita degli umani non è al di sopra della legge morale: ne è, semmai, il portato. Il colonnello Brignone, nonno del reprobo, comandava il Morbegno: quello della “bala bianca” e del “Morbegno avanti!” di Nikolajevka. Il papà del reprobo era un alpino della Julia, quella del ponte di Perati. Il reprobo ha messo su di un piatto la minaccia di sanzioni disciplinari e, sull’altro, un cappello stropicciato, deformato e scolorito: e ha scelto di essere uomo, prima che automa. Ha voluto dimostrare affetto al suo presidente alla maniera degli alpini: non ha fatto male a nessuno, anzi, semmai ha rallegrato qualche passante, ha suscitato simpatia e ha fatto pensare ai bergamaschi, che lo hanno visto, quel giorno, dirigere il traffico con in testa il suo bel cappello alpino, che le istituzioni non siano poi così arcigne, così remotamente distanti dalla gente comune, così freddamente normative, intente solo a far multe o ad esigere gabelle. Per questo, oggi, la decisione di applicare rigorosamente il regolamento per il caso di Brignone ci pare che allontani l’istituzione dall’idem sentire della gente: ci pare, insomma, che si voglia sacrificare l’umanità al totem della regolamentarità. E ne deriverà, state tranquilli, un notevolissimo danno d’immagine per la pubblica amministrazione che, dal coté polizia municipale, non è che goda di tutto questo gradimento: l’idea che venga punito un vigile urbano, perché, nel giorno del funerale del presidente degli alpini, ha indossato un cappello che la sua famiglia ha portato con orgoglio per generazioni, non fa una gran bella impressione, in una provincia in cui ci sono ventimila alpini. Se fossi il responsabile delle pubbliche relazioni di palazzo Frizzoni, un pensierino a questo ulteriore aspetto della faccenda lo dedicherei. Perché è verissimo che le norme vanno rispettate, ma è anche vero che è il giudice che deve interpretarle: e anche la gente giudica, più o meno severamente, in base ai propri criteri. Che non sempre coincidono coi regolamenti, perché, per fortuna, certe volte si giudica col cuore.

di Marco Cimmino


Vini per l’estate,
su Affari di Gola
dieci bollicine
e dieci bianchi
a buon prezzo

Il successo all’estero dei prodotti agroalimentari tocca anche all’Agrì, piccolo gioiello caseario di Valtorta ancora lavorato a mano, che dà il massimo gustato fresco, appena fatto. Proprio questa caratteristica sembrava precludergli mercati più lontani e invece, grazie a nuove tecniche di imballaggio e conservazione, ha spiccato il volo. Merito anche di Slow Food che lo ha inserito tra i propri Presìdi e ne sostiene la promozione. Oggi alcune gastronomie di Amsterdam lo richiedono con continuità, ma sta crescendo anche il gradimento nella ristorazione. Al “formaggino” brembano è dedicata la copertina del nuovo numero di Affari di Gola, la rivista che racconta l’enogastronomia di Bergamo e provincia. Nel “menù” di questo mese anche una guida ai vini dell’estate, con focus sulle bollicine, dal buon rapporto tra qualità e prezzo e, sempre per stare freschi, due suggerimenti per mangiare bene all’ombra di un bosco. Si va poi alla scoperta dell’uso alimentare della canapa, i cui semi sono un concentrato di principi benefici, e di un allevamento di conigli a Casirate d’Adda dove gli animali crescono ascoltando musica classica. Si parla anche del salame di Monte Isola e si approfondisce l’evoluzione della produzione di formaggi caprini, sempre più all’insegna della qualità. Quaranta pagine tutte da gustare, in edicola e on line.    


“Bergamo è una città difficile,
più spazio ai giovani per innovare” 

“Se fossi un gelato? Sarei un cono al gusto zabaglione, perché dà forza ed energia”.
La chiacchierata con Riccardo Schiavi comincia così, con una domanda a sorpresa e finisce con “Ma io mi chiedo, dove vuole andare Bergamo?”. Una domanda (retorica) altrettanto sorprendente, mentre tenta di finire un toast sbocconcellato infinitamente nel corso di una mezz’ora abbondante inondata di parole, pensieri e massime. La prima che viene in mente, dopo aver diviso con lui un tavolino del suo locale “La Pasqualina” in via Borfuro (clone della sede storica di Almenno San Bartolomeo) è questa: “punta alla luna, male che vada avrai vagabondato tra le stelle”.  Per dirla in chiave più pasticciera: punta a fare una brioche tutta, ma proprio tutta integrale, male che vada avrai buttato via 7, 8 mila brioches e altrettanti impasti mal riusciti, ma avrai vagabondato tra li ingredienti più genuini del mondo. L’ultimo (impasto sbagliato) in ordine di tempo, risale all’ora prima dell’incontro e per sua stessa ammissione “in laboratorio sono dato fuori come un matto, mi capita ancora di buttare in pattumiera l’impasto, ma se prima succedeva spessissimo, adesso molto meno”:
Schiavi è comunque riuscito a sbarcare sulla luna delle brioches e a piantare la sua bandiera, una conquista che è tutta farina (integrale) del suo sacco, fatta di attenzione e cura per quello che si mangia ogni giorno. “Può sembrare banale, ma far colazione al bar tutte le mattine con cappuccino e brioche rientra nel piano nutrizionale del cliente e dunque, con 360 colazioni l’anno, una brioche ha il suo peso specifico”. Come tutto quello che si trova in questo locale aperto nel 2006 in un anfratto del centro di Bergamo (dove un tempo si vendevano lucidi, squadre e tecnigrafi) da questo signore che, in testa oltre a tanti capelli neri e un ciuffo candido beffardo in mezzo, ha tante idee (ristorativamente e qualitativamente parlando) meravigliose. “Le idee più belle mi vengono quando vado in montagna a sciare, libero la mente e i pensieri mi tornano leggeri”. Tipo quella volta che pensò al contenitore “coccodè” per il suo gelato: tanti scomparti come per le uova, per altrettante palline con i vari gusti tutti da assaggiare senza stancare il palato, frustrato nella scelta imposta da molte gelaterie (tre gusti e non di più). A dire il vero, se fosse un gelato, potrebbe essere gusto entusiasmo, fatto con gli ingredienti più genuini della passione “E’ la cosa che non mi fa sentire il peso del lavoro, io tutte le mattine mi alzo per andare a divertirmi” e dell’ottimismo, mantecati da quel pizzico di sana follia commerciale che fa la differenza. Quando sette anni fa ha aperto questo locale (succursale dell’azienda di famiglia di Almenno) molti gliela “diedero lunga” un paio di mesi. E, invece, visto così dà l’idea che la faccenda possa durare un paio di secoli. Tanto per cominciare, il personale che ci lavora, propone fuori menù e senza alcun costo quello che manca in moltissimi altri locali: il piatto della buona cera. Tutti gentilissimi, senza essere invadenti, professionalità e cortesia mixati quanto basta per dubitare di trovarsi a Bergamo dove in certi bar la musoneria la fa da padrone. Schiavi mostra la carte dei valori, cinque punti saldi, un “quintalogo”che comincia con “vivere e far vivere un’esperienza unica al cliente”. Solo quando è molto stanco, Schiavi si chiede “ma chi me l’ha fatto fare?” L’ultima volta gli è capitato di ritorno da Porto Cervo dove un anno fa ha aperto “La Pasqualina”, chiamiamola “on the beach” volendo togliere quell’allure vippissima che contraddistingue la località sarda. “Tornavo a mezzanotte in aereo ed ero alle prese con un grosso problema. Così, immerso nei pensieri famigliari, me lo sono chiesto”. Qualche senso di colpa? “No, compatibilmente con tutto il resto cerco di godermi i miei bambini, Gabriele e Tommaso. Loro sono la mia energia, quello che sto facendo è anche per loro, voglio dare loro una possibilità di lavoro, ma solo se saranno d’accordo. Se vorranno fare altro, ad esempio gli idraulici, non li ostacolerò di sicuro”. Che cosa voleva, invece, fare da grande Riccardo Schiavi, figlio maggiore di quella Rosa Preda (“tanti difetti, ci si scontrava ma quando ho iniziato la mia attività le ho detto chiaramente: “qui comando io, non impicciarti” ricorda mentre si commuove “ ci volevamo bene e adesso che non c’è più mi manca”) che era una vera forza della natura? “A scuola ero un asino, sono riuscito a prendere il diploma da ragioniere “te lo diamo ma sparisci dalla circolazione”, mi hanno detto. Sono sempre stato abituato a lavorare. Ho capito che per essere felice avrei dovuto fare quello che mi piaceva, seguire la strada professionale per cui mi sentivo tagliato. Se invece che nascere imprenditore fossi rimasto ragioniere, magari sarei stato meglio, ma sono nato così e non ci posso fare nulla. Sono un semplice ragioniere, ma certe cose le ho imparate per conto mio”. La più importante? “La strategia. Dal punto di vista imprenditoriale è importante sapere dove si vuole andare. Fino a qualche anno fa avevo in testa molta confusione, poi sono riuscito a capire quale fosse la mia strada. Adesso la sto perseguendo con serenità, questo è l’ingrediente principale della vita come del lavoro.Mi guardo allo specchio e mi vedo così”. Non dice né quante ore lavora ma ammette “Bisogna aver voglia di sbattersi”, né quante proposte di investimento ha ricevuto: “Tantissime”. L’ultima, in ordine di tempo, è appunto “La Pasqualina” di Porto Cervo che nasce dall’intenzione imprenditoriale di riportare nella località sarda il bel tempo che fu. “Ho firmato subito il contratto 6+6 su una promenade che stentava a decollare. Mi piace questo locale perché accontenta una clientela trasversale che sembrava che a Porto Cervo non avesse più punti di riferimento; non c’è solo la famosa piazzetta dove potersi trovare. La mia gelateria ha riportato un po’ di umanità nella località più in, diciamo i piedi per terra”. Con un piede in Sardegna e l’altro in via Borfuro, Schiavi pensa ad ampliare la Pasqualina di centro città e a creare un dolce caratteristico che identifichi Bergamo in campo dolciario. “Conosco abbastanza Bergamo, ma trovo che sia una città difficile come i bergamaschi che la vivono, del resto sono così anche io. Professionalmente parlando, anche nel campo dove opero, possiamo contare su grandi figure, gente a cui piace girare il mondo e a cui piace darsi da fare. Purtroppo, però, si assiste ad un certo invecchiamento dell’imprenditorialità, ed è quello che personalmente vorrei evitare avvalendomi di gente giovane. Sono sicuro che i giovani mi aiuteranno non solo a non invecchiare ma a innovare. Gliel’ho detto: se fossi un gelato sarei lo zabaglione, tradizione e innovazione insieme  ”.


Sicurezza in auto, premiata
l’idea imprenditoriale del “Pesenti”

Gli allievi dell’Istituto Pesenti di Bergamo all’interno del settimo percorso di formazione imprenditoriale “Impresa in Azione”, promosso da Junior Achievement Italia, hanno creato l’Impresa Net Ja realizzando Helios, un dispositivo elettronico per la sicurezza nelle automobili che contribuisce alla prevenzione di incidenti stradali causati da stanchezza, distrazione o negligenza.
Helios è costituito da un sistema di sensori, posizionati all’interno del copri volante o direttamente integrato al volante, e da una centralina elettronica in grado di valutare l’eventuale allentamento della presa delle mani sul volante e nel caso provocando l’emissione di  un segnale acustico di allarme.
L’idea imprenditoriale è stata notevolmente apprezzata. Infatti, gli allievi dell’Impresa Net Ja si sono classificati primi al concorso “Skills for the Future Hyundai Award” patrocinato dalla Hyundai Motor Company in occasione della Fiera Europea JA-YE che si è svolta a Riga (Lettonia) lo scorso marzo, primi alla finale regionale del concorso JA Impresa in Azione  che si è svolta al Centro Commerciale “Orio Center” di Bergamo il giorno 10 maggio 2013, primi al concorso organizzato da Confindustria Bergamo “10 e Lode” categoria JA e hanno ben figurato anche alla finale nazionale del concorso JA Impresa in Azione  che si è svolta a Palermo il 4 e 5 giugno scorsi aggiudicandosi il premio Innovation Lab.
Si tratta di notevoli risultati che premiano gli sforzi di studenti e docenti e danno lustro non solo all’Istituto Pesenti, ma anche a tutta la realtà imprenditoriale della nostra provincia,  da sempre attenta al problema della formazione dei giovani
Tali risultati si sono potuti realizzare anche grazie al prezioso contributo di enti, istituzioni, aziende e varie Associazioni di categoria operanti sul territorio Bergamasco. Importante la collaborazione della Lovato Electric spa e della Federazione dei Maestri del Lavoro di Bergamo che hanno messo rispettivamente a disposizione qualificate tecnologie innovative e professionalità, competenza e passione.
In particolare, nell’anno scolastico appena trascorso l’iniziativa è stata patrocinata e/o sponsorizzata da: Lovato Electric; Federazione dei Maestri del Lavoro; Hyundai Motor Company Italy; Camera di Commercio di Bergamo; Bergamo Sviluppo; Confindustria Bergamo; Associazione Artigiani; CONFIAB; Confcooperative; UBI Banca – Popolare di Bergamo; ABB SACE Division Bergamo; C&D Elettronica Bergamo; Centro Pelle Snc – Tappezzeria d’Auto Treviolo; Testa spa – Macchine Tessili Zanica; Autofficina F.lli Mora Bergamo.


“Il successo delle aperture
serali? Non si misura
col numero di scontrini battuti” 

Giuseppe Pezzoni, 47 anni, docente di Lettere al liceo Scientifico presso il Centro salesiano “Don Bosco”, dove è anche preside, è il sindaco di Treviglio, seconda città della provincia bergamasca per numero di abitanti. Nato a Romano di Lombardia, vive a Pagazzano, dove è stato primo cittadino dal 1993 al 2004. E' presidente nel Consiglio di Amministrazione della Fondazione Mia, la Congregazione Misericordia Maggiore di Bergamo.
Sindaco, cominciamo dalla crisi: chi ne sta pagando il prezzo più caro?
“Dal mio punto di vista a rimetterci sono innanzitutto le famiglie più deboli. Il riflesso si ha anche sul sistema commerciale e delle aziende, però la ricaduta peggiore è sulla gente che non ha ammortizzatori sociali o tutele sufficienti. Lo dimostrano l'impennata di richieste d'assistenza ai servizi sociali e l'incremento della morosità. D'altra parte, ci sono anche i problemi nella prosecuzione di attività commerciali, ma sembrano abbastanza in tenuta con un trend non entusiasmante. A breve presenteremo il rapporto”.
Le aperture serali dei negozi sono un'iniziativa che apprezza?
“Ne sono contento. Il successo non è nel numero degli scontrini battuti in serata, ma nel saper offrire un'occasione di attrattiva e un momento di riflessione. Poi se l'opportunità si trasforma in un guadagno, tanto meglio. Dal punto di vista numerico, sto verificando un successo sempre maggiore, che mi rassicura. Le operazioni fatte con il Distretto del commercio sono sempre valide”.
Entro fine anno ci sarà il completamento del Centro nell'ex Upim. L'asta per un gestore unico è andata però a vuoto.
“L'idea del gestore unico che avrebbe dato un'identità più marcata è mia e me ne assumo la responsabilità. Non ha funzionato anche perché ho prospettato un bando con durata di diciotto anni per avere le garanzie del rientro economico. Ma le locazioni, oggi, sono soggette a forti turn over e non hanno quei tempi. Il bando per i singoli spazi commerciali è stato pubblicato. Noi abbiamo dato criteri di qualità anche per le aperture fino alle 22 e la promozione di iniziative nel distretto del commercio. L'importante è che si capisca che non è solo l'affitto di un esercizio commerciale, ma l'adesione a un progetto per rivitalizzare il centro di Treviglio”.
Anche il PalaFacchetti sarà valorizzato: arrivano, infatti, gli spettacoli del CrebergTeatro grazie a un accordo con Promoberg. Per primi, sul palco, i Legnanesi, poi Enzo Iacchetti.
“Abbiamo puntato sul fatto che il palazzetto possa essere uno spazio che offra, oltre al campionato di basket, anche altri momenti di intrattenimento. L'accordo con l’Ente Fiera Promoberg prevede tre serate: teatro, cabaret e musica con un concerto gospel”.
Altri eventi in ballo?
“Sì, ci sono ulteriori iniziative in programma: una fiera dell'elettronica e un evento di karate”.
Tra dieci mesi si viaggerà sulla Brebemi: lei che opportunità pensa si possano cogliere grazie alla nuova arteria? E quali i rischi?
“Gli effetti positivi saranno economici: aumenteranno insediamenti e attività produttive. Su Treviglio si è commesso, però, un grande errore strategico: le opere compensative non sono state puntate alla dimensione viabilistica, quella di supporto non è stata potenziata. La realizzazione della tangenziale ovest, l'ex ipb, che avrebbe dato vita a una bretella esterna per collegare la sp42 al casello non c'è. E non credo che mai la vedrò realizzata”.
Anche il territorio ha cambiato volto. Sarà ancora più antropizzato…
“Il modello del capannone a fianco dell'autostrada è superato. Si deve pensare al riuso degli spazi già esistenti piuttosto che sottrarre ulteriori terreni all'agricoltura. Ma dobbiamo anche garantire ai contadini forme di tecnologizzazione nei processi produttivi, come i biogestori, che rendano la loro attività al passo con i tempi. Oggi la questione del suolo è importante, ma non vedo più corse a realizzare aree industriali”.
Ci siamo spinti un po' troppo oltre?
“Certo. Gli sviluppi del mercato immobiliare dimostrano un eccesso di offerta”.
Altra questione, la discarica di amianto nella zona dell'ex cava Vailata a cui l'amministrazione si oppone. A che punto è il procedimento?
“La proposta di legge è in Commissione regionale. Noi abbiamo evidenziato elementi di forte criticità attraverso una relazione tecnica relativa al percorso delle falde. Non si può affermare che l'intervento non interagisca sul regime idrico”.
Come vede il futuro di Bergamo e Treviglio? E' ottimista?
“Pratico entrambe le città. La prima per la Misericordia Maggiore e Treviglio per la sindacatura. Ritengo che le prospettive di sviluppo siano maggiori nella Bassa. Non prevedo una crescita smisurata, ma credo nella  qualità dei servizi che diventeranno una forte attrattiva. In primo luogo, trovo il passante ferroviario un progetto fondamentale”.
E' anche vero che viviamo in una nazione in cui purtroppo le opere che migliorano la vita dei cittadini necessitano di dieci, quindici o vent'anni per essere realizzate.
“A settembre partiranno i lavori di mitigazione ambientale per il quadruplicamento ferroviario che erano nell'accordo di programma del 1995. E' assurdo che siano passati diciott'anni. Dovrebbero esserci più coraggio nelle scelte e maggiore responsabilità nella gestione”. 
E lei, tra vent'anni, come e dove si immagina?
“Avrò 67 anni, sarò in pensione. Spero, prima, di tornare a fare bene l'insegnante che è il mestiere migliore che si possa fare nella vita. Quando ho smesso di fare il sindaco a Pagazzano, sono tornato a scuola e ho fatto per cinque anni l'assessore al Bilancio. Il primo anno i miei alunni mi dicevano: prof, da quando non fa più il sindaco ci fa lavorare di più, non può trovare qualcos'altro da fare?”.
Da professore di lettere, leggerà molto. C'è un libro che suggerisce?
“L'ultimo romanzo che ho letto è “Pepys Road” di John Lanchester, consiglio “Luce d'estate ed è subito notte” dell'islandese Jon Kalman Stefansson, oltre a “Paradiso e inferno” dello stesso autore, uno scrittore eccezionale”.
Preferisce libri cartacei o gli ebook?
“Leggo un po' e un po'. Gli e-book sono di bibliolibrary, il servizio interprestito delle biblioteche provinciali”.
La si ritrova anche sui social network. Li considera uno  strumento fondamentale per comunicare?
“Non fondamentale, ma importante. Ho cercato di scindere il profilo facebook che ho usato per comunicare con alunni ed ex alunni da quello politico-amministrativo, ma la contaminazione è  avvenuta dopo pochi mesi dall'elezione. Mi piace poco l'idea della bacheca dove confluiscono gli aspetti diversi di una persona. Ma mi sono rassegnato, in rete si verifica quello che sta capitando a livello generale, un'integrazione di spazi e luoghi”. 
I giovani sono spesso considerati come privi di aspettative e disillusi, lei come li vede?
“Quando ho iniziato a insegnare, vent'anni fa, la disoccupazione giovanile in Lombardia era al 4 per cento. Oggi la situazione è diversa. Ma confido nel lume della speranza che porta avanti le nuove generazioni. Qualche tempo fa si potevano seguire le proprie aspirazioni avendo la certezza che un posto l'avresti trovato. Alla fine,  è ancora questa la strada giusta: nutrire le proprie passioni per aprirsi la testa, crescere e portare a casa un risultato anche se non è connesso al proprio titolo di studio. Tanti miei ex alunni hanno fatto l'Erasmus e faranno l'Erasmus plus, una valida occasione di formazione. Molti sono oggi medici, titolari di società o hanno trovato lavoro in ambiti particolari.  Se ti metti in gioco, un risultato lo avrai”.
Che voto si dà come sindaco e come professore?
“Nessuno. I professori i voti li danno, i sindaci li prendono”. 


Capetti: “Serve un  territorio 
 competitivo per uscire dalla crisi”

La situazione economica provinciale, le dimensioni della crisi e le sue ripercussioni sociali mettono a forte rischio occupazionale un numero considerevole di lavoratori.
Le procedure di riduzione del personale e le riorganizzazioni, che in tanti casi hanno comportato la chiusura di singoli reparti o addirittura di intere aziende, hanno coinvolto alcune imprese medio/grandi e maggiormente significative del territorio bergamasco, con un pesante impatto economico e sociale.
Va evidenziata la fase di grave criticità del sistema delle piccole e medie imprese, più esposte ai diversi fattori della crisi (calo dei consumi interni, restrizione del credito).
La situazione economica del nostro territorio, che già aveva subito la pesante crisi del settore tessile, è ulteriormente aggravata dalla forte crisi che sta coinvolgendo il sistema delle costruzioni, storicamente punto di forza del sistema economico bergamasco.
Si è quindi di fronte ad un notevole cambiamento del nostro sistema produttivo che comporta pesanti riflessi occupazionali.
Il disallineamento tra professionalità richieste e profili professionali disponibili sul territorio si aggiunge ad un pesante squilibrio quantitativo nel mercato del lavoro bergamasco.
Di fronte ad una situazione completamente nuova per una provincia di grande operosità e di grandi realtà imprenditoriali, è indispensabile riposizionare le politiche di sviluppo in grado di promuovere la creazione di nuove imprese e di generare nuova e buona occupazione.
E’ ancor più urgente per le aree territoriali più esposte alla crisi come quelle delle Valli Brembana e Seriana coinvolte da processi di deindustrializzazione.
L’obiettivo deve essere ridurre la disoccupazione, la precarietà, stimolare la domanda, anche sperimentando interventi in aree industriali dismesse.
Questa crisi non è congiunturale, ma strutturale: la domanda ripartirà per alcune imprese e per altre no.
Nostro malgrado, le cose non torneranno più come prima.
Per affrontare il mondo nuovo dopo la crisi bisogna cercare discontinuità con il passato ed individuare nuovi modelli.
A cominciare da una nuova visione del territorio.
Mentre un tempo si diceva che “imprese competitive rendono il territorio competitivo” (logica dei distretti industriali), probabilmente oggi si è competitivi come imprese e come persone se si è inseriti in un territorio competitivo.
Ad esempio l’ambiente, fino a ieri era considerato come un vincolo ed un freno alla crescita d’impresa.
Oggi, con la “Green economy”, può diventare un forte volano di sviluppo sostenibile, capace di coniugare sviluppo e preservazione del territorio per le generazioni future.
Credere nella formazione permanente è l’unica soluzione per competere, visto che siamo in condizioni di forte svantaggio dal lato del costo del lavoro, delle dotazioni infrastrutturali e della dimensione media di impresa.
La lettura delle competenze manageriali e territoriali deve essere continua per generare formazione e trasferimento di conoscenza.
Le linee strategiche europee per l’Economia della Conoscenza, nell’agenda Europa 2020, definiscono un nuovo modello di crescita intelligente, di coesione sociale e di sostenibilità.
In questo paradigma il capitale intellettuale di impresa e territorio, rappresenta l’elemento centrale per lo sviluppo di quelli che oggi si definiscono sistemi di intelligenza collettiva.
Il futuro è legato alla capacità di utilizzare la conoscenza che le comunità posseggono nel presente, e che le stesse comunità continueranno a costruire per le successive generazioni.
L’unica risposta è l’innovazione, che non vuol dire produrre le stesse cose a minor prezzo, perché così inevitabilmente perderemmo, ma fare quello che non è stato fatto nel passato.
Nuove tecnologie, nuovi materiali possono rivivificare anche i settori più tradizionali.
Cose nuove e vincenti. Inutile soffermarsi sulle produzioni già sperimentate perché su quel terreno non ci sarà competizione possibile con i Paesi emergenti.
Cosa questi Paesi non hanno?
Non hanno le nostre Università, la storia delle nostre Università.
Questo è il nostro vantaggio da sfruttare.
Il futuro del nostro territorio deve puntare sulla conoscenza ed è quindi fondamentale il potenziamento del rapporto fra Università e imprese promuovendo processi di innovazione e ricerca
determinanti per lo sviluppo dell’economia territoriale.
Si deve investire sulla qualità delle risorse umane, sulla qualità della cultura e della formazione permanente, affinché le imprese possano divenire maggiormente competitive e possano promuovere processi di innovazione e sviluppo anche attraverso la valorizzazione delle risorse del territorio.
E’ necessario analizzare il ruolo delle politiche industriali in un’economia più aperta e globalizzata. La chiave di lettura è quella del rapporto tra locale e globale: anche le reti locali di impresa possono essere strumento di crescita delle economie e di diffusione delle conoscenze se si rappresentassero in modo efficace ed equilibrato dentro le reti globali di impresa.
La crisi può essere  una opportunità, ma perché lo diventi, è necessario guardare avanti, spingere lo sguardo oltre la crisi.

Giuliano Capetti
Assessore provinciale alla Viabilità e Trasporti,
Istruzione, Formazione e Lavoro


Neolaureati, trovare lavoro
a Bergamo è diventato più difficile

Bergamo offre l’8% del lavoro ad alta qualifica della Lombardia e ad un anno di distanza dalla laurea, i giovani bergamaschi riescono a soddisfare in gran parte la domanda di lavoro espressa dalla provincia, che riesce tuttavia ad assorbirne poco più della metà. Tra inevitabili flessioni e settori in crescita, l’indagine Specula Lombardia “Quali orizzonti per i neolaureati lombardi?” condotta a settembre dello scorso anno dagli esperti dell’Area Ricerca Formaper della Camera di Commercio di Milano restituisce il quadro in chiaroscuro delle prospettive di inserimento dei neolaureati bergamaschi.

In controtendenza la metalmeccanica, purché hi-tech
Nel 2012 gli inserimenti dei giovani laureati appaiono penalizzati in misura anche maggiore rispetto a quanto accade nella regione, particolarmente nei settori del terziario sociale in cui la presenza pubblica è significativa (istruzione, sanità), oltre che nel commercio al dettaglio e nel comparto del turismo, che invece in regione fa registrare una lieve crescita di neolaureati avviati al lavoro. Sempre nell’ambito del terziario tradizionale, il commercio all’ingrosso (dove si concentrano le filiali commerciali di aziende multinazionali) gioca, al contrario, un ruolo positivo sull’assorbimento di giovani ad alta qualifica, più marcato rispetto alla media lombarda. Tra gli altri settori di significativa rilevanza occupazionale per il tessuto economico provinciale la metalmeccanica, al cui interno sono cresciute le opportunità per i giovani ad alta qualifica, un riscontro in controtendenza nel generale panorama manifatturiero provinciale e che fornisce un incisivo contributo alla complessiva tenuta regionale del settore.

Il contratto? Un miraggio e tanti optano per l'autoimpiego
Il generale peggioramento delle prospettive lavorative viene comunque confermato dal trend delle tipologie contrattuali applicate. In provincia cala ulteriormente il ricorso al contratto standard maggiormente tutelante, ovvero il tempo indeterminato, anche se esso risulta meno penalizzato che nel complesso della Lombardia (-9,8% contro il -15,8% lombardo). Sul decremento ha certamente inciso la consistente contrazione degli avviati nell’istruzione, proporzionalmente più rilevante rispetto al complesso della regione, ma anche, in una sorta di “effetto sostituzione”, il maggior ricorso all’apprendistato ed al contratto di inserimento (circa il 46% in più, ma in rapporto ad una contenuta numerosità di contratti) anche nella stessa manifattura, da sempre caratterizzata dall’uso tipico del contratto a tempo indeterminato. In flessione anche il lavoro somministrato, le collaborazioni ed i tirocini, mentre resiste il lavoro intermittente, tipologia contrattuale di relativa diffusione sul territorio. In ogni caso, il contratto più frequentemente applicato ai nuovi inseriti resta sempre il tempo determinato, tipologia che ha ormai ampiamente colonizzato i settori a significativa partecipazione pubblica (istruzione in prima battuta, ma anche sanità ed assistenza sociale), proprio gli ambiti in cui trova collocazione il maggior numero dei giovani laureati. Ma anche per tale forma contrattuale nel 2011 si registra una flessione significativa (-12,9% contro il -7% della Lombardia) coerente con la contrazione dei nuovi inserimenti in tali comparti. Infine, spicca l’incremento degli imprenditori, che traduce una intensificazione di iniziative di auto impiego intraprese dai neolaureti, in particolare dai più “anziani” di essi (ossia laureati del 2008 e 2009), presumibilmente anche a seguito delle difficoltà incontrate nella ricerca di una collocazione professionale adeguata.

Ingegneria, formazione e sanità le carriere più scelte
Nell’arco del quadriennio 2007-2010 i laureati residenti a Bergamo che, a studi completati vanno a costituire l’offerta di lavoro ad alta qualifica, rappresentano una quota in relativo aumento nell’ultimo anno, quando arriva a toccare l’8% (pari a 2.689 giovani) del totale regionale. Si tratta di giovani che, conseguito un titolo universitario, risultano aver ultimato il proprio iter di studio, in quanto non iscritti a nessun altro corso universitario o post universitario in Lombardia.
Gli ambiti in cui l’apporto dei giovani laureati della provincia incide maggiormente rispetto al totale regionale ed è anche significativo per numerosità, coincidono con il blocco ingegneristico, con quello dell’insegnamento e formazione (sia pur, in entrambi i casi, con un costante decremento di laureati lungo l’intero periodo di raffronto) e con il sanitario e paramedico (che, al contrario, aumenta nell’arco del quadriennio in esame). Da notare, nel 2010, anche l’incidenza significativa dell’indirizzo economico, mentre l’indirizzo psicologico, dopo il balzo in avanti dell’anno precedente (quando si era registrato un raddoppio di laureati rispetto al 2007) presenta un incremento più contenuto, sia in termini assoluti che come quota sul totale dei giovani laureati lombardi.

Il bilancio ad un anno dalla laurea
Con riferimento ai laureati bergamaschi del 2010, una fotografia a distanza di 12 mesi dalla laurea mostra come la parte di essi che lavora, con qualsivoglia tipo di contratto, trovi uno sbocco lavorativo in buona misura (71%) entro il sistema economico provinciale, di cui soddisfa largamente la domanda (82%). Si tratta, ad ogni modo, di una domanda di entità non certo sostenuta, considerato che, complessivamente, a distanza di 12 mesi dalla laurea risulta attiva solo poco più della metà (51,7%, pari a 1.390 giovani)) dei laureati bergamaschi 2010, come testimoniato dal possesso di un contratto lavorativo. Va, peraltro, considerato che tale riscontro riguarda solo le possibilità occupazionali in Lombardia (e quindi non rileva l’eventuale sbocco lavorativo extra-regione) e che da esso restano esclusi sia il lavoro autonomo professionale (che, in effetti, risulta essere l’area lavorativa più rilevante che sfugge all’indagine), sia il praticantato. Il dato, quindi, sottostima in certa misura lo sbocco lavorativo dei neolaureati.

Il mercato bergamasco assorbe meno laureati
L’analisi mostra che, nel 2011, nella provincia di Bergamo risultano avviati poco più di 2.660 laureati (triennio 2008-2010), una quota pari all’8% sul corrispondente totale avviato nella regione. Rispetto ai giovani che avevano trovato lavoro sul territorio nel biennio precedente, il loro numero appare in calo, particolarmente in rapporto all’anno prima (-8,5%) e con una dinamica negativa più accentuata di quella regionale (-5,3%). Tra le province lombarde, l’area di Bergamo scivola così, per numerosità di giovani laureati avviati al lavoro, dal secondo posto dell’anno precedente, al quarto. Gli ambiti in cui questi giovani confluiscono in misura proporzionalmente maggiore rispetto alla media lombarda, risultano, in ordine di importanza:
il terziario sociale, al cui interno trova sbocco, nel 2011, ben il 42% dei neolaureati, quasi il doppio rispetto ai servizi alle imprese (23,1%). Da sole, istruzione e sanità raccolgono quasi il 30% dei laureati avviati al lavoro sul territorio di Bergamo (contro il 20,4% della regione), ambiti contraddistinti da una flessione degli inserimenti lungo l’arco del triennio, proporzionalmente più accentuata della media regionale;
la manifattura, che assorbe il 16,1% dei neolaureati (contro l’11,3% della Lombardia), a ribadire l’appartenenza ad un tessuto produttivo locale ancora a forte vocazione manifatturiera. Al suo interno, nel 2011 il settore metalmeccanico arriva ad interessare ben il 65% degli inserimenti di giovani ad alta qualifica che lavorano nel settore, con un continuo aumento lungo il triennio;
il terziario tradizionale (terziario commerciale, dei trasporti e turistico), dove trova lavoro il 14,3% dei giovani laureati (contro il 13,8% della regione). L’evoluzione occupazionale del comparto mostra un andamento diversificato tra i diversi settori. A seguire un trend interamente favorevole è unicamente il commercio all’ingrosso, confermando, almeno in parte, una ripresa delle attività di vendita da parte di imprese di media/grande dimensione (filiali commerciali di aziende multinazionali) e dove l’inserimento di giovani ad alta qualifica fa ben sperare in una ripresa di occupazioni “di qualità”. Al contrario, i laureati che nel 2011 trovano un lavoro nel commercio al dettaglio sono in calo rispetto all’anno precedente, riportandosi sui medesimi valori del 2009, presumibilmente per l’effetto combinato di una contrazione delle vendite (la riduzione del giro d’affari su base annua continua ad essere molto marcata) e di una certa saturazione, in termini di addetti, ormai raggiunta dal settore. Da notare che una quota significativa degli inserimenti (23,6%) si concentra sui laureati negli indirizzi farmaceutici, coerentemente con la moltiplicazione delle farmacie grazie alle liberalizzazioni sopraggiunte in questi anni. Nel settore dell’alloggio e ristorazione l’inserimento dei neolaureati è, nel 2011, leggermente inferiore all’anno prima, ma comunque più sostenuto che non all’inizio del triennio, per quanto si tratti di un’occupazione non sempre di qualità (soprattutto con riferimento ai pubblici esercizi, dove molti giovani lavorano per avere una immediata fonte di reddito, in attesa di trovare un lavoro più adeguato alla propria preparazione). In lieve calo, nell’ultimo anno, anche l’assorbimento dei giovani laureati nell’ambito dei trasporti.
Tra gli altri comparti si segnala il perdurante ristagno degli inserimenti nell’edilizia, settore di tradizionale rilevanza locale per l’alta concentrazione di attività, che risulta ancora fortemente gravato dalla crisi economica ed al cui immobilismo è contemporaneamente ancorato quello delle attività immobiliari. Dall’altro lato, va accennato all’evoluzione favorevole del numero di neolaureati avviati nell’ambito dell’informatica, tanto più se si considera che, diversamente, il comparto dei servizi professionali conosce, nel 2011, un’evidente riduzione di neolaureati complessivamente introdotti.
Quanto agli indirizzi di laurea, in rapporto al quadro complessivo regionale nel 2011, a livello del mercato del lavoro provinciale risultano penalizzate soprattutto alcune lauree spendibili in ambiti a forte partecipazione pubblica, gravati dal blocco del turnover: ciò riguarda, in particolare, l’insegnamento e formazione (che pur vanta una numerosità di inserimenti tra le più elevate) a causa della citata contrazione del settore dell’istruzione.

Meno opportunità per medici e ingegneri gestionali
Sempre in rapporto al dato medio lombardo, nell’ultimo anno emergono le minori opportunità lavorative dei laureati negli indirizzi medici (-32,1% contro un calo del 24,6% della Lombardia) e in ingegneria gestionale (-20,2% contro il calo del 15,0%). Viceversa, tra gli indirizzi più richiesti a livello locale, rispetto alla Lombardia, spicca il blocco delle ingegnerie industriali (+10,2% contro il +2,0% della regione), entro cui il territorio di Bergamo si contraddistingue per l’assorbimento di laureati in ingegneria meccanica. Essi confluiscono principalmente nella manifattura metalmeccanica ed il traino esercitato dalla domanda estera sul settore giustifica l’accresciuta numerosità di giovani laureati avviati nell’arco del triennio. Infine, da segnalare nell’ultimo anno anche un certo incremento degli avviati tra neolaureati nell’ambito delle biotecnologie (oltre il 20% in più, ma su numeri molto bassi), uno sbocco prevalentemente concentrato tra manifattura, istruzione e sanità (una quota del 40% dei casi), effettivamente coerente il titolo di studio.


Malpensata, «il commercio
non perda il treno»

Nonostante l’area sia diventata il parcheggio di interscambio che la città non ha, il ricambio dei residenti e l’immigrazione abbinano frammentato il tessuto sociale e non manchino situazioni di marginalità e problemi di sicurezza, lo spirito del quartiere si respira ancora ed è da qui che è partito il desiderio di rinascita culminato nel progetto di coesione sociale “Abitare una nuova Malpensata”, che coinvolge tutte le realtà presenti sul territorio, dal comitato di quartiere alla parrocchia, alle strutture d’accoglienza (Patronato, Nuovo Albergo Popolare, Caritas e Comunità Ruah), che ha ottenuto dalla Fondazione Cariplo un contributo di 350mila euro in tre anni. Anche i commercianti e artigiani sono chiamati a rendersi protagonisti, ma al momento la prima esperienza di associazionismo stenta a decollare.

L’associazione dei commercianti “Malpensata èvViva” è nata due anni fa ed è stata la promotrice della festa estiva nel parco (lo scorso anno organizzata direttamente, quest’anno affidata alla cooperativa Ruah, ma sempre con l’obiettivo di coinvolgere tutti gli attori del quartiere) e delle luminarie natalizie che hanno collegato visivamente, grazie allo stesso stile, il quartiere al centro. L’Associazione raccoglie una settantina di attività, ma sta vivendo una fase interlocutoria. Il presidente Dario Mascher, titolare del ristorante Bacco Matto in via San Giovanni Bosco, ha già presentato le proprie dimissioni e resta formalmente alla guida in attesa che si definisca il futuro dell’organizzazione.
Dopo soli due anni è già tempo di ripensamenti, cos’è successo?
«Purtroppo la partecipazione dei commercianti non è stata quella sperata. Nonostante le comunicazioni e gli incontri, il gruppo di chi si è messo in gioco è rimasto ristretto. Dopo un po’ le energie finiscono e ci si chiede se valga la pena proseguire».
Che ne sarà dell’associazione?
«Vedremo se all’interno del Progetto di coesione sociale si individueranno nuove modalità di coinvolgimento, di comunicazione, se si riusciranno a trovare nuove risorse, qualcuno che si faccia avanti. In caso contrario non ha senso tenere in vita la struttura, che ha pur sempre dei costi. Chi, tra i commercianti, vorrà continuare a interessarsi al futuro della zona e portare le proprie idee potrà farlo nelle diverse realtà già presenti, dal Comitato di quartiere alla Parrocchia».
Che obiettivi specifici aveva, però, l’associazione?
«Portare avanti il punto di vista dei commercianti in maniera univoca, essere un referente per le altre organizzazioni che operano nel quartiere e costruire insieme le proposte da sviluppare. Evitare la frammentazione ma al tempo stesso rendere evidente il ruolo che i negozi di vicinato hanno in un quartiere, vere e proprie sentinelle del territorio e presidio sociale, che qui ancora resistono, alcuni sono autentiche istituzioni. Su queste basi si sarebbe poi potuto costruire di tutto, anche operazioni più strettamente commerciali come promozioni, tessere fedeltà e così via».
Invece?
«Sembra prevalga lo sport della lamentela. Si preferisce pensare che se le cose vanno male è colpa dei parcheggi o di qualche altro fattore esterno, senza prendersi delle responsabilità. Spendersi per il quartiere magari non avrà effetti immediati per la propria attività, ma di una zona senza siringhe in giro, prostituzione in pieno giorno, facce poco raccomandabili traggono benefici tutti, chi abita, chi lavora, chi possiede immobili e, appunto, anche chi ha un esercizio».
In effetti, la diminuzione dei posti auto è uno dei problemi maggiormente segnalati dai negozi… 
«È vero, la sistemazione di alcune strade ha sottratto spazi alla sosta, ma alla Malpensata non sono i parcheggi che mancano. Il fatto è che sono tutti occupati da mattina a sera dai pendolari. Non solo da chi va in stazione, ma anche da chi si ritrova per condividere l’auto e imboccare l’autostrada, persino chi prende la navetta per Malpensa ha la possibilità di lasciare comodamente e gratuitamente l’auto per più giorni. Il problema non sono gli spazi ma le regole per la sosta. Qualcosa è migliorato con l’introduzione del limite di tre ore in alcune vie, ma la questione si potrà risolvere solo quando la città si doterà di un vero parcheggio di interscambio».
E il mercato? Come vede la presenza dell’appuntamento settimanale?
«È il mercato della città e per gli ambulanti e il Comune ha il suo senso. Ma al quartiere non porta niente se non una mattinata di pieno caos e una nuova collocazione non potrebbe che farci piacere, permettendo tra l’altro di recuperare l’area del piazzale. Lo spirito collaborativo degli ambulanti e del Comune sono stati però ammirevoli quando abbiamo segnalato l’esigenza di avere a disposizione per due lunedì il parco per la festa. È un segnale importante, i presidenti delle due associazioni di categoria hanno sostenuto una scelta non popolare, è stato il riconoscimento che il mercato deve qualcosa al quartiere».
Sul rifacimento del parco si concentrano molte aspettative…
«È stato fatto un bel lavoro di progettazione partecipata con il Comune, guidato da un grande esperto, il paesaggista londinese Peter Fink, capace davvero di aprire orizzonti nuovi. Ci si è interrogati su cosa volevamo che il parco desse al quartiere. A settembre dovrebbero partire i lavori e credo che sarà un passo importante. La Malpensata ha vissuto per anni uno sbilanciamento demografico con l’insediamento di un’alta percentuale di immigrati, recuperare è più difficile ma ci si deve provare. E il quartiere lo sta facendo, il progetto di coesione raccoglie ormai 150 persone, di diverse fasce d’età, estrazione sociale, attività, interessi. È un’importante infrastruttura sociale e sarebbe un peccato che il commercio perdesse l’occasione di farne parte».


Start-up d’impresa,
“vietato” improvvisare

Si è concluso il 28 giugno il percorso formativo di approfondimento sullo start-up d’impresa, svolto nella sede del Comune di Leffe nell’ambito dei “Progetti Territoriali – Attività e servizi per supportare la nascita e la crescita delle imprese nei territori della Pianura Bergamasca, della Valle Seriana e della Valle Imagna”, finanziati dalla Camera di Commercio di Bergamo e realizzati dall’Azienda Speciale Bergamo Sviluppo in collaborazione con il sistema associativo locale e una serie di partner istituzionali dei territori coinvolti. In particolare le attività calendarizzate sul territorio della Valle Seriana sono rivolte ad aspiranti/neo-imprenditori, per supportarli nella delicata fase di start-up e fornire loro le conoscenze e gli strumenti tecnici necessari a progettare/analizzare l’idea imprenditoriale. Dopo il seminario di orientamento sul “mettersi in proprio”, svolto il 10 e il 17 maggio, il tema dell’avvio d’impresa è stato al centro di un percorso formativo (5 giornate per complessive 20 ore di formazione) suddiviso in 3 moduli, dedicati rispettivamente al piano organizzativo, al piano marketing e al piano economico-finanziario, a cui hanno partecipato 15 persone. A Christian Pasinetti, docente nel corso, abbiamo chiesto le impressioni sull’aula e gli argomenti maggiormente “sentiti” da coloro che si apprestano a “intraprendere”.
“Il percorso è stato apprezzato oltre ogni aspettativa – afferma Pasinetti – e per me si è trattata di una nuova, positiva esperienza, che mi convince sempre più del fatto che prima di iniziare a fare impresa è opportuno un passaggio formativo”.
Mettersi in proprio non è un atto formale, ma una scelta che incide su strategia e conduzione aziendale.
“Proprio così. Nel primo incontro sono state presentate le diverse forme giuridiche, analizzando i criteri per la scelta tra forma d’impresa individuale o collettiva, ma il metodo didattico ha previsto anche momenti di confronto con i partecipanti, tra i quali erano presenti anche soggetti con imprese già costituite, che hanno permesso di evidenziare criticità, dubbi e problematiche”.
Quali altri temi sono stati approfonditi?
“Abbiamo dedicato ampio spazio alla pianificazione economica e finanziaria, evidenziando quando è possibile e opportuno scegliere tra contabilità ordinaria e semplificata. Abbiamo quindi esaminato un modello excel per dimostrare come al variare di certi parametri ci possano essere conseguenze sulle dinamiche finanziarie. Inoltre uno degli errori più ricorrenti è non calcolare il proprio tempo impiegato e il valore dell’immobile utilizzato per l’attività d’impresa: si tratta di costi figurativi che vanno messi in conto”.
Quali impressioni riporta da questo percorso formativo?
“La sensibilizzazione c’è stata e darà i suoi frutti. Gli aspiranti imprenditori, che in prevalenza desiderano mettersi in proprio nei settori commerciale, artigianale e della consulenza, si muovono con maggiore consapevolezza. Ci sono già richieste per poter usufruire dei percorsi di assistenza individuale e consulenza specialistica per analizzare la fattibilità del proprio progetto imprenditoriale e approfondire gli aspetti della gestione aziendale”.
Soddisfatto anche Giuseppe Carrara, sindaco di Leffe, che in occasione della conferenza stampa di presentazione del progetto, alla presenza di alcuni dei membri del Cda di Bergamo Sviluppo, dei partner territoriali e dei rappresentanti del sistema associativo, ha affermato: “È fondamentale mantenere alto il “livello di guardia” sulle possibilità di sviluppo economico e sociale del nostro territorio attraverso la nascita di nuove iniziative imprenditoriali. Le istituzioni, come avvenuto per questo progetto, devono essere parte attiva per creare un tessuto che sia davvero di supporto alle imprese”.