Ex Riuniti, il dilemma dei negozi

Che con il trasferimento dell’ospedale la zona non sarebbe più stata come prima dal punto di vista commerciale lo si poteva facilmente prevedere. Ciò che ha lasciato spiazzati i negozianti sono stati l’accelerazione dei tempi – che loro chiamano «fretta» – e il venir meno, una dopo l’altra, delle ipotesi di destinazione dell’area, che oggi, dopo che anche l’ultima asta per l’acquisto è andata deserta, non è altro che un grande punto di domanda nella mappa della città. Colpite al cuore sono le attività più vicine all’ingresso, quelle che fornivano pressoché esclusivamente servizio agli utenti e al personale dell’ospedale, il panificio, i bar per un caffè veloce, la colazione o la pausa pranzo e l’edicola, che effettuava anche la distribuzione nei reparti. Qualcuno ha già abbassato la serranda, se non in maniera definitiva almeno per decidere quale strada prendere. Tutti sono sconfortati e delusi, anche perché contavano di poter proseguire il loro lavoro nella nuova struttura.  
Risalendo via Statuto, le botteghe sono un po’ più animate e si scopre una parte della città in cui i negozi tradizionali hanno resistito meglio che altrove – certo grazie alla presenza dell’ospedale – e le attività sono passate dai padri ai figli, salvaguardando l’esperienza e i rapporti con i clienti. La desertificazione commerciale che ha intaccato altre zone di Bergamo o l’omologazione delle insegne qui non c’è. Ma la mancanza di passaggio e soprattutto di prospettive è una minaccia. Operatori e residenti leggono le recenti chiusure come un triste presagio, per questo chiedono che il quartiere non venga dimenticato, che il rischio di degrado sia affrontato subito perché già oggi, quando si fa sera, «la zona è morta».

«È con un filo di voce – recita il cartello a fianco della serranda abbassata del panificio Tresoldi – che Vi comunichiamo che questo negozio, speriamo solo temporaneamente, abbasserà le serrande da lunedì 20 maggio fino a data da decidersi». «Purtroppo – prosegue la scritta – la situazione post trasloco degli Ospedali Riuniti in congiuntura con un evidente calo dei consumi generalizzato non è più, per noi, economicamente sostenibile. Sperando di avervi reso un buon servizio in questi sette anni e nell’attesa che la Città (in tutte le sue parti) decida e prenda coraggio per affrontare il destino del quartiere senza gli Ospedali vogliamo salutarVi con un abbraccio e un arrivederci». Poco più in là, il grande bancone del Bar Luis è desolatamente vuoto e pure all’edicola c’è gran calma. I titolari delle due attività non vogliono “metterci la faccia” e sono amareggiati perché contavano di dare continuità al proprio lavoro trasferendosi all’interno del nuovo ospedale: «Le condizioni per l’accesso erano insostenibili – rilevano -, eppure sarebbe stato giusto dare un’opportunità a chi per anni ha fornito servizi alla struttura. Al momento non vediamo nessuno spiraglio: il trasferimento dell’anagrafe del Comune non ha portato nessun movimento». Il Gino’s Bar si è preso invece due settimane di ferie, i proprietari stanno infatti avviando un nuovo locale e valuteranno tra qualche tempo se continuare l’attività anche in via Statuto, dove le situazione «è – dicono – un vero disastro». Serranda abbassata pure allo Statuto Cafè, proprio fuori dall’ex Cups, che ora ospita i servizi demografici del Comune: «Il lavoro è calato del 90% – dice senza mezzi termini Rosita Poloni, titolare dell’attività da due anni e mezzo -. Ora abbiamo chiuso e stiamo vagliando alcune soluzioni. Il fatto è che il trasferimento ci ha preso alla sprovvista, i ritardi erano continui e si parlava anche del 2017 come data di apertura del nuovo ospedale. E poi perché affidare tutti i servizi di somministrazione e ristorazione ad un unico soggetto?».
Meno drammatica la visione di Thomas Mansi del ristorante pizzeria Novecento, che è anche albergo: «Il calo naturalmente c’è – rileva –, soprattutto all’ora di pranzo e delle presenze in hotel, scese del 20-25%, ma possiamo contare su una clientela consolidata in trent’anni di attività e questo ci fa andare avanti, anche se abbiamo dovuto tagliare sul personale. Il problema maggiore è che con l’addio dell’ospedale la zona si è spenta la sera, qualcuno ci dice che ha quasi paura ad uscire perché non c’è più nessun locale aperto». «Si sapeva – ammette Mansi – che prima o poi l’ospedale se ne sarebbe andato, ma si confidava, visto che la realizzazione di quello nuovo era legata anche alla vendita dei Riuniti, che, prima del trasferimento, l’area avrebbe già avuto una nuova destinazione, cosa che avrebbe permesso ad ognuno di fare con cognizione di causa le proprie scelte imprenditoriali».
«La piazza continua ad essere ben fornita di negozi», rileva Roberto Busca, dell’ortofrutta De Lorenzi aperto dai suoceri nel ’48, nel piccolo slargo all’incrocio con via XXIV maggio. «Il calo, dal nostro punto di vista, è dovuto più alla crisi che al trasferimento dell’ospedale. Abbiamo una clientela di vecchia data e, anzi, c’è chi si ferma più volentieri ora che trova parcheggio». Di diverso avviso Enrica Boni, una cliente che abita nel quartiere: «Sta decadendo – dice -, hanno chiuso la cartoleria in via XXIV maggio e la pizzeria, sono calati gli autobus, abbiamo meno servizi, non c’è nemmeno il collegamento con il nuovo ospedale. La sera ci si sente meno sicuri e i controlli non sono aumentati. Siamo preoccupati e cominciamo a temere che gli immobili perderanno valore. Il campus universitario sarebbe stato l’ideale – afferma -, ma qualcosa bisogna fare perché di questo passo si va solo peggiorando».
«Manca il passaggio – rileva Simona Aldegani, socia nel negozio di famiglia Abbigliamento Candida, che ha festeggiato il mezzo secolo di attività -, quindi abbiamo perso una parte di attività, ma i clienti che ci conoscono tornano e  continuiamo a lavorare con chi viene alla clinica San Francesco. Anche la crisi si fa sentire, resistiamo perché abbiamo una conduzione familiare e proponiamo articoli, soprattutto quelli che servono per il ricovero, a prezzi contenuti. Per ora siamo in attesa di sapere cosa ne sarà della zona, ma non possiamo certo aspettare anni e anni, come accade in queste situazioni».
«Qui fino ad ora la crisi si è sentita meno», nota Paolo Conti che con la sorella Marcella gestisce l’omonimo negozio di casalinghi in via XXIV maggio, aperto dal 1964. «La presenza dell’ospedale – ammette – è stata una sorta di “doping” per le attività. Con il trasferimento abbiamo perso i clienti occasionali, al momento riusciamo reggere perché la gestione è familiare, ma il rischio è che la zona si ritrovi presto isolata, ai margini, se non ci sono nuovi motivi di attrazione. Si cominciano a vedere serrande abbassate e sono brutti segnali, i locali lasciati liberi dal Pooglia’s, ad esempio, sono sfitti da un po’, anche il cartolaio ha chiuso e pure lo Tsunami. La speranza è che una soluzione arrivi al più presto, gradita anche ai residenti che chiedono spazi per l’aggregazione, la cultura e il tempo libero».
«Non è che chi andava in ospedale si fermava subito a comprare le scarpe – dice Mario Agazzi della calzoleria vicina -, però vedeva le nostre vetrine, conosceva la nostra offerta e se trovava qualcosa di interessante tornava. È così che ci siamo costruiti la clientela. Non credo che lo spostamento avrà effetti immediati, ma sul lungo periodo, non potendo più contare sulla pubblicità assicurata dal passaggio, forse qualcuno cambierà strada e si dimenticherà di noi». Classe 1982, ha rilevato insieme alla sorella Marì all’inizio dell’anno l’attività dei genitori, aperto nel ’64. «Puntiamo soprattutto sul servizio – racconta Mario -, sin da piccolo aiutavo papà nelle riparazioni ed oggi le eseguo io. Ormai i negozi di scarpe sono tutti uguali, a noi invece interessa soprattutto il rapporto con i clienti».
Sulla sicurezza si sofferma invece Gilda Donizetti del bar tabacchi su via Statuto: «Non c’è più l’ospedale – evidenzia –, ma venditori abusivi e accattoni sono rimasti, si sono spostati qui e importunano costantemente i clienti. Sarà perché c’è meno gente in giro o perché, effettivamente, l’area libera ha attirato senzatetto e mendicanti, ma si vedono sempre più spesso facce poco rassicuranti». «Risentiamo più della crisi generale che del minore passaggio» raccontano Carla Barbieri e la figlia Valeria Mazzoleni della salumeria aperta nel ’66 da Carlo Mazzoleni. «Dipendenti dell’ospedale che si servivano da noi tornano ancora per alcune nostre specialità che non trovano nei supermercati e abbiamo sempre lavorato più che altro con parenti dei malati e utenti della clinica San Francesco, che ci sembra di questi tempi abbia anche incrementato l’attività». 


Zanica, il mondo dell’economia
spiegato dagli addetti ai lavori

Terza tappa per il ciclo di incontri “Che cosa è cambiato in banca?” che, dopo i positivi risultati di presenze e di interesse raccolti a Borgo di Terzo e Spirano, sceglie ora Zanica come nuova sede. Il 4 giugno dalle 20.45 la Sala Convegni della Banca della Bergamasca si trasforma idealmente in un agorà in cui pubblico e relatori saranno chiamati al confronto. Tema della serata, che sceglie la semplicità del lessico e l’immediatezza delle spiegazioni come capi saldi, alcuni dei punti nodali dell’economia contemporanea con l’obiettivo di renderli comprensibili e facilmente rapportabili alla vita di ciascuno.
Moderati dal giornalista Stefano Ravaschio, ad accompagnare i partecipanti in questo viaggio tra spread e differenziali, saranno Gualtiero Baresi (Presidente BCC Bergamasca), Marino Ghilardi (Direttore Generale BCC Bergamasca), Domenico Piatti (presidente Collegio Sindacale BCC Bergamasca) e Luigi Burini (Sindaco Effettivo BCC Bergamasca) che cercheranno di chiarire i principali cambiamenti dello scenario economico e finanziario a partire dal 2008, dando spazio a tematiche come “Che cosa è successo all’economia?” (Domenico Piatti) e “Modalità di utilizzo del denaro contante” (Luigi Burini). L’incontro offrirà inoltre l’occasione per comprendere la filosofia e i progetti della BCC, nei suoi valori costitutivi e nelle sue prospettive (Gualtiero Baresi – “Identità territoriale e valori della BCC” e Marino Ghilardi – “Il ruolo di una banca di credito cooperativo nel nuovo contesto economico”).
Ampio sarà lo spazio riservato al dibattito e al confronto con l’obiettivo di coinvolgere direttamente il pubblico rendendolo parte attiva di un progetto dalle chiare finalità formative. “Gli incontri – spiega il Presidente Baresi –  oltre a presentare delle riflessioni sulla difficile situazione economica contingente, sono l’occasione per esporre gli indirizzi che la Banca si è data sia dal punto di vista del sostegno finanziario che delle iniziative sociali che intende sostenere. In queste occasioni abbiamo anche modo di avere un confronto con i soci ed i clienti, utile per recepire quelli che sono i suggerimenti e i bisogni. Ferma rimane anche la mia disponibilità al confronto personale con chiunque vorrà incontrarmi presso la sede della Banca, per suggerire interventi ritenuti utili per migliorare il nostro sostegno in un momento tanto delicato della nostra vita”. Un sostegno che la BCC declina a 360°. “Queste serate di informazione – conferma il Direttore Generale Marino –  si trasformano in appuntamenti di formazione pensati per supportare i nostri interlocutori  nell’interpretazione corretta del difficile momento storico ed economico che l’Italia sta vivendo. Decodificare la realtà economica è il primo step per comprendere come affrontare consapevolmente anche la quotidianità. La diffusione della cultura economica, del resto, riteniamo faccia parte dei nostri compiti”.


Conservatorio,
la stagione
concertistica
“invade”
la città 

La stagione concertistica del Conservatorio Donizetti esce dalle Mura e arriva nel cuore della città con una ricca serie di eventi che vanno dai concerti alle masterclass, dagli incontri con i grandi maestri agli open day. Il Conservatorio porterà nelle piazze, nelle chiese e nei teatri la passione di sempre, con un obiettivo in più: avvicinare la musica ai cittadini, oltre che i cittadini alla musica.  E per rendere quest’arte ancora più fruibile da parte di tutti, ha pensato a un programma di concerti anche in orari inconsueti al tipo di evento – le 18 del sabato e le 11 della domenica -, ma certamente più accessibili da parte del grande pubblico. La Stagione Concertistica vuole mettere in luce le potenzialità dei giovani musicisti e il valore aggiunto che i docenti infondono alle nuove generazioni, dimostrando al contempo la volontà di proseguire con determinazione il proprio cammino verso un futuro ricco di speranza.
La storia del Conservatorio si lega indissolubilmente con i luoghi che Gaetano Donizetti ha frequentato: il Palazzo Storico della Misericordia Maggiore dove, grazie a Simone Mayr, nacquero le lezioni caritatevoli che il giovane Gaetano, in tenera età, frequentò iniziando la sua brillante carriera. Il luogo che oggi s’identifica con la bellissima Sala Piatti vedrà lo svolgimento del ciclo “I mercoledì del Conservatorio”, previsti ogni mercoledì del mese di giugno, dove il pianoforte sarà il protagonista principe con quattro serate a tema.
Sempre in Sala Piatti si svolgerà la prestigiosa masterclass di Dale Clevenger, primo corno della Chicago Symphony Orchestra, che terminerà con uno special event dove il grande maestro si esibirà nell’interpretazione di un concerto di Mozart per corno, accompagnato da “WindsEnsembleDonizetti “del Conservatorio.
Nella Basilica di Santa Maria Maggiore, in occasione delle Celebrazioni Mayr, l’esecuzione della Messa, in mib maggiore, di Simone Mayr, che vedrà protagonista il Coro del Conservatorio e il concerto di chiusura, dove sarà replicato il programma di musica sacra eseguito il mese scorso a Roma nella splendida chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza, su invito del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca.
Grazie alla preziosa collaborazione con il Festival Donizetti il Conservatorio realizzerà due concerti nella Casa Natale di Donizetti: un omaggio lirico a Mayr e Donizetti e il secondo ciclo dedicato ai lieder di Schubert.
Grande importanza è stata data alla musica da camera; ai molteplici concerti degli studenti si uniranno alcuni interventi dei docenti con proposte di assoluto rilievo. 
La stagione si realizza anche grazie al sostegno del Festival Internazionale della Cultura di Bergamo, che ha già coinvolto il Conservatorio in molti appuntamenti del Festival appena concluso.


Artigiani, la sferzata di Carrara:
«Politica e banche devono cambiare»

«Se per la prima volta nella storia dell’umanità la prossima generazione starà peggio di quella che l’ha preceduta, chi ci guida e ci rappresenta ha sicuramente la fetta maggiore di responsabilità.
Ma ora il tempo delle divisioni è finito: chiediamo a gran voce che il lavoro e lo sviluppo siano messi al centro dell’agenda politica, e che il confronto con le rappresentanze sia la base su cui costruire le nuove politiche di sviluppo».
È un’analisi dura della realtà, con una pressante richiesta di cambiamento rivolta al mondo politico e bancario, quella tracciata dal presidente Angelo Carrara durante la 68ª Assemblea Generale dell’Associazione Artigiani, che ha visto la presenza del presidente nazionale di Confartigianato Giorgio Merletti e di numerose altre autorità.
«Guardiamoci dentro… per continuare a guardare oltre» recitava il titolo del principale appuntamento statutario di Via Torretta, ed è stato questo lo spunto preso da Carrara per mettere in evidenza gli sforzi compiuti dalle imprese nell’ultimo anno, che hanno dovuto destreggiarsi con una burocrazia schiacciante e interloquire con una controparte politico-istituzionale sorda e formata da «burosauri».
«La tenuta delle nostre imprese – ha detto – è dovuta in massima parte alla caparbietà e al coraggio di noi imprenditori, al fatto che l’impresa viene vista come parte stessa della nostra esistenza. E questi fattori sono stati lo stimolo ad “andare oltre” un mercato interno asfittico e verso un mercato globale che nonostante tutto continua ad essere in espansione. Abbiamo anche “guardato oltre” come Organizzazione, facendo partire attività e servizi nuovi. Ma poi abbiamo “guardato oltre” verso le istituzioni e la politica e, nel migliore dei casi, abbiamo visto solo nebbia e muri insormontabili».
Carrara ha anche criticato l’applicazione italiana delle normative europee: «Molte volte – ha precisato – fatichiamo a capire certe normative che sono vessatorie e non adeguate per le nostre piccole imprese, anche se forse non sono loro ad essere pesanti ma lo è il modo italiano di applicarle».
Una stoccata è poi stata lanciata nei confronti del sistema bancario, accusato di non voler valutare appieno il merito creditizio delle imprese che pure, a Bergamo, registrano una bassissima percentuale di insoluto (l’1,41%, contro una media regionale del 2,34%).
«Pur capendo tutte le problematiche che anche loro stanno attraversando e pur rendendomi conto delle loro legittime richieste di garanzie – ha detto – mi trovo in forte difficoltà a comprendere questa posizione di negatività verso le piccole imprese. Di fronte a loro è seduto non solo un numero di conto corrente, ma una persona con la sua famiglia, la sua vita e la sua storia. Non è possibile ribaltare sul tessuto delle Pmi gli errori o i costi delle loro gestioni finanziarie a dir poco allegre».
Da qui la necessità di «guardarsi dentro» per cercare insieme, imprese, Organizzazioni di rappresentanza e istituzioni, nuove strade di risalita.
«Guardarci dentro – ha continuato – non significa chiuderci in uno splendido isolazionismo, ma trovare energie e risorse per potenziare il nostro essere impresa e valorizzare la persona che sempre vi si trova dietro, o meglio, dentro. Con queste premesse bisogna ritornare a mettere in pratica quello che storicamente ci ha contraddistinto, ossia la solidarietà e  la sussidiarietà. Ma forse ci siamo lasciati abbagliare da una sorta di secolarismo, anteponendo i miti del consumismo e l’effimero, ad un vero progetto di sviluppo sostenibile, solidale, etico e soprattutto duraturo».
Ha quindi invitato tutti a raccogliere la sfida della globalizzazione vista non più come una negatività ma come un’opportunità e un terreno su cui confrontarsi, mettendo a frutto le abilità tipiche dell’artigianato.
«I nostri artigiani – ha insistito – hanno una peculiarità: non fanno prodotti in serie ma una serie di pezzi unici, ed è questo che ci caratterizza nel mondo. Ripartiamo dunque da qui, giocando la partita della globalizzazione per vincerla insieme. Poniamoci obiettivi sempre più alti e incamminiamoci verso nuovi traguardi sfruttando la rete, sia quella virtuale del web sia quella che si può tessere tra imprese e tra persone».
Imprescindibili, in questo contesto, devono essere le potenzialità offerte dal cambio generazionale. Ma a questo proposito, il presidente Carrara ha voluto porre l’accento sulla piaga della disoccupazione, soprattutto quella giovanile, «una situazione a cui le ultime leggi e gli ultimi decreti hanno contribuito in modo sostanziale».
Tra i vari problemi che richiedono risposte, per Carrara occorre quindi affrontare l’aspetto sociale dell’essere impresa e dell’essere Organizzazione di rappresentanza.
«Dobbiamo riscoprire i valori della solidarietà e delle relazioni, che sono la base del vivere civile e i pilastri di una società che mette al primo posto la persona ed il suo avvenire. E dobbiamo aver ben presente che la costruzione del futuro va ripensata, specialmente in una società che invecchia e che già oggi presenta due persone non attive per ogni lavoratore. Occorre attivarsi per proporre politiche di supporto alla famiglia, ragionare sul quoziente famigliare, costruire percorsi di welfare integrativo e pianificare, partendo dai giovani, uno sviluppo di attività a lungo periodo con finalità mutualistiche. Chiediamo che anche gli altri attori sociali si interroghino sulle cause che ci hanno portato a questa situazione e che, insieme, si studino le vie d’uscita».


La svolta del dirigente:
«Addio
Bergamo Mercati,
ora “alleno”
imprenditori e manager»

Il primo a «non irrigidirsi in schemi», come consiglia di fare ai manager che ora affianca, è stato lui. Dopo 15 anni da amministratore delegato di Bergamo Mercati, la società pubblico-privata che gestisce il mercato ortofrutticolo di Bergamo, Mattia Rossi ha scelto di voltare pagina. Un cambiamento netto, che lo proietta nel mondo della formazione aziendale, del coaching in particolare, ossia quel supporto personalizzato che aiuta ad esprimere al meglio le potenzialità e a raggiungere gli obiettivi. In scadenza di mandato, d’accordo con gli azionisti privati, ha deciso di non presentare la propria candidatura per il prossimo triennio all’assemblea che lo scorso 22 maggio ha rinnovato il Consiglio di amministrazione della società e confermato alla presidenza Renzo Casati. Nella prima riunione del Consiglio saranno assegnate le deleghe e la sua potrebbe andare al neoeletto Andrea Chiodi, responsabile prezzi e qualità, professionalmente cresciuto al suo fianco.
Quarantasette anni, giornalista della carta stampata e televisivo dall’87 al ’95, poi addetto stampa della Provincia con presidente Ceruti e per due anni responsabile della comunicazione della Bas, ha guidato Bergamo Mercati dal ’98, in pratica dai primi passi della nuova società. «Far partire da zero Bergamo Mercati è stato stimolante e divertente – racconta Rossi –, ma sono una persona sempre alla ricerca di nuove sfide e negli ultimi quattro-cinque anni mi sono appassionato alle tematiche legate allo sviluppo della capacità manageriali e imprenditoriali e sono stato sempre più attirato da questo mondo».
Scegliere di lasciare una carriera avviata per una tutta da costruire può però non essere così scontato, soprattutto in un Paese in cui le poltrone si cerca di tenerle ben strette. E la crisi aggiunge instabilità. «L’incarico di amministratore viene rinnovato ogni tre anni – precisa -, è perciò un lavoro “precario” e la crisi non è, dal mio punto di vista, un freno ma una situazione che rende semmai più facile trovare nuove opportunità, perché non ci sono più schemi fissi e si è di fronte ad un flusso continuo di cambiamento. Credo che stiamo attraversando una svolta epocale – rimarca –, di quelle che capitano pochissime volte nella storia, si può stare a guardare ciò che finisce o pensare che siamo all’inizio di ciò che verrà. Io sto cercando di dare il mio contributo in questa direzione». Già, perché davanti all’emergenza, il rischio è che si perda la bussola, la visione a lungo termine. «Ovviamente gli imprenditori hanno oggi problemi immediati e concreti – rileva Rossi -, su tutti ottenere ossigeno dalle banche e mettere in sicurezza i conti, ma occorre anche mantenere spazi per progettare una linea strategica. Non bisogna pensare che le capacità che hanno consentito di far crescere un’azienda nel tempo siano scomparse, le potenzialità ci sono ancora, si tratta magari di fare le cose in modo diverso».
Ed è qui che può essere d’aiuto il coach, termine con cui nel mondo anglosassone si indica l’allenatore sportivo, esteso poi alla figura che supporta lo sviluppo personale e professionale. «Un’attività che negli Stati Uniti è già presente da almeno vent’anni – ricorda – e che si sta diffondendo anche in Italia. Proprio come l’allenatore di un atleta, il coach individua le potenzialità, stila un programma d’azione ed offre il supporto da bordo campo, ossia un diverso punto di vista della situazione. La gara poi se la deve giocare il singolo».
Rossi si occupa, in particolare, di sviluppo della leadership, delle relazioni interpersonali e dell’organizzazione. «Gli interventi – spiega – prevedono una parte di formazione in aula e un vero e proprio accompagnamento per alcuni mesi su obiettivi operativi, in modo concreto e pratico. Sono mirati al miglioramento delle cosiddette soft skills, non le competenze specifiche in una materia ma le capacità personali e di relazione». Non ha dato vita ad una società, ma può contare su una rete di colleghi con cui collaborare su progetti. «Nelle grandi aziende, dove la formazione è un’attività più strutturata  – dice –, il coaching è una metodologia conosciuta, ma ho avuto modo di incontrare anche giovani imprenditori di piccole e medie aziende molto preparati e con una mentalità aperta su questi temi, l’interesse c’è e questo è importante, soprattutto in prospettiva». Attualmente sta lavorando con aziende a Milano e privati in Bergamasca. «Le criticità maggiori? La mancanza di autenticità nelle relazioni interpersonali – evidenzia -. Si sta troppo sulla difensiva, c’è sospetto, diffidenza. Lo si nota nelle difficoltà nel processo di delega, quando si dimentica che è grazie alla crescita di tutti che possono migliorare la redditività e la competitività. La vera leadership è creare una visione condivisa e farsi seguire».
E sulla sua scelta rimarca: «Fare il coach vuol dire essere prima di tutto essere chiari con se stessi. L’esperienza in Bergamo Mercati si è conclusa naturalmente quando ho capito che potevo dare di più in quest’altro settore».   


Turismo, «a Bergamo serve un’identità»

Con un terzo del budget a disposizione rispetto all’anno scorso, la quarta edizione del Festival Internazionale della Cultura ha ugualmente messo in campo più di trenta appuntamenti in due settimane, seguiti da oltre 18mila persone. Un calendario ampio e diversificato, che ha spaziato dalla musica alla fotografia, alla filosofia e che ha posto l’attenzione, in particolare, sul coinvolgimento dei più giovani e sulla valorizzazione dei loro talenti. «È costato fatica – rileva Casto Jannotta, presidente del Festival – ma siamo riusciti a mantenere alto il profilo, grazie ad un Comitato artistico di livello, con eventi calati sulle esigenze della città, che puntavano soprattutto a mettere in luce le qualità dei giovani del nostro territorio e a creare per loro un ponte verso l’internazionalità».
Cosa dice a chi non crede che abbia senso investire nella cultura di questi tempi?
«A differenza dell’Italia, altri Paesi europei in un momento di crisi come questo hanno aumentato in maniera significativa gli investimenti nella cultura. Ci sono studi che dimostrano che una crescita della conoscenza porta vantaggi dal punto di vista sociale. Aprire lo sguardo e la mente permette di ridurre l’ansia nei confronti delle situazioni che non si conoscono, di valutarle con un approccio diverso dal quotidiano. Assistere ad un concerto, ad un dibattito, godersi uno spettacolo teatrale è utile per risollevarsi e guardare le cose da una prospettiva diversa: è ciò che abbiamo cercato di fare con il Festival, i cui eventi erano tutti gratuiti».   
Ma la cultura può generare anche un ritorno più concreto e misurabile?
«È strettamente legata al turismo. Le ragioni principali per cui gli stranieri arrivano i Italia sono il paesaggio e il patrimonio storico e artistico, la moda, il design e l’enogastronomia. In un momento in cui l’industria sta soffrendo, il turismo internazionale è la nostra unica risorsa ed investire in cultura è la maniera per migliorare l’attrattività».
Anche per Bergamo?
«Certamente, tanto più che possiamo contare su uno dei primi aeroporti italiani – si gioca il terzo posto con Linate – per numero di passeggeri. Sino ad oggi non abbiamo ancora sfruttato questa possibilità, il turismo lo stiamo subendo, non c’è una precisa scelta politica, un progetto per i prossimi anni. Ci sono tante cose buone, iniziative di qualità, questo sì, manca però un’integrazione, una visione per il futuro».
Intanto la città è candidata a Capitale europea della Cultura…
«È un grande stimolo e di questo va dato merito al Comune, non deve però essere il traguardo ma una tappa per arrivare alla definizione di una visione, chiamando a dare il proprio contributo tutti i soggetti interessati, nel rispetto dei ruoli».
Quale può essere il punto di forza di Bergamo?
«Bergamo ha un patrimonio ricco ma è difficile trovare, rispetto ad altre realtà, un elemento portante. Ravenna, ad esempio, ha un’eccellenza mondiale nei mosaici ed è questo il suo biglietto da visita. Credo che la direzione sia nel recupero delle nostre radici storiche, i valori dei bergamaschi, che comprendono anche il modo di essere nel mondo del lavoro e lo stile di vita. Insomma, occorre costruire un’identità che renda la nostra proposta unica e non replicabile. Non qualcosa costruito a tavolino, ma di profondamente ancorato e condiviso».
Insiste sulla collaborazione e la condivisione…
«È fondamentale ed è quanto stiamo cercando di sviluppare sempre più con il Festival della Cultura, che ha ampliato le collaborazioni – quest’anno con la Fondazione Bernareggi, il Conservatorio, il Talent Garden, Notti di Luce -, proponendosi come una piattaforma sulla quale le diverse realtà si possono innestare con le proprie peculiarità».
Non a caso, allora, nel Festival ha trovato spazio anche quest’anno l’enogastronomia…
«Anche il cibo è cultura e racconta un territorio. Abbiamo realizzato un doppio circuito: uno nella logica dello street food, ossia alle proposte veloci, il secondo con la formula “mangi in 2, paga 1”, dedicato agli under 30, una soluzione che ha dato la possibilità ai giovani di avvicinarsi all’alta ristorazione e che ha incontrato anche il favore dei locali. Abbiamo dovuto rinunciare, per via dei costi, a Cuochi in Scena, che nelle scorse edizioni aveva avuto molto successo (portando in piazza della Libertà le cucine dei ristoranti più illustri ndr.), ma contiamo di recuperare la manifestazione dal prossimo anno, con una modalità diversa, coinvolgendo più location ma conservando il gusto di utilizzare in modo diverso gli spazi della città. Cosa che, del resto, abbiamo fatto in questa edizione con altre iniziative, proponendo ad esempio incontri sul Sentierone. L’obiettivo è portare sempre più la cultura in strada, in spazi non convenzionali, più accessibili per tutti».   
Mentre si vola alto alla ricerca di un’identità culturale e turistica, si cade sugli aspetti più pratici, dalle informazioni ai servizi per i visitatori…
«Sull’accessibilità c’è ancora tanto da lavorare, dalla segnaletica in lingua alle informazioni sugli eventi in tempo reale. Bisogna stilare una vera e propria lista della spesa di tutti gli standard che una città deve avere per presentarsi sul mercato con le carte in regola. Le entrate del Comune per la tassa di soggiorno dovrebbero servire a questo, si dovrebbero mettere sul piatto risorse e costi e confrontarsi con gli attori per individuare le priorità. Come ripeto, sino ad ora il turismo non lo abbiamo scelto ma subito. Chi potrebbe dare una mano importante per il salto di qualità è l’Università che con le facoltà di Economia, Lingue e, per lo sviluppo dell’informatica e del digitale, Ingegneria potrebbe diventare un hub dei processi di ricerca, sviluppo e monitoraggio in campo turistico».
Imprenditore alberghiero, conosce bene anche la realtà del turismo montano visto che la sua famiglia gestisce l’Hotel Milano di Bratto. Quali sono le prospettive per la montagna bergamasca?
«Sta subendo la crisi. Sono fondamentali il rinnovamento degli impianti di risalita e l’adeguamento degli alberghi ma le risorse sono limitate e la competizione è con realtà come le regioni autonome dove il turismo può contare su ben altri contributi. Siamo anche di fronte ad una contrazione del mercato interno e a nuovi fenomeni sociali, come lo scambio di casa per le vacanze. In realtà le belle idee non mancano ma, come per la città, servirebbe una visione strategica. Non dimentichiamo che Milano è il bacino principale di tutto l’arco montano e le nostre montagne hanno il vantaggio dell’accessibilità per tutte le fasce della popolazione, un bel potenziale ma dobbiamo chiederci perché un visitatore dovrebbe scegliere le nostre Valli invece di un’altra località».
Qualche suggerimento?
«Una strada possono essere i family hotel, strutture più semplici ed essenziali in coerenza con le esigenze delle famiglie, che offrono la possibilità di fare sport e stare nel verde, oppure sviluppare tutto quanto ruota intorno al mondo dei bambini, dalle attività didattiche all’alimentazione, alla moda. Occorrono però precise politiche di prodotto, il turismo non è fatto di individualità, bisogna fare squadra». 
Avete già qualche idea per il Festival del prossimo anno?
«Stiamo ancora stilando il bilancio complessivo dell’edizione da poco conclusa, un’ipotesi di lavoro è però il tema dell’ambiente. Trattato non dal punto di vista tecnico e scientifico, visto che ci sono già eventi dedicati, ma con una visione interdisciplinare, inteso come qualità della vita».  

Casto Jannotta è presidente del Festival internazionale della Cultura di Bergamo, del Centro Congressi Giovanni XXIII, del Bergamo Convention Boureau, associazione specializzata nel fornire consulenza alle società di organizzazione di convegni ed eventi, fondata dal Centro congressi e dalla Promoberg. È inoltre presidente di Exclusive Hotel Collection, gruppo attivo nella gestione e commercializzazione di alberghi di alto profilo che ha nel proprio portafoglio il Castello di Velona a Montalcino, Palazzo Gattini a Matera, l’Hotel Imperiale a Taormina oltre all’Hotel Milano a Castione della Presolana, gestito dalla famiglia Jannotta.


Costi della politica, la Regione
pronta a tagliare 80 milioni

“In un periodo di crisi e difficoltà come quello attuale era giusto che la politica mandasse un segnale forte e il segnale forte qui in Regione Lombardia è arrivato, subito, attraverso questa proposta di legge, che taglierà pesantemente i costi del Consiglio regionale della Lombardia,
con un risparmio complessivo che, nell'arco della legislatura, considerando anche i tagli già effettuati per la Giunta, sarà addirittura superiore a 80 milioni di euro”. L'assessore all'Economia della Regione Lombardia, Massimo Garavaglia, presenta così la proposta di legge – elaborata dal gruppo di lavoro misto, formato dai presidenti dei Gruppi consiliari e dallo stesso assessore in rappresentanza della Giunta regionale – finalizzata a ridurre drasticamente i costi del Consiglio regionale. Una riforma che elimina, per i consiglieri regionali, voci del trattamento economico quali la diaria, l'indennità di missione, i rimborsi spesa per il trasporto, oltre al vitalizio e all'indennità di fine mandato. “Non abbiamo perso tempo e abbiamo dato subito un segnale importante e concreto in termini di risparmio – precisa l'assessore -. Grazie a questa riforma gli organi istituzionali costeranno 1,3 euro l'anno al singolo cittadino lombardo, la media più bassa a livello nazionale e addirittura la metà rispetto al costo antecedente a questa riforma, che, per inciso, era già quello più basso  come media nazionale”.


Agenzia delle Entrate:
«Attenzione
alle truffe,
il rimborso fiscale
non arriva via e-mail»  

Sono stati segnalati nuovi tentativi di truffa ai danni di ignari cittadini. In particolare, le segnalazioni riguardano e-mail apparentemente provenienti dall’Agenzia delle Entrate dall’oggetto “Rimborsi fiscali è disponibile in formato html”.
Il messaggio invita il contribuente a cliccare su un link per scaricare una nuova pagina web e seguirne le istruzioni per ricevere un accredito sul proprio conto corrente. L’Agenzia delle Entrate fa sapere  di essere totalmente estranea all’invio di questi messaggi.
Si tratta infatti di un tentativo di truffa informatica architettata per entrare illecitamente in possesso di informazioni riservate. A questo proposito, vale la pena di ricordare che la procedura seguita dagli uffici dell'Amministrazione finanziaria per erogare i rimborsi non prevede mai il ricorso ad avvisi telefonici o via e-mail, ma solo alla posta tradizionale. I rimborsi fiscali spettanti al contribuente possono essere riscossi, a seconda dei casi, presso un ufficio postale, con vaglia della Banca d’Italia o con accredito su conto corrente. Anche in quest’ultimo caso, i contribuenti comunicano le proprie coordinate bancarie all’Agenzia delle Entrate direttamente in ufficio oppure attraverso la piattaforma telematica “Fiscoonline” alla quale si accede esclusivamente autenticandosi attraverso il codice Pin rilasciato dalla stessa Agenzia.
La Direzione regionale ha già provveduto a denunciare il tentativo di truffa alla Procura della Repubblica. L’Agenzia raccomanda i cittadini di non rispondere in nessun caso a questi messaggi fraudolenti, anzi a segnalarli agli Uffici di Polizia.  


Musica classica
e solidarietà,
sabato
un concerto
per i Dutur Claun

La musica classica sposa la solidarietà sabato primo giugno, alle ore 21, nella chiesa di San Bartolomeo a Bergamo con la quarta edizione del Concerto di Pasqua, iniziativa promossa e diretta dal maestro Ruggero Barbieri (nella foto), tradizionalmente legata ad un fine benefico. Quest’anno la collaborazione è con l’Associazione Dutur Claun Vip Bergamo Onlus, che porta la clownterapia negli ospedali e nelle residenze sanitarie assistenziali. Di scena i solisti Flavio Bombardieri al violoncello, Alice Morzenti al Flauto, Elena Piva all’arpa e l’ensamble Orchestra filarmonica italiana in un programma che propone in apertura “Elegia”, prima esecuzione mondiale del compositore bergamasco Andrea Brignoli, impegnato anche nel campo cinematografico e televisivo, per poi passare a Mozart con la “Sinfonia in la maggiore K.201” e il “Concerto per flauto e arpa in do maggiore K.299”.
Ruggero Barbieri è fondatore ed attuale direttore artistico dell’Intramuros International Music Festival a Manila ed ha diretto prestigiose orchestre nel mondo quali l’Orquesta Nacional de Espana a Madrid, l’Orquesta de Estado de Mexico a Città del Messico, la Czech National Symphony Orchestra di Praga, l’Orquesta Nacional de Argentina a Buenos Aires. La collaborazione artistica con la “Philippine Philarmonic Orchestra” di Manila di cui è stato direttore musicale e direttore artistico per nove anni (fino al 2005) continua in qualità di principale direttore invitato. Fondatore dell’Orchestra “Città di Bergamo” (1986), dalla quale è nata l’attuale “Orchestra Bergamo – Musica Festival G. Donizetti”, si è perfezionato con bacchette del calibro di Leonard Bernstein ed Aldo Ceccato, di cui è stato direttore assistente a Madrid dal 1989 al 1995.
L’Associazione Dutur Claun, nata nel 2002, oggi è composta da un centinaio di soci, tra volontari attivi e sostenitori, e si occupa di portare, a titolo esclusivamente gratuito, positività dove si vive un disagio sanitario o sociale. Si rifà al padre della Clownterapia moderna, il famoso dottor Hunter “Patch” Adams, da sempre convinto che la risata, il sorriso e il buonumore portino grandi benefici ai pazienti (ma anche a familiari, amici e al personale stesso delle strutture). I Dutur Claun sono volontari che hanno abbracciato questa visione e intrapreso un percorso di formazione specifico. L’Associazione si appoggia sia a Vip Italia onlus, che offre corsi di formazione, sia a professionisti in settori di interesse, come improvvisazione teatrale, drammaterapia, psicologia, assicurando un allenamento e un aggiornamento costante degli operatori.


Federmanager, 5 giorni di formazione
gratuita ai dirigenti disoccupati

Il Consiglio Direttivo di Federmanager Bergamo, presieduto da Diego Macario, ha deciso di mettere a disposizione dei colleghi, momentaneamente senza lavoro, un pacchetto di 5 giornate di formazione (completamente gratuite per i partecipanti) per un totale di circa 40 ore. Le iscrizioni al corso si chiuderanno il 28 giugno. A livello nazionale, i posti disponibili sono 400.
All’iniziativa, promossa da Federmanager Bergamo, collaboreranno sia Federmanager Academy – la Management School creata a livello nazionale da Federmanager a fine 2010 per formare, in un’ottica di lifelong learning,  le figure direttive che operano in aziende fornitrici di beni e servizi – sia Fondirigenti, l’Ente bilaterale partecipato da Confindustria e Federmanager per favorire lo sviluppo della cultura manageriale.
Nello specifico, Federmanager Academy ha messo a punto un percorso articolato in due parti: 3 giornate di assesment, riorientamento e formazione di base articolate su sette distinte tipologie di reinserimento dei Dirigenti nel sistema delle imprese, con particolare riferimento alla formazione sui soft skill necessari per la ‘spendibilità’ del Manager in nuovi ruoli legati alle più attuali esigenze delle imprese; e due  giornate di formazione, su competenze manageriali, per colmare gap specifici o per consolidare i punti di forza del singolo Dirigente.
L’iniziativa, rivolta ad un massimo di 400 Manager italiani disoccupati, sarà finanziata da Fondirigenti. Due i requisiti richiesti ai potenziali partecipanti: essere iscritti all’Agenzia del Lavoro di Fondirigenti (l’iscrizione via web è gratuita) e aver intrattenuto l’ultimo rapporto di lavoro in aziende iscritte a Fondirigenti. "Con questo innovativo servizio – commenta Macario – intendiamo dare ancor più valore aggiunto alle forme di  assistenza che la nostra organizzazione ha finora erogato ai propri associati”. E aggiunge: “Considerando, poi, che le posizioni disponibili, a livello nazionale, saranno solo 400, invito caldamente i colleghi a cogliere questa opportunità. Più in fretta aderiranno alla proposta, maggiori probabilità avranno di essere inclusi nel novero dei partecipanti”. I dirigenti bergamaschi interessati, sia ad approfondire l’argomento sia a manifestare la volontà di candidarsi, potranno partecipare all’incontro di presentazione del progetto, fissato per lunedì 3 giugno, alle 11.00 (nella sede di Federmanager Bergamo, in via Pascoli 3), oppure inviare un’e-mail al seguente indirizzo: info@federmanagerbergamo.it
Una volta verificata la sussistenza delle condizioni necessarie, Federmanager Bergamo si attiverà per fornire tutto il supporto necessario.