Costituzioni societarie
in forte calo (-16%)

Continua la diminuzione del lavoro notarile: il 2012 fa registrare un importante – 22% rispetto al 2011. L’andamento, registrato a partire dal 2004 indica una crescita fino al 2006; gli anni successivi sono stati in costante perdita. Il dato finale non è mai stato così basso: rispetto al 2006 si è perso il 50% del lavoro. E’ quanto si evince dai dati diffusi Consiglio notarile di Bergamo. I pignoramenti immobiliari presso il Tribunale di Bergamo fanno registrare numeri importanti. Nel 2012 sono stati 1.614, – 10,69% rispetto al 2011. A causa dell’invenduto, aumenta il numero dei procedimenti pendenti (+ 15,72% rispetto al 2011). Le 691 pratiche affidate all’Associazione Bergamo 392 (aste ed esecuzioni immobiliari) nel 2012 si distinguono così: Creditori: banche 540 (il 78,14%), condomini 70, altri 81. Debitori: extracomunitari 375 (il 54,26%), società e imprese 50, altri privati 266.
Nel 2012 vi sono state 7.364 convenzioni di acquisto prima casa (- 24,22% rispetto al 2011) e 3.953 mutui prima casa (- 37,66% rispetto al 2011). Si conferma, quindi, il credit crunch: solo il 53,68%  degli acquisti prima casa (rispetto al 65% del 2011, al 67% del 2010 ed al 70% nel 2009) è finanziato con un mutuo.
Lo scorso anno vi sono stati solo 67 i mutui con surroga dell’ipoteca (- 94,23% rispetto al 2011; i già in diminuzione del 23,06% rispetto al 2010, già in diminuzione del 27,76% rispetto al 2009): la richiesta si è esaurita (ed era già scarsa negli ultimi due trimestri del 2011), l’istituto ha perso la sua funzione e potrà recuperarla solo in futuro ove vi sia una significativa riduzione dei tassi.
Per la prima volta significativo il segno meno per le costituzioni di società: – 16,19%; sempre per la prima volta aumentano gli scioglimenti: + 6,77%.
Nel 2012 si registra invece un aumento dei testamenti pubblici: 272, (+ 61,90% rispetto al 2011): la crisi economica e familiare stimola l’impiego di questo strumento in prospettiva di una più consapevole allocazione delle risorse.
Prosegue “Chiedilo al Notaio”, l’attività di consulenza gratuita ai cittadini, inaugurata nel novembre 2007, tutti i sabato mattina, presso il Consiglio Notarile in Viale Vittorio Emanuele  44, dove sono presenti, previo appuntamento telefonico (035.224065), due notai. Nel 2012 sono stati  275 i colloqui con i cittadini, che hanno avuto ad oggetto, in particolare, quesiti in materia civile (compravendite, preliminari, garanzie, immobili da costruire, tutele acquirenti edilizia economico popolare, catasto, servitù, affitti); fiscale e successoria (devoluzione, accettazione, gestione della massa, redazione testamento).
“Dall’esame dei dati forniti dal notariato nazionale – afferma il presidente uscente Pier Luigi Fausti – risulta che a livello del lavoro notarile – e quindi, probabilmente, a livello economico generale – la Lombardia è una delle regioni più colpite dalla crisi (- 19,5%) , e Bergamo tra le città lombarde e delle altre regioni, una di quelle con il decremento percentuale peggiore (- 22%). Se volessimo approfondire le ragioni della crisi del settore immobiliare, e quindi operare perché l’eventuale rimbalzo venga fondato su basi solide e durature, si potrebbero fare un lungo elenco. Diciamo solo che se si riuscissero a coagulare le forze per intervenire, anche progressivamente, su tutti i diversi aspetti della crisi immobiliare, la ripresa sarebbe fondata e sicura perché l’investimento immobiliare registra in generale ed ancora oggi performance superiori rispetto ad azioni e bond: e così tornerebbero anche gli investitori grandi e istituzionali”.


Concessionari d’auto: “Con questa
crisi tornati indietro di 30 anni” 

A guidare il Gruppo Concessionari è stato riconfermato Mirco Moioli, che nel marzo del 2012 era subentrato a Nuccio Longhi, a capo del gruppo per oltre 25 anni. Moioli, classe 1962, amministratore delegato del Gruppo Bresciani Auto di Bergamo e Team manager dell’ Atalanta, è il punto di riferimento di un settore chiamato ad affrontare uno dei momenti più difficili della storia: “La situazione del comparto è drammatica. Siamo tornati indietro di oltre trent'anni: per trovare performance peggiori bisogna risalire agli anni Settanta e non ci aspettiamo certo una ripresa a breve. Anche per questo abbiamo pensato di allargare il consiglio da sette a nove imprenditori per poter lavorare al meglio sul versante della rappresentanza nei confronti in particolare delle istituzioni bancarie e dei sindacati”. La grave situazione economica sta inevitabilmente imponendo riorganizzazioni aziendali: “Le famiglie in questi tempi continuano a rinviare l’acquisto dell’auto, sempre più vista come uno strumento funzionale e non più, come accadeva fino a qualche tempo fa, come uno status symbol. Il mercato aziendale è fermo sia per gli acquisti sia per il noleggio a lungo termine e il parco macchine ormai è portato a fine carriera. Le contrazioni delle vendite stanno imponendo ristrutturazioni aziendali, sia dal punto di vista immobiliare, con la riduzione e l’accorpamento di sedi e saloni, sia purtroppo sulle risorse umane, dove si cerca di fare il possibile per garantire la tenuta occupazionale”. “I concessionari d’auto nella nostra provincia sono 39, calati del 2,5% nell’ultimo anno e dell’11,4% nel giro di quattro anni. In questo contesto negativo, uno spiraglio di positività è affidato ad internet: “Il web, come è del resto emerso durante il convegno organizzato con gli autosalonisti, rappresenta il futuro del nostro lavoro. La ricerca dell’auto passa sempre più attraverso internet e le piattaforme delle case automobilistiche che poi affidano la richiesta, dal preventivo all’informazione più dettagliata e specifica, al territorio. La sfida per le concessionarie, che tramite internet hanno accesso ad un mercato più ampio e vario, è saper cogliere con tempestività questa opportunità. I tempi di risposta ad ogni richiesta sono fondamentali per garantirsi una maggiore possibilità nel chiudere la vendita, come la dimestichezza con il web. Lo sviluppo delle vendite attraverso internet, che negli Stati Uniti rappresenta ormai un mercato consolidato, impone un cambio di mentalità e rappresenta un’opportunità da sfruttare al meglio”.


Benzinai, «siamo al tracollo. L’unica
via d’uscita è riscrivere le regole» 

È una sorta di resa dei conti quella che presenta Giuseppe Milazzo all’indomani della rielezione al vertice del Gruppo gestori di impianti di carburante dell’Ascom. Titolare di due stazioni di servizio sulla tangenziale Seriate-Zanica, 43 anni, Milazzo è alla guida del sindacato provinciale dal 2007 ed è vicepresidente regionale e consigliere nazionale della Figisc, l’associazione del sistema Confcommercio. «La categoria è al tracollo – chiarisce senza mezzi termini – e solo con un netto cambiamento delle regole del gioco potrà avere un futuro».
Se la sofferenza dei gestori non è una novità (come ricordano le frequenti serrate di protesta degli impianti), lo scenario che si va profilando, secondo il presidente, è di un inesorabile declino fino alla scomparsa di questa compagine imprenditoriale. «I nuovi contratti che le compagnie petrolifere impongono ai gestori sono il nodo della questione – spiega -. Le condizioni sono talmente penalizzati che, semplificando,  possiamo dire che vogliono ridurre il gestore ad un semplice spazzino dell’area di servizio, ad una sorta di dipendente, per di più precario visto che i contratti sono anche di un solo anno, con un bassissimo ritorno economico e con il paradosso di dover investire il proprio denaro per svolgere l’attività. È questo che rappresenta infatti l’associazione in partecipazione, che molti benzinai, anche in Bergamasca, sono stati costretti ad accettare». Dietro la tenuta nel numero delle attività (-0,4% nella nostra provincia negli ultimi quattro anni, +3% nel confronto 2011/12) c’è perciò un profondo mutamento della condizione di lavoro, «la volontà da parte delle società – dice ancora Milazzo – di controllare direttamente la distribuzione, schiacciando letteralmente i gestori».
Grandi possibilità di invertire la rotta non ne vede. «Solo la politica può cambiare le cose – evidenzia – ma non abbiamo riscontri. La nostra federazione ha ribadito anche nei giorni scorsi la richiesta di un incontro al ministero dello Sviluppo economico sulle nuove ipotesi contrattuali, senza esito». E ciò non fa che allungare la lista delle criticità: «I margini sono rimasti quelli di anni fa – evidenzia -, le spese sono aumentate, gli obblighi legislativi sono maggiori e sempre di più onerosi, i prezzi salgono e i consumi calano, le compagnie petrolifere fanno la guerra degli sconti sulle spalle dei gestori e il Governo non ci sta nemmeno ad ascoltare. Se poi vogliamo aggiungerci la contromossa delle banche sulle carte di credito, che hanno sì tolto le commissioni ma introdotto canoni per l’utilizzo del Pos esorbitanti, con buona pace della sicurezza e della tracciabilità delle transazioni, e i pochissimi passi avanti per migliorare la sicurezza degli impianti il quadro è completo. I gestori accettano la situazione perché non hanno alternative. Hanno 45-50 anni e cercano di resistere, partecipano a campagne promozionali penalizzanti pur di mantenere i livelli di erogato e si indebitano. Come si sul dire, “bevono per non affogare”, oggi come oggi credo che nessuna gestione sia in utile».
Trattandosi di problemi dell’intero sistema, poco può fare da sola un’associazione provinciale. Milazzo però un’idea forte la sostiene e non ha mancato di portarla avanti come componente del Consigliere nazionale della Figisc. «È una proposta che ho avuto modo di sottoporre anche al sottosegretario del ministero dell’Economia Gianfranco Polillo nel corso di una trasmissione televisiva su una rete nazionale – ricorda -. Riscrive interamente le regole, ma è a mio avviso l’unica via di salvezza». Il presidente bergamasco appoggia il ritorno al prezzo amministrato dei carburanti, ossia uguale per tutti i distributori, e il riconoscimento ai gestori di una percentuale sulle accise da parte dello Stato. «Si applicherebbe al nostro lavoro la stessa logica che c’è per i tabaccai – chiarisce -. Il mercato dei carburanti in Italia vale 55 miliardi di euro all’anno di cui 33 miliardi finiscono all’erario come imposte. Significa che, prima ancora che per le compagnie petrolifere, i benzinai lavorano come esattori dello Stato. Forniamo un servizio essenziale per la società (tanto è vero che una chiusura degli impianti metterebbe in ginocchio il Paese), perché non riconoscercelo applicando un meccanismo, come appunto un margine in percentuale e non fisso come ora, che ci consenta di sopravvivere?».
Secondo Milazzo il ritorno al prezzo amministrato, sostenuto per altro anche da associazioni di consumatori e forze politiche, non è un passo indietro a scapito della libera concorrenza: «I fatti dimostrano che la libertà dei prezzi non ha portato ad una riduzione, anzi. Con un prezzo unico i consumatori si risparmierebbero la rincorsa all’opportunità del giorno e si sanerebbe anche quella evidente anomalia per la quale i prezzi alla pompa si alzano non appena c’è la notizia dell’aumento del greggio, nonostante servano almeno tre mesi prima che quel prodotto arrivi alla distribuzione, e calano solo di poco e lentamente quando le quotazioni si abbassano». «La differenza tra le insegne – prosegue – si giocherebbe quindi sulle campagne promozionali, sulla qualità del servizio, non su un bene primario come i carburanti, e le associazioni da categoria sarebbero chiamate a trattare con le compagnie su questi aspetti». «Pur essendo condiviso da altre associazioni provinciali – conclude con rammarico – è purtroppo un discorso che la nostra Federazione nazionale non ha ancora scelto di portare avanti con convinzione. Il mio impegno sarà continuare a sostenerlo e ricordare ogni volta il dramma che vive la nostra base».


Parlamento e Regione,
ecco i rappresentanti bergamaschi

Sono undici, tra Camera e Senato, i parlamentari bergamaschi della XVII legislatura: cinque deputati per il Pd, tre senatori e un deputato per la Lega, un deputato per il Pdl e uno per la lista Monti-Scelta civica. Nel Pd le novità sono Elena Carnevali e Beppe Guerini, alla Camera, che si affiancano ai confermati Antonio Misiani e Giovanni Sanga e alla già europarlamentare Pia Locatelli. Per la Lega rimane a Palazzo Madama Roberto Calderoli e vi arrivano da Montecitorio Giacomo Stucchi e Nunziante Consiglio. Il nuovo ingresso è quello di Cristian Invernizzi alla Camera. Nel Pdl confermata l'elezione di Gregorio Fontana, a Montecitorio dal 2001, dove invece fa il proprio ingresso per le prima volta Alberto Bombassei, presidente di Brembo, candidato  per la lista Monti-Scelta civica.
Nei prossimi giorni potrebbero essere assegnati a bergamaschi altri tre seggi: a Enrico Piccinelli e Marco Pagnocelli, entrambi Pdl, e a Gianmarco Gabrieli (lista Monti-Scelta civica)
Sono invece così ripartiti i nove seggi assegnati alla provincia di Bergamo nel Consiglio regionale della Lombardia: due consiglieri Pdl, due della Lega, uno della Lista Maroni, due del Pd, uno della lista Amborsoli ed uno del Movimento 5 Stelle:
Tra le file del Pdl  sono stati eletti il coordinatore provinciale Angelo Capelli (quasi 7.200 preferenze) e Alessandro Sorte (più di 2.800 preferenze), vicecapogruppo del Pdl in Provincia. Per la Lega ha superato le 3.000 preferenze Roberto Anelli, assessore provinciale all'Edilizia scolastica e sindaco di Alzano Lombardo. Il secondo posto se lo è aggiudicato al fotofinish il sindaco di Seriate Silvana Santisi Saita con quasi 2.200 preferenze. La Lista Maroni avrà come rappresentate la selvinese campionessa di sci Lara Magoni, che ha raccolto oltre mille preferenze.
Più preferenze di tutti (7.900) le ha ottenute Maurizio Martina che siederà all’opposizione ed è l’unica conferma bergamasca al Pirellone. Dello stesso partito Jacopo Scandella (oltre 4.500 preferenze), che con i suoi 25 anni è il più giovane consigliere regionale bergamasco. Un seggio va anche all’ex sindaco di Bergamo Roberto Bruni (Patto civico per Ambrosoli, 3.600 preferenze), mentre a rappresentare il Movimento 5 Stelle sarà Dario Violi (500 preferenze), che lavora nel settore della finanza agevolata per le imprese ed è alla sua prima esperienza di politica attiva. A portare a dieci la pattuglia dei bergamaschi in Regione è Elisabetta Fatuzzo, del partito Pansionati, votata per i seggi di Milano.


A Bergamo cresce la presenza
di società gestite da stranieri

L’imprenditoria bergamasca parla sempre più straniero. Sono infatti in crescita le aziende guidate da imprenditori non italiani: nel corso del 2012 l’incremento di oltre cento unità rispetto al 2011, considerando che alla fine dello scorso anno sono state registrate sul nostro territorio 5.978 aziende contro le 5.864 conteggiate a fine 2011. Un incremento di oltre cento unità che testimonia come il tessuto imprenditoriale e commerciale bergamasco si stia sempre più internazionalizzando. I dati dalla Camera di Commercio di Bergamo, rilevano poi come la comunità straniera più presente all’interno dell’ imprenditoria bergamasca sia quella proveniente dal Marocco – così come avvenuto nel corso del 2011 – ma con un aumento nel numero complessivo delle aziende, dalle 1.122 registrate nel 2011 alle complessive 1.155 dell’anno appena terminato, con un incremento di 33 unità. Al secondo posto della speciale classifica delle imprese straniere più presenti in Bergamasca si conferma la comunità rumena con 620 imprese, un dato che è in perfetta parità rispetto a quello registrato nel 2011, mentre sul gradino più basso del podio si piazza la Cina con 504 imprese, ben 42 in più rispetto al dato del 2011 dove le imprese registrate erano state 462. La comunità imprenditoriale cinese supera in un solo colpo sia l’Albania che la Svizzera che toccano quota 465 e 441 in leggero calo rispetto ai numeri del 2011, dove avevano fatto segnare rispettivamente 476 e 466 aziende nel territorio bergamasco. A chiudere la “top ten” delle nazionalità più rappresentate a livello imprenditoriale in Bergamasca ci sono, nell’ordine dal sesto al decimo posto: Senegal, Egitto, Pakistan, Bolivia e Francia con la comunità pakistana che scavalca quella boliviana all’ottavo posto nel corso del 2012.
Il settore che registra la maggior presenza di imprese straniere è rappresentato dalle costruzioni e dall’edilizia, anche se nel corso del 2012 si è registrato un certo calo nei numeri: nel 2011, infatti, le imprese non italiane che nella Bergamasca si occupavano di costruzioni erano 2.167 contro le 2.076 di fine 2012, con un saldo negativo di 90 imprese. Nel comparto edile, in particolare, è la comunità rumena quella più rappresentata con 444 aziende, mentre al secondo posto si collocano le imprese guidate da albanesi, con 306 unità, mentre, in terza piazza si classifica la comunità marocchina con 256 aziende che lavorano nel campo delle costruzioni. In tutti e tre i casi, il calo è abbastanza evidente: le ditte di costruzione rumene nel 2011 erano infatti 461 (quindici in più rispetto al 2012), quelle albanesi erano 323 (diciassette in più rispetto all’anno appena finito) e, infine, quelle marocchine erano 261 contro le 256 del 2012. In aumento, invece, il settore manifatturiero e, quello del commercio e, soprattutto, quello legato alla ristorazione e agli alloggi. Nel primo caso, le aziende manifatturiere passano dalle 553 del 2011 alle 571 del 2012 con un saldo positivo di 18 unità imprenditoriali, e con la Cina che si colloca al primo posto del settore con 151 ditte impegnate nella manifattura. Altro settore in crescita è, invece, rappresentato dalla ristorazione e dagli alloggi dove si passa dalle 410 aziende del 2011 alle 445 registrate alla Camera di commercio bergamasca nel corso del 2012. Anche in questo comparto a primeggiare sono i cinesi, con 140 attività imprenditoriali in aumento rispetto alle 123 del 2011. In questo caso, si registra anche la forte crescita di ristoranti giapponesi in città e in Provincia che sono pressoché gestiti esclusivamente da cinesi dato che le imprese del Sol Levante in Bergamasca sono soltanto 3. Infine, un altro settore in forte crescita da parte delle aziende straniere nel nostro territorio è rappresentato dal commercio: qui, si passa dalle 1.746 aziende del 2011 alle complessive 1.871 registrate nel corso del 2012, con un saldo positivo di 134 ditte che lavorano nell’ambito del commercio. In questo comparto, al primo posto si collocano le aziende marocchine con 704 realtà imprenditoriali contro le 659 del 2011, registrando nel corso del 2012 un saldo attivo di ben 45 ditte. A seguire, ci sono le aziende del Senegal che passano dalle 281 del 2011 alle complessive 299 del 2012, con un più 18 realtà imprenditoriali. Infine, al terzo posto del commercio troviamo la Cina con un totale di 154 aziende (contro le 149 del 2011).

Le imprese straniere a Bergamo 
La top ten al dicembre scorso

1) Marocco        1.155
2) Romania         620
3) Cina               504
4) Albania           465
5) Svizzera          441
6) Senegal           404
7) Egitto              390
8) Pakistan          178
9) Bolivia             164
10) Francia          133


La sfida dei ristoratori?
«Un progetto unico per l’Expo»

da sinistra Luigi Pesenti, Paolo Scanzi, Romina Bolognini. Seduti: Petronilla Frosio, Gianni Iuliano, Roberto Gambirasio

Il settore piace, non c’è che dire. «Sarà perché oggi non c’è canale tv o rivista che non proponga ricette o da dove non faccia capolino lo chef del momento. E perché, complici le difficoltà occupazionali, viene considerata una strada tutto sommato semplice ancora in grado di offrire opportunità». È questa la lettura che Petronilla Frosio, confermata alla guida del Gruppo ristoratori dell’Ascom, dà dell’incremento di ristoranti, pizzerie e trattorie in Bergamasca a dispetto della crisi. Cinquantaquattro anni, titolare del Posta di Sant’Omobono Terme, esponente di una longeva e blasonata famiglia di ristoratori (i fratelli Paolo e Camillo gestiscono lo stellato Frosio ad Almè), da qualche anno impegnata anche nel settore ricettivo con un albergo a quattro stelle in via San Lazzaro in città, è al suo secondo mandato («e ultimo perché credo che serva un ricambio di idee in ogni carica» tiene a sottolineare).
Nello specifico, le attività nella nostra provincia sono cresciute del 2% nel confronto tra 2011 e 2012 e del 3,1% negli ultimi quattro. «Sono tendenze incoraggianti – rileva -, confermate dall’aumento dell’interesse dei giovani per la professione e dall’avvio di nuovi corsi di formazione con indirizzo alberghiero». La criticità è semmai la capacità di resistere, sia che si tratti di lavoro dipendente sia di una nuova iniziativa imprenditoriale. Sul primo versante, «la richiesta di personale c’è – afferma Frosio –, ma continua a scontrarsi con la tragica constatazione che tra i tanti studenti che escono dalle scuole alberghiere sono pochi quelli che restano. Il fatto è che lavorare in un ristorante significa fare una scelta di vita, è un percorso che funziona ed è bellissimo solo se vita e professione sono tutt’uno. È importante che i ragazzi si rendano conto dell’impegno che comporta questa attività, per questo uno degli obiettivi del quadriennio è stringere un rapporto più stretto con le scuole alberghiere, portare gli allievi a contatto con le nostre realtà in modo che capiscano presto che cosa li aspetta».
Ma anche dal lato imprenditoriale occorre grande motivazione. La presidente considera la preparazione, l’aggiornamento e il mettersi in gioco ingredienti imprescindibili della ristorazione, ancor più determinanti in questo momento, in cui la crisi ha accelerato l’evoluzione, già in atto, della proposta. «Negli ultimi dieci anni sono cadute le barriere tra bar, ristorante, trattoria, pizzeria – spiega -, si vanno sempre più affermando locali multifunzionali, con un’offerta che comincia con le colazioni, prosegue con la pausa pranzo, l’aperitivo fino ad una ristorazione più complessa per la sera e magari anche l’alloggio. Anche il lavoro in cucina si è sfaccettato, occorre essere più versatili, saper fare il pane, curare la pasticceria, specializzarsi in più campi». Il tutto a fronte però di una clientela con meno possibilità di spesa rispetto al passato, ma consapevole della qualità. «In questo momento è davvero difficile per gli operatori individuare una rotta – evidenzia Petronilla Frosio –. Non si può certo correre il rischio di abbassare la qualità, l’unica strada è non chiudersi nella propria attività, trovare, sulla base delle caratteristiche del locale, della posizione, dell’esperienza, qualcosa di interessante da proporre».
Un aiuto in questo viene dal confronto con i colleghi, dalla partecipazione alla vita associativa e alle iniziative. «Per quanto un ristoratore possa essere bravo – fa notare -, si preclude molte possibilità non dialogando con i colleghi. Stare in un gruppo arricchisce sempre, dà quegli stimoli così importanti per rinnovarsi, migliorare, realizzare nuove idee. Magari si trova semplicemente un po’ di conforto nel condividere gli stessi problemi, ma si può anche cercare di indirizzare alcune politiche che ci riguardano». Questa visione non pare però ancora sufficientemente condivisa. Basti pensare alla drastica riduzione delle adesioni, più che dimezzate, al progetto della Camera di Commercio “Ristoranti dei Mille… Sapori”, che vuole valorizzare i prodotti, le ricette del territorio e le insegne che propongono. «È un’occasione persa – ammette -. Magari si è ragionato troppo in termini di ritorno immediato a fronte del costo di partecipazione. In realtà, far parte dell’operazione significa mettersi in vetrina ed entrare in una rete, ma può anche diventare un motivo di caratterizzazione dell’offerta. I ristoranti non possono essere tutti uguali, la cucina tipica può diventare una specializzazione e in quest’ottica partecipare al marchio ha un valore soprattutto sulla distanza, vuol dire studiare, aggiornarsi, fare sì cucina del territorio ma “in movimento”».
Il futuro della ristorazione, del resto, non può che non intrecciarsi sempre più con il turismo. «Sono stati i visitatori a farci capire che Bergamo è bella – rileva -, ora che abbiamo cominciato a renderci conto delle potenzialità occorre insistere, migliorando l’accoglienza e la promozione. Chi viaggia incontra sempre un barista o un ristoratore, noi possiamo fare molto per far conoscere il territorio, dovremmo ambire ad essere dei professionisti dell’accoglienza a 360 gradi, tutto l’anno. Da potenziare è perciò anche la formazione del personale di sala, un ulteriore aspetto che cercheremo di sviluppare con il Gruppo, con particolare riguardo al rapporto con i turisti stranieri, ormai una costante non solo in città ma anche nelle valli».
La prospettiva è ambiziosa. «Se devo scegliere una sfida – dichiara –, mi piacerebbe che la ristorazione fosse riconosciuta come uno dei fattori trainanti di un territorio. I numeri e le tendenze che abbiamo visto, in fondo, lo dicono già ed anche le difficoltà dell’industria spingono a guardare con sempre più attenzione in questa direzione. Una grande opportunità per affermarlo sarà Expo 2015 e l’obiettivo che lancio è quello di un progetto comune, che rappresenti in maniera unitaria l’offerta enogastronomica della nostra provincia».

IL PROBLEMA
Tende più a vedere soluzioni che problemi, indicando nello sviluppo delle competenze e nella continua ricerca di stimoli la chiave del successo di un locale. Ma Petronilla Frosio uno sfogo non se lo risparmia. Riguarda l’eccessivo peso degli adempimenti e della burocrazia sulle attività. «Le norme cambiano di continuo – afferma – e si finisce che, anche volendo, non si è mai in regola. Sicurezza e igiene, antincendio, fisco, lavoro: gli adeguamenti, soprattutto per le piccole attività, sono pesanti in termini di costi e tempo. Ci sono giorni in cui passo più tempo tra i documenti che tra le pentole, ma il paradosso è che tanti passaggi sono solo complicazioni. Con maggiore chiarezza, semplicità e con norme più calate sulla realtà delle imprese si otterrebbero gli stessi risultati permettendo ai ristoratori di fare ciò che sembra scontato, ossia dedicare tempo ed energia al proprio lavoro».

IL PROGETTO
Sono ancora molti i ragazzi che dopo aver frequentato la scuola alberghiera cambiano strada. Uno degli obiettivi del Gruppo è stringere un rapporto più stretto con gli enti di formazione, «portare gli allievi a contatto con le nostre realtà in modo che capiscano presto che cosa li aspetta».

LA SFIDA
Contribuire a fare in modo che la ristorazione «sia riconosciuta come uno dei fattori trainanti di un territorio» è l’obiettivo di fondo di Petronilla Frosio. «Una grande opportunità per affermarlo sarà Expo 2015 e mi piacerebbe che in quell’occasione la Bergamo dell’enogastronomia si presentasse con un progetto comune».


C’era una volta l’edilizia bergamasca

“C’era una volta l’edilizia bergamasca”; potrebbe cominciare così una storia non certo a lieto fine, per raccontare le difficoltà di un settore, fino a qualche tempo fa fiore all’occhiello del sistema economico lombardo e oggi protagonista suo malgrado di un dramma dagli effetti devastanti che, giorno dopo giorno, coinvolge imprese, artigiani e lavoratori dalla professionalità più diversificata.
I numeri parlano chiaro e soprattutto non lasciano spazio a dubbi: negli ultimi quattro anni hanno chiuso i battenti quasi 1.250 aziende, 9mila lavoratori hanno perso il proprio posto di lavoro e il numero delle imprese, dei lavoratori e delle ore lavorate è diminuito del 30 %. Ma sono dati destinati ineluttabilmente a peggiorare se si considera che già dall’inizio del 2013 il lavoro è diminuito del 14% ed è quasi raddoppiato rispetto agli ultimi mesi il ricorso all’utilizzo della cassa integrazione guadagni. È una situazione drammatica dalle pesanti ripercussioni economiche, considerato il peso rivestito da un comparto e da tutto il suo indotto, che nella nostra provincia rappresenta il 20% del Pil. Infatti oltre alle difficoltà ormai croniche delle imprese di costruzioni, si aggiungono quelle delle aziende che operano nella realizzazione di accessori e materiali edili, che pagano un effetto a cascata senza precedenti.
Ma come si è giunti a tale situazione? Se lo chiedono in molti, soprattutto i lavoratori che un lavoro non ce l’hanno più; le ragioni sono molteplici e non esiste una risposta assoluta: una costruzione massiva rispetto alle reali richieste del mercato, la scandalosa difficoltà di pagamento dei lavori commissionati dagli enti pubblici, chiamati a rispettare il famigerato patto di stabilità e il congelamento di liquidità e prestiti da parte degli istituti bancari hanno forse causato una diminuzione degli ordini, una svalutazione degli immobili, una bassa moralità nei pagamenti e gli inevitabili tagli sul personale. Sono solo ipotesi, supposizioni e teorie, perché le motivazioni sono molto più complesse e non possono essere elencate con troppo faciloneria. Magari lo fosse.
Sicuramente bisogna invertire la rotta, è necessario affrontare l’emergenza con strumenti adeguati, in grado di ricreare le condizioni giuste affinché il settore delle costruzioni torni ad essere volano di sviluppo e foriero di professionalità e di qualità; ma è necessario anche ripensare, e subito, ad una linea d’azione che supporti le migliaia di persone senza lavoro, che devono essere accolte e sostenute nel loro disagio, perché il rischio che siano dimenticate è alto.
Ci vuole un modo nuovo di fare edilizia, una strategia che punti sempre più ai concetti di recupero e di restauro del patrimonio esistente, con un’attenzione focalizzata ai temi dell’ambiente e della riqualificazione in termini energetici, statici e sismici. Ma diviene anche fondamentale analizzare gli aspetti critici del passato, per evitare gli stessi errori commessi e per definire nuove strategie: negli ultimi anni uno spasmodico e incontrollato consumo di suolo ha sdoganato decine di costruzioni e messo in secondo piano, salvo rare eccezioni, la qualità del costruito a tutto vantaggio della mera speculazione immobiliare. È una verità scomoda da ascoltare, ma si è preferito una politica di cementificazione senza troppe regole, che ha riempito i portafogli, soffocato il territorio e portato con sé una grossa mole di invenduto. Oggi nella nostra provincia si contano quasi venticinquemila vani vuoti, che non solo non sono in possesso dei requisiti (in primis quelli energetici) ma si deteriorano mese dopo mese, perdendo ulteriormente valore. E gli imprenditori edili? Attendono con trepidazione i risultati delle elezioni, con la speranza e in taluni casi la convinzione, che la situazione possa radicalmente migliorare. In verità se lo augurano tutti, ma per adesso si è certi solamente di una cosa: la crisi continua a “mordere” la bergamasca e tale situazione lascia aperti molti interrogativi sugli scenari del futuro.


Mercati,
si assegnano
posteggi  
a Costa Mezzate
e Villa d’Ogna

Il Comune di Costa di Mezzate ha indetto un bando per l’assegnazione di  posteggi del mercato settimanale che si svolge il martedì pomeriggio in Via Roma.  Si tratta di quattro posteggi – di 28 metri quadri –  destinati agli operatori del settore non alimentare in possesso dei requisiti e delle autorizzazioni previste che non siano già titolari di più di un’autorizzazione nello stesso mercato. Nella formulazione della graduatoria il Comune si atterrà a diversi criteri di priorità, dal maggior numero di presenze maturate nell’ambito del mercato alla frequenza di corsi formativi, all’anzianità di iscrizione al Registro Imprese della Camera di Commercio.  Le domande – corredate da carta d’identità, autorizzazione per il commercio su area pubblica, carta di esercizio, copia della visura camerale – in marca da bollo, dovranno essere spedite a mezzo posta ed indirizzate al Comune o consegnate all’Ufficio Protocollo entro le 12 del 1 aprile. Il comune provvederà a redigere la graduatoria entro 30 giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle domande. 
Il Comune di Villa d’Ogna ha pubblicato un bando per l’assegnazione in concessione di posteggi nel mercato settimanale che si svolge il mercoledì mattina, dalle 7.30 alle 12.30 in Piazza  Pace di Costanza. Si tratta di tre posteggi, in concessione decennale: un posteggio non alimentare di 40 metri quadri, un banco alimentare ed uno da destinarsi ad un produttore agricolo. La domanda può essere presentata esclusivamente in via telematica , direttamente o mediante intermediario abilitato, allo Sportello Unico Attività Produttive del Comune, compilando l’apposita modulistica (reperibile all’indirizzo:http://www.impresainungiorno.gov.it/route/suap?codComune=L938) . L’originale cartaceo della domanda, in bollo, dovrà essere conservato dal richiedente o dall’intermediario. Con la stessa domanda dovrà essere richiesto il rilascio contestuale dell’autorizzazione . La domanda dovrà essere presentata entro l’8 aprile.


La conferma
del Garante:
nei pubblici esercizi
wifi libero
da controlli

Dando ragione all’interpretazione di Fipe, la Federazione italiana pubblici esercizi aderente a Confcommercio-Imprese per l’Italia, l’Autorità garante della Protezione dei dati personali ha confermato che gli esercenti pubblici possono mettere liberamente a disposizione degli utenti la connessione wi-fi ed eventualmente pc e terminali di qualsiasi tipo. 
A sollevare la questione era stata un’interpretazione controversa sollevata da provider che forniscono programmi di archiviazione. A loro dire, sui gestori di bar e ristoranti incombeva l’obbligo di registrazione dei dati da parte degli utenti, così come dovevano essere anche ritenuti corresponsabili dei siti visitati dai loro clienti in caso di connessione alla rete con l’accesso telematico fornito dal locale.
Con questa interpretazione, che conferma quella da subito data da Fipe, i gestori dei locali saranno sollevati da qualsiasi responsabilità rispetto alla navigazione in Internet da parte dei loro clienti e, nel caso volessero entrare in possesso di informazioni più dettagliate riguardo all’uso della rete, dovranno richiedere al consumatore di firmare l’autorizzazione al trattamento dei dati personali. Il Garante, nella risposta fornita a Fipe, ha infatti ribadito che questo caso rientra fra quelli in cui non può essere effettuato il trattamento dei dati personali senza necessità del consenso del soggetto interessato, in base all’art. 24 del Codice.
Pertanto, in primo luogo, gli esercenti che ancora dispongono di strumenti per il monitoraggio e l’archiviazione dei dati possono eliminarli, senza il rischio di alcuna responsabilità, rendendo così realmente libero il servizio di wi-fi offerto; altrimenti, se vogliono continuare ad utilizzare tali sistemi in maniera legittima, sono tenuti a rendere informati i propri avventori dell’utilizzo che viene fatto dei dati monitorati, attraverso la sottoscrizione da parte loro del consenso al trattamento degli stessi, di cui all’art. 13 del Codice. Quanto sopra non comporta il divieto di richiedere un corrispettivo per l’utilizzo del  wi-fi.
«La connessione wi-fi libera nei pubblici esercizi – commenta il presidente Fipe, Lino Stoppani – va verso la direzione delle smart city. Bar, ristoranti, discoteche, stabilimenti balneari diventano sempre più interattivi e sono così in grado di offrire ai clienti un servizio importante nell’era del digitale».


Alcolici, divieto fino a 18 anni
anche per la somministrazione

Fatta la legge, scatta il rincorrersi delle interpretazioni. È quanto sta accadendo anche con la nuova normativa in tema di vendita e somministrazione di alcol ai giovani.
Il nodo della questione sta nel diverso “peso giuridico” dei termini “vendita” e “somministrazione”. Il Decreto Balduzzi, lo si ricorderà, ha introdotto dallo scorso novembre il divieto di vendita di bevande alcoliche ai minori di anni 18, prevedendo una sanzione amministrativa pecuniaria da 250 a 1.000 euro per i trasgressori. Secondo la Fipe, la Federazione dei pubblici esercizi, e la Federalberghi, la novità non avrebbe dovuto intaccare la precedente previsione, che riguarda la somministrazione e fissa il divieto fino ai 16 anni. In tema di somministrazione, infatti, l’art. 689 del codice penale già prevede che: «L’esercente un’osteria o un altro pubblico spaccio di cibi o di bevande, il quale somministra, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, bevande alcooliche a un minore degli anni sedici o a persona che appaia affetta da malattia di mente, o che si trovi in manifeste condizioni di deficienza psichica a causa di un’altra infermità, è punito con l’arresto fino a un anno». Le organizzazioni hanno perciò comunicato agli associati – come ha riportato anche dalla Rassegna – che restava possibile servire bevande alcoliche ai ragazzi dai 16 anni in su, mentre la vendita era vietata fino ai 18.
Ora una serie di risoluzioni, pareri e note di ministeri diversi (Sviluppo Economico e Interno, ma non quello della Salute che ha scritto il provvedimento) indicano che con il termine “vendere” non si può che intendere “fornire” le bevande alcoliche, senza distinguere tra vendita, somministrazione o consumazione. Non ci sarebbe, perciò, alcuna differenza tra il mettere a disposizione del cliente minore la bevanda alcolica in un bar o discoteca oppure in un negozio. Secondo i ministeri l’interpretazione più aderente allo spirito e al tenore delle nuove disposizioni è la seguente:
· è vietato sia vendere sia somministrare sul posto bevande alcoliche a minori degli anni 18;
· nel caso di vendita di bevande alcoliche a minori di 18 anni, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 250 a 1.000 euro;
· nel caso di somministrazione di bevande alcoliche a minori di 16 anni, la sanzione è l’arresto fino a un anno;
· nel caso di somministrazione di bevande alcoliche a minori di 18 anni, ma maggiori di 16, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 250 a 1.000 euro.
Presumendo che l’interpretazione fornita dai ministeri orienterà i controlli delle forze dell’ordine nei pubblici esercizi e nei locali di intrattenimento, le organizzazioni sindacali invitano le aziende associate, per non esporsi al rischio di sanzioni, a non somministrare (oltre che vendere) alcolici ai minori di 18 anni. Assisteranno comunque i propri associati, garantendo la tutela legale gratuita in caso di irrogazione di sanzioni pecuniarie amministrative per la somministrazione di alcolici ai minori di 18 anni ma maggiori di 16.
«L’interpretazione dei Ministeri – spiega il Silb Fipe – appare in contrasto con consolidati principi del diritto penale e amministrativo e conduce alla paradossale conseguenza dell’applicazione di sanzioni diverse per due fattispecie ritenute uguali dagli stessi Ministeri. Infatti la vendita di bevande alcoliche a minori di anni 16 è sanzionata in via amministrativa, mentre la somministrazione sul posto di bevande alcoliche a minori di anni 16 è sanzionata penalmente».