“Promos Bergamo”, in due anni coinvolte oltre 270 imprese

L’economia bergamasca è sempre più a stelle e strisce e si aggiudica la medaglia di bronzo lombarda per  l’interscambio con l’America.  Dopo una fase di stallo, l’export con gli Stati Uniti è cresciuto del 52,5% (Elaborazione Camera di Commercio di Milano su dati Istat) nei primi sei mesi del 2012, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, giusto alla vigilia di caucus, convention e primarie dall’altra parte del mondo.  Ora non resta che vedere se la riconferma di Obama alla Casa Bianca possa consolidare ulteriormente  i rapporti economici con Bergamo e la Lombardia (l’export  regionale sfiora i 3,5 miliardi di euro) e aprire nuovi spazi di crescita. Andrea Bonalumi, dirigente Promos – azienda speciale per le attività internazionali della Camera di Commercio di Milano – fa il punto sull’export del made in Bergamo nel mondo, tra limiti  e opportunità da cogliere  per vincere la sfida dell’internazionalizzazione. 
L’export può salvare l’economia bergamasca?
“Senz’altro, come mostrano i dati orobici, cresciuti nel primo semestre 2012 del 6,3% rispetto ai primi sei mesi dello scorso anno. Una performance migliore della media regionale  (+4,8%) e nazionale (+4,2%). Una boccata d’aria fresca in particolare per il settore manifatturiero, capace di fatturare da gennaio a giugno 2012 qualcosa come 6,7 miliardi nei mercati oltre confine. Tra i Paesi di maggior successo delle esportazioni orobiche ci sono gli Usa con una crescita del 52%. L’obiettivo per il 2013 è quello di mantenere questo trend positivo e favorire le esportazioni delle imprese di quei settori che ad oggi risultano essere un po’ meno competitivi”.
Il made in Bergamo e in Lombardy in che misura vale e pesa ancora?
“L’eccellenza della nostra produzione rimane un fiore all’occhiello del nostro Paese e questo è testimoniato da alcuni dati significativi, ad esempio, l’interscambio commerciale tra Lombardia e Stati Uniti:  tra i primi sei mesi del 2012 e lo stesso periodo del 2011  si registra una crescita del 13,9%  trainata dall’export, che ha registrato un incremento del 27,2% raggiungendo quasi i 3,5 miliardi di euro. Questi numeri testimoniano come i prodotti italiani, e lombardi in particolare, abbiano ancor un forte appeal negli Stati Uniti, ma io mi sento di dire che questo valga per tutto il mondo. Il Made in Bergamo, in particolare, nel secondo trimestre 2012, è stato esportato negli Stati Uniti per un valore di oltre 400 milioni di euro, e rappresenta l’11,8% del totale dell’export lombardo, al secondo posto dietro solo a Milano, che chiaramente fa gara a sé”.
Gli Usa rappresentano ancora la terra delle opportunità per le nostre imprese?
“Non la definirei più la “terra delle opportunità”, ma un consolidato partner commerciale per le nostre pmi ed un mercato di riferimento. Negli ultimi anni le nostre imprese guardano con crescente interesse ai nuovi mercati, ai paesi Bric (Brasile, Russia, India, Cina), a realtà particolarmente interessanti in Asia, come Malesia, Singapore, Indonesia;  nell’Area del Mediterraneo e Medio Oriente, Turchia, Iraq e Quatar, oltre ai paesi della Sponda Sud del Mar Mediterraneo”.
Gli sguardi sono tutti ad Oriente e a Sud o l’alleanza commerciale con gli  Stati Uniti può fare ancora la differenza?
“Il Medio Oriente rappresenta il “nuovo mondo” per le nostre imprese. Paesi come Turchia, Iraq, Qatar, solo per citarne alcuni, rappresentano mercati nuovi e realtà in forte e rapida ascesa che possono garantire opportunità di business in svariati settori.  Il mercato statunitense mantiene  ancora una posizione prioritaria: i rapporti con gli Usa, a differenza di quelli con i mercati medio-orientali, sono consolidati e questo ha favorito un’alleanza che ha saputo resistere anche alla grave crisi economica. Se in un momento di grave crisi l’export italiano e lombardo verso gli Usa, aumenta anziché diminuire, significa che questa relazione commerciale poggia su basi molto solide e difficili da scalfire”.
Ci sono ancora spazi commerciali di crescita a stelle e strisce?
“Il mercato statunitense è talmente ampio e variegato da non essere ancora stato interamente esplorato dalle nostre imprese. Rappresenta un terreno fertile per sviluppare nuove opportunità di business per i nostri imprenditori e per allargare ancor più una già proficua collaborazione commerciale”.
La rielezione di Obama può  consolidare ulteriormente i rapporti economici?
“Nel corso del primo mandato di Obama i rapporti tra i due paesi sono stati di forte vicinanza, sia in termini politici che economici. La continuità è sicuramente un fattore che gioca a favore del mondo imprenditoriale, perché garantisce la possibilità di proseguire il cammino su un percorso già tracciato, conosciuto e che nel corso di questi ultimi quattro anni ha dato risultati positivi”. 
Quali sono i limiti delle nostre imprese nell’ affrontare i mercati internazionali?
“Il tessuto imprenditoriale italiano, formato da 4,4 milioni di Pmi, di cui 200mila esportatrici, ha mostrato negli ultimi anni notevoli capacità di adattamento, ma il confronto europeo evidenzia un livello di apertura internazionale agli scambi di merci ancora relativamente ridotto, che lascia spazi di miglioramento. Nel 2011 la domanda estera netta, dopo molti anni, ha ripreso il ruolo di principale motore della crescita, e questo testimonia come le opportunità offerte dai mercati esteri siano ancora considerevoli”.
Qual è il gap rispetto agli altri Paesi?
“Nel corso degli ultimi anni si è ridotta l’attivazione della domanda estera sulle produzioni nazionali, a causa del più intenso impiego di beni intermedi esteri in concorrenza con quelli di origine interna. Inoltre, le potenzialità di crescita del sistema produttivo italiano sui mercati esteri, come sul mercato interno, sono ostacolate da fattori strutturali e di sistema. Agli annosi problemi legati a complessi assetti normativi, si aggiungono servizi logistici non allineati con quelli dei principali  Paesi europei. Negli ultimi dieci anni il forte ridimensionamento della crescita si è legato ad una insoddisfacente dinamica della produttività. In Italia, gli investimenti pubblici, importante fattore di crescita economica, sono inferiori alla media europea. Il capitale immateriale che tanto incide sulla produttività è ancora troppo basso: le imprese italiane, a differenza di quelle dei principali paesi europei, non rinnovano abbastanza i propri modelli organizzativi e non investono a sufficienza in nuove tecnologie”.
Cosa possono importare dagli Usa le nostre imprese in termini di innovazione, approccio, visione e strategia?
“L’innovazione e l’adozione di nuove tecnologie e attività di business possono favorire una crescita di produttività. In Italia credo ci siano molte potenzialità di crescita per l’innovazione nell’economia digitale, un’area in cui il resto d’Europa e gran parte del resto del mondo stanno avanzando. Anche se solo la metà degli italiani usa internet, il Paese mostra un crescente uso degli smart-phone ed un alto livello di attività nei social media. Questi trend dimostrano un forte interesse in questi settori, e una grande potenzialità per sviluppare piattaforme per il commercio ed altre attività economiche. In questo gli Stati Uniti non  possono  che essere un esempio da seguire e un modello da importare”.


Malpensata, il Comune “mette in riga”
il mercato. La Fiva: una svolta

Non è un restyling o chissà quale progetto innovativo, è semplicemente un riaffermare vecchie regole andate dimenticate, ma il segnale che vuole dare è forte. Il mercato della Malpensata è stato letteralmente “rimesso in riga” dal Comune di Bergamo, che ha recentemente concluso un percorso piuttosto lungo e impegnativo, durato sei mesi, per riportare negli spazi previsti dalle concessioni i banchi che, senza troppi complimenti, avevano col tempo preso l’abitudine di “allargarsi” creando confusione e ostacoli al passaggio, in un contesto già di per sé affollato. L’operazione ha nel contempo consentito di liberare una parte del parco dalle bancarelle, che sono state ricollocate negli spazi del piazzale recuperati riportando alle corrette dimensioni le piazzole.
«I posteggi – ha spiegato l’assessore alle Attività produttive Enrica Foppa Pedretti nel corso della conferenza stampa di presentazione tenuta durante il mercato – sono passati da 251 a 247 per effetto del piano delle aree mercatali, grazie al quale ora è possibile per il Comune decidere di non mettere a disposizione le autorizzazioni che sono state revocate o alle quali gli operatori hanno rinunciato». La riorganizzazione ha fatto scendere da 37 a 26 i posteggi nel parco, tutti collocati sull’asse centrale che da via Mozart arriva al piazzale, mentre è rimasto libero il viale laterale che si apre sulla sinistra. All’interno del piazzale i posti sono saliti da 109 a 113 nella parte sinistra e da 105 a 108 in quella destra. «Dopo vent’anni di “Bronx”, era un’operazione che andava fatta – ha continuato l’assessore –. La nuova definizione degli spazi rende il mercato più ordinato e garantisce un percorso di visita più fluido ed è anche una risposta al quartiere che chiede che il parco possa essere percepito e vissuto in maniera diversa. L’obiettivo finale è liberare completamente il parco dai banchi e restituirlo alla città». «Il lavoro non è stato semplice – ammette – e l’accompagnamento delle associazioni di categoria degli ambulanti è stato importante. Con la collaborazione dell’Atb, i nostri Uffici hanno inventariato tutti i banchi, confrontato le assegnazioni con le posizioni di fatto e provveduto a contattare ogni operatore». Il risultato è una nuova segnaletica orizzontale, di un giallo fresco di vernice, entro la quale oggi ogni banco rientra con precisione.
Con il riordino si vuole anche migliorare la sicurezza. «Quella del mercato è una situazione complessa, che comprende anche problemi come la viabilità e l’abusivismo commerciale – ha ricordato il comandante della Polizia Locale Virgilio Appiani -. Maggiore ordine significa maggiore sicurezza e da parte nostra c’è la massima attenzione nel presidio, realizzato sia con agenti incaricati di controllare le attività commerciali sia con pattuglie di supporto per la viabilità sia con agenti in borghese per contrastare l’abusivismo. Rinnoviamo inoltre l’invito alle associazioni di categoria ad una collaborazione sulla prevenzione».        
«Era un intervento richiesto da tanti anni – ha evidenziato il presidente della Circoscrizione 1, Alessandro Trotta -. C’era l’esigenza di beneficiare di un parco che non fosse sempre riconducibile al mercato, ma che potesse essere riconosciuto come un vero polmone verde del quartiere».
 
Dolci (Fiva): «Verso un mercato moderno e vivibile»
 
La Fiva-Ascom ha promosso e collaborato fattivamente al progetto del Comune. «Dopo l’installazione delle prese per la corrente elettrica di qualche anno fa – evidenzia il presidente degli ambulanti Mauro Dolci – questo è un altro passo nella direzione di un mercato più moderno, che vuole proporsi al cittadino come uno spazio vivibile, in cui girare tranquillamente». «Con la riorganizzazione dei posteggi – rimarca – si sono allargate le corsie e c’è più ordine, ma soprattutto sono state messe ben in chiaro le regole, che tutti gli ambulanti devono rispettare allo stesso modo e che mettono in un angolo senza possibilità di difesa chi vuol fare il furbo. Dietro ad un’operazione che può sembrare semplice, c’è un forte messaggio di legalità, un messaggio che può da solo contribuire a migliorare la sicurezza al mercato». Dolci non si riferisce solo alla maggiore possibilità di controllo, ma anche al fatto che, eliminando l’“anarchia”, si possa scoraggiare in partenza la microcriminalità. «I borseggiatori non sono un fenomeno esclusivo del mercato della Malpensata – tiene a precisare -. Vanno dove c’è gente e, naturalmente, sono più attratti dalle situazioni in cui c’è più caos e assembramento, in questo senso un mercato meglio organizzato può già essere un deterrente».
Non nasconde comunque le difficoltà incontrate nel raggiungere l’obiettivo – a cominciare dalla contrarietà di chi è stato spostato, preoccupato di perdere la clientela abituata “al solito posto” – e la necessità di proseguire l’impegno perché le nuove regole continuino ad essere rispettate. «Come associazioni – annuncia – stiamo pensando di realizzare dei cartelli in più lingue che informino gli operatori della necessità di osservare le regole, non solo per evitare di incorrere nelle sanzioni, ma per far sì che il mercato possa funzionare al meglio. Il cambio di prospettiva deve essere netto: non l’esigenza del singolo operatore ma quelle dei consumatori, che sono i nostri “primi azionisti”. Solo offrendo un ambiente piacevole e sicuro potremo conquistarli». C’è anche la consapevolezza che non si tratta di un punto di arrivo. «Siamo soddisfatti perché è partito con il piede giusto un confronto ed un impegno che dovrà affrontare anche altri problemi, come quello dei parcheggi – ricorda -. Un percorso che non va abbandonato se si vuole riqualificare un appuntamento importante come questo».
 
GLI AMBULANTI
«Ma da troppo tempo l’appuntamento ha perso il suo richiamo»

 
Si dibattono tra crisi e progressiva perdita di appeal dell’appuntamento gli ambulanti dal mercato della Malpensata del lunedì mattina, un momento che con poco meno di 250 attività rappresenta pur sempre un’interessante occasione per trovare tutto e per tutte le tasche. Dai fiori alla frutta, passando da formaggi, salumi e dagli immancabili fritti, dai cappelli agli articoli per la casa, dalla biancheria alla merceria e poi calzature e abbigliamento, nel contesto di un’offerta complessiva che si è però appiattita rispetto ai tempi in cui il mercato era meta ambita di chi cercava qualità e convenienza, con l’avvento di banchetti, per lo più gestiti da extracomunitari (sono circa il 40% del totale degli operatori e si occupano di attività non alimentari), che fanno a gara ad esporre il prezzo più basso. Confusione, microcriminalità e atmosfera “multietnica” hanno fatto il resto nel modificare la platea dei frequentatori. «Era il mercato più bello della Bergamasca – rileva la signora Franca del banco che vende solo calze, presente da 46 anni -. Ora stare qui è desolante. È frequentato solo da stranieri che non sono interessati a questi articoli, cercano solo ciò che costa meno». A poca distanza le fa eco Gianluigi Moretti, commerciante di abbigliamento, da 42 anni alla Malpensata: «È un appuntamento in caduta libera. Noi ci siamo sempre dedicati a prodotti di una certa qualità e oggi ci manca la materia prima, ossia i clienti che sappiano apprezzare la nostra offerta e, di conseguenza, la differenza di prezzo. Purtroppo ora si è perso ogni riferimento – dice -, non si capisce che una scarpa può costare cento e non dieci euro e anche davanti ad un bel banco ordinato ci si avvicina per rovistare e buttare tutto all’aria». Il riordino degli spazi? «Credo sia troppo tardi, ormai si è guastato il rapporto tra gli operatori, tra chi rispetta regole come l’orario e chi fa quello che vuole». Anche sull’effettiva valenza commerciale del mercato ha qualche dubbio: «Più che per fare spese sembra un centro di raccolta per chi vuole passare il tempo», è l’amara constatazione, mentre le ancore di salvataggio «sono la clientela coltivata nel tempo e il fatto che negli altri mercati dove siamo presenti, invece, l’interesse continua ad esserci». Al banco di borse, cappelli e accessori le cose vanno un po’ meglio: «Abbiamo prezzi più alti perché sono prodotti made in Italy, ma è anche un’offerta particolare, che non si trova altrove, e questo ci salva», mentre sulla presenza di extracomunitari, venditori o clienti, il giudizio è equidistante: «È un cambiamento della società in atto e non può essere fermato». Lo conferma Cesare Barbieri che viene da Cremona e vende abbigliamento firmato a prezzi di stock: «Anche in altre città la clientela del mercato è cambiata con l’arrivo degli stranieri – ricorda -. La nostra, tuttavia, è una di quelle offerte che continuano ad attirare la gente, qui a Bergamo siamo in tutto due o tre con questo genere di proposta. Certo la crisi si sente e si cerca di attutire il colpo facendo in primo luogo attenzione agli acquisti». Mostafa Sellami è alla Malpensata dal ’98 con un banco di abbigliamento: «In questi anni il mercato è andato peggiorando. Sono d’accordo sulle regole per i posteggi – afferma –, c’è più spazio, ora però servirebbero anche più controlli perché i clienti non possono rischiare di non trovare più il portafoglio». Più scettici all’autonegozio Maccalli di pane e dolci, anche loro collocati nel parco. «Ora il passaggio è sgombro – constatano i due dipendenti – ma c’è da scommettere che la prossima settimana sarà di nuovo invaso da abusivi con le loro esposizioni improvvisate. Le vendite? Un tempo eravamo in quattro a servire, oggi siamo in due, i nuovi frequentatori del mercato non sono molto interessati alle nostre proposte». Stessa visione condita da una buona dose di crisi dei consumi all’autonegozio di pesce fresco e fritto di Danilo Brusadelli di Lecco, presenza storica sulla piazza. «Ormai non è più questione di fine o inizio mese – dicono Alessia e Sandra, nuora e suocera – non si spende più e basta. Anche nel pesce, per la verità, si possono trovare prodotti poco costosi da portare in tavola, qui però siamo penalizzati dalla clientela, che ormai è quasi tutta composta da extracomunitari e non fa molto uso di pesce». Se le difficoltà aguzzano l’ingegno, a Igor Trocchia, da 16 anni alla Malpensata con macelleria, polleria, salumeria e rosticceria, le idee per attirare l’attenzione non mancano. Cartelli con le offerte speciali e colorate combinazioni di menù sono in bella mostra: «Ormai si vende solo quello che è in offerta – rileva -, ma non manco di esplorare ogni possibilità per farmi conoscere». Ad esempio ha deciso di fare pubblicità sul giornale, cosa piuttosto rara per gli ambulanti, con il gustoso slogan “Trocchia il pollo che scrocchia” «e se capiremo che Internet è un mezzo che ci può aiutare, sfrutteremo anche quello».


La Camera di Commercio premia le aziende “family friendly”

La Camera di Commercio di Bergamo – in collaborazione con la propria azienda speciale “Bergamo Sviluppo”, il Comitato per la Promozione dell'Imprenditorialità Femminile, la Consulta delle Politiche Familiari del Comune di Bergamo, la Provincia (settore Istruzione, Formazione, Lavoro, Sicurezza e Pari Opportunità) la Consigliera di Parità della Provincia e l'Asl – hanno istituito il Premio "Aziende family friendly – Valorizzare e diffondere le azioni di pari opportunità e di conciliazione vita – famiglia – lavoro, svolte dalle imprese bergamasche a favore dei propri dipendenti".
Negli ultimi anni il tema della conciliazione è stato oggetto di numerosi interventi a livello nazionale e regionale ma è risaputo che sono tante le aziende che mettono in atto politiche interne a favore della famiglia, ossia adottano interventi, extra contrattazione obbligatoria, per agevolare l’armonizzazione dei tempi e delle esigenze quotidiane dei propri lavoratori e lavoratrici, siano esse di tipo personale/familiare o di tipo lavorativo, in modo comunque da non trascurare le esigenze dell’impresa.
L’istituzione del Premio mira a far emergere le buone prassi realizzate dalle imprese locali negli ambiti definiti dall’iniziativa, in modo che anche altre aziende ne possano, per così dire, essere “contaminate”, e che permetterebbe di creare, nell’ambito lavorativo, ambienti sempre più “family friendly”, dove la flessibilità del contesto e dell’organizzazione del lavoro  riescono più facilmente a tenere in considerazione le esigenze dei dipendenti in quanto parti di nuclei famigliari. Al Premio, che ha scadenza 31 ottobre prossimo, possono partecipare tutte le imprese private, con sede in provincia di Bergamo, che stiano realizzando esperienze/iniziative a favore dei propri dipendenti in tema di pari opportunità nella gestione/organizzazione del lavoro interno o di welfare aziendale/interaziendale che ne faciliti la conciliazione vita – famiglia – lavoro.
Il Premio prevede 6 categorie: strategie per promuovere la valorizzazione del personale interno e i temi della parità tra i generi e della conciliazione vita- famiglia – lavoro; flessibilità lavorativa e organizzazione del lavoro condivisa; strategie organizzative e/o benefit per conciliare lavoro-famiglia-genitorialità; strumenti e benefit per agevolare/sostenere la gestione domestica; servizi/iniziative integrative per accrescere la qualità della vita dei dipendenti e/o dei loro familiari; partnership con il territorio locale (imprese e istituzioni) per sviluppare servizi comuni o nuovi, fruibili anche dai dipendenti. Le informazioni sull’iniziativa si trovano sul sito www.bergamosviluppo.it


Ict in recessione, ma spicca l’economia del digitale

È recessione anche per l’Information Technology italiana, che chiuderà il 2012 a -3,2%, con 19.006 milioni di euro di risultato complessivo del mercato. Dal  2008 ad oggi si sono persi quasi 3 miliardi di euro e il tasso di decrescita italiano è nettamente peggiore rispetto ai competitor: la media Ue è, infatti, del -0,9%, la Germania segna addirittura un +4,1%, gli Usa fanno segnare un +2,8% e la Cina +16,9%.
Ma se l’It tradizionale sta seguendo il trend recessivo, sta emergendo una “Nuova It” in controtendenza e legata al mondo del web, del social, del mobile, del cloud, che contribuisce allo sviluppo dell’economia del digitale. L’Italia appare una nazione in cui la consumerizzazione della tecnologia – ossia l’influenza sempre maggiore che l’esperienza della tecnologia come persone, come consumatori, esercita sulle aspettative nei confronti della tecnologia che si utilizza per lavoro – diventa una moda e si diffonde a livello sociale e imprenditoriale: la vendita di tablet a +52,1% e il Cloud Computing a +57,8% ne sono la punta di diamante. A mancare sono però le nuove professionalità, che il nostro sistema formativo non è ancora capace di formare.
Sono questi i primi dati e le tendenze più evidenti fotografate dall’Assintel Report 2012, la ricerca annuale sul mercato del software e dei servizi I in Italia effettuata da Nextvalue per conto di Assintel, l’associazione nazionale delle imprese Ict di Confcommercio-Imprese per l’Italia.

Chi sale e chi scende nel mercato It nel 2012
Nel 2012 continua la discesa dell’Hardware verso quota -9,4%: pesante, dopo il -0,8% del 2011 e il -19,1% del 2010. Quest’anno – secondo il Report Assintel – il mercato italiano perderà quindi circa 500 milioni di euro, attestandosi a 5.240 milioni di euro, trascinato dal crollo dei netbook (-59,2%), dei pc desktop (-33,6%) e dei server di fascia alta, Mainframe e Unix (-14,7%).
I Servizi It tornano in rosso a -3,8%, dopo il lieve recupero dello scorso anno (+2,4%), falcidiati dal crollo delle tariffe professionali. Il segmento vale 8.863 milioni di euro, quasi la metà dell’intero mercato. Tra di essi: consulenza -4,4%, system integration -3,3%, servizi di sviluppo e manutenzione software -4,7%. Anche la Formazione, da anni in crisi, segna un -4,2%.
Il Software continua la sua lievissima crescita (+0,8%), attestandosi sui 4.283 milioni di euro, con due note particolarmente positive e che rimandano alla “Nuova It”: la Business intelligence di nuova generazione (+3,7%) e il Process & Content Management (+4,1%). In stagnazione invece i package gestionali (0,0%) e le applicazioni verticali di industry (-0,7%).

La spesa cala soprattutto nel pubblico e nelle pmi
Tre spiragli positivi danno luce all’andamento della spesa It nei mercati verticali: sono il consumer (+1,8%), le Tlc / media (+1,3%) e le assicurazioni (+1,2%).?¢‚Ǩ¬®
I peggiori performer sono quelli falcidiati dalla spending review: Pubblica Amministrazione (-10,8%), Enti locali (-8%), Sanità (-5,8%), che pure dovrebbero avere un ruolo anticiclico di stimolo alla domanda. Male anche Industria (-5,1%), Commercio (-4,5%), Trasporti e Logistica (-5,8%). In territorio lievemente negativo i big spender dell’Ict: le Banche si attestano su un -1,9%, dopo l’incoraggiante +2,9% dello scorso anno. In territorio marcatamente negativo le piccole imprese, in particolare la spesa It nelle micro imprese crolla del -6,4% e nelle piccole imprese del -11,4%: non c’è spazio per investimenti in innovazione nel loro business, che tende ad ottimizzare i costi per una mera sopravvivenza.

Il 42% delle aziende ridurrà il budget
Nonostante l’ottimizzazione dei costi sia ancora al vertice delle priorità strategiche dell’88% delle aziende del panel, si intravede un’evoluzione lenta ma costante della percezione del ruolo strategico dell’It nella gestione dell’attività aziendale, cresciuto dal 28% del 2009 al 57% attuale. I budget per l’It nei prossimi 12 mesi saranno stazionari per il 33% delle aziende utenti (lo erano nel 63% lo scorso anno) e in contrazione nel 42% dei casi (erano solo il 19% nella scorsa edizione), con punte di tagli oltre il 10% per il 17% di esse.
L’allocazione delle risorse è destinata per il 64% alla gestione dell’esistente e all’adeguamento tecnologico programmato, mentre il restante 36% a nuovi progetti e allo sviluppo e trasformazione dell’esistente. Ad alto potenziale Virtualizzazione, Document Management, Mobile & Wireless, Information Security Management e Web Content Management.